di SANTO STRATI – Il lento ritorno, sperimentale, alla quasi normalità della Fase 2 non deve indurre ad abbassare la guardia contro il coronavirus. La Calabria ha adeguatamente affrontato l’emergenza e, se non ci fosse stato il contagio da persone provenienti dalle cosiddette zone rosse, probabilmente sarebbe stato possibile limitare ulteriormente il numero dei positivi e, naturalmente, dei decessi. Per questa ragione, è necessario pensare sin da adesso al futuro, a come contrastare non solo eventuali ritorni dell’attuale epidemia ma qualsiasi altra emergenza di carattere sanitario. In poche parole, la Calabria deve attrezzarsi, anche strutturalmente, per proseguire nella ricerca, per curare epidemie, elaborare strategie sanitarie in grado di fronteggiare qualsiasi emergenza.
La soluzione è a portata di mano e l’ha proposta il Rettore dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, Giovambattista De Sarro: creare uno “Spallanzani” in Calabria. Ovvero un ospedale specializzato in malattie infettive che, sulla scorta delle esperienze vissute e che si stanno ancora consumando col Covid-19, sia legato all’Università e possa non solo offrire spazio alle terapie necessarie, ma consenta di sviluppare la ricerca e formare nuovi specialisti. Peraltro, la proposta di De Sarro ha anche l’indicazione precisa di una struttura adeguata, Villa Bianca di Catanzaro, che attualmente ospita gli uffici amministrativi dell’Università e che, con rapidi interventi può essere in tempi brevissimi convertita in un ospedale di altissimo livello. Con la disponibilità di un eliporto già operativo e tre ingressi esterni separati e altrettanti per accedere all’interno della struttura.
L’idea, proprio perché è di facile realizzazione, come avviene spesso in Calabria non piace ai burocrati e ha sollevato qualche coda polemica relativamente alla sua localizzazione, con il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, che ha subito offerto spazi disponibili nellà città dello Stretto, e la struttura ospedaliera di Lamezia Terme che si è immediatamente proposta come sede per il futuro “Spallanzani” calabrese.
Calabria.Live ne ha parlato con il rettore De Sarro.
– Rettore, perché la sua proposta di utilizzare Villa Bianca per lo “Spallanzani” calabrese trova ostacoli?
«Come sempre, tutte le idee che vengono proposte trovano sostenitori e contrari. I pareri sicuramente più importanti e utili derivano da addetti ai lavori, da autorità scientifiche e tecniche e dagli utenti del sistema sanitario, che sono sia i pazienti che i medici del territorio e, in questo caso particolare, anche gli studenti universitari che si trovano a frequentare spazi interconnessi a quelli dove si dovessero allocare reparti Covid. Non vorrei entrare in dettaglio su tale querelle poiché, alla fine, io ho solo fatto una proposta che è stata condivisa da illustri infettivologi oltre che da tutti gli Ordini dei Medici delle 5 province Calabresi. Hanno riconosciuto la bontà del progetto moltissimi colleghi ospedalieri ed universitari, operanti nelle due principali strutture Pugliese-Ciaccio e Azienda Ospedaliera Universitaria “Mater Domini” nonché l’Osservatorio Regionale Scuole di Specializzazioni che è composto anche da medici di tutte le strutture ospedaliere della Regione. Credo che l’opinione più condivisa di dislocare in un ambiente appropriato, qual è Villa Bianca, una struttura idonea a fronteggiare la presente pandemia, poggi sulla ragione di buon senso secondo cui una tale soluzione permette di lavorare in maniera idonea ed efficace e contestualmente permette di evitare ai pazienti no-covid di essere curati senza il pericolo di essere contagiati e, ad altri utenti, (tra cui gli studenti) di frequentare il Policlinico in sicurezza. Non è senza significato che hanno, inoltre, dato pieno sostegno all’idea moltissimi esponenti politici sia regionali che cittadini, moltissimi sindaci del territorio calabrese, tutte le associazioni studentesche e quelle degli specializzandi e, cosa molto importante, che il locale Ordine degli Ingegneri abbia affermato la fattibilità del progetto».
