“OPERA STRATEGICA” SECONDO LE CARTE
MA LA STATALE 106 NON VERRÀ FINANZIATA

di FABIO PUGLIESE – La presentazione del Ministro alle Infrastrutture Giovannini dell’Allegato Infrastrutture al DEF 2022 ha chiarito in modo inequivocabile (è scritto nero su bianco), alcune questioni: dal PNRR (30 miliardi di euro in investimenti previsti in infrastrutture), neanche un centesimo di euro sarà destinato per la realizzazione di nuove tratte ammodernate della Statale 106; dal Fondo di Sviluppo e Coesione (oltre 70 miliardi di euro in investimenti previsti in infrastrutture), saranno forse destinati alla famigerata e tristemente nota “strada della morte” in Calabria circa 220 milioni di euro per realizzare un tratto di nuova Statale 106 di circa 10 chilometri tra Crotone e Cutro; mentre dal fondo perequativo infrastrutturale (i fondi ordinari dello Stato inseriti nella legge di bilancio dal 2022 al 2033 per un valore complessivo di 4,6 miliardi di euro in investimenti previsti in infrastrutture), arriveranno sulla Statale 106 solo risorse necessarie a realizzare un piano generale degli interventi di adeguamento e messa in sicurezza (rettifiche di tracciato, sistemazione di incroci a raro, manutenzione programmata delle barriere e delle pavimentazioni).

L’altro tema fondamentale che resta da chiarire è questo: oltre i fondi del PNRR, quelli del Fondo di Sviluppo e Coesione e quelli già programmati fino al 2033 nel fondo perequativo non ci sono altre risorse. In parole povere non ci sarà tra uno, cinque o 10 anni un altro PNRR oppure altri 70 miliardi di Fondi per lo Sviluppo e la Coesione e nelle prossime leggi di bilancio si potranno modificare certamente alcune cose ma non il fatto che le risorse resteranno, fino al 2033, sempre 4,6 miliardi e serviranno comunque per l’intera rete stradale ed autostradale italiana.

In sostanza – come ha chiarito in modo esemplare il Ministro Giovannini – siamo di fronte al più grosso investimento in infrastrutturale in Italia negli ultimi 50 anni e, purtroppo, spulciando quali sono le destinazioni di queste risorse non c’è nulla sulla Statale 106 per almeno i prossimi 10 anni.

Giusto per fare un esempio, il Governo “dei migliori” per quanto riguarda la Statale 106 conferma i 1.335 milioni di euro sul Megalotto 3 (ammodernamento della Statale 106 tra Sibari e Roseto Capo Spulico), ma si tratta di fondi vincolati dal 2014, quindi già esistenti. Mentre destina 220 milioni di euro di nuovi fondi per la Crotone-Cutro. Lo stesso Governo “dei migliori” destina nuovi fondi per 1.535milioni di euro al fine di realizzare il totale completamento dell’Agrigento-Caltanissetta, 1.237 milioni di euro per la Ragusa-Catania e 792 milioni di euro per la Palermo-Catania. 3.564 milioni di euro in tutto per le strade siciliane ma anche nuovi fondi per 4.755 milioni di euro al fine di realizzare la Gronda di Genova, 1.299 milioni di euro di nuovi fondi per l’A31, 2.258 milioni di euro di nuovi fondi per la Pedemontana Veneta e 2.681 milioni di euro di nuovi fondi per la Pedemontana Lombarda e, giusto per non farla troppo lunga, 1.308 milioni di euro di nuovi fondi per la Cispadana e la sistemazione dell’ex SP10.

In questo contesto in cui la realtà dei fatti viene presentata chiaramente dopo essere stata addirittura scritta in un documento dello Stato (il DEF 2022 appunto), fa specie che qui in Calabria vi sia chi esulti per il fatto che la Statale 106 sia stata inserita nel DEF ed indicata come “opera strategica” (ma senza soldi!), semplicemente per dare un “aiuto” alla classe politica dirigente calabrese tutta che, altrimenti, avrebbe avuto non poca difficoltà ad affrontare la campagna elettorale ormai già iniziata per il rinnovo del Governo che si concluderà tra un anno chissà tra quali e quanti altri proclami ed annunci.

Proprio tra un anno, quando ci sarà un nuovo Governo eletto, avremo la completa dimensione del disastro mentre tra una decina d’anni capiremo perfettamente di quanto sarà aumentato il divario tra la nostra Statale 106 e le altre arterie stradali italiane. Lo capiremo, purtroppo, anche dai dati sulle vittime.

Su questi dati ricordo che già a settembre 2021, commentando i dati ACI che ponevano dopo 2 anni la Statale 106 di nuovo tra le prime 5 più pericolose d’Italia, ho avuto modo di anticipare, leggendo i dati, che si comprendeva quanto il numero di tragedie stradali sarebbe purtroppo inevitabilmente aumentato. Oggi ci accorgiamo che dal primo di gennaio ad oggi sulla Statale 106 hanno perso la vita ben 11 persone. Mai un dato così alto nei primi 5 mesi dell’anno dal ’96 fino ad oggi…

C’è una precisa volontà politica che da Roma non vuole investire sulla Statale 106 e poi c’è una classe politica parlamentare calabrese che nei mesi scorsi, invece di determinare finanziamenti fondamentali, questi certamente sì, di carattere “strategico”, ha invece piegato la testa decidendo di occuparsi evidentemente di ottenere candidature oggi divenute sempre più difficili dopo il taglio dei parlamentari. Mentre la classe politica dirigente regionale ha deciso di inventarsi improbabili capi espiatori a cui addossare responsabilità di scelte che peraltro non competono a sindaci oppure alla regione stessa visto che la Statale 106 è di competenza esclusiva dello Stato e, al massimo, di un Commissario Straordinario che potrebbe agire in deroga alle leggi ordinarie dello Stato per realizzare in fretta la Nuova Statale 106 come più gli fa comodo e preferisce ma non può farlo per un semplice motivo: non ci sono i soldi.

Ecco, quindi, qual è il primo grande problema da superare per avviare un profondo e radicale cambiamento: riuscire a fare chiarezza, carte dello Stato alla mano, sulle scelte politiche ormai assunte e quanto mai drammatiche evitando di far credere – come sempre avviene in campagna elettorale – ai cittadini calabresi che il problema è risolto o, ancora peggio, che sia anche solo stato affrontato. (fp)

FIRMATO IL CIS, LA SANITÀ IN CALABRIA
PUÒ CAMBIARE PAGINA: ARRIVANO 350 MLN

dalla REDAZIONE ROMANA – I puntini sulle “i” sono state messe, per la sanità in Calabria: il presidente della Regione e commissario ad acta, Roberto Occhiuto, ha sottoscritto col ministro della Salute, Roberto Speranza, il Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS) del Pnrr – Missione 6 “Salute” della Regione Calabria, che prevede lo stanziamento di 350 milioni per il settore.

Si tratta di un momento storico, probabilmente, che potrebbe davvero risollevare quella sanità malata in Calabria che, purtroppo, ha costretto tante, troppe persone ad andare altrove per curarsi, nonostante i centri di eccellenza di cui la regione è ricca ma di cui sembra dimenticarsene. Oggi, con questo contratto di Sviluppo, inizia una nuova pagina per il settore grazie anche al Piano Operativo regionale redatto dal presidente Occhiuto insieme al sub commissario Esposito, che definisce la programmazione degli interventi che la Regione Calabria intende attuare a valere sulle risorse complessive di € 350.010.679,47, di cui € 311.055.485,13 stanziate dal Decreto Ministeriale 20 gennaio 2022 nell’ambito del Pnrr, ed € 38.955.194,34 di risorse regionali, rese disponibili dalla deliberazione di Giunta regionale n. 174 del 30 aprile 2022.

Nelle linee di intervento, previsto, con un investimento pari a 96.562.778,00 euro, la creazione e l’avvio di 61 Case della Comunità, attraverso l’attivazione, lo sviluppo e l’aggregazione di servizi di assistenza di base e la realizzazione di centri di assistenza per una risposta integrata alle esigenze di salute del territorio.

Le Case della Comunità saranno dotate di attrezzature tecnologiche, al fine di garantire parità di accesso, prossimità territoriale e qualità dell’assistenza alle persone, indipendentemente dall’età e dal loro quadro clinico (malati cronici, persone non autosufficienti che necessitano di assistenza a lungo termine, persone affette da disabilità, disagio mentale, povertà), mediante l’attivazione, lo sviluppo e l’aggregazione di servizi di assistenza primaria, e la realizzazione di centri di erogazione dell’assistenza, efficienti sotto il profilo sanitario, funzionale ed energetico, per una risposta multi professionale (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialisti, infermieri di famiglia e comunità, altri professionisti della salute, assistenti sociali).

Per un importo di 4.122.179,00 euro, saran no realizzati 21 Centrali Operative Territoriali (COT). Strettamente connessi al suddetto investimento sono previsti altri due investimenti, riguardanti l’interconnessione aziendale delle suddette COT, attraverso la realizzazione di 5 interventi (uno per Provincia) di importo complessivo pari a € 1.500.349,00, e la fornitura di device per ciascuna COT, sempre attraverso 5 interventi (uno per Provincia) di importo complessivo pari a € 2.037.498,20. L’obiettivo è quello di collegare e coordinare, attraverso le COT, i servizi domiciliari con vari servizi territoriali, sociosanitari e ospedalieri e con la rete di emergenza, al fine di garantire la continuità, l’accessibilità e l’integrazione delle cure.

Con 52.710.023,00 euro, si intende realizzare e avviare 20 Ospedali di Comunità. L’Ospedale di Comunità è una struttura di ricovero breve, dotata di 20 posti letto, in cui operano infermieri, operatori socio-sanitari e medici, che afferisce al livello essenziale di assistenza territoriale e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri e di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni assistenziali, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia più prossimi al domicilio.

54.573.930,43 euro, invece, saranno investiti per il potenziamento del livello di informatizzazione di 11 presidi ospedalieri (HUB e SPOKE), sedi di DEA (Dipartimenti di emergenza e accettazione) di I livello e di II livello, attraverso l’implementazione dei CED (Centri Elaborazione Dati) e l’acquisizione di tecnologie informatiche (hardware e/o software), tecnologie elettromedicali, tecnologie supplementari e lavori ausiliari, necessari per realizzare l’informatizzazione di ciascun reparto ospedaliero.

Per l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero, saranno stanziati 44.753.062,00. Con questa somma, saranno sostituiti 286 apparecchiature caratterizzate da una vetustà maggiore di 5 anni e consentirà non solo di mettere a disposizione dei cittadini calabresi apparecchiature di diagnosi e cura più efficaci, ma anche di ridurre significativamente i tempi di accesso alle relative prestazioni. In particolare è previsto l’acquisto di 9 TAC, 2 Risonanze Magnetiche, 1 acceleratore lineare, 1 gamma camera, 12 mammografi con tomosintesi, 3 angiografi cardiologici, 182 ecotomografi e 76 apparecchiature di radiologia, da distribuire nei presidi della rete ospedaliera della Regione Calabria.

