«Politica e commissario dovrebbero porsi questo obiettivo: azzerare o ridurre la fuga dei pazienti, migliorando la qualità dei servizi». È quanto ha dichiarato il prof. Vittorio Mapelli, già professore di Economia Sanitaria Università degli Studi di Milano, nel corso del quarto modulo della XII edizione il Corso di management medico avanzato e di politiche sanitarie organizzato dall’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Catanzaro, che si è tenuto nei giorni scorsi – nella sala “Catuogno” nella sede dell’Ordine in via Settembrini a Catanzaro.
Nel quarto modulo si è parlato di Autonomia differenziata e salute. «Dovendo affrontare un tema delicato come quello dell’Autonomia differenziata, che è inevitabilmente divisivo e rischia di essere condizionato da pregiudizi politici, ideologici, culturali, come Ordine dei Medici che organizza questo Corso di Management abbiamo deciso di affidare la disanima di questo problema a uno scienziato delle politiche sanitarie – ha spiegato il direttore del Corso, dottor Lino Puzzonia –. Il professore Mapelli ci ha offerto, infatti, una visione più asettica della discussione».
Nel riprendere l’aggettivo “divisivo” riferendosi al tema dell’Autonomia differenziata applicata al settore sanitario, il professo Mapelli ha spiegato le ragioni di queste “spaccature”: “Da un lato ci sono le aspettative e le speranze delle Regioni che vorrebbero più autonomia, e dall’altro i timori di quegli enti che invece subirebbero le conseguenze di una divaricazione ulteriore tra Nord e Sud”.
Secondo Mapelli, l’Autonomia differenziata per quel che riguarda la sanità, «favorirà sicuramente le regioni più ricche del Nord che hanno più capacità fiscale e quindi potranno, con un piccolo ritocco dalle aliquote avere grandi risorse per migliorare il sistema, dall’incremento delle assunzioni al miglioramento delle condizioni contrattuali per il personale – afferma ancora il professore –. L’Autonomia consentirà anche di ritoccare i ticket per le compartecipazioni, i sistemi di rimborso e così via. Una possibilità che non sarà consentita a molte regioni del Sud che, per ragioni storiche ed economiche, hanno una bassa capacità fiscale».
Mapelli, però, individua anche un aspetto positivo: «Questa riforma prevede la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni che, poiché garantiscono dei diritti sociali e civili su tutto il territorio nazionale, devono esplicitali e anche individuando le risorse necessarie ad esplicitarli. Queste regioni penalizzate dall’Autonomia differenziate, quindi, come è già successo nel caso delle risorse per gli asili nido, potranno innescare delle rivendicazioni per avere più fondi».
«Purtroppo la Calabria, prima di tutto – ha detto ancora – ha una bassa capacità fiscale: già adesso il fondo sanitario in gran parte deriva dalle compartecipazioni e dal gettito dell’Iva, perché le risorse regionali sono il 9% di tutto il fabbisogno. Un dato strutturale che non consente alla Calabria di avere risorse aggiuntive. Poi ci sono i mali storici, cioè il deficit e la fuga dei pazienti: se non ci fosse la fuga dei pazienti, non ci sarebbe deficit, fondamentalmente. Tutto questo probabilmente porta ad avere una qualità dei servizi abbastanza bassa: la famosa griglia del sistema di garanzia dello Stato ma che misura le perfomance delle regioni e vede la Calabria al di sotto dello standard. Non è automatico ma avendo più risorse si potrebbero migliorare anche questi standard».
«La soluzione è nelle mani della politica e del commissionario ad acta – ha concluso Mapelli –. Mi sembra che i cittadini stiano pagando con l’aumento delle tasse il deficit degli errori che stanno sia nella politica che management delle aziende sanitarie». (rcz)