di SANTO STRATI – Richiama l’immagine di Bartali che sporge la borraccia a Coppi, Carlo Tansi, per spiegare la scelta di fare da gregario a Luigi De Magistris, come annunciato lunedì pomeriggio a Cosenza. Due galli nello stesso pollaio, normale che finisca a rissa, invece – è lo stesso Tansi a rivelarlo – la soluzione per una pax duratura era semplicissima. Ci ha pensato – ha raccontato – tutta la notte e ha avuto l’illuminazione: perché un presidente e un vice? Meglio due presidenti. Così ha illustrato a De Magistris un ingegnoso piano di “spartizione” che pialla ogni primogenitura e fa contenti tutte e due i contendenti: all’attuale sindaco di Napoli la Presidenza della Regione e il Palazzo ora intitolato alla compianta Jole Santelli, a Germaneto, e all’ex capo della Protezione civile regionale la Presidenza del Consiglio regionale e Palazzo Campanella a Reggio. Risolto il busillis, al via un’intesa granitica per mettere insieme una “gioiosa macchina da guerra” (frase che Tansi e De Magistris si guardano bene dal ripetere, vista l’ingloriosa fine nel 1994 della coalizione guidata da Occhetto contro Berlusconi), ma ill comune sentire è quello. Certo, non va trascurato che la spartizione è conseguente alla vittoria, ma questo si rivela un particolare trascurabile nella strategia di Tansi, che ha mandato una lettera aperta affettuosissima ai suoi sostenitori, per illustrare quello che potrebbe apparire un ripiegamento dalle intransigenti posizioni della prima ora (Tansi Presidente o niente).
L’annuncio dell’intesa, comunque, non ha sorpreso più di tanto, visto che era già nell’aria un accordo che avrebbe comunque privilegiato De Magistris (che vanta più popolarità, l’esperienza amministrativa decennale al Comune di Napoli, e un indiscutibile fascino sull’elettorato femminile), ma Tansi non aveva vie d’uscita, bisognava lanciare la campagna elettorale senza equivoci e senza tentennamenti. E un risultato immediato l’ha comunque provocato: i dem si sono subito riuniti a Lamezia, con la vigile assistenza del commissario regionale Stefano Graziano e hanno estratto dal cilindro magico l’unico coniglio in grado di suggestionare la platea: la candidatura di Nicola Irto, più volte sussurrata, più volte contrastata, più volte messa in discussione, improvvisamente si materializza come una di quelle decisioni che faranno la storia.
Diciamoci la verità, in un partito lacerato da divisioni e contrasti, privato da anni di un congresso che avrebbe quanto meno potuto mettere un po’ d’ordine tra gli iscritti, la soluzione Irto era, ed è, l’unica possibile: è giovane, ha guidato senza eccessi l’Aula di Palazzo Campanella durante la presidenza Oliverio, inoltre ha un profilo indiscutibile di persona perbene ed è stato il più votato in Calabria il 26 gennaio 2020 (12.568 preferenze). Una figura ideale, forse poco condottiero e ancora politicamente scarso d’esperienza, ma in grado di guidare la coalizione di centrosinistra… Ma quale coalizione? La situazione a sinistra è molto più ingarbugliata di quanto possa apparire e il tandem che reggeva il Conte 2 (dem + cinquestelle) in Calabria non ha mai trovato il pur minimo tentativo di emulazione. Tanto che molti grillini – quelli che non portano avanti l’improbabile candidatura del deputato Carmelo Massimo Misiti – si erano lasciati suggestionare dalla lusinga arancione di De Magistris.
La situazione è ingarbugliata perché il centro-sinistra calabrese che si presenta spaccato e diviso alle elezioni non potrà mai farcela: i dem il 26 gennaio 2020 raccolsero poco meno del 16% e la coalizione che vedeva candidato presidente Pippo Callipo (Pd, Democratici e Progressisti, Io resto in Calabria) arrivò a 30,14% contro il 55,29% del centrodestra che mandò la Santelli a Germaneto. Quali voti si aggiungeranno a quelli del Partito Democratico a sostegno della candidatura di Irto? Ecco, è questo in punto: ad oggi non si capisce questa coalizione da chi sarà formata, visto che i CinqueStelle, sono indecisi tra il fare l’occhiolino all’accoppiata arancione e civica De Magistris-Tansi o il tentare un’amorosa alleanza con i dem. Ma il loro peso politico si è molto ridimensionato dai successi del 2018 e il 7,35% raccolto fa da Francesco Aiello, sempre a gennaio dello scorso anno, non rappresenta l’attuale forza politica pentastellata in Calabria.