– Chi si oppone a questo progetto?
«Gli oppositori al progetto di Villa Bianca quale Covid-Hospital sono una sparuta minoranza. Essa non ha mai voluto considerare come la struttura di Germaneto, la cui parte ospedaliera è funzionalmente costruita anche per la didattica e la ricerca, sia, per la maggiore affluenza di studenti e frequentatori nelle aule e negli spazi attigui, una sicura e importante fonte di contagio che potrebbe divenire una fonte esplosiva di diffusione di patologie infettive. Vorrei infine ricordare che le attuali linee guida della politica nazionale hanno dato due indicazioni: 1) la necessità di una struttura specialistica di malattie infettive per affrontare questa e altre emergenze e 2) l’esigenza di allocare questi reparti di malattie infettive in strutture fisicamente autonome dai presidi ospedalieri».
– Quale sarebbe il ruolo di un Centro specializzato di malattie infettive nel contesto regionale?
«Le Unità Operative Complesse di Malattie Infettive in Italia richiedono una crescente professionalità nel contesto di un sistema sanitario che sta progressivamente mutando all’interno delle sue articolazioni organizzative, tenendo in scarsa considerazione il ruolo fondamentale dell’infettivologia moderna. Oggi, proprio per la loro peculiarità, complessità e per le fondamentali funzioni che svolgono, devono essere quindi potenziate; anzi, nell’ottica di affrontare problemi di elevata complessità, quali l’antimicrobico-resistenza, la tubercolosi multi-resistente, le grandi epidemie, l’impiego appropriato dei farmaci attraverso la TDM (Therapeutic Drug Monitoring), lo studio dedicato delle resistenze in vitro a virus, batteri e funghi, lo studio delle resistenze fenotipiche e genotipiche. A questi mutamenti bisogna affiancare tutte le patologie infettive del fegato, il ritorno delle malattie sessualmente trasmesse, e per finire, le grandi epidemie che periodicamente si presentano mettendo in ginocchio anche i sistemi di Stato più solidi. Diventa quindi necessario creare a livello regionale una struttura di riferimento dedicata all’approfondimento multidisciplinare di tali emergenze, da affiancare alle UOC, già esistenti in un sistema di virtuosa collaborazione.
«Alla luce di questo panorama emergente, depauperare le UOC attuali o opporre diniego alla nascita di un Centro regionale di riferimento per le malattie infettive, in edificio fisicamente autonomo dai presidi ospedalieri e dalle strutture universitarie, sempre integrata funzionalmente con le altre discipline mediche e che soddisfi le esigenze di assistenza di alto livello, di formazione e di ricerca, sarebbe un atto miopie, non lungimirante oltre che improvvido. Non seguire queste indicazioni vorrebbe dire mettere a rischio grandemente la sicurezza della collettività ed abbassare in generale la qualità erogata dalle aziende ospedaliere. Bisogna al contrario adoperarsi per una proposta culturale orientata ad un ulteriore miglioramento della salute pubblica del nostro Paese in generale e della nostra Regione in particolare.
– Esistono problematiche di tempo per il ripristino e per l’adattamento dei locali?
«Adattando delle procedure di massima urgenza è possibile attivare dei singoli moduli in uno dei padiglioni di Villa Bianca (che, non si dimentichi, quale ex sede del Policlinico, ha già una dimensione e predisposizione ospedaliera) creando filtri di separazione necessari per la separazione con gli altri reparti non-Covid. Oggi, per quanto a mia conoscenza, sono pochissime le strutture e le stanze ospedaliere a pressione negativa sull’intero territorio calabrese, per cui l’attivazione a moduli permetterebbe di iniziare i ricoveri e l’assistenza evitando il pericolo di contagio sia al Pugliese-Ciacco che al Mater Domini e di iniziare l’assistenza specialistica per i pazienti specifici delle malattie infettive.