34.847.346,00, e 7 interventi finanziati a valere sulle risorse del Piano Nazionale Complementare al Pnrr, per un importo di 54.569.789,00 euro, saranno utilizzati per la “missione” verso un nuovo ospedale sicuro e sostenibile. L’attuazione del Piano si pone il fondamentale obiettivo di garantire l’adeguamento/miglioramento sismico di alcuni presidi ospedalieri, attualmente in esercizio, che versano in situazioni di grave criticità strutturale, fonte di condizioni di rischio elevatissimo per il patrimonio e la sicurezza degli operatori sanitari e degli utenti.

L’investimento, di importo pari a 1.140.320,46 euro, attraverso l’istituzione di 4 nuovi flussi informativi, mira a rafforzare l’infrastruttura tecnologica e gli strumenti di analisi del Ministero della Salute, per il monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza e la programmazione di servizi di assistenza sanitaria sulla base dell’analisi dei dati sanitari e della capacità predittiva del SSN italiano.

Infine, 3.193.404,38, mira ad organizzare ed erogare un corso di formazione in infezioni ospedaliere ad almeno 11.707 dipendenti del SSR. (rrm)

NON SOLO UNA BATTUTA DI CATTIVO GUSTO
MA È STUPIDO RAZZISMO CONTRO IL SUD

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Non chiamatela caduta di stile. Quella di Sara Pinna è decisamente una porcata da mettere agli atti di questa Repubblica e condannare. Una porcata incartata da così tanta merda che solo un sentimento come l’odio ‘razziale’ le ha potuto far fare. Quelli come la Pinna, infatti, non solo andrebbero radiati dall’albo dei giornalisti, di cui pare faccia parte, ma andrebbero annullati dalla vita della società civile. Rimandati per un restyling dell’intelletto all’epoca delle caverne, tra i bavosi trogloditi, affinché il peso della clava possa affinargli il modo, restituendo il concetto di rispetto. 

Le esternazioni della Pinna, abbracciano, quasi soffocandole, quelle di pochi giorni prima del tifoso vicentino che con veemenza rimanda noi calabresi in Africa. Una forma mentis diffusa, dunque, tra soggetti ai quali il paese (io narrante dell’unità d’Italia) dovrebbe rinnegare, almeno fino al pentimento, la cittadinanza italiana, affinchè il processo di denigrazione del Sud venga arrestato. È questione di giustizia sociale. Non lasciatemi credere che lo Stato non esiste, quando a 150 anni e più dall’Unità d’Italia, la contrapposizione tra quelle che vengono considerate la testa e la coda del paese, è più viva che mai. Il Veneto e la Calabria non sono un ossimoro, l’una è il sinonimo dell’altro. Si penetri la storia, basterà.

Il tonfo di Sara Pinna si è sentito ovunque, anche nella sua stessa terra, tra la sua gente che per fortuna, non rappresenta il suo alter ego. 

Elegancia, Pinna, elegancia! Era appena un bambino, un piccolo tifoso cosentino, quello contro cui lei ha vomitato razzismo.  E poi lupi si nasce, cara dolce “lovely” Sara. Gatte (morti) si diventa. Quel bambino, mio corregionale, le ha dato una bella lezione (di vita). Se l’uomo non è sportivo, così come la natura dell’individuo chiede d’essere nel rapporto con l’altro, non è uomo. E chi non è uomo manca della facoltà di formulare un giudizio o di scegliere un determinato comportamento, manca totalmente di criterio di valutazione sul piano morale e intellettuale. E sul piano morale e intellettuale, lei ci dice, con la sua performance, che le manca tutto. Grazie all’assist del suo geniale collega, si è praticamente annientata da sola. 

Il senso dell’umano è un concetto che non si vende e non si compra, non si impara. In tv, per esempio, era tanto chiaro e ben visibile negli occhi di quel bambino che tanto si è impegnata ad offendere che le è addirittura sfuggito. 

È vero, Sara, molti di noi verranno a lavorare in pianura, ha ragione, molti di noi verranno per offrire la propria assistenza alla sua terra, da soli non avreste speranza di potercela fare, è il nostro è un genio conteso che, aiuta, progetta, sviluppa. Aumenta il pil. Che non è il pilu che lei così bella e appariscente potrebbe ben rappresentare, ma tutt’altro. È tanto di più. Quel più che quelli come lei al Paese non potranno mai dare. 

Chieda scusa finché è in tempo a poterlo fare. I lupi sanno perdonare. (gsc)


LE SCUSE DELLA CONDUTTRICE ATTRAVERSO FACEBOOK

Ha affidato a Facebook le sue scuse, la conduttrice televisiva di TVA Sara Pinna: «È stata un battuta infelice che potevo evitare e che ha dimostrato una mancanza di tatto e di gentilezza. Mi scuso con il bambino, con la famiglia e con tutti coloro che si possono essere sentiti offesi». 

Subito dopo l’ultima puntata di Diretta Biancorossa, andata in onda il 20 maggio, Sara Pinna, conduttrice della trasmissione, ha espresso le sue scuse sui canali social, riconoscendo l’errore in modo chiaro ed evidente. Scuse accettate dal padre del bambino e da alcuni gruppi di tifosi cosentini, come dimostrano i post sui social network. Dieci giorni dopo la partita tra il Cosenza e il Lanerossi, che ha decretato la salvezza dei calabresi e la retrocessione dei vicentini, quella battuta infelice è diventata un caso mediatico nazionale.  

«Ribadisco le mie scuse al bambino, alla sua famiglia, ai tifosi del Cosenza e a tutti coloro che si sono sentiti offesi per una frase sbagliata che non rispecchia in alcun modo il mio pensiero e la mia sensibilità – dichiara Sara Pinna – io stessa sono di origini sarde, in Veneto per lavoro dei miei genitori, quindi non vi erano in me le intenzioni maligne che mi vengono attribuite dai numerosi commenti sui canali social, molti dei quali hanno oltrepassato ogni limite di decenza e di legge, ma di questo si occuperà nelle sedi opportune la magistratura». 

Le parole finite nell’occhio del ciclone – si legge in un post dell’emittente televisiva TVA Vicenza – sono state pronunciate durante il “Terzo tempo” di una partita meritatamente vinta sul campo dal Cosenza, a cui vanno i complimenti e gli auguri per un altro campionato ricco di soddisfazioni e successi da tutto il team di Diretta Biancorossa, trasmissione sportiva di punta di TvA Vicenza, regina degli ascolti e punto di riferimento per il tifo biancorosso. 

Dopo un confronto interno, i vertici di Videomedia hanno accolto le scuse e hanno confermato la fiducia nella professionalità di Sara Pinna.  (rrm)

CALABRIA, MANUTENZIONE PROGRAMMATA
ETERNA SMEMORATEZZA DI TANTI COMUNI

di MIMMO NUNNARI – C’è un tema da affrontare in Calabria, con forza e determinazione, che interessa la quasi totalità dei 404 comuni e in primo luogo le cinque città capoluogo: Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio e Vibo. Riguarda la “manutenzione programmata”, un termine tecnico che significa prevedere nella programmazione annuale e nei bilanci una costante manutenzione, in particolare dei centri storici e delle periferie che sono le più colpite dal degrado e dell’abbandono.

A nessuno, che abbia un minimo di amore per la propria città, per la loro storia, e rispetto per i cittadini, può sfuggire l’importanza del complesso di operazioni necessarie a conservare funzionalità ed efficienza dei beni di una comunità: strade, edifici, monumenti, macchinari, argini di fiumi, impianti di depurazione, acquedotti, edifici storici. L’elenco può essere lungo, e ognuno può aggiungerci qualcosa a piacimento poiché la “reintegrazione” di ciò che non funziona, o funziona male,  è un “interesse” comune, riguarda tutti.

La manutenzione, che chiameremo fattore “M”, pone una questione seria, fondamentale, anzi due: la migliore qualità della vita urbana e la sicurezza della vita dei cittadini. 

Nonostante il problema sia fondamentale per il controllo del territorio e per il suo sviluppo, da anni sembra scomparso dall’agenda dei comuni e dai bilanci. 

Si pensa, ad ogni inizio di amministrazione, ad opere nuove che in buona parte non saranno mai completate, ma poco, o nulla, si fa per la cura, il restauro e la riconquista di spazi sempre più degradati. Un tempo, il fascino calabrese, ciò che attraeva i visitatori,  riguardava luoghi, paesaggi, testimonianze delle antiche civiltà, delle città scomparse. Molto di questo patrimonio, di questa enorme ricchezza, è andata distrutto per incuria, terremoti, calamità naturali, ma tanto è rimasto, e altrettanto è stato ricostruito, a volte anche sensatamente, con criteri urbanistici e architettonici eccellenti. Pensiamo alla nuova Reggio del dopo terremoto del 1908, ma pensiamo anche alla trascuratezza di Cosenza (l’Atene della Calabria) che ha uno dei centri storici più importanti del Meridione che aspetta di essere valorizzato, alla Catanzaro con i balconi sul Golfo di Squillace, con le viuzze, i vecchi palazzi, con la “Grecìa”, il più antico quartiere catanzarese, e poi a Crotone, con le sue pietre che parlano di arte, di storia e di cultura, e a Vibo, con le sue architetture religiose, i palazzi storici, i reperti di un grande passato.

Tutte queste città, con un glorioso passato alle spalle, avrebbero bisogno di una manutenzione costante, di un restauro, per conservare la loro invidiabile bellezza e tenere lontano il degrado, che è il segno più impietoso del sottosviluppo e del deficit di civiltà. Ma così non è stato e la degradazione ha aggredito centri storici e periferie, senza risparmiare nessuno. Le colpe, in questo caso, inutile andarle a trovare altrove, col cattivo costume del vittimismo, poiché sono colpe interne, colpe di chi non ha agito, di chi non ha vigilato, di chi è stato ed è ancora oggi, incapace di sviluppare azioni programmate. 

È mancata la politica urbana o, peggio, se c’è stata è stata pessima, per aver consentito urbanizzazioni scriteriate, messo alla porta la parola manutenzione, scambiato il restauro con la demolizione.

 Non si potrà fare mai turismo, o pensare al patrimonio artistico e culturale della Calabria come ad un attrattore, se non si volta pagina. Altro che gadget, che ragionevolmente il presidente Occhiuto ha bloccato, spiegando che le priorità sono altre, per richiamare i visitatori in Calabria. Chi vive a Reggio – per fare un esempio di quello che non va –  una delle più belle città del Mediterraneo, dove si preparano a stravolgere una piazza storica (De Nava) con sottostante necropoli ellenistica, con un progetto avventato, dove sono state installate 46 colonne metalliche in via Marina che somigliano ai ferri che fuoriescono delle palazzine mai finite, dove per celebrare i 50 anni del ritrovamento dei Bronzi di Riace è stata ingaggiata Anna Falchi, sa delle strade gruviera, dei tombini otturati, dei marciapiedi sbriciolati, degli acquedotti rotti, della sporcizia diffusa, della spazzatura accatastata, del tapis roulant dormiente, del Lido divenuto casa dei topi, dei semafori spenti, delle voragini e del livello di civiltà, miseramente basso, frutto della maleducazione di una minoranza di cittadini ma conseguenza anche, o soprattutto, della politica amministrativa inadeguata. 

