LAMEZIA (CZ) – L’ambulatorio solidale “Prima gli ultimi” presenta “Missione Sanità” e il calendario 2024

È in programma per sabato 11 novembre 2023 alle 16:30 la conferenza stampa di presentazione del progetto “Missione Sanità” che coinvolge l’ambulatorio solidale “Prima gli ultimi” Odv, attivato dal 2019 ed ubicato nei locali del complesso interparrocchiale San Benedetto. Nel corso dell’incontro sarà presentato anche il calendario 2024 “Portali sconfinanti” che raccoglie le immagini dei portali più antichi della città di Lamezia curate dall’artista irlandese Madeleine O’Neill; i dipinti originali saranno in mostra fino al 19 novembre prossimo.

Alla conferenza stampa che si terrà in piazza Ardito (ex gioielleria Nesci di fronte stele della Madonnina) interverranno: Nicolino Panedigrano, presidente ambulatorio solidale “Prima gli ultimi” Odv; Graziella Catozza, responsabile del progetto; Don Fabio Stanizzo, direttore Caritas Diocesi di Lamezia; Paolo Mascaro, sindaco di Lamezia; le assessore comunali Teresa Bambara (Politiche Sociali) e Giorgia Gargano (Cultura).

I promotori del progetto “Missione Sanità” tengono a sottolineare che l’ambulatorio solidale “Prima gli Ultimi” Odv «si pone in prima linea nel contrasto alla povertà sanitaria considerando il malato più importante della sua malattia: un concetto basilare richiamato più volte anche da Papa Francesco». Dalla sua inaugurazione nel febbraio 2019 ad oggi la struttura sanitaria, sostenuta da volontari laici, ha offerto gratuitamente circa 1500 visite. Inoltre, chi si reca in ambulatorio, può anche usufruire di utili indicazioni riguardanti percorsi sanitari ad hoc; ciò, grazie alla rete professionale costituita dagli operatori sanitari, tutti professionisti ed esperti di varie discipline mediche, che operano all’interno della struttura.

Visto l’aumento del bisogno riscontrato negli ultimi tempi, con “Missione Sanità” l’ambulatorio solidale amplia la sua partnership grazie alla collaborazione con l’istituto di istruzione superiore “Luigi Costanzo” di Decollatura. Infatti, gli studenti dell’istituto, negli specifici laboratori, realizzano delle protesi dentarie per i pazienti dell’ambulatorio; un percorso solidale intrapreso anche in piena sinergia con la Caritas diocesana.
Si tiene ad evidenziare che il progetto “Missione Sanità” si pone obiettivi ben precisi come «porre fine ad ogni forma di povertà; assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età. E, ancora, promuovere e realizzare attività e interventi in relazione ai nuovi bisogni emersi e determinatesi nella fase post-pandemia da Covid -19». (rcz)

IL RACCONTO / Franco Cimino: La magia della vita e del teatro in quel gesto di Francesco Colella verso il padre

di FRANCO CIMINO – Non ancora, ieri, aveva finito di recitare, e oggi di prendere il treno delle quattordici per Roma, che la eco della sua grande prestazione al Politeama si è fatta largo tra il breve passeggio domenicale e l’uscita delle chiese, fino all’ affollatissimo Centro Commerciale, e sul lungomare.

In alcuni di questi luoghi ho sentito dire di persona, degli altri mi è stato riferito. Francesco Colella, la “sorpresa” già nota, ma oggi più sorprendente, è al centro dell’attenzione della Città. Ha rubato un po’ di spazio anche a quella per il Catanzaro, la cui amarezza per la seconda immeritata sconfitta, era assai diffusa.

Altro spazio, purtroppo, non ne ha rubato, perché di dibattiti e di tematiche profonde sul versante della politica, qui, proprio non se ne vede l’ombra. I giornali, carta e rete, sono pieni di quelle emozioni che il “grandattomattatore” ci ha regalato con il suo Apuleio. Io ne ho scritto pure molto, spinto da un’ondata di emozioni e di pensieri che ho avuto difficoltà a fermare nella scrittura che scorreva a fiumi. Oggi vi ritorno solo per un momento. Che è quello che di più mi è rimasto della splendida serata. Anzi, due. Sono due momenti di grande teatro. Di quelli di cui ho detto quando ho affermato che Francesco Colella fa spettacolo anche senza testo e racconta anche senza trama. Perché lui è racconto, lui è la scrittura, lui è la parola. Lui è la maschera. Lui è il movimento del corpo. Lui è teatro e teatrante, insieme. Finito “ Le Metamorfosi”, a sipario aperto ancora, “l’autore” inizia a raccontare di sé, ché il Teatro è la vita normale che sale sul palcoscenico. Non a caso, gli spettatori sono protagonisti attivi, anche se fermi sulle poltrone. Sanno che lì sopra si dice, apparentemente fingendo, di come sono loro.

