L'OPINIONE DEL PROF. DAMIANO SILIPO (UNICAL): COL DDL CALDEROLI LE REGIONI INDIPENDENTI IN 23 CAMPI;
Roberto Calderoli

IL TERMINE È AUTONOMIA DIFFERENZIATA
MA SIGNIFICA “SECESSIONE DEI PIÙ RICCHI”

di DAMIANO SILIPO – È molto probabile che tra pochi mesi l’autonomia differenziata di Calderoli diventi realtà, dando la possibilità alle tre regioni che nel 2017 hanno già sottoscritto le pre-intese con il governo (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna)  di attuare subito la secessione. Perché si scrive autonomia differenziata e si legge secessione dei ricchi. Infatti, il DDL Calderoli prevede che le regioni possono chiedere l’autonomia in 23 materie fondamentali per la vita dei cittadini (dalla sanità alla scuola e università, da infrastrutture e trasporti a energia e ambiente, etc.).

Lombardia e Veneto hanno chiesto l’autonomia in tutte le 23 materie, l’Emilia Romagna in 15 delle 23.
Unitamente al trasferimento delle funzioni, vengono trasferite alle regioni le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, necessarie per attuare l’autonomia nelle materie richieste.
In particolare, il DDL Calderoli prevede che le regioni possono trattenere gran parte delle tasse, che oggi vengono trasferite allo stato centrale, anche oltre quelle necessarie per finanziare le funzioni aggiuntive richieste.
Se si pensa che le sole tre regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata hanno un reddito complessivo di più di 700 miliardi all’anno (più del 40% del reddito complessivo dell’Italia), l’autonomia differenziata non è il riconoscimento formale della macro-regione Padania sognata da Bossi e co. ma certamente corrisponde alla secessione dei redditi delle regioni più ricche del Nord.
Tra l’altro, queste regioni disporranno di enormi risorse aggiuntive e saranno in grado di pagare, ad esempio, stipendi più alti ad insegnanti e personale sanitario rispetto alle altre regioni, anche per far fronte alla già forte carenza di medici ed altro personale sanitario. La secessione dei ricchi sarà quindi un impulso potente per medici, paramedici, insegnanti, ecc. della Calabria e delle altre regioni meridionali a trasferirsi nelle regioni più ricche, con il duplice effetto di affossare ancora di più il sistema sanitario calabrese e rendere impossibile la realizzazione dei livelli essenziali di assistenza, anche qualora venissero realizzati i nuovi ospedali. Senza contare che l’ulteriore depauperamento del capitale umano avrà effetti drammatici sulla qualità dell’istruzione e sulle prospettive di sviluppo della regione. Pertanto, la tesi degli autonomisti che trattenere nei propri territori una parte cospicua del “residuo fiscale” induce le regioni meno produttive a “darsi una mossa” è ipocrita, perché induce i cittadini di queste regioni a darsi una mossa a raggiungere le regioni più ricche, che offrirebbero salari più alti.
Come fa il Presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto a non rendersi conto di questi effetti, o a svendere le sorti di una regione per puro tornaconto personale o di partito?

È merito della Segretaria Elly Schlein aver attestato, senza se e senza ma, il Partito Democratico contro l’autonomia differenziata. Una posizione chiara e coraggiosa, tenendo conto che anche nel PD ci sono simpatie e spinte autonomiste. Il passo successivo è come contrastare questo disegno eversivo di Calderoli e del governo Meloni, e quale assetto istituzionale alternativo proporre per l’Italia.

Molti degli emendamenti proposti dai gruppi parlamentari del PD suggeriscono di ridurre a poche e non strategiche le materie su cui concedere l’autonomia.

Seppur importante, ritengo che il punto centrale non sia il numero di materie ma la realizzazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) su tutto il territorio nazionale, come pre-requisito per l’attuazione di qualunque forma di autonomia differenziata.

Nel DDL Calderoli la definizione dei LEP costituisce un puro requisito formale per la concessione dell’autonomia differenziata in alcune materie e non è contemplata alcuna realizzazione. Se già oggi la Calabria non rispetta i livelli essenziali di assistenza (LEA) in tutte le aree (prevenzione, distrettuale e ospedaliera), come si può pensare che quando il meccanismo della secessione si metterà in moto e genererà gli effetti appena descritti,  i LEP (che comporteranno una spesa ancora maggiore rispetto ai LEA) verranno mai realizzati nelle regioni meno ricche? 

Si potrebbe obiettare che vincolare la concessione dell’autonomia differenziata alla realizzazione dei LEP su tutto il territorio nazionale sarebbe come rinviare sine die l’attuazione di qualche forma di autonomia alle regioni. Come ha stabilito un tempo entro cui definire i LEP, il Governo Meloni potrebbe anche assegnare alle regioni le risorse sulla base dei fabbisogni standard e un termine entro cui attuare i LEP, con tappe intermedie per la loro realizzazione, che se non rispettate dovrebbero prevedere la decadenza dei Presidenti di Regione e poteri sostitutivi del governo.

Questo sì che darebbe luogo al più importante processo di attuazione della Costituzione Repubblicana e renderebbe l’Italia un paese migliore, perché ridurrebbe le diseguaglianze e aiuterebbe la crescita.

Viceversa, la secessione non solo allontanerà definitivamente la Calabria e il Mezzogiorno dal resto del Paese, ma farà più piccola l’Italia, perché quanto volete che conti in Europa e nel mondo anche un Presidente eletto dal popolo, quando il potere economico e politico appartiene a poche regioni ricche? (dsi)