NOSTRA INTERVISTA ESCLUSIVA CON IL NUOVO PRIMO CITTADINO DEL CAPOLUOGO DELLA REGIONE;
Il sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita

FIORITA, I PRIMI 100 GIORNI DEL SINDACO
A CATANZARO TRA EMERGENZE E SPERANZE

di SANTO STRATI – Cento giorni: l’unità di misura (per nulla corretta) per valutare la tenuta di un nuovo governo, di un Presidente, un nuovo amministratore locale, un ministro. Il pensiero corre a Napoleone, al quale gli ultimi 100 giorni di Regno non portarono bene, da cui è derivato, probabilmente, il tempo per le valutazioni, ma ormai sembra inevitabile per chiunque confrontarsi con tale scadenza. 

A Catanzaro, il nuovo primo cittadino Nicola Fiorita, eletto il 27 giugno surclassando una destra che tutti davano vincente, ha da poco superato i primi 100 giorni. Lo abbiamo sentito e parlato dei suoi progetti, immediati e futuri, tra emergenze, ordinaria amministrazioni e, non da ultimo, speranze.

«Questa storia dei primi 100 giorni – dichiara subito il sindaco Fiorita a Calabria.Live – non mi appassiona. Un sindaco al suo primo mandato lo si giudica da quello che riesce a fare nei cinque anni, dai risultati che ottiene, dalla percentuale di realizzazione del suo programma. Per usare una metafora calcistica, è come se si giudicasse il rendimento di una squadra solo nelle prime due-tre partite e non si aspettasse almeno la fine del girone di andata. Ho sempre detto, e lo confermo anche adesso, che se tra cinque anni non avrò risolto i grandi problemi di Catanzaro, non aspetterò che i cittadini mi mandino a casa. Ci andrò da solo».

Nicola Fiorita, sindaco di Catanzaro da fine giugno, non sembra molto interessato alla dead line che mediaticamente viene fissata nei primi 100 di governo, ma non si sottrae alle domande di Calabria.Live su questa primissima parte della sua esperienza alla guida del Capoluogo di Regione.

Figlio d’arte – suo padre Franco è stato uno storico esponente della Dc calabrese e anche sindaco per una breve parentesi – Fiorita sembra muoversi a suo agio nel ruolo, dimostrando anche doti di mediatore che gli hanno consentito di superare l’handicap della mancanza di una maggioranza certa in Consiglio comunale. Oggi viene anche indicato come un potenziale leader dei progressisti calabresi, per via dei suoi buoni rapporti con PD e Movimento Cinquestelle e della considerazione che si è guadagnata sul campo.

– Sindaco Fiorita, i 100 giorni rappresentano comunque uno step in cui si definisce la cifra di un governo. Ritiene di avere superato la prova?

«Cominciamo col dire che la mia Amministrazione è formata da personale politico e tecnico alla sua prima esperienza e quindi i 100 giorni sono serviti essenzialmente per un rodaggio e al contempo per una verifica della macchina burocratica e una ricognizione delle risorse finanziarie e dello stato della programmazione. Non è stato, credetemi, un lavoro facile. Abbiamo trovato una situazione molto delicata e la narrazione di un Comune virtuoso e in buona salute era ben lontana dalla realtà». 

– Anche lei utilizza il ritornello della pesante eredita del passato?

«Assolutamente no. Ho sempre detto che sottolineare le macerie del passato, più o meno recente, non serve a nulla. La gente ci chiede di risolvere i problemi, non di fare un processo alle Amministrazioni passate. Ma è inevitabile che, in una logica di continuità amministrativa, sia qualche volta necessario fare riferimento a scelte precedenti. Faccio un solo esempio. Appena insediato mi sono ritrovato un decreto ingiuntivo di un milione di euro per somme rivendicate dalle ditte che hanno ristrutturato lo stadio Ceravolo. La passata Giunta prima ha approvato la transazione, poi l’ha annullata, combinando un bel pasticcio. Cosa dovevo fare? Dire che è stata colpa mia? Sono stato costretto a denunciare l’anomalia di questa pratica, senza demonizzare nessuno. Ho cercato anzi di rimediare, cercando un punto d’intesa con le imprese. Potrei fare altre decine di esempi, ma mi fermo qui”.