Lucio diventa Francesco, e riprende lo spettacolo. Così, come gli viene. Tra il comico, che commuove, e l’uomo pensoso, che inquieta, Francesco gioca con il premio che gli si vorrebbe consegnare. Finge di sorprendersi, lo prende dalle mani dell’hostess, ma lo riconsegna perché è il sindaco con l’assessore e con Tonia, che glielo devono porgere. Sei mani, «ma quantu pisa?» sembrava volesse dire. Poi, come un bambino, si inginocchia per ringraziare o pregare che gli venisse finalmente dato. Un tocco di teatralità straordinario. Il pubblico ad applaudire, a ridere. A domandare. Poi, dopo qualche secondo di interminabile silenzio, il colpo di teatro più grande. Francesco dismette i panni anche di quest’altro suo essere attore, e si riprende con fierezza il cognome.

E ridiventa Francesco Colella. Il catanzarese autentico, ragazzo semplice e umile. Uomo che ama. Il figlio devoto. Gira su se stesso quel corpo lungo e magro, che si assottiglia ancor di più mentre si abbassa di altezza, fa due passi in avanti verso il bordo del palco, guarda in prima fila in quei due due posti, che sul lato destro la iniziano. E, rivolto al pubblico, chiede un applauso fortissimo per i genitori, senza i quali non sarebbe giunto fin lì. In particolare, per il padre. Quel padre, già timido e schivo, oggi pure appesantito dalla fatica di una sofferenza fisica impegnativa, si alza in piedi di scatto e saluta lui gli spettatori. È stato, quello, uno dei momenti più emozionanti che si siano visti, improvvisati, qui da noi. Una scena teatrale indimenticabile. Qui, l’attore è il figlio. Poi, con un rapido cambio di scena, artista e figlio si scambiano i ruoli. Il regista ufficiale dell’opera in scena si allontana, al suo posto Dino Colella, il papà dell’attore. Il suo silenzio. E quelle fragili braccia alzate, come una preghiera, la volontà di battersi ancora, un abbraccio promesso. Se avesse potuto, Francesco sarebbe sceso a prenderlo tra le braccia, e, fatto salire sulle sue spalle, lo avrebbe condotto in cima al monte più bello.

Quello dal quale, come i nostri di Catanzaro, si guarda il mare. E con il suo sguardo di fanciullo incollato a quello mai spento del suo vecchio, avrebbe sussurrato: «Pa’, u vidi u mara? Domani ci iamu, e tu ‘mparami e novu a notare, ca on mu ‘mparavi ancora». Dall’Iliade ad Alvaro, da Enea per Anchise, ai figli di questa terra aspra e bagnata dai suoi mari, dall’antico Grecia alla vecchia Calabria, è passata, in quei minuti, tutta la bellezza del mondo. E la cultura continuativa di due grandi civiltà. Che non sia questa, la riproposizione cioè di un sentimento antico, che, attraverso l’amore, quale anche donazione, gratitudine, rispetto, fedeltà, ripristini anche il valore dell’autorità, da una parte, e quello dei “vecchi”, in quanto valore in sé, dall’altra, la strada più sicura per realizzare la Pace, partendo da noi, dai nostri piccoli spazi? Sì, che lo è. Che bello spettacolo, ieri, al Politeama e che lezione! (fc)

CATANZARO – L’incontro operativo sul Piano di attuazione per la competitività dei sistemi produttivi

Domani pomeriggio, a Catanzaro, alle 16, nella sede di Confindustria, si terrà l’incontro operativo per la presentazione e l’approfondimento dei bandi regionali di prossima pubblicazione inseriti nel piano di attuazione per la competitività dei sistemi produttivi.

Saranno presenti Aldo ferrara, presidente di Unindustria Calabria, l’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Rosario Varì, e il dg del Dipartimento regionale Sviluppo economico e Attrattori Culturali, Paolo Praticò.

Nel corso dell’evento saranno approfonditi i bandi sui macchinari e impianti; sui servizi avanzati e l’internazionalizzazione. (rcz)

La Camera di Commercio CZ, KR, VV: Lieve ripresa nel trimestre estivo

C’è una lieve ripresa del sistema imprenditoriale nelle Province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, nel trimestre estivo. È quanto ha rilevato la Camera di Commercio di Catanzaro, Crotone, Vibo Valentia, evidenziando come c’è stato un saldo  attivo di 142 attività economiche, come differenza tra 620 nuove iscrizioni e 478 cessazioni di attività,  con un tasso di crescita trimestrale dello stock – rispetto al 30 giugno 2023 – pari al + 0,22%,  perfettamente in linea col dato medio regionale e non troppo distante dalla media italiana, +0,26%. 