– La Scuola di Medicina di Catanzaro sta crescendo sempre più in autorevolezza e qualità nella formazione: quali prospettive apre uno “Spallanzani” calabrese?
«Sono già operativi a Catanzaro centri di malattie infettive, sia ospedalieri che universitari di ottimo livello e pertanto ritengo che il disegno di potenziare le malattie infettive avrà una duplice mission: ampliare l’offerta assistenziale dedicata a COVID-19 (e potenzialmente ad altre patologie infettive); implementare una ricerca multidisciplinare in questo campo tra i vari saperi e le tante eccellenze dell’Ateneo e degli Ospedali presenti in città.
«Questa iniziativa di valorizzazione e potenziamento delle strutture di cura delle malattie infettive, se inserita in un contesto di sinergia con le realtà già esistenti ed operanti nel territorio, può rappresentare quindi un insostituibile modello assistenziale, di didattica specifica e di ricerca».
Il progetto del rettore De Sarro, come già detto, trova uno sparuto gruppo di oppositori, ma incontra un largo consenso tra la comunità scientifica. Il prof. Pino Nisticò, già Presidente della Regione Calabria, nonché illustre farmacologo di fama internazionale, ha sottolineato che «Si tratta di creare un centro regionale universitario di malattie infettive che è di fondamentale importanza per il trattamento del Covid dal momento che c’è bisogno di un ruolo di coordinamento anche a livello nazionale e internazionale che solo l’Università possiede. È una malattia nuova che richiede aggiornamenti continui sia nella formazione del personale che nelle metodologie migliori per il trattamento dei pazienti. Il prof. De Sarro ha già ampiamente dimostrato di essere in grado di mantenere attivo questo network dal momento che ha collaborazioni scientifiche valide con prestigiose università italiane (La Sapienza, Tor Vergata, San Matteo di Pavia, Spallanzani, l’Istituto di malattie infettive dell’università di Padova e del San Raffaele di Roma. Inoltre lui stesso ha fatto un’esperienza di ricerca scientifica presso l’università di Londra dove alcuni dei collaboratori della scuola di farmacologia di Catanzaro, come lo stesso prof. Luigi Camporota (che ha curato con successo Boris Johnson), svolgono con successo la loro attività. Ovviamente sono sicuro che la presidente Santelli deciderà in questo senso con la valorizzare di altri centri di malattie infettive a partire da quello presso l’ospedale Annunziata di Cosenza, dove lavorano da anni con ottimi risultati, come mi ha riferito la prof.ssa Teresa Ferraro della scuola napoletana, che quello del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria nonché completare come da programma il complesso ospedaliero di Lamezia che offrirà ulteriori potenzialità assistenziali».
«Naturalmente – afferma Nisticò – sarà indispensabile da subito identificare i medici e gli specializzandi per consentire loro di frequentare con borse di studio qualificati centri nazionali e internazionali, in modo tale che nei prossimi mesi, quando la struttura di Villa Bianca sarà riadattata alle nuove esigenze, ci sia un personale pronto e specificamente preparato nell’affrontare le emergenza. D’altro canto, un collegamento attraverso una convenzione con l’ospedale Spallanzani di Roma potrebbe consentire alla Calabria finalmente di essere dotata di un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico IRCCS) per assicurare da parte del ministero della Salute risorse fondamentali per continuare l’attività di ricerca. Quindi, una decisione favorevole da parte della Santelli esprimerà a mio avviso la volontà di mantenere unità e armonizzazione fra tutte le unità operative della regione che dovranno operare in una visione sinergica nell’interesse superiore dei pazienti. Tra l’altro, conosco benissimo Villa Bianca perché ha ospitato per anni l’attività assistenziale della nascente facoltà di medicina di cui ero allora il rettore. E, cosa importantissima, servono poche risorse per realizzare questo progetto».