– Torniamo ai 100 giorni. Ci pare sia stata una fase molto dura.

«Non ci siamo fatti mancare niente. Ci siamo insediati a stagione balneare iniziata e con un depuratore che dispensava insopportabili odori in tutto il quartiere Lido. Abbiamo avuto problemi con l’acqua e con le strade invase dai rifiuti. Tanto per rincarare la dose, abbiamo avuto il più consistente sbarco di migranti che Catanzaro ricordi, più di 500 persone che abbiamo accolto, assistito e smistato a tempo di record nei centri di accoglienza. E poi il terremoto che fortunatamente non ha fatto danni, ma ci ha costretti a chiudere le scuole per un giorno per effettuare tutte le verifiche tecniche del caso. Penso che ce la siamo cavata bene in tutte queste situazioni, dimostrando efficienza e capacità di reazione, nonostante la debolezza strutturale del Comune che ha pochi soldi e pochi dipendenti».

– Ma vi siete limitati ad arginare le emergenze, quindi.

«Vi pare poco avere affrontato situazioni così drammatiche come il depuratore, la crisi idrica, la pulizia delle strade, la situazione delle scuole a poche settimane dalla ripartenza? Ovviamente non ci siamo limitati a questo. Abbiamo preso in mano una quantità impressionante di dossier aperti, a cominciare dalla programmazione, con particolare attenzione a non perdere alcuni finanziamenti strategici. Ci siamo concentrati in particolare sull’edilizia scolastica con due provvedimenti significativi, destinando 2 milioni 600mila euro all’efficientamento energetico degli edifici e poi recuperando 5 milioni di euro originariamente destinati al recupero della vecchia scuola Mazzini e che abbiamo invece dirottato sull’edilizia scolastica».

– L’acqua continua a scarseggiare in molti quartieri.

«Risanare un sistema idrico colabrodo in soli tre mesi avrebbe richiesto doti sovrannaturali che onestamente non posseggo. Siamo riusciti ad evitare l’interruzione dell’erogazione in agosto, circostanza che avrebbe messo in ginocchio l’industria del turismo balneare. Abbiamo agito su due fronti: chiedere alla popolazione di ridurre i consumi attraverso un uso intelligente dell’acqua e dall’altro dichiarare guerra agli allacci abusivi che sottraevano quantità impressionanti di liquido alla rete. I risultati ottenuti dalla Polizia Locale ci hanno permesso di lanciare un segnale preciso agli abusivi: chi ruba l’acqua ruba due volte, ruba ai cittadini e ruba all’Amministrazione comunale. I livelli dei serbatoi si sono mantenuti in limiti accettabili e questo ci ha consentito di superare l’emergenza agostana. Poi abbiamo aperto un dialogo con Sorical per verificare i loro programmi sulla rete. Noi puntiamo ad ottenere una rete dotata di nuove tecnologie digitali che consentano di individuare immediatamente le perdite».

– Avete istituito un assessorato alla sicurezza, siete dunque un’Amministrazione che usa prevalentemente il pugno duro?

«Non abbiamo bisogno di sceriffi, abbiamo bisogno di fare rispettare le regole. Stiamo colpendo i furbetti dell’acqua, i furbetti della spazzatura che lanciano i sacchetti dalle auto, i furbetti che scaricano abusivamente nei fiumi e nei torrenti. L’assessorato alla sicurezza lo abbiamo affidato ad un ex vicequestore, la dottoressa Marinella Giordano, che sta intanto riordinando il corpo della Polizia Locale che presto avrà anche un nuovo comandante. I cittadini ci chiedono sicurezza e rispetto delle regole. Nei quartieri a rischio vogliamo agire anche con l’arma della prevenzione, del riscatto sociale, della lotta al degrado. Quello che è successo nei giorni scorsi è stato un terribile monito. La morte di quei tre ragazzi e il regolamento di conti tra bande rom sono segnali che destano grande preoccupazione. Ma Catanzaro ha gli anticorpi giusti per reagire. Noi vogliamo isolare le mele marce e aiutare chi è rimasto dietro».

