Un lungo elenco di nomi scorre veloce, scandito dal ritmo affannoso del salto con la corda che Spartaco, con il suo elmo moderno, non interrompe fino alla fine dello spettacolo.
«È inferno» tuona dal palco. Sono i morti della Statale 106 Jonica che collega Reggio Calabria a Taranto: trecento negli ultimi dieci anni.
Spartaco percorre quella via crucis ogni giorno, interrogandosi sulla sua condizione di schiavo moderno. Il suo destino è legato a quel viaggio: lì è nato e da lì deve passare per raggiungere quel posto di lavoro che gli consente di sbarcare il lunario in una terra maledetta. È una storia universale.
«Tu perché non combatti?» chiede ai tanti che incontra lungo il percorso.
Spartaco vorrebbe fare l’attore, ma il contesto in cui vive non lascia spazio alle ambizioni. Il monologo procede a ritmo incalzante, ironico e tragico allo stesso tempo. La corda che sbatte sul palco è un pugno nello stomaco. Intorno sono solo lumini e copertoni, e il buio si intreccia con le storie e le speranze di chi eroicamente compie quel viaggio ogni giorno, portando avanti la propria lotta silenziosa e rassegnata.
Spartaco parla a sé stesso, al pubblico, a quelle vite incrociate sulla 106. Lo fa senza sconti e senza pause, scegliendo la lingua madre, il suo dialetto, per arrivare dritto al punto e al cuore della questione. Quella che racconta è un’amara verità.
Come l’eroe di epoca romana, che la leggenda vuole abbia compiuto imprese mirabili proprio in Calabria, si batte non solo per una strada più sicura, ma contro la ritrosia della gente a scendere in piazza e pretendere ciò che gli è dovuto.
Qualcuno ci prova davvero a cambiare le cose e a chiedere a gran voce la messa in sicurezza di quella strada della morte. È Franco Nisticò, politico calabrese, originario di Badolato, che, dopo essersi battuto con ogni mezzo per il miglioramento e l’ammodernamento della 106, per difendere i diritti di chi questa strada è costretto a farla ogni giorno, perde la vita al termine di un ultimo comizio tenutosi a Villa San Giovanni nel dicembre del 2009.
A lui è dedicato l’ultimo atto: un’asta con microfono coperta da un drappo e l’audio del suo intervento accorato.
Il sorriso amaro che ha accompagnato tutta l’esibizione si trasforma in tristezza. E la corda diventa una catena.
Sessanta minuti di spettacolo scorrono veloci e il pubblico è assolutamente rapito dal monologo. Una prova d’attore, ma anche fisica, perfetta per Francesco Galelli che recita senza fermare mai quella corda, unica protagonista sul palco. Non servono scenografie ad una storia come questa.
La scrittura scenica dello spettacolo è opera lodevole dello stesso Gallelli, con Luca Michienzi ed Anna Maria De Luca per il Teatro del Carro, Compagnia che punta da sempre a valorizzare autori calabresi e raccontare macro-storie di gente comune di Calabria, facendosi testimone di una terra difficile.
Il pubblico, numeroso in sala, applaude a lungo.
“Spartacu Strit Viu”, inserito nella rassegna Calabria Teatro, 𝑓𝑖𝑛𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑡a 𝑐𝑜𝑛 𝑅𝑖𝑠𝑜𝑟𝑠𝑒 𝑃𝑆𝐶 𝑃𝑖𝑎𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑆𝑣𝑖𝑙𝑢𝑝𝑝𝑜 𝑒 𝐶𝑜𝑒𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 6.02.02, inaugura nel migliore dei modi la ricca stagione teatrale 2023-24 della Compagnia I Vacantusi che dà appuntamento a sabato 30 settembre alle 21 con lo spettacolo “Giangurgolo principe di Danimarca” di Libero Teatro firmato Max Mazzotta. (rcz)