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Le inadempienze della Regione nei confronti dell’Università della Calabria

di FRANCO BARTUCCI – È, ormai, più che nota l’esclusione del laboratorio del centro sanitario dell’Università della Calabria per processare i tamponi anti covid-19, essendo in grado di analizzarne 180 al giorno come segnalato alla stessa Regione nella nota di richiesta dell’autorizzazione del 20 giugno 2020. 

Un fatto gravissimo, che va ad incidere negativamente nella progettualità e governabilità della nostra Regione, incapace di darsi un ruolo e una metodologia di governo di questo territorio che una società riconosciuta come buona e accogliente non merita.

Ci sono nell’arco degli ultimi cinquant’anni tante vicende e storie che denunciano questo stato di cose a danno dell’Università della Calabria, che poi hanno i suoi riflessi sul rallentamento di sviluppo della stessa Università e, cosa gravissima, sulla crescita economia, sociale, culturale della popolazione stessa.

Eppure, ai tempi delle battaglie che si sono fatte negli anni Sessanta e Settanta in Calabria per avere una Università innovativa in campo nazionale, si era convinti che questa, una volta nata, dovesse essere il punto di forza e centro di sviluppo dell’intera regione. Come sappiamo, è nata e siamo ormai nel suo cinquantesimo della nomina ed insediamento degli organismi direttivi, con la scelta dell’insediamento nell’area in cui tutti noi oggi abbiamo modo di vederla, anche se nella forma incompleta rispetto al progetto scelto ed approvato dagli organismi accademici presieduti dal Rettore Beniamino Andreatta.

Solo il Governo regionale della Calabria, presieduto dal compianto prof. Antonio Guarasci, dal 1971 al 1974, fu parte attiva nel sostenere la nascita, l’insediamento e i primi passi di questa nuova creatura didattica e scientifica calabrese, sebbene già al primo vagito veniva aggredita da altre città consorelle per avere anch’esse la loro Università. Così trionfarono, in tutti questi anni, le politiche campanilistiche perorate dalle stesse classi politiche che via via si sono succedute nell’arco di questi ultimi cinquant’anni.

L’Università della Calabria ha dovuto lottare in tutti questi anni per difendere il proprio diritto alla vita, conquistandosi una posizione di prestigio in campo nazionale ed internazionale, sia per quanto riguarda la qualità della didattica, per come dimostrano i successi che ottengono i propri laureati sparsi nel mondo, come per i vari campi della ricerca scientifica riconosciuta dalle classifiche di rating  mondiali, ponendola tra i primi posti con enorme soddisfazione dei Rettori e dei professori autori dei progetti di ricerca.

Soltanto con la presidenza Mario Oliverio alla Regione, l’Università della Calabria ha avuto i riconoscimenti dovuti ed adeguati finanziamenti utili ad investire in ricerca scientifica e nella realizzazione di strutture edilizie, come sulla copertura di tutte le borse di studio degli studenti iscritti ai vari corsi di laurea che ne avevano diritto.

Ci sono stati contrasti per l’attivazione all’Università della Calabria, su richiesta ed impegno del Rettore Pietro Bucci, per potere istituire fin dal 1980 la Facoltà di Medicina, che solo da pochi mesi si è riusciti a trovare tra le due Università di Catanzaro e Cosenza l’accordo per attivare a partire dal prossimo anno accademico la laurea specialistica in medicina ed ingegneria digitale. Pure  questa avversata da certi ambienti culturali e politici catanzaresi.

In queste avversità ci sono pure i punti di forza per impedire all’Università della Calabria di completare il suo disegno di sviluppo edilizio, come previsto dal progetto Gregotti. Come non ricordare l’interessamento del governo regionale di centrosinistra impegnato a finanziare la realizzazione del Parco Tecnologico mandato a monte dal successivo governo di centro destra. Cosa è stato fatto per impedire, nel 1998, la perdita del finanziamento europeo di 600 miliardi destinati all’Università della Calabria per portare a compimento le varie strutture previste dal progetto Gregotti, che hanno determinato nel 2007 la chiusura del cantiere di realizzazione.

Un progetto importante, strettamente legato allo sviluppo della società gravitante nell’area della Media Valle del Crati con destinazione finalizzata a creare la “Grande Cosenza” o “La città unica”, ed ancora “Area Urbana della media Valle del Crati”, con all’interno il disegno della metro leggera UniCal/Rende/Cosenza centro storico, mandato al “macero” da una delibera della Regione Calabria dello scorso mese di novembre, passata attraverso il  silenzio più totale di quei consiglieri regionali di minoranza dell’area di centro sinistra, con il recentissimo “imprimatur”  di approvazione della commissione europea. 

Sono cose gravissime che sono passate pure attraverso il completo disinteresse della stessa comunità del territorio locale, se non regionale. Avere una Università di alto prestigio nel cuore di una grande città ancora da realizzare può significare, per questo territorio, e per tutta la Regione, un beneficio in ogni senso sociale, economico e culturale per gli investimenti che potrà attirare e creare come forma di ricambio.

Questo significa che bisogna acquisire una nuova forma culturale ed una coscienza aperta al cambiamento ed alla modernità, che ne derivano e che lo stato pandemico del Covid-19 può favorire.

Sebbene l’attuale governo regionale sia in una fase di transizione, in attesa delle nuove elezioni, deve dare dei segnali in tal senso collaborando con il commissario Guido Longo ad impostare meglio il piano sanitario di analisi e vaccinazione, avendo nell’Università della Calabria strutture e competenze idonee a svolgere un ruolo di richiamo e assistenza, sia per raccogliere e processare i tamponi  nei suoi laboratori che per la vaccinazione.

In questo momento, l’attività didattica è sospesa, e molti ambienti possono essere individuati per fungere da centro di vaccinazione; come anche del personale tecnico-amministrativo potrebbe essere destinato a curare la parte burocratica di accesso ordinato per età alla vaccinazione, in stretta collaborazione con i medici di base e i Comuni. (rcs)