Al 30 settembre 2023 sono 65.182 le imprese registrate nelle province di Catanzaro, Crotone e Vibo  Valentia, di cui 57.012 attive

Guardando ai singoli territori di competenza dell’Ente   Camerale, è la provincia di Crotone che presenta il tasso di  crescita trimestrale dello stock più elevato, nel confronto  col trimestre precedente (+ 0,39%); un dato che nella graduatoria nazionale colloca il crotonese al sesto posto, in ordine decrescente, dopo Roma, Trieste, Milano, Bolzano e La Spezia.  

Per Catanzaro si registra un tasso di crescita pari a +0,16%  e per Vibo Valentia +0,14%. Nella provincia di Catanzaro si rileva il maggior numero di  imprese registrate nel trimestre (32.938, di cui 28.547 attive). A seguire, Crotone con 18.239 imprese (di cui 15.964 attive), e Vibo Valentia con 14.005 imprese (di cui 12.501 attive).

Le imprese individuali continuano a rappresentare la forma giuridica più ricorrente (per il 63,5% delle imprese registrate nel trimestre), ma con il più basso tasso di crescita (+0,05%). La più dinamica – sebbene anch’essa interessata dal rallentamento generale della vitalità  d’impresa – è la società di capitale (con un tasso di crescita trimestrale pari al +0,78%).  

Crescono pure le “altre forme” del +0,20%. Da segnalare, invece, il bilancio negativo delle società di persone (-0,10%). 

La crescita del trimestre nelle province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia non interessa tutto il  tessuto produttivo. 

In termini relativi, il dinamismo più marcato si registra nel settore Servizi (+1%) e delle Costruzioni (+0,49%). 

I settori commercio, agricoltura e manifatturiero segnalano variazioni trimestrali dello stock di imprese  di segno negativo, anche se, comunque, poco significative. 

«Questi dati sono sicuramente confortanti per la nostra economia – ha detto il Presidente dell’Ente camerale, Pietro Falbo– perché, nella giusta chiave di lettura, danno il senso di come, anche un lieve incremento  marginale sia da considerare un importante segnale di ripresa delle nostre imprese».

«Bisogna, infatti,– ha aggiunto – contestualizzare il risultato in una congiuntura economica che, aggravata da inflazione, caro energia e  il moltiplicarsi di conflitti in scenari internazionali, frena complessivamente la crescita del sistema  Paese, ma impatta fortemente soprattutto a livello locale in quei contesti, come la Calabria, già di per  sé fragili e complessi».

«Risulta evidente, allora – ha concluso – il valore delle nostre imprese, capaci di reazione e  resilienza anche nelle più difficili e impegnative situazioni di criticità, e la cura che dobbiamo loro  riservare considerandole, per come in effetti sono, bene sociale in quanto producono ricchezza e  benessere anche per l’intera comunità». (rcz)

IL RACCONTO / Franco Cimino: Dialogo tra un acculturato latino e un ignorante catanzarese

di FRANCO CIMINO – «Sei andato al Politeama stasera?».

«Sì, ci sono andato. Non manco mai, stasera poi non vi avrei rinunciato neppure morto».
«Hai visto Apuleio?»
«Apuleio chi?»
«Apuleio! Era con Lucio, ha rappresentato la sua Metamorfosi».

«Ma quale Apuleio e quale Lucio? E cos’è questa metamorfosi».