I “costumi greci” (e Reggio è greca) si chiamavano così perché i cittadini imitavano lo spirito e il gusto della politica, si ispiravano all’arte, alla cultura, al bello. Oggi da imitare c’è poco, prevale lo stile barbaro della distruzione e della “coatta” convivenza col degrado. Citiamo Reggio perché nella sua storia questa città ha bellezza e civiltà, ma oggi, con un presente declinante, occupa uno dei primissimi posti nella graduatoria nazionale dell’inefficienza, della degradazione, delle opere incompiute, delle bruttezze programmate.  

Il problema, sia chiaro, esiste in tutte e altre città capoluogo, e in tutti, o quasi tutti, i comuni grandi e piccoli della regione, salvo rare lodevoli eccezioni, che sarebbe giusto encomiare e citare, ma soprattutto premiare. In Francia molti comuni e villaggi si fregiano di fiori che appaiono sui loro cartelli segnaletici (una specie di stella Michelin) che corrispondono a qualità, pulizia e arredo urbano. Più funzionano i servizi, di più fiori ci si può fregiare, e più contributi si possono ricevere. Sarebbe bello se il tandem Occhiuto-Princi oggi al vertice della Regione, istituisse qualcosa del genere, premiando i comuni virtuosi, incentivandoli con finanziamenti aggiuntivi e autorizzando a fregiarsi di un simbolo, un fiore, una stella, un segno di riconoscimento, un frutto rinomato, un bergamotto, un cedro, un grappolo d’uva e così via in misura corrispondente ai meriti. Sono mille i simboli della Calabria che rappresentano la sua storia.

È chiaro, va detto, che la manutenzione richiede quadri pubblici preparati e adeguate professionalità e si obietterà che ci sono comuni dove se un sindaco non sa scriversi una lettera, quella lettera non la scriverà nessuno, ma non è un buon motivo per non mettere in atto politiche che consentono di conservare i beni comuni e contestualmente promuovere i processi di sviluppo delle città. In passato, soprattutto nei piccoli comuni, era sufficiente un buon ragioniere per il bilancio e un buon geometra preparato per i lavori pubblici, per ottenere ottimi risultati. Il problema è, dunque, essenzialmente, politico, di cultura amministrativa. Certo ci sono pure insufficienze che derivano da problemi di bilancio, anche questo è vero, ma è pur vero che le risorse spesso si sprecano, si distraggono in feste, festicine, sagre, manifestazioni pseudo culturali dove manca la cultura, rassegne del “qualunquemente”, che magari saranno pure gradite, ad una fetta di cittadini, o servono per rispondere ad una certa domanda sociale, ma le buche, i tombini intasati, le caditoie otturate, i marciapiedi rotti e così via dovrebbero avere priorità. Questi scempi, dobbiamo dircelo, sottovoce, riguardano le amministrazioni del Sud, della Calabria in particolare, perché a queste latitudini la manutenzione è sconosciuta. 

In qualsiasi città del Nord, le cose vanno diversamente. I centri e le periferie sono puliti, il verde è curato, i servizi sono efficienti, i parchi pubblici un gioiello. Ci pesa fare questi raffronti, anche in considerazione del fatto che le differenze Nord Sud come sappiamo sono al fondo di ogni problema di deficit del Meridione, ma il modo di fare di sindaci, amministrazioni, ha condannato le città calabresi alla logica dell’incompletezza, del tiriamo a campare, che è il segno più evidente del sottosviluppo. (mn)

A SUD DEL SUD, PARTENZA O RESTANZA
TRA ABBANDONO E VOGLIA DI RISCATTO

di EMILIO ERRIGO – Quando il silenzio riesce a fare tanto rumore, forse anche molto rumore, si è soliti dire che risulta assolutamente assordante. E sì cari amici e conoscenti, corregionali di Reggio Calabria e provincia, il tacere molte volte, su cose e argomenti che sono di pubblico dominio, non fa mai bene ad alcuno.
Da più parti l’insoddisfazione, le tensioni sociali e l’irritazione generalizzata, regnano e imperano sovrani, senza se e privi di alcun ma, sì o però.

Feste a destra e poco a sinistra, inaugurazioni, convegni, meeting, fiere europee, incontri riservati, kermesse a nord, si sempre più a nord della Calabria del nord, poco o nulla, a sud di Reggio, in quel Sud dello Jonio chiamato Magna Grecia, perché?
Forse Reggio Calabria è una città priva di significato politico e sociale? La Città Metropolitana della Fata Morgana, di Pentidattilo, di Scilla, di Porto Bolaro, Bagnara, di San Paolo, dei Poeti, Musicisti e Scrittori, dei Bronzi di Riace, del Parco Nazionale d’Aspromonte, Gambarie, delle Vie dell’Arte, dell’enogastronomia incontaminata, delle mille e cinquecento Chiese, Conventi, Basiliche, Cappelle votive, quella della incantevole Gerace, dei Borghi grecanici, della Cattolica di Stilo, delle Ville e Giardini, costruite in mezzo al verde intenso e profumato dalla zagara del Bergamotto di Reggio Calabria, della Reggio bellissima da far rivivere con eventi nazionali e regionali ad ampio respiro economico dov’è?

Mi rifiuto di credere e convincermi, che nella “Calabria del Sud, quella più Sud del Sud , dove più Sud non c’è”, non esistano poche o tante persone, da chiamare “gente perbene”, le quali si possono potenzialmente adoperare, per il bene di tutti i Cittadini Calabresi di Reggio, nessuno escluso, non solo da una latitudine a salire verso il nord Italia.
Penso all’impegno della Conferenza Episcopale Calabra, ai progetti che sicuramente hanno o si spera dovrebbero avere in cantiere, le diverse Diocesi della Calabria, destinati a favore dei giovani e ragazzi della Calabria.
Il diritto allo sport giovanile, alla formazione sportiva non trova cittadinanza a Reggio Calabria e nelle 97 realtà comunali, poche palestre, limitati impianti e aree sportive, quelle esistenti necessitano di una urgente messa in sicurezza e riqualificazione ambientale. Eppure lo sport giovanile potrebbe alleggerire le tensioni sociali e migliorare relazionali interpersonali.

Nessuno si convinca che il crescente disagio sociale e le manifestazioni violente, dal sud al nord , si possono fermare solo con l’impegno delle Forze di Polizia e la denuncia alla Magistratura.
Occorre tanta e tanta educazione giovanile di base e continuo accompagnamento sociale dei giovani Calabresi e non, verso la retta via della legalità.

Ecco la pratica delle diverse discipline sportive, può aiutare il giovane a non perdersi all’interno della malavita e devianze violente minorili, realtà sociali queste, presenti in Calabria, come in molte altre realtà territoriali nazionali ed estere.
Ritorno in Calabria sempre meno spesso, in quanto i miei non più giovani anni, i molteplici impegni universitari, famigliari e poca presenza, a volte assenza dei mezzi veloci di mobilità, mi limitano di andarci e rientrare a Roma in orari più confacenti alle normali necessità umane e professionali di ognuno di noi.
Che dire? Non dico nulla perché altrimenti ci sarebbe molto da scrivere e da dire, sulle svantaggiate condizioni ambientali, sociali, stradali, aeroportuali, ferroviarie, portuali e infrastrutturali, con le quali si trovano a dover convivere i Calabresi residenti a Reggio, e quelli dimoranti e domiciliati fuori dai confini geografici della Calabria, originari di Reggio e Provincia, i quali ultimi ritornano e ripartono, tra tante difficoltà di mobilità, più volte ogni anno in Calabria.
Una Città, Reggio, che rimane per me e per tutti, sempre e comunque cara, complessivamente bella e da rendere vivibile, quel luogo d’origine che ti prende dentro, un territorio che risente della mancanza di un quid pluris, da far conoscere, vedere, visitare e godere, a quanti decidono di fermarsi a Reggio e dintorni, per divertirsi con gioia e amicizia, senza pensare al silenzio incalzante dei più distratti, che in questo particolare periodo di tempo, disturba l’udito e disorienta la mente, per il prolungato silenzioso rumore assordante.

Nel Mezzogiorno d’Italia risiede un Popolo che vorrebbe vivere nella e con la civiltà dei diritti e doveri, col desiderio di percepire chiaramente il valore più autentico e grande di appartenenza allo Stato unitario.
Le aziende (società) pubbliche, partecipate e controllate dallo Stato, dovrebbero aprire sedi operative nelle aree joniche, lì dove esistono le cattedrali dello scempio, del disinteresse, del fallimento, dello spreco infruttuoso di risorse pubbliche, mettendo a reddito sociale i beni sequestrati e confiscati agli autori di reati, penso ai beni sottoposti in regime di amministrazione giudiziaria perché provenienti da procedure fallimentari.
Scappare dalla provincia di Reggio Calabria, “di notte con il primo mezzo utile”, non credo che sia la cosa migliore e più giusta da fare. Occorre resistere democraticamente e adoperarsi con buona e sana volontà, cooperando per il cambiamento di vita. Aiutati che Dio ti aiuta, ci hanno lasciato detto gli anziani di età! Sveglia, la rassegnazione, l’indifferenza, la solitudine e il silenzio, credetemi in fede, sono stati da sempre, i più temibili avversari della nostra Calabria che abbiamo tutti nel cuore. (ee)

(Emilio Errigo è nato a Reggio Calabria, Generale in ausiliaria della Guardia di Finanza, è docente universitario e consigliere giuridico economico finanziario internazionale )

È PRONTO IL PIANO OPERATIVO DA 350 MLN
FORSE SI SVOLTA NELLA SANITÀ CALABRESE

È un masterplan di tutto rispetto, quello redatto e pubblicato dal commissario ad acta Roberto Occhiuto e dal sub-commissario Ernesto Esposito, che vuole risollevare e far ripartire la tanto disastrata sanità calabrese. Si tratta di un Piano Operativo che, a valere della missione 6 del Pnrr, prevede un investimento di oltre 350 milioni per realizzare Case della Comunità, Centrali Operative Territoriali, e Ospedali di Comunità.

Nello specifico, sono previsti 2 milioni per le Case della Comunità e presa in carico della persona; 4 milioni per la Casa come primo luogo di cura e Telemedicina” di cui sub investimento; Implementazione delle Centrali operative territoriali (COT)per un importo di euro 280.000.000– di cui interventi COT, Interconnessione aziendale, Device per un importo di euro 204.517.588; 1 milione per il rafforzamento dell’assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture – Ospedali di Comunità, 2 milioni per l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero, in cui è prevista la digitalizzazione DEA I e II livello e grandi apparecchiature e un investimento di 600 mila euro per rendere gli ospedali più sicuri e sostenibili. Inoltre, è previsto il rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione, l’analisi dei dati e la simulazione, con un investimento di 292 mila euro, «di cui intervento Reingegnerizzazione NSIS a livello locale (Adozione da parte delle Regioni di 4 nuovi flussi informativi nazionali – Consultori di Famiglia, Ospedali di Comunità, Servizi di Riabilitazione Territoriale e Servizi di Cure Primarie) per un importo di euro 30.300.000», si legge nel Piano.

E, ancora, 80 mila euro per lo sviluppo delle competenze tecniche-professionali, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario – Corso di formazione in infezioni ospedaliere” e dal Piano Nazionale per gli investimenti complementari (PNC), 1 milione e 400mila euro per rendere sicure e sostenibili gli ospedali.