Secondo la prof.ssa Rosa Daniela Grembiale, professore di reumatologia all’UMG «Un ospedale Covid permetterebbe che le altre strutture sanitarie cittadine possano dedicare la propria attività a pazienti affetti da altre patologie. Nella ex Villa Bianca – ha fatto notare la prof.ssa Grembiale – sono presenti sale radiografiche, laboratori, sala di rianimazione, sale chirurgiche, stanze di degenza che andrebbero esclusivamente attrezzate. Inoltre, l’attuale sede che ospita la medicina legale – che risulta isolata dall’intera struttura – potrebbe essere destinata a centro TRIAGE e postazione 118».
Da parte politica, secondo il consigliere regionale Francesco Pitaro (ex Io retso in Calbria, ora del gruppo misto) «la proposta del rettore è parte di una strategia finalizzata a mettere ulteriormente a valore le potenzialità della ricerca, delle imprese innovative, start up biotecnologiche, dell‘unica Università di Medicina della Calabria, degli enti di ricerca pubblici e privati e, al contempo, per promuovere sviluppo e nuove opportunità occupazionali, si tratta solo di capire come darle gambe per correre».
A contrastare il progetto di De Sarro c’è in primo luogo il Commissario dell’Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciaccio e del Policlinico Mater Domini, Giuseppe Zuccatelli che spinge a utilizzare l’edificio C dell’Università. Il segretario-questore del Consiglio regionale Filippo Mancuso, della Lega, afferma che «L’impressione che i cittadini hanno e che francamente risulta disdicevole, è che nel capoluogo della Calabria la sanità pubblica sia spesso il terreno di scontro fra disegni ed interessi contrapposti, piuttosto che uno degli argomenti dal forte impatto sulla collettività da affrontare con trasparenza e serietà. Non entro nel merito della polemica tra il rettore e il commissario, però se si vuole potenziare, rendere attrattivo ed efficiente il polo sanitario di Catanzaro, la prima cosa da fare è sgombrare il terreno da ogni sospetto e contrapposizione pregiudiziale ed esaminare le proposte in campo con la dovuta obiettività. Perché se c’è un’opportunità da cogliere, in questo caso la realizzazione a Villa Bianca di un centro per la cura delle malattie infettive, non vada sciupata».
Nelle scorse settimane, dopo un sopralluogo a Villa Bianca del sindaco Sergio Abramo col rettore De Sarro, il direttore universitario del policlinico universitario Mater Domini Caterina De Filippo, e il commissario Giuseppe Zuccatelli, è stato fissato un nuovo incontro in Comune per decidere in via ultimativa sul futuro “Spallanzani” calabrese. La presidente Santelli prenda dunque a cuore la faccenda, nell’interesse della Calabria e dei calabresi. (s)
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Il commissario Zuccatelli è contrario
Il sindaco Abramo è più disponibile
Il principale oppositore del progetto del Rettore De Sarro è il commissario straordinario dell’Azienda ospedaliera universitaria Mater DominiGiuseppe Zuccatelli, il quale sostiene che «Metetre le mani in questo edificio con i limiti che ha la pubblica amministrazione in termini di burocrazia, di procedure, di gare d’appalto e di quant’altro, è impensabile, a mio parere, poterlo rendere agibile in tempi brevi. Poi tutto si può fare . Dal mio punto di vista è un utilizzo che non è appropriato». Zuccatelli spinge per utilizzare i padiglioni del policlinico universitario Mater Domini, con tutti i rischi di contagio per gli studenti di medicina che frequentano la struttura. Il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo, si mostra accomodante e più disponibile: «Ci siederemo intorno a un tavolo per decidere qual è la cosa migliore. Credo che bisogna fare uno studio di fattibilità e capire come utilizzare meglio questa struttura.
Per oggi, 6 maggio, sarebbe convocato il famoso tavolo di lavoro a Palazzo De Nobili, ma la notizia non è confermata. La città pensa alla grande opportunità e aspetta fiduciosa di poter ospitare lo “Spallanzani” calabrese. (rcz)