«Ma l’ha detto la Santacroce. È nel suo Festival d’Autunno!».
Ma quale Santacroce e quale autunno e quale festival! E quale Apuleio, o Lucio, come lo chiami tu. Io stasera ho visto solo un grande uomo sul palcoscenico. Per lui sono andato e di lui mi sono deliziato.
È entrato in scena dal buio, una valigia di cartone e due robe di pezza addosso, capelli folti lunghi e bianchi e quello sguardo di eterno bambino che ha conosciuto il mondo e con quella voce melodiosa te lo vuole raccontare. Settanta minuti di dominio assoluto, non di monologo, si badi, ma di dominanza del palco e della platea sulla quale ha incollato quel suo sguardo profondo e ipnotizzante.
Infatti, il suo non è stato un monologo anche per quella sua capacità di far parlare insieme più personaggi e un asino, che a sua volta parla con sé stesso e con gli altri. E ammonisce, attraverso la metamorfosi subita, a non farsi dominare dalle passioni e dal principio di forza. Passioni e forza fisica, che annullano la ragione e lo spirito, e l’anima schiavizzano. Ma che, invece, sono le energie vitali che portano l’uomo a percorrere le fasi diverse della vita, fino a quella maturità che è sede di sapienza e coscienza.
Una lezione di diciotto secoli fa che si rivela oggi come la più attuale. Attuale, perché sullo scenario planetario e sulla collettivizzazione delle emozioni, stasera viene portato alla ribalta la necessità di una “metamorfosi” profonda che cambi l’uomo, nella sua individualità, dall’interno. Perché, probabilmente. è solo questa “ metamorfosi-rinnovamento” che può cambiare il mondo e fermarlo in tempo prima che definitivamente rovini. Stasera ho visto tutto questo attraverso la fatica di un gigante.
Un vero gigante. Del teatro. Un artista autentico. Uomo di spettacolo straordinario. Che spettacolo farebbe anche senza un testo molto bello come quello che dalle mani dell’antico autore, al Politeama, è passato alle sue, diventando un racconto snello e veloce nei passaggi da una situazione a un’altra, da un personaggio a un altro, dall’asino alla persona e viceversa.
Francesco Colella è questa grandezza. Lui, a me personalmente, ricorda l’indimenticabile Pino Michienzi, personalità artistica completa e versatile, capace di fare, come Francesco, spettacolo anche leggendo il menù di una trattoria o l’elenco telefonico di una volta. Stasera, il “grand’attore”, è stato un autentico mattatore, lo spettacolo nello spettacolo. Lui Apuleio e Colella. Lui Teatro e letteratura. Lui la commedia e la novella.
L’ironia e la drammaturgia. Poesia e filosofia. A Francesco riesce tutto questo perché è teatrante nato. Perché se non avesse fatto l’attore avrebbe fatto l’attore. Se non avesse fatto teatro, si sarebbe trasformato in una tavola del palcoscenico. Francesco è un attore colto, perché ha studiato e studia. Ama la parola e la parola conosce. Conosce le parole e tante ne dice in quel meccanismo dell’affabulazione che solo i grandissimi, come Vittorio Gassman, possedevano.
E con la quale facevano teatro senza il Teatro. Rappresentazione scenica senza un testo organico e organizzato. L’attore e le sua parole, spesso improvvisate. Solo le luci sul volto. E la magia si muove fino all’ultimo posto in sala.Tutto questo è Francesco. O meglio anche questo è Francesco. Perché in lui c’è di più. È catanzarese fino al midollo, orgoglioso di esserlo, in quella sua catanzaresità che commuove per la fanciullezza che si porta dietro, con i vicoli e le scuole, il cortile e i campetti di pallone, le ginocchia sbucciate e le liti tra amici. E quella ragazza lì che non si è accorta del nostro amore segreto. E quell’amico che ce l’ha rubata senza conoscere il nostro mai svelato. Quella catanzaresità che è il dialetto e il Morzeddru. È i Coculi. La Grecia. Lo stadio. La sua curva e la piazzetta antistante, sempre vuota se non è domenica delle partite in casa.
È Marina, il porto che non c’è ancora e le pinete che dominavano il territorio. Gli studenti che, marinata la scuola, e asciutti del corteggiamento non riuscito, aspettavano, nelle lunghe mattinate di sole, i “marinari” che tornavano, spesso a reti vuote. O i vecchi del mare non più “ navigato, che, con le mani ruvide e gli occhi della nostalgia, sulla spiagge riparavano “a rizza”, come le nonne di allora facevano con gli abiti sdruciti dei bambini e le camicie con collo e polsini consumati dei nostri padri. Catanzaresità, che è memoria della Città, nostalgia, rimpianto anche, sogno che ritorna e speranza che combatte la rabbia e il senso di abbandono.
Catanzaresità, che è amore vero. Quello per i figli, per il luogo, per gli amici, per i giallorossi, per le nostre estati. L’amore per la propria donna o il proprio uomo. Amore per gli ideali vissuti e nuovamente accesi. È amore del figlio per il padre e per la madre. Un amore grato. E, perciò, doppiamente infinito. Francesco Colella, il ragazzo buono e umile, generoso e profondo, è grande anche di questo. E stasera lo ha nuovamente dimostrato.
La metamorfosi, che ci trasmette come sollecitazione, è quella di cambiare dal profondo, per tornare, o diventare, catanzaresi veri, uomini e donne che amano la Città. Tutti i giorni. E la servono anche da un posto lontano. Perché Catanzaro non è un punto geografico.
È l’anima del nostro mondo. Grazie Francesco. Resta bello, come sei. (fc)