Nel Piano Operativo, poi, viene spiegato come sebbene «le linee guida e le schede di censimento di immobili e terreni predisposte da Agenas davano come indicazione principale quella di favorire la ristrutturazione e la riqualificazione di edifici pubblici, di proprietà o comunque nella disponibilità delle Azienda Sanitarie, da destinare alle suddette finalità», per «l’individuazione dei siti sul territorio della Regione Calabria, che purtroppo da lunghi anni ha subito il commissariamento della Sanità, si è dovuto tenere conto di alcuni specifici fattori di criticità. Infatti, la popolazione residente nella regione Calabria, che conta 409 comuni, molti dei quali con meno di 5,000 abitanti ed ubicati in zone montane e periferiche, sconta problemi di accesso ai servizi sanitari».

Inoltre, se inizialmente dovevano essere realizzati 57 Case della Comunità, 19 Centrali Operative Territoriali e 15 Ospedali di Comunità, è stata rilevata la necessità di implementare il numero delle strutture, prevedendo ulteriori cinque Ospedali di Comunità, 4 Case della Comunità e 2 Centrali Operative Territoriali, a valere delle risorse regionali. Quindi, in totale sono previsti i seguenti interventi:

 n. 61 Case della Comunità (Componente 1, Investimento 1.1); 

 n. 21 Centrali Operative Territoriali (Componenti 1, Investimento 1.2); 

n. 5 interventi di interconnessione aziendale delle suddette Centrali Operative Territoriali (Componente 1, Investimento 1.2); 

 n. 5 interventi di fornitura di device per le suddette Centrali Operative Territoriali (Componente 1, Investimento 1.2); 

 n. 20 Ospedali di Comunità (Componente 1, Investimento 1.3); 

 n. 11 interventi di Digitalizzazione dei DEA di I e II livello (Componente 2, Investimento 1.1) 

 n. 286 interventi per la fornitura e installazione di grandi apparecchiature (Componente 2, Investimento 1.1); 

 n. 6 interventi di adeguamento/miglioramento sismico di presidi ospedalieri (Componente 2, Investimento 1.2 – Risorse PNRR); 

 n. 7 interventi di adeguamento/miglioramento sismico di presidi ospedalieri (Componente 2, Investimento 1.2 – Risorse PNC); 

 n. 1 intervento di implementazione di 4 nuovi flussi informativi nazionali (Componente 2, Investimento 1.3.2); 

 n. 1 intervento di organizzazione ed erogazione del corso di formazione in infezioni ospedaliere ai dipendenti del SSR (Componente 2, Investimento 2.2). 

Nel Piano Operativo, viene spiegato che «Nella provincia di Cosenza sono state allocate n. 22 Case delle Comunità, da distinguersi eventualmente nella configurazione differenziata di Hub e Spoke, n. 9 Ospedali di Comunità e n. 7 Centrali Operative Territoriali» e che «i criteri di localizzazione per le Case di Comunità hanno tenuto conto di un obiettivo di baricentrismo, garante dell’equità assicurata dalla facilità nel raggiungimento da parte di tutti gli abitanti residenti nell’ambito distrettuale di competenza, e a quello della facilitazione viaria da assicurare al ricorso alla assistenza e alle cure infermieristiche di breve durata, assicurando presenze professionali adeguate».

«Per gli Ospedali di Comunità, invece – viene spiegato – si è optato per una collocazione in siti non assistiti da presidi sanitari, prescindendo se pubblici e/o privati accreditati, ma che possono assicurare ricoveri brevi a bassa intensità assistenziale soprattutto per i pazienti che necessitano di una post ospedalizzazione e/o cure periodiche continue, ponendosi ad un livello intermedio tra il domicilio e l’ospedale. Per le Centrali Operative Territoriali, che rappresentano un elemento di novità e di presumibile successo dell’attuazione del progetto Pnrr, perché di supporto e coordinamento dell’attività svolta dalla medicina di famiglia e specialistica, esse sono state previste in siti strategici».

«Inoltre per la provincia di Cosenza – viene spiegato ancora – nel processo di definizione della distribuzione delle nuove strutture di assistenza territoriale, si è tenuto doverosamente conto della necessaria e celere prosecuzione dei lavori finalizzati alla costruzione del Presidio Ospedaliero della Sibaritide, in relazione al quale la Regione Calabria prodigherà ogni suo impegno per la sua ultimazione, così come farà per programmare la costruzione del nuovo Ospedale Hub di Cosenza».

«Nella provincia di Crotone – si legge – sono state allocate n. 6 Case della Comunità, da distinguersi eventualmente nella configurazione differenziata di Hub e Spoke, n. 1 Ospedale di Comunità e n. 2 Centrali Operative Territoriali; Per la provincia di Catanzaro – continua il rapporto – sono state istituite n. 11 Case della Comunità, n. 4 Ospedali di Comunità e n. 4 Centrali Operative Territoriali», mentre nella provincia di Vibo Valentia sono state allocate n. 5 Case della Comunità, da distinguersi eventualmente nella configurazione differenziata di Hub e Spoke, n. 2 Ospedali di Comunità e n. 2 Centrali Operative Territoriali».

«Nella distribuzione delle Case della Comunità – viene spiegato nel Piano Operativo – hanno inciso fattori emergenziali, nel senso di assicurare certezza assistenziale in favore di territori e comunità sprovvisti di presidi ospedalieri, gli unici a garantire in un siffatto territorio l’offerta pubblica di salute, peraltro non di livello di prestazione esaltante, tanto da aver causato in passato penosi incidenti operatori; il tutto, tenuto anche conto dell’avviata realizzazione dell’Ospedale di Vibo Valentia che offrirà alla provincia una qualità e una quantità prestazionale di spedalità finalmente all’altezza della domanda. Per le strutture di comunità si è tenuto conto anche della marginalizzazione dei centri semi-montani assicurando loro una presenza garante di una assistenza fissa h24, con la resa del servizio notturno della continuità assistenziale ben efficientata. Per quanto concerne le COT, l’individuazione dei relativi siti è stata improntata sul principio del baricentrismo rispetto al bacino d’utenza di riferimento».

Infine, nella Provincia di Reggio, sono state allocate n. 17 Case della Comunità, da distinguersi eventualmente nella configurazione differenziata di Hub e Spoke, n. 4 Ospedali di Comunità e n. 6 Centrali Operative Territoriali.

Nel Piano Operativo, viene indicato come le Case della Comunità da edificare, nelle cinque Province, siano in totale 5 (4 a Cosenza e 1 a Catanzaro), mentre quelle da ristrutturare sono in totale 56: 18 a Cosenza, 10 a Catanzaro, 6 a Crotone, 5 a Vibo Valentia e 17 a Reggio Calabria, con un investimento pari a 84 milioni dal Pnrr e l’importo integrativo della Regione per l’efficientamento energetico di 5 mln e di 6 mln per i nuovi interventi.

21, invece, le Centrali Operative Territoriali che saranno realizzate e suddivise così: 7 per la Provincia di Cosenza, individuate tra Corigliano Rossano, Cisenza, Rende, Paola e Castrovillari; 2 per la Provincia di Crotone, di cui uno individuato a Mesoraca; 4 nella Provincia di Catanzaro, individuate a Botricello, Catanzaro, Soverato e Lamezia Terme. Nella Provincia di Vibo, due le Centrali individuate, che nasceranno a Pizzo e Nicotera. Infine, 6 nella Provincia di Reggio Calabria, tra Locri, Palizzi, Reggio, Bagnara Calabra, Cardeto e Taurianova.

20, infine, gli Ospedali di Comunità, che saranno realizzati con 37 mln dal Pnrr e un importo integrativo regionale per l’efficientamento energetico di 2 mln e 12 mln sempre per nuovi interventi.

Interventi, quelli programmati, che si rendono necessari per portare la Calabria “al passo” con le altre regioni. Come evidenziato nel Decreto, infatti, «la Casa della Comunità è il luogo fisico di riferimento per la comunità su cui insiste, è un luogo di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria al fine di trovare risposta ad un proprio bisogno di salute. La CdC introduce un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare attraverso un’équipe multi-professionale territoriale. Costituisce la sede privilegiata per la progettazione e l’erogazione di interventi sanitari», mentre la Centrale Operativa Territoriale «è un modello organizzativo che svolge una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e dialoga con la rete dell’emergenza-urgenza».

Infine, l’Ospedale di Comunità «è una struttura sanitaria di ricovero che afferisce alla rete di offerta dell’Assistenza Territoriale e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri o di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni sociosanitari, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia e più prossimi al domicilio».

Ma non è solamente il Piano Operativo Regionale redatto da Occhiuto ed Esposito a poter rivoluzionare la sanità: il dott. Gerardo Mancuso, vicepresidente nazionale dei medici di Medicina Interna, primario all’ospedale di Lamezia Terme, e uno dei tecnici delle società scientifiche che partecipano ai tavoli ministeriali, ha rilevato, a Buongiorno Regione, come il decreto ministeriale 70/15 che sarà approvato entro l’estate, ridefinirà gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera.

«La novità – ha spiegato –  che tutti gli ospedali saranno aperti sulla base delle performance, quelli non in grado di erogare determinati servizi saranno chiusi» e che, quindi, un ospedale di base dovrà avere un bacino d’utenza di almeno 20 mila prestazioni per 50mila abitanti: «la Calabria si ritroverebbe con 20 ospedali di base, 10 di primo livello e 3 di secondo livello».

Di tutto questo, tuttavia, «sarà la Regione Calabria – ha concluso – a decidere in merito alla eventuale chiusura degli ospedali». (rrm)

LEGGI IL DECRETO COMPLETO
DCA-n.-59-del-24.05.2022

 

LA GENEROSA ACCOGLIENZA AI MIGRANTI
CHE I CALABRESI HANNO NEL PROPRIO DNA

La Calabria è sempre stata terra d’accoglienza, soprattutto nei confronti di chi scappa dalla guerra. Un esempio lampante è Roccella Jonica che, negli ultimi tempi, nonostante le gravi difficoltà in cui si trova, non volta le spalle a chi ne ha bisogno. Ma prima dell’oggi, c’era un calabrese – o meglio reggino – che, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, ha formato più generazioni di reggini all’accoglienza ed al dialogo tra culture e religioni: don Domenico Farias.

Una storia, quella di don Domenico Farias che, insieme a quella del Beato Vescovo Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza, anche se appartiene al passato, è quanto mai più attuale, offrendo una visione lucida e straordinariamente attuale delle dinamiche migratorie e del valore culturale, sociale, politico e religioso dell’incontro tra i popoli. È di questo che si è parlato nel seminario di studio Migranti ieri e oggi: persone, non numeri, organizzato dal Centro Diocesano “Migrantes” e dalle Cooperative Demetra e Res Omnia, nel giorno, il 21 maggio, in cui si fa memoria dell’approdo a Reggio di San Paolo, fondatore della prima comunità cristiana in Calabria. 

Don Domenico Farias è una figura che ha formato più generazioni di reggini all’accoglienza ed al dialogo tra culture e religioni; ha messo in relazione le persone; ha offerto alla società il suo fondamentale contributo di insegnante e pensatore e la sua lettura, potremmo dire profetica, degli eventi locali e mondiali. La sua casa di Via Palestino, lasciata in donazione all’Arcidiocesi reggina, è oggi luogo di accoglienza e sostegno spirituale e materiale di chi giunge nella nostra terra. E la comunità filippina lo ricorda sempre come colui che più seguì con amorevole dedizione i primi arrivati a lavorare come badanti e collaboratori domestici presso le famiglie di Reggio Calabria.