– Parliamo un po’ di centro storico e di isola pedonale. Si ha l’impressione che il vostro approccio sia  stato un po’ timido.

«Il centro storico rappresenta il cuore del nostro programma di rinascita di Catanzaro. Non è un dossier, ma l’insieme di cento dossier. Bisogna agire sul piano dell’accessibilità, della sosta, dell’organizzazione del commercio, dell’incentivazione alle attività della ristorazione e del food, della promozione della cultura. Stiamo lavorando a 360 gradi per riattivare il parcheggio del Politeama e potenziare il parcheggio del Musofalo, ma occorre ancora del tempo. Il nostro centro storico sta cambiando pelle e non è più solo la sede degli uffici. Stiamo avendo segnali molto positivi, come l’apertura della sede della Procura nell’ex ospedale militare, la localizzazione del Centro per l’Impiego, l’avvio di nuove attività commerciali tra piazza Matteotti e il corso Mazzini. Siamo riusciti ad aprire dopo quattro anni piazza Duomo e da venerdì prossimo valorizzeremo con una nuova iniziativa la storica piazzetta delle “Cocule”. L’isola pedonale è in fase sperimentale, non potevamo fare di più in un momento in cui il sistema commerciale cittadino è in grave sofferenza. È andato molto bene il primo sabato di chiusura al traffico e l’esperimento procederà per gradi, ampliandosi progressivamente. È un impegno che manterremo con la cittadinanza, senza danneggiare il sistema commerciale». 

– Lei ha dimostrato molto attivismo in materia di sanità e in particolare sulla fusione delle due Aziende ospedaliere, pur essendo il pallino nelle mani della Regione.

«Sì, è vero, la competenza è della Regione e della Struttura Commissariale e quindi di una sola persona, il presidente Occhiuto. Ma il sindaco è anche la più alta autorità sanitaria cittadina e mi è parso legittimo intervenire su questioni che riguardano la salute dei miei concittadini. Sono favorevole alla nascita dell’Azienda unica che porterà il nome del Premio Nobel Renato Dulbecco. Sarà, con i suoi 885 posti letto, il più importante polo sanitario della Calabria e metterà assieme l’esperienza degli ospedalieri e l’attività di ricerca della Facoltà di medicina. In questo contesto, mi sono permesso di insistere sull’istituzione di un secondo Pronto soccorso generale al Policlinico di Germaneto, in modo da fare respirare il “Pugliese” e dare risposte ad un’ampia fascia di popolazione della costa jonica. Non posso mai dimenticare che il sistema ospedaliero rappresenta la più grande “fabbrica” della città per numero di addetti e per l’indotto». 

– Tasto dolente, la guerra con Arcavacata per la Facoltà di medicina. Possibile che Catanzaro si senta sempre assediata?

«Non soffro della sindrome dell’assedio, ma non posso nemmeno accettare che Catanzaro venga puntualmente svuotata di funzioni che sono propri di un Capoluogo. Solo negli ultimi anni abbiamo perso le partite per la Sovrintendenza Archeologica e l’Agenzia delle Dogane. Non voglio scomodare la vicenda Rai che risale agli anni Sessanta, ma credo sia legittimo ambire ad una redazione staccata del Tg3. Diverso è il discorso di Medicina. Tutto è nato da un accordo tra le Università di Catanzaro e della Calabria per un corso interateneo in Medicina e Tecnologie Digitali, a mio parere sottoscritto senza esigere sufficienti garanzie per la Facoltà catanzarese. Ora l’Unical si muove per ottenere un suo autonomo corso di laurea in medicina. A mio parere, la questione non è tanto se in una regione di meno di due milioni di abitanti sia sufficiente o meno quella del Capoluogo, quanto inserire questa proposta all’interno di una logica di sistema che preveda, parallelamente e contemporaneamente, l’avvio di Ingegneria e Lettere a Catanzaro o comunque un rafforzamento dell’Umg. Così avrebbe un senso, ma temo che Catanzaro debba attrezzarsi a difendere a spada tratta la sua Facoltà».