LAMEZIA TERME (CZ) – Il vescovo Parisi ricorda i defunti nei cimiteri cittadini

«Uscendo da qui, da questo luogo dove siamo venuti ad onorare i nostri defunti, siamo chiamati a svolgere un compito di riconciliazione. Onoriamo così i nostri cari: se qualcuno di noi ha un nemico o immagina che l’altro possa considerarlo un nemico, mettiamo da parte la superbia, quella pretesa che ci fa dire “è l’altro che deve venire da me…”, e andiamo noi dall’altro, riconciliamoci. Riscoprire la forza della riconciliazione significa dare a noi stessi la possibilità di vivere liberati: il perdono è un atto di grazia che chi perdona anzitutto fa a sé stesso e poi comunica all’altro. Allora il mondo comincerà ad essere davvero nuovo, inciderà l’amore di Dio e ne godremo tutti». È un forte appello alla riconciliazione fraterna e alla responsabilità verso gli altri «per costruire comunità rinnovate», quello rivolto dal vescovo di Lamezia Terme monsignor Serafino Parisi che, nel giorno della commemorazione di tutti i fedeli defunti, ha presieduto l’Eucaristia nei tre cimiteri cittadini di Sambiase, Nicastro e S. Eufemia.

«Gesù – ha proseguito il vescovo di Lamezia – nel gesto di consegnare la sua vita sulla Croce, ci ha detto che se vogliamo dare senso all’esistenza e mostrare all’umanità il volto di Dio, c’è una sola strada possibile: la cura dell’umanità ferita, la cura di un’umanità che attende la mano tesa da ognuno di noi per potersi risollevare. In questo trova sostanza la parola “amore”, parola di cui spesso ci riempiamo la bocca con facilità e che poi non riusciamo a declinare nella nostra vita. L’ho detto l’anno scorso e voglio ripeterlo in questa occasione: il metro delle nostre politiche sociali deve essere il respiro ansimante dell’ultimo e il passo claudicante di chi resta indietro. Lì si misura non il nostro essere cristiani, ma da qui si misura il nostro essere persone umane: dall’accompagnamento di chi non ce la fa, dal sostegno a chi fatica a camminare e a vivere».

Da qui, quindi, l’esortazione alla responsabilità perché «l’amore deve manifestarsi concretamente immettendo novità nella storia. Se vedo un uomo per terra, sfinito, e mi disinteresso a lui, se non lo considero, se non mi interpella: non ci potrà mai essere amore, non ci potrà mai essere società, non ci potrà mai essere comunità. Ma se l’altro mi interpella e io, con responsabilità, mi interesso della vita dell’altro, mi faccio responsabile della vita dell’altro, mi prendo cura di lui: allora costruiamo relazioni che superano, anzi, non considerano affatto la legge del mercato ma solo la legge del dono. La responsabilità per l’altro mi chiede di essere dono per lui, la mia vita ha senso se è una vita offerta “per-dono” nei confronti dell’altro. Prendersi cura dell’altro non significa solo risolvergli il problema presente, ma significa responsabilizzarsi perché la cura di oggi possa servire per il futuro di chi si trova in difficoltà, di chi è ultimo».

All’immagine tratta dal libro del profeta Isaia, che descriveva una riunione di tutti i popoli convocati da Dio sul monte, si contrappone lo scenario attuale «segnato da guerre ovunque, dalle guerre che sono all’attenzione ogni giorno dei mezzi di informazione alle tante guerre di cui non si parla, per cui Papa Francesco parla di “terza guerra mondiale a pezzi”. E poi ci sono i focolai di guerra nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, nei posti di lavoro».

Ma Dio – ha rimarcato Parisi – «ci chiama a mettere insieme le nostre potenzialità e vivere non nello stesso metro quadro per farci la guerra, ma per vivere relazioni autentiche di fraternità. Isaia ci dice che il Signore strapperà il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e si rivelerà all’uomo come il Padre della speranza, della riconciliazione, come Colui che si china sull’umanità affranta e asciuga le lacrime dai nostri occhi».

«Guardando al nostro umano finire – ha concluso il presule – possiamo costruire comunità rinnovate se diventiamo dono gli uni per gli altri, se responsabilmente ci facciamo carico dell’altro, se responsabilmente curiamo l’altro. Alla fine della vita, ci ricorda S. Giovanni della Croce, saremo giudicati sull’amore. Su questo “punto dell’esame”, facciamoci trovare preparati».

Al termine della celebrazione, nei tre cimiteri cittadini il vescovo insieme all’amministrazione comunale guidata dal sindaco Paolo Mascaro ha deposto una corona ai defunti.