Il ricordo di Scalabrini e Farias offre un importante strumento di comprensione del presente e, quindi, di azione ancora più mirata ed efficace per giungere a quella che gli ultimi tre Papi hanno definito una “famiglia dei popoli”, in cui nessuno perde la propria identità ma aggiunge ricchezza col proprio patrimonio di valori culturali, sociali e religiosi. 

È stato Padre Gabriele Bentoglio, direttore del Centro diocesano “Migrantes”, a tratteggiare la figura del Beato Scalabrini, definito da Giovanni Paolo II “Padre dei migranti”. Pur consapevole delle ingiustizie e dello sfruttamento insiti nelle migrazioni, e condannando duramente gli agenti che lucravano sulle partenze, monsignor Scalabrini individuava in esse una sfida piena di speranza, «una delle leggi provvidenziali che presiedono ai destini dei popoli e al loro progresso economico e morale»; «una valvola di sicurezza sociale; perché apre i sentieri della speranza, e qualche volta della ricchezza, ai diseredati; perché offre concrete possibilità alla diffusione del Vangelo, allargando il concetto di patria oltre i confini materiali e politici, facendo patria dell’uomo il mondo».

Ne vide a migliaia partire verso l’America a fine Ottocento,  o spostarsi verso Lombardia e Piemonte per il duro lavoro nelle risaie. Il vescovo Scalabrini capì che bisognava intervenire a monte sulle cause dell’emigrazione e nelle terre di approdo con un’azione integrale di assistenza religiosa e tutela legale, morale, culturale, sanitaria e sindacale, attraverso tre figure cardine: i sacerdoti, i medici ed i maestri. Fondò i Missionari di San Carlo per assistere queste masse, ma si impegnò affinché tutti, clero, laici, la Santa Sede e lo Stato con leggi specifiche, operassero per la promozione dei migranti e la tutela dei loro diritti. Comprendendo di trovarsi di fronte una tematica complessa, cercò la concertazione di tutte le sinergie possibili ed i contatti con studiosi ed operatori dell’emigrazione internazionali, oltre a studiare appassionatamente il fenomeno, pubblicare i risultati delle sue analisi e divulgarli in visite pastorali e conferenze. Una metodologia attualissima, ancora oggi sollecitata dalla Chiesa, come ha sottolineato Padre Bentoglio.  

Particolare lungimiranza – e sintonia con la visione scalabriniana – dimostrò anche don Domenico Farias, indimenticato sacerdote reggino, scomparso nel 2002, di cui non è semplice tratteggiare la poliedrica figura: la propensione sconfinata per lo studio, lo sguardo aperto sul mondo pur nel radicamento convinto nel Meridione, la capacità di intessere relazioni tra culture e religioni, tra i vicini ed i lontani, di coltivare una generazione di giovani proiettata a comprendere e vivere la mondialità dalle rive dello Stretto.

Tanti ne mandò a Roma alla Caritas internazionale come obiettori di coscienza, ma anche in viaggio in Terra Santa, in Turchia, in Tunisia, abbracciando la visione ideale di legami duraturi e seri nel Mediterraneo.

«Voleva che ampliassimo il nostro orizzonte vitale e culturale, che ci sprovincializzassimo. Alcuni di noi hanno avuto con don Farias una frequentazione ed una sintonia superiore di quella avuta con i genitori», ha spiegato il magistrato Augusto Sabatini, che ha vissuto come un dono la lunga vicinanza al sacerdote, «un persona speciale, capace di grande penetrazione e stupore», definito anche atipico in quanto non operò mai in una parrocchia, ma si dedicò alla Chiesa attraverso l’insegnamento – prima Matematica e Fisica al Seminario di Catanzaro, poi Filosofia del diritto all’Università di Messina – la catechesi, la sollecitudine alla vita sacramentale e un’intensa attività di assistenza spirituale degli universitari della Fuci, dei medici e dei giuristi cattolici e del Movimento ecclesiale di impegno culturale. Nutrì la sua curiosità e l’attitudine allo studio ed al confronto attraverso l’amicizia con figure come Ivan Illich, il filosofo austriaco fautore della società conviviale, Maurice Borrmans, padre missionario curatore dei rapporti con l’Islam per la Santa Sede, il Cardinale Camillo Ruini, il vaticanista Luigi Accattoli.

Ai giovani inculcò quello che lui stesso incarnava: esercitare la mondialità come fondamento della presenza del cristiano nella vita della Chiesa. Nell’ultima fase della sua vita, don Domenico Farias evidenziò il processo che stava portando  alla caduta delle identità nazionali e alla mescolanza tra diversi popoli. Non parlò di multiculturalità, ma di policromia culturale, da coltivare, appunto, attraverso la bellezza delle relazioni, dell’amicizia e della conoscenza. Colse, nondimeno, l’impreparazione della Chiesa e dello Stato ad affrontare le nuove sfide e sottolineò l’importanza anche dei piccoli gesti, dei comportamenti, quando non si possono offrire servizi strutturati: una mensa in un locale parrocchiale, una camera data in affitto al giusto prezzo, un sorriso a chi ci lava il vetro, la prassi della carità come parte integrante dell’evangelizzazione. Don Domenico rilevò come il territorio della Diocesi fosse rimasto estraneo ad episodi di violenza, ma ricordò che violenza è pure lo sfruttamento del lavoro dei migranti, la clandestinità, i fitti esosi richiesti per abitazioni fatiscenti.

Se questa è la traccia lasciata dalle due luminose figure della Chiesa ricordate nel seminario di studio, naturale chiedersi cosa avviene oggi nella Diocesi reggina. La risposta ha il volto, finalmente sereno, di tante donne e uomini che sono stati accolti ed hanno impresso un corso diverso alla propria vita, attraverso la felice collaborazione tra laici e religiosi realizzata nel progetto Libero di essere me stesso, sostenuto economicamente dalla Conferenza episcopale italiana e curato dalle Cooperative Demetra e Res Omnia, con il Centro diocesano Migrantes ed i padri scalabriniani  della Parrocchia di Sant’Agostino. 

Le due cooperative nascono da giovani desiderosi di impegnarsi nella propria terra, mettendo al servizio della comunità le rispettive competenze, l’entusiasmo e la capacità di fare rete, trovare soluzioni insieme ed attivare risposte tempestive, elemento sicuramente non trascurabile in una società in cui si è abituati a fare da soli.

Libero di essere me stesso è l’ultimo segmento di un lavoro avviato da anni, con progetti già conclusi e proficue collaborazioni con altre realtà del sociale, come il Centro comunitario Agape, con cui Demetra e Res Omnia hanno avviato uno Sportello orientamento, da cui sono passate 1365 persone.

Bashir era ospite di una Comunità sulla jonica, senza speranze, malato, rinchiuso nello scoramento e nel silenzio. Il progetto l’ha preso in carico, ha creato su di lui un percorso di formazione ed inclusione ed oggi il ragazzo indiano ha ritrovato il sorriso e la fiducia in sé stesso, attraverso il lavoro agricolo sui terreni confiscati in contrada Placanica di Melito Porto Salvo. Kati, giovane georgiana, ha avuto aiuto per sé e i suoi figli. A Dam, arrivato dal Gambia, si sono aperte le porte di Casa Farias.

Resterà il tempo necessario per trovare una sistemazione stabile, intanto ha cominciato un tirocinio di lavoro. Ma non tutti i casi possono essere seguiti, tiene a precisare Cristina Ciccone, presidente della Cooperativa Demetra. È necessaria una scelta convinta da parte del migrante e la sottoscrizione di una sorta di accordo con l’equipe che ascolterà i suoi desideri, valuterà le sue inclinazioni e le sue capacità e con lui disegnerà un percorso di studio e di formazione con un approccio olistico, che mette al centro la persona nella sua dimensione bio-psico-sociale. I dati raccolti dal 2018 dicono che il 90 per cento di chi è stato inserito continua a lavorare e, di questi, l’80 per cento rimane nello stesso posto, da leggere anche come un’integrazione realizzata nella società reggina ed una capacità dei migranti di svolgere le mansioni richieste con professionalità e passione. 

«Le migrazioni ci inducono a comprendere che c’è un cambiamento in atto nella Chiesa» è stato il pensiero di Monsignor Franco Agnesi, vicario generale e vescovo ausiliare di Milano, membro della Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale italiana, giunto in riva allo Stretto per portare il suo contributo al seminario e per conoscere direttamente le esperienze di accoglienza nella Diocesi locale.

«A Reggio Calabria – racconta – ho trovato tanto calore ed entusiasmo, che denota un ricco vissuto ecclesiale e sociale. Qui si tocca con mano la volontà di non fare accoglienza banale, ma di rendere le persone capaci di trovare la propria strada, di diventare autonome, coltivare relazioni significative e migliorare le proprie vite». 

Per monsignor Agnesi, nella Diocesi di Reggio-Bova si è concretizzato quel percorso che passa dalla paura dello straniero alla relazione, quell’orientamento della Chiesa espresso efficacemente da Papa Francesco con i quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. E non ci sono state solo le conclusioni del seminario di studio a testimoniarlo. La presenza all’incontro dell’Imam di Reggio Calabria è stata un abbraccio reale tra le comunità, mentre il pranzo con l’arcivescovo Fortunato Morrone e gli arcivescovi emeriti Vittorio Mondello e Giuseppe Morosini ha rappresentato un gioioso momento di convivialità e di conoscenza di sapori e culture diversi. (rrm)

UNICAL AMBIENTE IDEALE PER LA RICERCA
IL PREMIO EUROPEO VALE L’ECCELLENZA

di FRANCO BARTUCCI – L’Università della Calabria premiata dalla Commissione Europea quale ambiente ideale per la ricerca. Entra così nel gotha degli atenei italiani che hanno ricevuto l’HR Excellence in research, che garantisce piena adesione ai principi della Carta europea dei ricercatori e al Codice di condotta per il reclutamento. Tale riconoscimento è stato conferito nell’ambito dell’iniziativa Human Resources Strategy for Researchers (HRS4R).

Un percorso finalizzato all’adeguamento della condotta di un’istituzione ai principi della Carta europea dei ricercatori e del Codice di condotta per il reclutamento dei ricercatori (C&C). In Italia solo 16 Università hanno ottenuto tale riconoscimento e tra questi l’Unical , una delle 4 collocate a Sud di Roma.

Il percorso è iniziato il 25 marzo del 2021 concludendosi un anno dopo, con la candidatura del progetto UniCal longs 4 Excellence, coronandosi così con un successo pieno. Il risultato ottenuto accresce la visibilità internazionale dell’Ateneo come ambiente di lavoro stimolante per le ricercatrici e i ricercatori, rendendolo così più attrattivo nei confronti dei migliori studiosi nazionali e internazionali.

