di SERGIO DRAGONE – Paride Leporace e Filippo Veltri sono due luminosi esempi di giornalismo militante. Socialista e un po’ anarchico il primo, comunista mai pentito il secondo. Sono due fuoriclasse della penna, autori di inchieste e servizi, nonché di approfonditi saggi di politica e costume. Li considero due cari amici dall’intelligenza fervida e vivace, le cui analisi sono sempre molto profonde e attente.
Si sono ritrovati entrambi, riflettendo sulla dura polemica per la nascita di una nuova facoltà di medicina ad Arcavacata, su una posizione che non mi sento di condividere e che anzi ritengo poco opportuna: il parallelismo tra la mite assemblea indetta dall’altrettanto mite sindaco Nicola Fiorita nei giorni scorsi per discutere con la società civile su quello che a Catanzaro considerano uno scippo e l’ormai celebre ed infuocato “rapporto alla Città” del sindaco Demetrio Battaglia che più di 50 anni fa diede vita ai sanguinosi moti di Reggio Calabria.
Non posso essere tacciato di campanilismo, anche se amo smisuratamente la mia città, Catanzaro. Ho vissuto e lavorato molti anni a Cosenza, dove ho mosso i più importanti passi professionali e dove ho avuto il grande onore di conoscere Giacomo Mancini. Ancora oggi conservo molte amicizie in quella Città, tra cui Pietro e Giacomo Mancini junior. Non tutti sanno che sono stato io a suggerire a Pietro e Giacomo la realizzazione della statua in ricordo del grande leader socialista che oggi campeggia sul corso Mazzini, a due passi da Palazzo dei Bruzi. Ho fornito all’indimenticabile Giuseppe Petitto il soggetto del riuscitissimo docu-film Il leone socialista. Per inciso, sono stato anche per due anni membro del CdA dell’Unical, quando rettore era il professore Latorre. Non ho difficoltà a riconoscere lo straordinario ruolo di quell’Ateneo per la nostra regione.
No, cari Paride e Filippo, Fiorita non è un nuovo “boia chi molla” e da Catanzaro non partirà mai nessun moto violento e sovversivo. Non c’è nessuna analogia storica tra la chiamata alle armi di Demetrio Battaglia e la quasi soporifera riunione indetta da Fiorita. A Reggio, nel luglio del 1970, c’erano più di settemila reggini e un clima incandescente che l’oratore fomentò con un evidente richiamo alla forza fisica. Si sentivano già nell’aria gli odori dei lacrimogeni e il rumore dei cingolati dei carri armati dell’esercito.
Nulla di questo nella piccola sala concerti di palazzo De Nobili che contiene meno di un centinaio di persone. Ho seguito, per la lontananza, la diretta facebook dell’evento. Nessun tono minaccioso, solo l’ipotesi di un ricorso al TAR su deliberazioni che la Città di Catanzaro percepisce come illegittime e lesive dei suoi interessi. Tutto qui.
Ho sentito quasi tutti gli interventi. Vi immaginate la mite e gentile notaia Paola Gualtieri su barricate infuocate su viale De Filippis? O l’elegante e colto professore Valerio Donato alla testa di rivoluzionari di un’ipotetica “repubblica di Gagliano”?
No, cari colleghi, credo abbiate commesso un errore nel solo evocare uno dei momenti più bui della storia calabrese. Concordo con voi che questa guerra delle facoltà è controproducente e fa ripiombare, come ho scritto qualche giorno fa, la Calabria nel Medioevo del campanilismo.
Ma chi doveva governare questi processi? Chi doveva inquadrare la nascita della nuova Facoltà di medicina ad Arcavacata in un disegno più ampio, senza dare l’impressione di un atto di prepotenza o violenza ? Chi doveva preparare l’opinione pubblica calabrese ad un nuovo assetto del sistema universitario ? Credo che qualche domanda in questo senso se la debba porre il presidente Occhiuto.
Fiorita, che peraltro è docente dell’Unical, ha fatto e fa il suo dovere. Senza un disegno generale del sistema universitario, si rischia di generare una concorrenzialità tra due debolezze. E credo che Leporace e Veltri concorderanno con me nel riconoscere che l’Annunziata di Cosenza, ospedale purtroppo con enormi problemi logistici e strutturali, tutto può essere meno che un Policlinico universitario.
Ora si tratta di ricomporre la frattura e non sarà facile. Ma evocare i moti di Reggio Calabria per giustificare una enorme forzatura, con evidenti limiti di legittimità, non aiuta e addirittura rischia di alimentare questa suggestione. Catanzaro, come ha detto Fiorita nel suo discorso che ho seguito in diretta, è una città colta e civile, portata al dialogo e non alla contrapposizione. E così sarà anche in questa occasione.