CATANZARO – Carmelo Nicosia insignito della laurea honoris causa dall’Accademia di Belle arti

Ricordi personali, storie di una carriera lunga e prolifica, riflessioni sul valore documentale della fotografia e sul ruolo del fotografo; Ii tutto condito da una forte dose di emozione. Così, Carmelo Nicosia, fotografo tra i più noti in Italia, nonché fondatore e responsabile della Scuola di Fotografia dell’Accademia di Belle Arti di Catania, ha dialogato con Virgilio Piccari, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, sulla fotografia, sul suo ruolo nel contesto artistico e sociale, sulla figura del fotografo e di come questa si è evoluta negli anni. Davanti a lui una nutrita platea di studenti e docenti dell’Aba di Catanzaro che hanno seguito la lectio magistralis dell’artista senza lesinare interventi e domande che hanno approfondito i temi di discussione.

Dopo aver ospitato in passato grandi nomi della fotografia, grandi artisti e momenti culturali di spessore; dopo la sfilata realizzata dall’Accademia nei giorni scorsi, le sale del Museo Marca sono tornate così ad accogliere un altro momento di alto valore culturale e artistico, che ha permesso agli studenti e alla città di conoscere da vicino un fotografo che più di tanti altri ha saputo raccontare il Sud, i Sud e alcune delle culture più lontane da quella italiana con un occhio riflessivo, mai giudicante, mai banale, con un linguaggio fatto di continui rimandi tra reportage e arte in cui i due piani si mescolano e si arricchiscono l’uno con l’altro.

La lectio magistralis ha preceduto di qualche ora la cerimonia, tenutasi sempre al Marca, con cui Nicosia è stato insignito della laurea honoris causa dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro in Cinema, Fotografia e Audiovisivo, quale riconoscimento alla sua carriera, agli anni di impegno profuso nell’insegnamento di Fotografia nelle Accademie e nella direzione dell’Accademia di Belle Arti di Catania, agli anni di ricerca sul campo, in viaggio tra l’Europa e l’America del Nord: «È stata una giornata straordinaria, ricca di emozioni e anche di intensità culturale – ha detto Nicosia al termine della cerimonia pomeridiana – La risposta dell’Accademia di Catanzaro è stata veramente incredibile: vedere tanti giovani e tanti colleghi è stata per me una grandissima emozione. Per me è un privilegio aver ricevuto questo premio che in qualche modo per me ha un valore anche alla carriera che, iniziata a 16 anni, ancora continua. Volevo ringraziare il direttore dell’Accademia di Catanzaro, Virgilio Piccari, soprattutto l’amico Virgilio, compagno di viaggio e di tante battaglie, anche accademiche negli anni passati. Spero che questa collaborazione personale possa continuare ancora»

Sul ruolo del fotografo contemporaneo, Nicosia ha aggiunto: «Cambia molto il ruolo del fotografo nel terzo millennio. Iniziamo a ragionare sempre di più sull’intelligenza artificiale, sull’assoluta diversità di approccio rispetto ai vari canoni lavorativi. Le vecchie agenzie cedono il passo ai gruppi di lavoro molto più snelli. Le economie al Sud si spostano moltissimo sul lavoro legato all’industria della cerimonia. Il turismo entra fortemente nei concept alberghieri. Studi associati provano a dare al cliente progetti finali complessivi, dalla fotografia al video, alla comunicazione e anche alla gestione dei social. Diciamo che il lavoro del terzo millennio in qualche modo si dovrà dotare di un terzo occhio. Credo che il cittadino comune, ma anche gli studiosi, tartassati e bombardati dalla comunicazione dei vari media, inizino a pretendere, ad anelare, a ragionare su quella che può essere effettivamente una realtà possibile, ammesso che esista, quando viene mediata dalla comunicazione».

«Carmelo – ha spiegato poi Piccari – rappresenta la fotografia italiana. Aver trasferito ai presenti, con questa generosità, quello che è stato il percorso della sua vita professionale, il suo rapporto con la fotografia, gli strumenti che accompagnano il linguaggio della fotografia è un ulteriore momento nel quale diamo un senso concreto al motivo per il quale formarsi all’interno dell’Accademia di Belle Arti possa aprire degli scenari inimmaginabili. Ma la cosa che mi preme sottolineare è quella ulteriore di generosità con la quale Carmelo ci ha garantito una sua frequentazione in forma seminariale, in forma di workshop e in quello che sarà di sicuro il futuro formativo nel settore della fotografia dell’Accademia.

Per l’occasione, il Marca ha ospitato alcune opere dell’artista. Due di queste, due scatti di Nicosia realizzati nel corso del viaggio che lo ha portato a scoprire il Giappone e la sua cultura sospesa tra tradizione e modernità, sono stati donati dallo stesso Nicosia all’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. (rcz)

L’OPINIONE / Antonio Barberio: I ritrovamenti del cantiere della metropolitana rimangano a Santa Maria (CZ)

di ANTONIO BARBERIO – Nel cantiere della metropolitana di superficie, che interessa il tratto del quartiere Santa Maria, sono state completate ieri le operazioni di trasporto di parte dei preziosi ritrovamenti archeologici individuati, nel corso dei lavori di realizzazione dell’importante infrastruttura.