Un risultato che porta il Rettore, prof. Nicola Leone, a dire: «Sono particolarmente soddisfatto per il riconoscimento che la Commissione Europea ci ha tributato accettando il nostro progetto senza alcuna revisione. Un piano strategico importante, dato che oggi più che mai, visti i cambiamenti nel mondo della ricerca universitaria, è necessario contare su un ambiente di lavoro accogliente e positivo. Nel mio programma di governance, non a caso, ho posto particolare attenzione alla necessità di prendersi cura delle risorse umane e del loro benessere lavorativo. Perché la ricerca di qualità e di eccellenza si ottiene solo in contesti stimolanti e inclusivi».

 «Il riconoscimento “HR Excellence in research” – ha dichiarato ancora Leone – è stato attribuito per la prima volta nella storia dell’Unical. I vantaggi non riguardano solo i ricercatori, ma tutto l’ateneo che diventerà un modello per il suo ambiente di lavoro fervido, favorevole alla crescita dei ricercatori. Il riconoscimento sarà, inoltre, garante dell’impegno dell’istituzione ad assicurare procedure di reclutamento e di valutazione eque e trasparenti. La comunità europea ha creduto nel nostro progetto. Intraprendiamo così un percorso virtuoso di crescita e di allineamento alle direttive europee, creando un ambiente accademico sempre più positivo e di alta qualità».

Per capirne l’importanza vediamo cosa prevede la Carta Europea dei ricercatori e il codice di condotta. I principi espressi sono quaranta, suddivisi in 4 aree tematiche: procedure di reclutamento; aspetti etici e professionali; condizioni di lavoro e previdenza sociale; nonché formazione. 

Il riconoscimento è stato attribuito dalla Commissione all’Unical in quanto i valutatori hanno apprezzato l’attenzione prestata nell’allineare le pratiche riguardanti la gestione delle risorse umane a quelle della Carta e dei principi del Codice. 

«L’analisi presentata è risultata completa e l’action plan ha soddisfatto tutti i requisiti richiesti per l’utilizzo del premio HR Excellence in Research – si legge nella nota della Commissione. Il premio riflette l’impegno a migliorare continuamente le politiche in materia di risorse umane in linea con la Carta europea dei ricercatori e il Codice di condotta per il reclutamento dei ricercatori, in particolare l’impegno a realizzare procedure di reclutamento e valutazione eque e trasparenti».

Il Team Unical – «Un importante risultato per l’intero ateneo che, da oggi, fa parte della ristretta cerchia di istituzioni europee premiate con l’Award di eccellenza HRS4R della Commissione Europea – ha dichiarato Francesco Valentini, responsabile scientifico del progetto UniCal longs 4 Excellence –. Questo grande successo è il frutto di un sinergico e intenso lavoro di squadra durato circa un anno e mezzo, che ha visto una partecipazione massiccia e entusiastica di tutta la comunità accademica».

I lavori del progetto, portati avanti dallo staff dell’Area ricerca innovazione e impatto sociale (Ariis) dell’ateneo, sono stati coordinati da una commissione scientifica, presieduta dallo stesso Valentini, e da una tecnica, presieduta da Andrea Attanasio, responsabile di Ariis.

Un Piano per la parità di genere – La costante attenzione dell’Unical verso le buone pratiche nel campo delle risorse umane è testimoniata anche dal rafforzamento delle politiche per la parità di genere. L’ateneo ha infatti adottato il Genere equality plan (Gep) uno strumento che promuove, tra l’altro, l’equilibrio di genere nelle leadership, l’uguaglianza di genere nel reclutamento e nella progressione di carriera, l’integrazione della prospettiva di genere nella ricerca, nella didattica e nella terza missione, il contrasto a ogni forma di discriminazione, l’equilibrio tra vita privata e lavorativa. (fb)

CATANZARO, OCCHIO AL VOTO DISGIUNTO
POTREBBE STRAVOLGERE I PRONOSTICI

dalla REDAZIONE ROMANA – Nelle elezioni più pazze della storia politica di Catanzaro, il protagonista assoluto rischia di essere non l’astensionismo (già di per sé alto), ma il “voto disgiunto” che potrebbe portare a risultati perfino clamorosi e inaspettati. La scomparsa di molti simboli ufficiali di partito, si pensi a Forza Italia, alla Lega, all’Udc, e la presenza di numerose liste civiche, più o meno riconoscibili, rende molto più difficile rispetto al passato ogni previsione.

Un dato sembra però accertato. La partita non si risolverà al primo turno e sarà necessario il turno di ballottaggio quindici giorni dopo. Ciò perché, a parte il volenteroso candidato Nino Campo e l’antagonista Francesco Di Lieto, ci sono quattro candidati molto qualificati e strutturati, affiancati da liste altrettanto strutturate.

Le probabilità maggiori di andare al ballottaggio le hanno il candidato civico, ex Pd, appoggiato da Lega e Forza Italia, Valerio Donato che può contare su undici liste, e il candidato del centrosinistra allargato Nicola Fiorita, supportato da cinque liste. Tenta di fare da guastafeste il presidente dell’Ordine degli avvocati Antonello Talerico, anch’egli sostenuto da cinque liste, di cui una sola di partito (Noi con l’Italia di Maurizio Lupi).

Una gara a parte la gioca Wanda Ferro, parlamentare e coordinatrice regionale di Fratelli d’Italia. Sa bene di non potere sperare, con una sola lista, di arrivare al ballottaggio, ma deve necessariamente conquistare una percentuale significativa, considerato che Fratelli d’Italia è nei sondaggi il primo partito italiano. Difficilmente la Meloni digerirebbe un risultato molto al di sotto delle aspettative.

Un elemento fondamentale, secondo gli analisti, è la forbice che separerà i due contendenti al ballottaggio. Sarà ampia, media oppure minima? E qui entra in gioco il protagonista assoluto di queste elezioni, il “voto disgiunto” che consente all’elettore di votare un candidato consigliere nella lista A e non necessariamente per il sindaco collegato. In parole più semplici, un elettore catanzarese potrebbe votare un candidato di una lista collegata a Donato e votare a sindaco Fiorita oppure Talerico oppure la Ferro. E così al contrario, un elettore potrebbe votare un candidato di una lista collegata a Fiorita e votare a sindaco Donato, Talerico o la Ferro.

Chi avrà più probabilità di giocare questa carta decisiva? Difficile dirlo. Cinque anni fa, il voto disgiunto premiò proprio Nicola Fiorita che prese quasi seimila voti in più delle sue liste. Ma anche gli altri candidati, da Donato a Talerico per finire alla Ferro, cercheranno di puntare sul prestigio personale più che sul trascinamento delle liste.

A parte la quasi certezza del ballottaggio, nessuno se la sente di fare previsioni sulle percentuali che conquisteranno i candidati a sindaco. Si ha la sensazione che per la prima volta a Catanzaro la campagna elettorale si concentrerà proprio sul voto a sindaco e che la battaglia dei consiglieri finirà in secondo piano. Poi si aprirà la battaglia definitiva del ballottaggio. (rp)

CANDIDATI E LISTE PER LE AMMINISTRATIVE DI CATANZARO DEL 12 GIUGNO 2022

CANDIDATO SINDACO: NINO CAMPO

Catanzaro oltre: Biagio Milano, Antonello Iuliano, Alfredo Amato, Antonia De Francesco, Attilio Albino, Francesco Pironaci, Antonio Lucia, Michele Orlando, Antonino Maletta, Lorenzo Agosto, Saverio Paone, Rita Leone, Gianmarco Caramuta, Giovanni Miliè, AnnaMaria Groccia, Carmine Garritano, Elisa Chiera, Luigia Milano, Elisabetta Guerrisi, Giovanni Gallelli, Maria Rotundo, Margherita Maria Arcidiacono.

CANDIDATO SINDACO: FRANCESCO DI LIETO

Insieme Osiamo: Adria Massimo, Aloi Maria, Buffa Anna Maria, Calvosa Francesco, Camardi Angela, Cavaliere Roberto, Di Pino Anna, Fabiano Antonello, Fichera Silvano, Granato Aurelia, Grandinetti Dionesi Paola Augusta, Infuso Maria Concetta, Marino Salvatore, Mauro Michele detto Milko, Mazzei Rita, Miceli Antonio, Naccarato Giovanni, Passafaro Fabrizia, Pezzutto Giorgio Eugenio, Provenzano Carmelo, Pugliese Teresa, Pultrone Santina, Raffaelli Mariagrazia, Ritrovato Alfonso, Rotella Fortunato, Scarcello Giancosimo, Scarfone Vittorio, Sestito Giuseppe, Rotundo Elio, Sorrentino Giuseppe detto Pino, Tolomeo Miriam Azzurra, Trapasso Maria.

CANDIDATO SINDACO: VALERIO DONATO

Fare per Catanzaro: Debora Bonviso, Danilo Scarfone, Giovanna De Munda, Maria Vittoria Giofrè, Cristina Rotundo, Agatino Spoto, Sergio Costanzo, Francesco Criniti, Nicola Aversa, Raffaele Gregorace, Giorgia Siciliotto, Giuseppe Fera, Francesco Chirillo, Annalisa Esposito Vivino, Antonio Cubello, Rosaria Costa, Saverio Chiarella, Simona Mancosu, Giuseppe Costantino, Giulia Pucci, Giampiero Talerico, Vittorio Cosentino, Simona Gallella, Teresa Cerra, Alberto Rosati, Miriam D’Angelo, Giuseppe Ranieri, Francesco Bifano.

Volare alto: Vincenzo Barone, Gennaro Maria Bellini, Alessandro Biamonte, Sara Bruno, Maria Pia Cardamone, Andrea Colicchia, Antonio (detto Jonny) Corsi, Michael Corticelli, Marisa De Fazio, Caterina Fazzari, Salvatore Folino, Giuseppe Giannotti, Ilaria Grande, Alberto Ianniello, Cosimo Iemma, Raffaele Iiritano, Andrea Lorenzo, Antonella Mancaruso, Gioacchino Muleo, Roberto Musca, Antonio Reggio, Francesco Remorgida, Antonio Rizza, Benito Santise, Maria Vincenza Scicchitano, Sarah Sestito, Francesco Sinopoli, Radwan Syaf, Fabio Trapasso, Rita Tulelli, Serena Varano, Diane Viola.

Prima l’Italia: Rotundo Giuseppe detto Pino, Agosto Anna, Aiello Emanuela detta Emy, Bagnato Antonella, Bellantoni Giuseppe, Carnovale Simona, Celi Santina, Costa Giovanni, Critelli Andrea, Di Maio Gioacchino detto Jack, Fera Manuela, Graziano Giuseppe detto Pino Graziano di Castagna, Greco Franco, Iacovacci Anna Maria, Lostumbo Rosario, Mancuso Salvatore, Mangiacasale Alessio, Mango Maria Pia, Marchio Maria, Oliverio Stefania, Pastore Salvatore, Pitari Giancarlo, Polito Lorena, Pullano Pasquale, Quattrone Maria Paola Rotella Martino, Santoro Mafalda, Sirianni Francesca, Tolomeo Fabiola, Tulipelli Gaetano, Ursino, e Antonio Varano Mariano.

Italia al centro: Altomare Anna, Bisurgi Fabrizio, Caglioti Palma, Canino Angelo, Carito Maria, Chiellino Andrea, Cristiano Dino, D’Ambra Annunziata, Dardano Francesca, Gabrieli Alessandra, Giglio Valentina, Grieco Loredana, Gualtieri Laura, Iervasi Flavio, Leo Salvatore, Mauro Antonio, Nisticò Antonio, Nisticò Flora, Palaia Anna, Priolo Denise, Rocca Salvatore, Scarpino Francesco, Sestito Arianna, Sorrenti Iolanda, Talarico Luca, Vivino Rosina, Raffaele Luigi, Posella Marco.

