;
L'OPINIONE / Raffaele Malito: Elly Schlein ha portato una ventata di freschezza al Pd

L’OPINIONE / Raffaele Malito: Elly Schlein ha portato una ventata di freschezza al Pd

di RAFFAELE MALITOChe cosa c’è in Elly Schlein del socialismo, della sua storia, dei grandi temi, delle tante proposte di ammodernamento del sistema politico-istituzionale, delle grandi riforme sociali della sanità universalistica, dei diritti e della dignità  nel posto di lavoro, della difesa dell’ambiente e del patrimonio artistico-architettonico, del superamento di vecchie storture e di barriere etiche che impedivano alle donne di decidere sulla propria vita,  del riformismo, insomma, stella polare, del Psi?

È l’interrogativo che ha posto Sergio Dragone, sciogliendo, con grande generosità, in senso sostanzialmente positivo, il dilemma. Se la nuova segretaria del Pd dovesse recuperare, e farne i temi centrali del suo progetto politico-ideologico, le grandi questioni che hanno caratterizzato, negli anni, l’azione politica del Psi, la risposta all’interrogativo posto da Dragone sarebbe giustificata e coerente.

I temi, assunti da Schlein – sostiene Dragone – come patrimonio del proprio programma politico, sono presenti, come idee-guida, nel Pantheon dei grandi e storici dirigenti socialisti: il nonno, il senatore Agostino Viviani, artefice della legge sull’interruzione della gravidanza, la 104, e la tutela sociale della maternità; l’eliminazione del sistema  sanitario mutualistico per quello universalistico  con il ministro Aldo Aniasi, preceduta da  quella contro la poliomelite, autentica battaglia di civiltà vinta dal ministro della sanità, Giacomo Mancini che si ripeté, da ministro dei Lavori Pubblici, impedendo lo scempio della valle dei Templi e dell’Appia Antica; in tema della difesa  dei diritti e della dignità dei lavoratori, lo Statuto con l’art. 18, punto di grandi controversie  politiche e di scioperi, pensato e approvato da Giacomo Brodolini e Gino Giugni; Infine, per le battaglie storiche delle donne di cui la segretaria del Pd si dichiara leader femminista, il Pantheon socialista ne ricorda alcune protagoniste storiche: da Anna Kuliscioff a Anna Maria Mozzoni, la scrittrice Anna Franchi, la poetessa Ada Negri, Angelica Balabanoff, Lina Merlin che lega il suo nome all’abolizione della legge che consentiva  l’inciviltà della prostituzione  nelle case chiuse.                                                                                                                                         

Il socialismo è stato riformismo proiettato sul presente per cambiare storie storte della società civile, il sistema vecchio dei diritti personali e collettivi, gli assetti economici  arretrati, lo stesso sistema politico-istituzionale ma anche, e sempre, con lo sguardo proiettato sul futuro: in questo senso andava, già nel 1979, Bettino Craxi, quando aveva richiamato l’attenzione della classe politica  proponendo,  con la Grande Riforma, l’esigenza di un cambiamento del sistema politico-istituzionale: radicale, necessario per un’efficiente capacità di governo del Paese. Questione  affrontata a più riprese, con il totale fallimento dei propositi, da varie commissioni parlamentari, quella di Bozzi, di De Mita e l’ultima, bicamerale, di D’Alema.

Il socialismo è dunque riformismo. Che  richiama un filone culturale oltre che politico con il fine di aprirsi al mondo, alla società e ai temi della trasformazione  in ogni settore: dalla scuola alla sanità, dalla ricerca scientifica  alla tutela dell’ambiente fino allo sviluppo sostenibile. 

Quanti dei grandi temi che sono stati il patrimonio del riformismo socialista possono essere assunti -o far parte- del progetto politico-programmatico di Elly Schlein, è impossibile, al momento, e forse, anche nel futuro, prevedere. Di sicuro la nuova segretaria del Pd, un partito al rischio di estinzione, ha portato un ventata di freschezza e di vitalità, di emozioni, che erano spente, di partecipazione che latitava, negli iscritti e  negli elettori astenuti, perché giovane e, soprattutto, perché donna mentre a governare il Paese è un’altra donna.

L’onda travolgente di Elly Schlein sembra essere arrivata proprio a purificare  il partito dalle  sue recenti infezioni: perdita d’identità della sinistra, eccesso di governismo. Oggi il Pd sembra voler cominciare un’altra storia ed  emanciparsi persino dal suo atto fondativo: il manifesto riformista del Lingotto con la vocazione maggioritaria. Manifesta, tuttavia,  uno spirito di apertura e di accoglienza, dando valore a tutte le culture fondative del Pd, socialisti, cattolici democratici, laici liberali, ecologisti, cristiano-sociali, con richiami a pietre miliari identitarie, come “stare dalla parte di chi fa fatica”.