Tansi con le sue tre liste raccolse 58.700 voti (7,22) non riuscendo ugualmente ad entrare in Consiglio vista la penalizzante norma del quorum minimo dell’8%: potrà raddoppiare i consensi? Anche ammesso che arrivi al 15% e che gli arancioni (forti di una presenza importante sulla Piana capitanata dal sindaco di Cinquefrondi Michele Conia e dall’ex sindaco di Polistena Michele Tripodi) raccolgano un altro 15%: dove va a finire col 30% questa coppia di “ragazzi irresistibili”? Tansi cita a tal proposito l’eccellente risultato della lista civica a Crotone (dove il Pd – ricordiamolo – non riuscì nemmeno a presentare il simbolo), ma le elezioni regionali, il geologo Tansi non lo ha ancora capito, sono una cosa diversa. Contano i numeri, che – allo stato attuale – ha solo la coalizione di centrodestra, la quale, peraltro, non ha ancora espresso il candidato ufficiale.
Per contro, la Lega cerca di far dimenticare i fin troppo modesti risultati riportati durante le ultime amministrative in Calabria (con l’eccezione di Roy Biasi eletto sindaco a Taurianova) con una campagna di incontri guidata personalmente dal neo segretario regionale Gianfranco Saccomanno, accompagnato dal presidente ff Nino Spirlì, che parte stamattina da Catanzaro. L’ex vicepresidente, oggi facente funzioni, sta rivelando un inaspettato attivismo e, probabilmente, sta seriamente pensando di guidare la lista della Lega in Calabria. Con quali esiti, bisognerebbe chiedere alla zingara o o qualche negromante esperto di bizzarrie elettorali, ma non si sa mai. Chiunque sia il candidato (il deputato Roberto Occhiuto, l’assessore all’Agricoltura e al welfare Gianluca Gallo?) o la candidata (la sindaca di Vibo, Maria Limardo?), il centro-destra appare , allo stato attuale vincente, perché, se unito, ha i numeri. E la sinistra, a cui piace perdere facile, con le sue divisività sta facendo di tutto per ottenere una nuovo, vergognosa dêbacle.
Senza contare che tutti stanno dimenticando che con queste elezioni entra in vigore la parità di genere e quindi il 40% dei seggi spetta a candidati di sesso femminile. Per molti uscenti – neanche se, per scherzo, si mettono parrucca e rossetto – le porte di Palazzo Campanella resteranno dunque sbarrate. Ma nessuno dei vertici di partito sembra preoccupato di questa (sì, meravigliosa) realtà che taglierà molte ambizioni in un Consiglio regionale che aveva espresso, nel 2020, appena due donne (Tilde Minasi per la Lega, e Flora Sculco per i Democratici e Progressisti).
Peraltro, tutti aspettano nelle prossime ore di vedere la composizione del nuovo governo e valutare come gestire anche indicibili alleanze, in nome del momento particolare, della pandemia, o della necessità di fare presto. A proposito di fare presto, checché insistano tutti, la data dell’11 aprile appare improponibile (vista la situazione del covid), quindi è bene che si consideri la necessità di immaginare il 9 giugno la data più realistica per il voto anche delle regionali calabresi (sono in programma, con un election-day il voto amministrativo di grandi città come Roma, Milano, Napoli e tanti altri piccoli centri). E quest’ulteriore rinvio farà perdere alla destra la valenza del lascito psicologico della Santelli, mentre darà l’illusione ai civici di avere più tempo per serrare le fila in termini di nuovi consensi. Di sicuro, siamo alle prime battute, ma è garantito che non ci sarà da annoiarsi, aspettando colpi di scena clamorosi. Del tipo che i dem – pur di non ridare la vittoria alla destra – rinuncino a Irto per sostenere De Magistris e la sua coalizione civico-populista e tentare il sorpasso. Ma anche questa ipotesi, per quanto surreale, dovrebbe fare i conti con un gregario che si chiama Bartali, ops, scusate Tansi, e che le sue borracce non le vuol dare ad alcuno. (s)