Catanzaro Prima di tutto: Amelio Francesco, Angotti Giovanna, Astorino Marco, Barbaro Domenico, Belpanno Fausto, Cioffi Carmela, Cirella Rossana, Concolino Lea in Aloi, Costa Raffaella, Costanzo Manuela, Crispo Marianna, Cua Alessandra, De Santis Gianfranco , Gallelli Giuseppe, Gironda Danilo, Guzzo Ivan, Liuzzo Simona, Mancuso Rosario detto Rosarino, Manoiero Aldo, Mazzeo  Angelo, Nisticò Fabio, Paris Lino, Presterà Emanuela, Procopio Silvana, Rafaele Emanuele, Santoro Angelino, Sinopoli Maurizio, Vero Anna, Volpone Samuele, Vono Vitaliano.

Riformisti Avanti: Bertucci Rosaria, Brogneri Serena, Chiaravalloti Morena, Cilurzo Lidia, Cioffi Simona, Daniele Teresa, De Luca Angela Maria, Fedeli Marinella, Folino Maria Rosaria, Gullà Beatrice, Lanzellotti Serena, Mancuso Maria, Minio Federica, Sorrentino Alessia, Vadalà Nuria Varano Emiliana, Arcuri Giorgio, Assisi Francesco Antonio, Bianco Amedeo, Bilotta Serafino, Catania Osvaldo Emanuele, Cuomo Orlando, Grande Daniele, Iozzo Salvatore, Libero Alessandro, Manzo Antonio, Mattia Umberto, Mottola di Amato Maurizio, Perri Luigi, Veraldi Stefano, Viapiana Francesco.

Alleanza per Catanzaro: Sergio Aiello, Serafino Brutto, Stefania Caiazza, Deborah Casaburi, Caterina Cefalì, Rossella Celi, Gianfranco Condina, Rosa Cosimo, Daniela Critelli, Raffaele Dornio, Giuseppe Fulginiti detto Fulciniti, Sabrina Garcea, Giulia Claudia Grande, Manuel Laudadio, Maria Antonietta Lomonaco, Francesco Lucia, Rosario Mancuso, Camillo Marchio, Antonio Mirarchi, Sebastiano Parrò, Simone Procopio, Saverio Raffaele, Eugenio Riccio, Rosario Rotundo, Gennaro Santillo, Enza Scalzo, Valerio Scarfone, Katia Scicchitano, Raffaella Sestito, Filippo Tolomeo, Carlo Vavalà, Emanuela Vatrano.

Progetto Catanzaro: Ramona Rotundo, Giada Procopio, Antonio Angotti, Luigi Levato, Maria Caterina Pallone, Roberta Gallo, Maurizio Belmonte, Sabrina Adamo, Antonio Puleo, Andrea Badolato, Claudia Agnes Barbaro, Emanuele Ciciarello, Carmelina Greco, Martina Le Fosse, Gianluca Tassone, Antonio Lamanna, Azzurra Critelli, Rita Aloisio, Ippolita De Gaetano, Rossella Trapasso, Rita Durante, Domenico Valentino Rubino, Valeria Fiorillo, Sharon Chiriaco, Pietro Posella, Carmen Rizzuto, Rocco Antonio De Vito, Dominique Renda, Giuseppe Scavo, Erika Grattaroti, Michelina Tromby, Michela Gareri.

Rinascita: Tommaso Alberto, Gemma Alfieri, Raffaella Aversa, Maurizio Caligiuri, Roberta Canino, Erika Cantafio, Delfina Clausi, Maria Teresa Colacione, Angelica Cricelli, Cinzia Franconieri, Antonella Garifo, Debora Giordano, Giuseppina Gullà, Domenico detto Mimmo Iaconantonio, Antonio Leone, Giuseppe Longo, Valentina Macrì, Valeria Magro, Cinzia Margiotta, Umberto Marino, Maria Mauro, Antonio Menniti, Giovanni Merante, Giovanni detto Gianni Parisi, Monia Polito, Roberto Ritrovato, Donatella Scalise, Massimiliano Squillace, Antonio Talarico, Luana Tolomeo, Mariano Valeo, Domenico Vuoto.

Catanzaro Azzurra: Marco Polimeni, Paola Macrì, Alessandro Pullano, Dario Bolotta, Concetta Carrozza detta Nuccia, Matteo Canino, Alessandra Lobello, Danny Tolomeo, Nicola Dolce, Francesco Passafaro, Agazio Praticò detto Ezio, Claudia Gualtieri, Giulio Elia, Raffaella Severino detta Raffy, Danilo Russo, Maria Santise, Adelina Battista, Francesca Saveria Forte, Maurizio Giordano, Alessandra Crispo, Ilaria Faragò detta Farago, Antonio Garofalo, Loredana Leotta, Paolo Marraffa, Valentina Costa, Alessandra Rizza, Rita Canino, Maria Pisano, Valeria Nisticò, Gaetano Bianco, Maria Pugliesi, Antonella Caroleo.

CANDIDATO SINDACO: WANDA FERRO

Fratelli d’Italia: Elisabetta Aiello, Emanuela Altilia, Andrea Arcuri, Erika Cavigliano, Carmela detta Carmen Celia in Campagna, Luciano Celia, Carmela detta Carmen Chiefalo, Elisabetta Condello, Alessandro Coppola, Domenico Costa, Luca De Nardo, Paola Del Vecchio, Gaetano Rocco Faga, Dario Gareri, Elia Grasso, Sergio Iemma, Serafina detta Sara Leone, Angela Manfredi, Giovanna Massara, Fabio Matarese, Stefano Mellea, Nicola Cosimo Damiano Miriello, Maria Giovanna Moniaci, Francesco Saverio Nitti, Salvatore Rajone, Danilo Romeo, Tommaso Rosati, Patrizia Sacchi, Felice Tallarico, Luana Tassone, Sara Torchia, Anna Chiara Verrengia.

CANDIDATO SINDACO: NICOLA FIORITA

Cambiavento: Gesa detta Jesa Aroma, Annunziato detto Nunzio Belcaro, Laura Boccuto, Terri Boemi, Gianmichele Bosco, Vincenzo Capellupo, Alberto Carpino, Angelo Cavallaro, Alfonso Ciriaco, Danilo Colabraro, Valentina Falsetta, Giuliana Furrer, Massimiliano Garofalo, Giuseppe Gigliotti, Gianfilippo Greco, Sergio Lavecchia, Valentina Masciari, Luana Maurotti, Donatella Monteverdi, Claudia Olivadese, Giovanni Pace, Letizia Paonessa, Gaetano Pensabene, Massimo Pisanelli, Giuseppe detto Pino Ranieri, Teresa Scamardì, Fabiola Scozia, Brunella Scozzafava, Laura Trapasso, Elisabetta detta Betty Treccozzi, Lucia Valentino, Valentina Mercurio.

Cinquestelle: Francesco Mardente, Paola Giglio, Antonino Mantineo, Monica Riccio, Domenico Varano, Tiziana Costa, Danilo Sergi, Giulia Ammendolia, Christian Celia, Erika Procopio, Giulio Luciano Vonella, Rita Rotella, Antonio Chiarella, Concetta Gallo, Mario Tassone, Monica Fasano, Giovanni Maccarrone, Filomena Cotrone, Nicola Russo, Angela Rotella, Giuseppe Matarese, Francesco Vellutini, Pietro Maria Barberio, Giovanni Vitale, Giuseppe Musacchio, Francesco Salvatore Cosco.

Mò-Fiorita sindaco: Giuseppe detto Franco Cimino, Antonella detta Yaya Aceto, Pasquale Agosto, Bibiana Artuso, Antonio Carioti, Andrea Cattani, Laura Luna Ciacci, Angelo Comito, Hafsa Charaf, Francesco De Nardo, Katia Gigliotti, Maurizio Gimigliano, Anna Rita Guzzi, Francesco Cuteri, Alex Iuliano, Luciana Loprete, Salvatore Martino, Antonio Francesco Masciari, Antonio Mastroianni, Elio Mauro, Massimiliano detto Massimo Meloni, Antonio Milié, Daniela Palaia, Claudio Pileggi, Aneta detta Ania Podedworna, Massimiliano Raffaele, Alessio Rauti, Marina Reda, Paolo Rosi, Laura Rosselli, Tommaso Serraino, Daniela Veraldi.

Partito democratico: Fabio Celia, Danilo Abbenante, Vincenzo Catrambone, Igea Caviano, Nicola Corea, Antonio Cristofaro, Francesco De Filippis, Walter De Santis, Francesco Giglio, Anna Maria Grazioso, Latifa Azri, Arianna Luppino, Pietro Mancuso detto Pietro, Riccardo Melia, Antonio Mungo, Antonio Russo detto Tonino, Salvatore Passafaro, Aldo Rosa, Krasimira Stoyanove detta Krasi Nikolova, Giancarlo Devona, Teresa Mancini, Giuseppe Guarnieri, Luca Musarella, Rita Corapi, Ettore Cefalì, Stefania Cosentino, Francesca Paonessa, Nadia Correale, Valerio Geracitano, Fabrizio Battaglia, Giuseppina Iemma detta Giusi.

Catanzaro Fiorita: Gregorio Buccolieri, Luca Amoroso, Stellario Capillo, Angela Chiarolla, Federica Corapi, Malgorzata Curzydlo, Maria Gabriella De Luca, Helena Fiori, Antonietta Frangipane, Santo Fratto, Stefania Frustaci, Isabella Furina, Mariannunziata Grandinetti, Giovanna Guzzomì, Pietro Donato Ippolito, Mario Martino, Maria Merante, Eugenio Occhini, Antonio Pintimalli, Loris Antonio Polito, Alessandro Principato, Ester Pugliano, Anna Lidia Rao, Gaetano Renna, Carmine Rizzo, Marco Sacco, Davide Sgrò, Daniele Silipo, Serafina Simone, Francesco Stirparo, Mattia Stranges, Maria Daniela Trapasso.

CANDIDATO SINDACO: ANTONELLO TALERICO

Noi con l’Italia: Claudio Aloisi, Angelo Augello, Diego Arone, Beatrice Biamonte, Donatella Rosa Candida Cacia, Giuseppe Camarda, Maria Francesca Celi, Domenico Ciambrone, Floreana Cipolla, Davide Clodomiro, Ida Colao, Vitaliano Costa, Salvatore Cricelli, Salvatore Critelli, Giuseppe Cupi, Fabio Matteo Ferragina, Giuseppe Granato, Tiziana Ianieri, Danilo Luppino, Francesco Mancuso, Ortenzia Menniti, Peppina Minervini, Saverio Mirante, Roberto Nicoletta, Lorenza Olivieri, Salvatore Pirrotta, Giulia Procopi, Antonio Scerra, Anna Sergi, Giovanni Sollo, Vanessa Torchia, Anthony Vero.