– Parliamo anche di rapporti politici. Ritiene superata l’anomalia di un consiglio comunale con una maggioranza opposta alla sua?

«È stata una vistosa anomalia, ma il larghissimo voto popolare nel ballottaggio ha consentito di superare questa situazione, liberando alcune energie in Consiglio comunale. Nessuno se l’è sentita di ostacolare la partenza di un sindaco eletto con un’alta percentuale. Se si escludono alcuni irriducibili ultras, che mal si rassegnano a quella sconfitta, si può dire che una larga parte del Consiglio comunale è disposto a lavorare sui problemi. Lo stesso professore Donato, che è stato il mio principale competitor, si sta ponendo in maniera costruttiva ed efficace, senza rinunciare al suo ruolo di opposizione, ben consapevole che la situazione della Città è difficile e resa ancora più delicata dalla congiuntura economica e dal costo dell’energia».

– Si segnalano però rapporti burrascosi, sia pure sotto traccia, con il Partito Democratico.

«Io sono una persona leale e resto grato al PD per avermi indicato, assieme agli altri soggetti del centrosinistra, come candidato sindaco. Così come sono grato al presidente Conte che è venuto a Catanzaro per sostenermi personalmente. Credo di avere ripagato ampiamente quella fiducia, ottenendo una vittoria in cui credevano davvero in pochi e dando un apporto molto consistente alla coalizione con le mie due liste civiche. È  stato un laboratorio di “campo largo” che avrebbe meritato di essere replicato anche a livello nazionale. Se si fossero superate le incomprensioni e le divergenze, oggi probabilmente non avremmo alla guida del Paese un governo di destra-centro. Detto ciò, non riesco ad individuare punti di disaccordo tra me e la delegazione di PD in giunta e in Consiglio. Siamo tutti impegnati a realizzare il programma elettorale».

– Si è pentito di essersi candidato alla Presidenza della Provincia. Quella sconfitta le ha un po’ tarpato le ali nella sua corsa verso la leadership regionale dei progressisti?

«Non credo sia in atto una corsa per un’improbabile leadership dei progressisti in Calabria, e ove fosse non ne sarei interessato. La sconfitta alle regionali dello scorso anno è stata bruciante, ma ancora più bruciante è stata la sconfitta nei collegi uninominali di Camera e Senato, causata dalle divisioni a livello nazionale. Ora c’è bisogno di riordinare le idee, partendo dalla consapevolezza che se PD e Cinquestelle (e magari anche il Terzo polo) si fossero alleati avrebbero vinto tutti i collegi. I progressisti in Calabria hanno segnato importanti successi soprattutto nelle grandi Città, con Giuseppe Falcomatà a Reggio, Franz Caruso a Cosenza, il sottoscritto a Catanzaro. Dalle città bisogna ripartire. Si, forse la candidatura alla Provincia non si è rivelata una buona idea e devo confessare un reato di eccessiva generosità. Non me la sono sentita di lasciare senza rappresentanza la mia comunità politica. In un voto di apparato, il centrodestra era obiettivamente imbattibile. Se ci fosse stata l’elezione diretta del Presidente della Provincia, sarebbe stata un’altra storia. Ora bisogna guardare avanti e lavorare innanzitutto per rilanciare il ruolo di Catanzaro in Calabria e farne l’autentico e riconosciuto Capoluogo». (s)