In particolare, con l’utilizzo di mezzi pesanti, si è provveduto a spostare e mettere in sicurezza l’antico palmento medievale momentaneamente in altra sede, sempre con la supervisione della ditta e dei soggetti coinvolti nel progetto della metropolitana di superficie, al fine di proseguire con le attività di cantiere.

La gestione e la valorizzazione del rilevante patrimonio archeologico, che ha aperto nuovi possibili orizzonti nello studio e nella rilettura della storia del nostro territorio, è un tema che deve essere affrontato al più presto al fine di garantire l’adeguata fruizione al pubblico. L’amministrazione comunale è stata coinvolta nelle interlocuzioni con la Regione Calabria, la direzione dei lavori, la competente Soprintendenza al fine di concertare le soluzioni per assicurare la migliore collocazione a questi ritrovamenti.

Si è già condivisa l’idea di mantenere i reperti il più possibile vicini alla sede in cui sono stati scoperti e, al tal fine, credo sia necessario compiere il massimo sforzo per individuare, nel quartiere Santa Maria, uno spazio idoneo ad ospitarli e renderli visibili. Chiedo, dunque, un incontro immediato con il sindaco Fiorita e l’assessore Scalise al fine di portare avanti il dialogo avviato con la Soprintendente e gli altri soggetti coinvolti, così da mettere sul tavolo un progetto concreto che dia visibilità al rilevante patrimonio archeologico all’interno del quartiere. (ab)

[Antonio Barberio è consigliere comunale di Catanzaro]

A Catanzaro concluso il VII congresso “Dermatologia senza confini”

Si è concluso, con successo a Catanzaro, il VII Congresso Dermatologia senza confini,  organizzata con la collaborazione dell’Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani e della Società italiana di Dermatologia e malattie sessualmente trasmesse, oltre che con il patrocinio gratuito dell’Azienda Ospedaliero Universitaria “Renato Dulbecco” – Presidio “Mater Domini” e dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Catanzaro.

na importante occasione di confronto tra specialisti di due regioni, e non solo, che hanno sfruttato al meglio l’opportunità di potenziare l’interscambio di conoscenze diagnostiche e terapeutiche, nell’interesse prioritario del benessere del paziente.

«Sono assolutamente soddisfatto dell’andamento congressuale sia in termini di presenze che in termini di qualità di relatori, moderatori e uditori che hanno assistito al convegno – ha dichiarato Giancarlo Valenti, direttore della Struttura Operativa Complessa di Dermatologia della Ao Pugliese-Ciaccio di Catanzaro –. Ci sono vari spunti che emergono come messaggi alla fine delle due giornate. Prima di tutto il fatto che per le malattie infiammatorie – psoriasi, artrite psoriasi o dermatite atopica – abbastanza frequenti con una percentuale intorno al 3-5% della popolazione, oggi abbiamo a disposizione tutta una serie di farmaci cosiddetti innovativi, biologici e biotecnologici, con pochissimi effetti collaterali e nello stesso tempo con ottimi effetti risolutivi della patologia».

«Per quanto riguarda le malattie neoplastiche – carcinoma e melanoma – a parte l’intervento standard che è quello chirurgico oggi giorno ci sono altre possibilità terapeutiche con cui si può intervenire, come farmaci immunologici e chemioterapici – ha aggiunto – che o risolvono totalmente la problematica neoplastica o la rendono cronica nell’avanzamento della terapia. E ancora una volta emerge in maniera inequivocabile la prevenzione dermatologica è  sempre il gold standard».

L’incontro è stato articolato in quattro sessioni, ognuna con un suo specifico argomento e percorso di analisi e sviluppo, con momenti dedicati alla discussione ed interazione tra relatori, moderatori ed uditori.

Tra gli interventi della prima giornata di congresso dedicata in particolare al trattamento della psoriasi, il professor Claudio Guarnieri ha rilevato «l’importanza di trattare la patologia in maniera sistemica, e quindi non solo come cutanea», mentre il dottor Domenico D’Amico, si è soffermato sulla funzionalità delle nuove terapie, e di come utilizzare al meglio i nuovi farmaci. Ad approfondire, invece, il tema delle nuove metodiche diagnostiche in dermatologia, ed in particolare dell’uso dell’Imaging della psoriasi, è stato il dottor Francesco Maria Lacarruba: «Queste metodiche consentono di osservare caratteristiche microscopiche che altrimenti si potrebbero valutare solo con l’esame istologico».

La seconda giornata ha visto al centro delle esperienze calabro-sicule a confronto su temi che vanno dalla dermatite atopica alla sostenibilità presente e futura del sistema sanitario nazionale, passando dalla riflessione sull’utilizzo del farmaco biotecnologico.