Azione popolare: Selene Amici, Adelina Angotti, Ugo Cantoni, Teresa Colao, Raul Curcio, Elvira Curto, Angela De Franco, Teresa Garcea, Piervincenzo Gigliotti, Liliana Gullì, Sante Imbrogno, Stefania Jiritano, Mario Lauritano, Emilio Miriello, Ivan Muraca, Giuseppe Nicoletta, Marianna Nisticò, Francesco Paone, Debora Procopio, Emanuel Pulinas, Zimfira Raykinska, Rosetta detta Rossella Riotto, Sandro Rippa, Antonio Sacco, Francesca Scardamaglia, Simone Sergi, Pompeo Speranza, Ivano Staglianò, Albino Talarico, Michele Varcasia, Manuela Veraldi, Francesco Zappia. 

Catanzaro al centro: Davide Andreacchio, Donatella Argirò, Antonio Barberio, Emanuele Bertucci, Rosa detta Rossella Brasile, Andrea Canino, Gioconda Chiarella, Priyanka Corapi, Maria Corea, Giuseppina detta Gisella Cosco, Antonio De Filippis, Giovanni De Furia, Stefania De Gregorio, Silvio De Zerbi, Carmine Faiello, Alessandro Fasiello, Cristina Irene Ferragina, Antonio Luigi Fioresta, Orlando Genovese, Francesco Mancuso, Maria Rita Melina, Vincenzo Minicelli, Vitaliano Nisticò, Elisa Notaro, Daniela Parentela, Danilo Procopio, Rossella Raffaele, Vittorio Romito, Manuele Rubino, Roberto Sacco, Enrico Talamo, Valerie Talarico.  

Officine del Sud: Lorenzo Costa, Domenico Cavallaro, Marco Amoroso, Gilda Bagnato, Federica Barberio, Angelo Belfiore, Emanuela Benvenuto, Simona Cajazzo, Patrizia Cappuccio, Valeria Caravita, Luca Chiaravalloti, Ferruccio Cristallo, Giuseppe Critelli, Immacolata De Nardo, Francesco Longo, Giuseppina Menniti, Antonio Molinaro, Federica Paffuti, Pietro Paolo Pandolfo, Caterina Passafaro, Nicolina Presta, Noemi Pucci, Antonio Ricciardiello, Carmela Letizia Santo, Danilo Sisca, Aldo Daniel Smorfa, Romolo Talarico, Giuseppe Tolomeo, Saverio Torcasio, Katia Trapasso, Martina Ursino, Sharon Zurlo.

Io scelgo Catanzaro: Giovanna Alì, Pietro Argirò, Gianluca Bellacoscia, Salvatore detto Sasà Budaci, Alfredo Catracchia, Graziella Cirillo, Valentina Faiella, Veronica Fera, Teresa detta Terry Fonti, Felice Foresta, Andreina Gallo, Pasquale Gigliotti, Loredana Cirillo, Patrizia Guerra, Christian Iervasi, Jole Lepera, Luciano Levato, Mariateresa Musacchio, Mario Pezzi, Manuel Rocca, Daniela Rodolà, Maddalena Sacco, Francesco Salimonti, Maria Rosaria Scozzafava, Raffaele detto Lello Serò, Alessandro Sità, Annamaria Sodano, Patrizia Spaccaferro, Rita Talarico, Anna detta Tanca Tancrè, Rosa Veraldi, Giuseppe Vitale. 

UNA VERA MINIERA DI ENERGIE RINNOVABILI
PER LE COMUNITÀ OCCASIONE DI SVILUPPO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Le Comunità Energetiche rinnovabili sono un’occasione di sviluppo non solo per l’Italia, ma soprattutto per la Calabria che – come ha ribadito il presidente della Regione, Roberto Occhiuto – «è una miniera di energie rinnovabili» che permetterebbe alla nostra regione l’indipendenza energetica.

Quello delle Comunità Energetiche Rinnovabili in Calabria, infatti, non è una novità: nella scorsa legislatura, il consigliere regionale Antonio De Caprio, aveva presentato una proposta di legge nel 2019 proprio su questa «associazione di cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali, o piccole e medie imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di uno i più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili».

A comprendere le potenzialità delle Comunità Energetiche Rinnovabili è stato anche l’allora assessore regionale all’Ambiente, Sergio De Caprio che, nel giugno del 2021, aveva inviato ai 404 sindaci calabresi la documentazione da usare come linea guida per la costituzione di ogni singolo Comune in “Comunità energetica rinnovabile”, esortando i sindaci «a percorrere questa strada, forse l’ultimo strumento che abbiamo per opporci alla povertà energetica e sociale».

«La transizione ecologica, obiettivo dell’Unione europea – ha spiegato De Caprio nella lettera – prevede per l’Italia un incremento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili per 70 GW in 9 anni. Sarà uno sforzo enorme con la possibilità di gestire risorse e guadagni immensi».

«Per la Calabria – ha sottolineato ancora l’assessore – è fondamentale che questa ricchezza possa essere condivisa con i nostri cittadini, con le nostre famiglie e non vada ad arricchire alcuni, escludendone altri».

Nella documentazione è specificato che «le amministrazioni comunali hanno un ruolo centrale, configurandosi come soggetto facilitatore per il coinvolgimento dei cittadini, promotore per la creazione del processo virtuoso di costituzione delle comunità energetiche e come co-gestore, poiché in grado di supportare tecnicamente i processi di creazione e mantenimento degli apparati tecnologici a supporto della comunità energetica».

«La Comunità energetica rinnovabile – è scritto ancora – ha una funzione strategica nel miglioramento dell’efficienza energetica come vettore di cambiamento culturale e comportamentale».
È previsto, inoltre, l’avvio di «un protocollo di intesa con le scuole inserite come utenze nella Comunità energetica rinnovabile, volto a sensibilizzare gli studenti e a ispirare modifiche comportamentali in grado di influenzare la più ampia comunità sociale attraverso la famiglia e gli amici». Il protocollo di intesa «avrà come obiettivo la partecipazione degli studenti alle modalità di utilizzo dell’energia per la riduzione della povertà energetica e sociale».
Sul fronte, si è impegnata anche l’Università della Calabria che, con il suo Dipartimento di Ingegneria Meccanica Energetica e Gestionale dava conto di un accordo di collaborazione con sedici Comuni Calabresi, assieme per fronteggiare strutturalmente il grave problema del caro energia, muovendosi lungo la strada della transizione energetica. sfruttando le risorse del Pnrr, ben 2,2 miliardi, destinati a finanziare la nascita di Comunità di Energia Rinnovabile.
L’obiettivo è dare alle popolazioni locali la possibilità di passare da semplici passivi consumatori di energia a veri e propri esportatori di una risorsa locale quale, appunto, la preziosa energia solare, per generare risorse economiche per lo sviluppo locale e, nel contempo, decisamente contribuire alla transizione energetica.

La Calabria attualmente, infatti, produce ben 12mila GWh/anno di energia da centrali termoelettriche tradizionali (quasi esclusivamente alimentate a gas) che, tolta una parte destinata al fabbisogno interno, destina all’esportazione verso altre regioni (circa 10.500GWh/anno) che destina all’esportazione fuori regione. 

È quindi un grande controsenso per una regione come la Calabria essere un importante produttore ed esportatore di energia da fonte fossile nonostante la preziosa “miniera” di fonti rinnovabili che insistono sul proprio territorio. Risorse preziose in questa grave congiuntura energetica, per l’economia e soprattutto per il soddisfacimento di fabbisogni primari di molte famiglie in difficoltà.

«L’obiettivo del Dipartimento di Ingegneria Meccanica Energetica e Gestionale – dice il prof. Daniele Menniti, responsabile del gruppo di ricerca di Sistemi Elettrici per l’Energia – è quello di contribuire assieme ai Comuni, è quello di sostenere i Comuni in una rivoluzione energetica/ecologica che, dal punto di vista energetico, dovrà far diventare la Calabria la California d’Italia».

Tema, che è stato poi ripreso nella nuova legislatura con un incontro, avvenuto a febbraio, in Cittadella regionale con la sottosegretaria alla Transizione Ecologica, Ilaria Fontana, che ha sottolineato come «le Comunità Energetiche sono una risposta a medio e lungo termine».

L’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Rosario Varì, ha ribadito la volontà da parte della Regione Calabria di «rivestire un ruolo chiave nella promozione del risparmio energetico, della produzione e dell’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili assumendo l’impegno di condurre il territorio verso uno sviluppo sostenibile, dal punto di vista ambientale, economico e sociale».

«Uno dei punti focali dell’azione che la Regione Calabria promuoverà – ha spiegato Varì – attraverso strumenti e politiche mirate, è l’accompagnamento dei Comuni nella costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), con l’obiettivo di diffondere e favorire la produzione e il consumo locale di energia rinnovabile».

«Cogliere l’opportunità di essere autonomi nella produzione di energia elettrica – ha aggiunto – oltre che comportare un risparmio per la collettività, salvaguarda la continuità nell’erogazione dei servizi della PA, soprattutto in situazioni di crisi energetiche come quelle che, recentemente, stanno accadendo a causa degli accadimenti geopolitici. Per questa ragione, il processo di cambiamento avviato deve essere consapevole e irreversibile e dovrà, necessariamente, coinvolgere tutti e tutto il territorio».

Che la Comunità energetica rinnovabile rappresenti, di fatto, la “città del futuro”, ne è convinto il sindaco di Maida, Salvatore Paone che, nei giorni scorsi, ha promosso un incontro per illustrare a cittadini e aziende il significato e il funzionamento della comunità energetica e i benefici che questa forma di autoconsumo energetico collettivo apporta con sé.

«L’amministrazione comunale intende con questa iniziativa condividere con il territorio l’idea di avviare a Maida una comunità energetica, un importante sistema virtuoso di produzione, autoconsumo e condivisione dell’energia a vantaggio di tutti, non perdendo l’occasione di utilizzare i contributi pubblici del PNRR e coinvolgendo per il supporto tecnico-scientifico leader di settore – ha detto il primo cittadino –. Il convegno è stata l’occasione per illustrare a tutti gli interessati il funzionamento della comunità energetica ed i benefici che otterranno anche i privati e le imprese. Un momento di confronto e di crescita comune».

«Cosa può fare un amministratore comunale – ha proseguito – per essere al passo con i tempi e contribuire ad una politica energetica moderna, alla cosiddetta transazione energetica, che guardi al futuro e alle nuove fonti rinnovabili senza devastare il territorio? La risposta viene proprio pensando alla comunità energetica, un coordinamento tra istituzioni locali, imprese e cittadini, tutti consapevoli che solo uniti si può ottenere un risultato concreto che può abbattere il caro bollette, creare risparmio energetico, guardando al futuro e alle nuove tecnologie digitali».

«Il Comune – ha spiegato ancora Paone – diventerà il dominus di tutto il progetto, supportando in tutti i modi i privati che vogliono partecipare alla comunità, garantendo il costo zero dell’impianto fotovoltaico o di altra fonte rinnovabile, creando una task force ad hoc all’interno degli uffici comunali con il compito di guidare i soggetti interessati per la predisposizione di tutti i documenti necessari con il supporto dei funzionari comunali».

Insomma, in tutta la regione, è unanime l’idea che le Comunità Energetiche Rinnovabili possono rappresentare un punto di svolta per la Calabria a livello di risparmio energetico e che va nella direzione della tutela dell’ambiente, della transizione ecologica e della sostenibilità. (rrm)