Parla di un mix di giustizia sociale e giustizia climatica riprendendo il magistero di Papa Francesco sull’economia integrale, rilancia le parole d’ordine della difesa della Costituzione, della sanità e del lavoro. Ma il programma del Pd, in questo momento, sembra una rimasticatura di luoghi comuni. Principi  alti e, magari, condivisibili, sostenuti  da strumenti superati e inadeguati: la difesa della Costituzione che non è in pericolo, la sanità che non  è a pezzi nella sua efficacia, ma deve essere sostenuta con nuovi investimenti che la rendano più efficiente, più pronta rispetto alla domanda dei cittadini. Schlein è stata europarlamentare  ma dimentica che c’è una bandiera da impugnare che è quella della ratifica e, poi, dell’adozione del Mes a cui è possibile accedere, con una dotazione di 37 miliardi da destinare a interventi nel sistema sanitario: ecco un tema sul quale sfidare il governo Meloni.

Ma non ne parla. Sul tema del lavoro propone una battaglia su questioni giuste ma che non affrontano gli assetti economico-sociali strutturali. Il salario minimo è un dato di civiltà,  una misura sacrosanta anche per non fare restare indietro l’Italia rispetto ai parametri europei, così come la tutela dei rider per aggredire  il tema dell’occupazione.  Ma l’idea di proibire l’adozione dei contratti a termine rivela una concezione rigida del mercato del lavoro, immaginato solo come lavoro impiegatizio, modello pubblico. 

Lontana, dunque, dal modo in cui sono evolute le dinamiche sociali in un sistema del lavoro fondato sul terziario avanzato. Infatti non una sola parola è dedicata da Schlein al mondo delle partite Iva, considerate  una deviazione dall’ideologia dominante a sinistra. Ignorata è anche l’idea che la riforma del mercato passa dalle misure a sostegno dell’occupazione femminile, visto il gap occupazionale intrecciato con il gap di genere. Insomma il mondo reale sembra estraneo alla narrativa  di un Pd schiacciato a sinistra, ancor più nettamente con i condizionamenti determinati dall’arrivo della sinistra-sinistra di art. 1. Nessuna parola sulle imprese che – non si può negare – sono i soggetti  senza i quali non c’è creazione di ricchezza e di nuovi lavori.

Nessun accenno sui settori strategici dell’economia italiana  sui quali il governo è chiamato a rispondere, mentre il Pd s’interroga sui problemi identitari, puntando tutto, o quasi, sull’attrattività delle fasce disagiate. Il rischio è, così, di imboccare le ristrettezze del socialpopulismo e di subire il condizionamento  del ribellismo dei Cinque Stelle con la difesa acritica del reddito di cittadinanza.     

Il compito che ha di fronte la nuova segretaria e, con lei, l’intero Pd, è d’ immensa responsabilità perché si tratta di dare alla sinistra una strategia e una prospettiva politica  vincente per il governo del Paese. Per ridare al Pd la credibilità e il sostegno della maggioranza degli italiani, occorre ripensare  e rifondare la sinistra, riprendendo il filone culturale e politico del riformismo e la conquista graduale degli obiettivi di ammodernamento del Paese.  

In questo senso  si è speso Aldo Schiavone con il saggio che porta proprio il titolo Sinistra, affrontando il tema del cambiamento e del rinnovamento della sinistra, dopo le mutazioni sociali ed economiche, con nuove idee in grado di riempire il vuoto  di pensiero del tempo che viviamo. Con il tentativo, cioè, di ovviare alla fine della età del  lavoro e, di conseguenza, del socialismo  e dei fatti prodotti dalla svolta del tecno-capitalismo, senza ricorrere a  una serie di piccoli sotterfugi di espedienti, per rimanere a galla.     

«Se la lotta di classe è finita – scrive Schiavone – bisogna allora cambiare la classe cui appoggiarsi, non più gli operai ma gli emarginati, gli sfruttati, i senza lavoro,  gli immigrati di ultima generazione oppure sostituire il genere alla classe. Oppure mettere i diritti di libertà al posto dei diritti sociali. 

Il precariato contro cui dobbiamo fare i conti è fluido, sparso, diffuso, sminuzzato e il nuovo capitalismo se la gioca soprattutto con la tecnica che è incorporea: le merci digitali ma anche quelle materiali viaggiano oltre e sopra i confini, stabiliscono un mercato in cui il lavoro dell’operaio è marginale e probabilmente destinato scomparire sostituito dalle macchine governate dall’intelligenza artificiale, ristretta nel mani di pochi gruppi, più potenti di singoli Stati.                                                                                                           

Ognuno di questi “brandelli del nuovo mondo”, afferma Schiavone, merita ovviamente l’attenzione e il favore della sinistra. Ma nessuno di loro può sostituire l’utopia – e siamo al tema centrale di questa nota – del socialismo, diventare un nuovo sol dell’avvenire, se  non è sorretto da un  pensiero, da un progetto di cambiamento che unifichi l’universo frammentato dei nuovi lavori determinati dalla digitalizzazione, dalla tecnica e dall’intelligenza artificiale  fornendogli un cemento ideale, un consenso di massa e le armi della lotta politica.

Di tutto questo, la  nuova classe dirigente del Pd  ancora non parla. La nuova segretaria l’ha riunita-tutta- attorno a sé, coinvolgendo anche i vituperati capobastone, capicorrente, i cacicchi, perché, in questa fase, ha bisogno di tutti per ridare vita a un partito che era in via di estinzione. E per i grandi progetti e le grandi ambizioni di cambiamento, se ci saranno, occorre aspettare. Occorre una nuova, radicale visione.Non è il momento di stabilire se e quando  ritornerà, in forme nuove, l’utopia del socialismo. (rm)