Farmaceutica, terapie, pazienti, personale: in realtà «il futuro del sistema sanitario regionale e nazionale è strettamente legato all’alleanza tra professionisti», ha sottolineato la dottoressa Adele De Francesco. Il professore Rocco Reina ha parlato della sostenibilità nel settore sanitario rimarcando che è fondamentale tornare ad un rapporto serio con il cittadino-paziente: «È l’unico modo in cui verificare che il sistema sanitario pubblico può funzionare e dare numeri e risultati».

Il dottor Mario Valenti, infine, ha messo in evidenza un tema particolare come quello dell’appropriatezza prescrittiva, «in realtà di primaria importanza perché sembra in effetti paradossale che ancora oggi ci siano differenza nell’ambito della stessa nazione e sarebbe giusto garantire a tutti i pazienti le stesse possibilità terapeutiche». (rcz)

CATANZARO – Sabato il corso di Opi sulla prevenzione delle infezioni

Sabato 4 novembre, a Catanzaro, nella Sala convegni e centro simulazione Opi, si terrà il corso Le infezioni correlate all’assistenza: Le buone pratiche e la formazione per prevenirle e controllarle.

L’evento è stato organizzato dall’Opi Catanzaro e sarà inaugurato da Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione Nazionale Infermieri.

«La partecipazione della nostra presidente nazionale – sottolinea Giovanna Cavaliere, presidente Opi Catanzaro – oltre a quella di Maria Mongardi, presidente dell’Associazione Nazionale Infermieri Prevenzione Infezioni Ospedaliere (Anipio),  società scientifica che ha reso possibile la realizzazione dell’evento, testimonia l’eccellente lavoro che abbiamo svolto e stiamo svolgendo in chiave di rafforzamento della professionalizzazione del ruolo infermieristico mediante iniziative che, in maniera particolare, pone l’accento sull’aspetto teorico e pratico della formazione in vista della soddisfazione ultima dei pazienti».

Due le sessioni previste dal programma dei lavori: teorica al mattino (moderatore il giornalista Francesco Pungitore), pratica nel pomeriggio (moderatrici le dottoresse Serafina Fiorillo, Giovanna Cavaliere e Caterina Puntoriero), mentre saranno nove i crediti che verranno assegnati  alla figura professionale di Infermiere e Infermiere Pediatrico.

All’Opi Catanzaro, dunque, prosegue il percorso della formazione in simulazione nell’ambito di processi formativi che rappresentano una metodologia che ha l’obiettivo primario di migliorare la qualità e, soprattutto, l’efficacia dell’attività clinico assistenziale.

Anche il corso di sabato prossimo, attraverso lo sviluppo delle competenze professionali, mira a garantire l’eccellenza delle cure e dell’assistenza e intende ribadire l’idea che la simulazione non è una tecnologia: è una metodologia didattica.

È utile per insegnare le competenze cliniche, ma anche per il lavoro di team e per la comunicazione. Può essere utilizzata per standardizzare il training, soddisfare le linee guida basate sulle prove e raggiungere obiettivi specifici.

Fanno parte del Comitato Scientifico, le dottoresse Giovanna Cavaliere, Emilia Cutullè, Giulia Maretti, Maria Mongiardi, Eleonora Nisticò, Rosaria Palermo, Anna Rotella e il dottor Antonio Ciambrone.

Quello Organizzativo, inoltre, è composto dalle dottoresse Emilia Cutullè, Deborah Borza, Arianna Conidi, Maria Cristina Ferlaino, Patrizia Renna e Anna Rotella.

Nel ruolo Responsabili Scientifiche, infine, accanto alla presidente Cavaliere ci sono Anna Rotella e Maria Mongiardi.

«La professione di infermiere – ha spiegato la presidente Cavaliere – sta attraversando un momento dalla duplice facciata. Da una parte, anche grazie alla prospettiva dell’infermiere di comunità e di famiglia, c’è l’esaltazione derivante da un ruolo divenuto nel tempo sempre più decisivo e strategico per il comparto sanità. Dall’altra, la carenza di personale infermieristico sta proponendo la necessità di renderla attrattiva attraverso meccanismi che invoglino i giovani a intraprendere questo percorso esaltante e impegnativo».

«Ecco perché abbiamo rafforzato ulteriormente il naturale collegamento con la Federazione nazionale – ha concluso – nell’ambito di una comune e condivisa strategia per indurre chi di competenza a mettere mano strutturalmente al modello organizzativo della sanità pubblica, per impedire che gli infermieri restino congelati in un appiattimento professionale che, agli occhi dei giovani, non è per nulla attrattivo». (rcz)