Confcommercio Cosenza: Per terziario aumento delle bollette insostenibili, si deve intervenire

Klaus Algieri, presidente di Confcommercio Calabria, ha ribadito che, a causa del caro energia che sta colpendo le imprese, «la situazione sta diventando insostenibile per le nostre imprese» e che «necessari interventi mirati per impedire ulteriori rincari. Le imprese sono già piagate dall’emergenza covid. Devono essere aiutate».

Da uno studio di Confcommercio, svolto in collaborazione con Nomisma Energia, è emerso come il caro energia sta colpendo pesantemente le imprese del commercio, della ricettività e della ristorazione che nel 2022, nonostante le misure di contenimento già adottate dal Governo, dovranno sostenere un aumento della bolletta energetica con una spesa complessiva per gas ed elettricità che passerà da 11,3 miliardi di euro del 2021 a 19,9 miliardi (+76%) Un conto salatissimo per 1 milione di imprese: le più colpite dalla pandemia e che ora rischiano in tantissime la chiusura anche a causa dei rincari energetici.

«In particolare – si legge in una nota – per l’elettricità, le imprese di questi settori, con un consumo complessivo di 22 miliardi di chilowattora, con le nuove tariffe in vigore dal 1° gennaio, vedranno aumentare la bolletta da 7,4 miliardi di € nel 2021 a 13,9 nel 2022. A questa spesa si deve poi aggiungere quella, altrettanto pesante, per il gas che, con un consumo complessivo di 5 miliardi di metri cubi, vedrà la bolletta aumentare da 3,9 miliardi € nel 2021 a 6 miliardi nel 2022».

Nel dettaglio dei singoli settori, gli aumenti medi, su base annua, sono i seguenti: per gli oltre 30 mila alberghi italiani la spesa per la bolletta elettrica passerà da 49 mila € a 79 mila €, un aumento del 61% solo in parte mitigato dalle offerte a prezzo fisso che qualcuno è riuscito ad ottenere sul mercato libero.

A questo poi si aggiunge la bolletta del gas che passa da 10 mila a quasi 20 mila €. Per un albergo tipo (con consumi di 260 mila chilowattora/anno di elettricità e 18 mila metri cubi di gas), la spesa annua passa da 59 mila € a 98 mila €.

Pesanti aumenti si registrano anche per i 140 mila bar d’Italia, la cui bolletta elettrica passerà in media da 4 mila a 7 mila € per salire, con il costo del gas, da 5 mila a 10 mila € in totale. Anche i quasi 200 mila ristoranti registreranno una maggiore spesa elettrica che passerà da 7 mila a 12 mila € che, con il gas, farà segnare un maggiore costo totale che da 11 mila € salirà fino a 19 mila €.

Per gli oltre 200 mila negozi alimentari, che usano molto l’elettricità per la refrigerazione degli alimenti, la bolletta elettrica passerà da 15 mila a 24 mila €, mentre i costi del gas, usato per lo più per il riscaldamento dei locali, passeranno da 1.300 a 2.300 €, con il totale che salterà così da 16 mila a 26 mila €.

I circa 440 mila negozi non alimentari, la categoria più numerosa, avranno una bolletta energetica, fra gas ed elettricità, che passerà da 5 mila a 7 mila €, con l’incremento maggiore dovuto all’elettricità.

Se non bastasse, negli ultimi giorni si è “risvegliato” anche il petrolio la cui quotazione, dopo mesi di sostanziale stabilità, è arrivata a 87 dollari per barile, massimo da oltre 7 anni e circa il 60% in più rispetto ad un anno fa. Aumento che ha trascinato al rialzo anche il prezzo del gasolio diesel, impiegato dall’autotrasporto per la logistica di tutti i beni che arrivano ai consumatori finali, che tocca oggi nuovi picchi a 1,65 € per litro, massimo anche questo da metà 2014, superiore di 35 centesimi rispetto ad un anno fa.

Per il settore dell’autotrasporto, che consuma circa 20 miliardi di litri di gasolio all’anno, questi aumenti significano un maggior costo su base annuale pari a 7 miliardi di €. D’altra parte, sul fronte dei carburanti alternativi, la crescita vertiginosa dei prezzi del Gas Naturale Liquefatto (GNL), che in un anno sono più che raddoppiati, rende, di fatto, economicamente inutilizzabile tale soluzione, con tanti veicoli con tale alimentazione, sostenibili e di recente acquisto, costretti paradossalmente a rimanere fermi nei piazzali delle imprese.

Si tratta di aumenti insostenibili destinati ad incidere sull’inflazione e ad indebolire la dinamica dei consumi. Per contrastare il “caro bollette”, servono misure strutturali. In particolare, occorre affrontare il tema della riduzione della dipendenza dalle forniture estere. Inoltre, va avviata la riforma della struttura della bolletta elettrica, anche affrontando il nodo degli oneri generali di sistema. E vanno messe in campo misure per compensare gli impatti negativi dell’aumento dei prezzi dei carburanti su tutta la filiera del trasporto e della logistica.

È necessario un percorso di transizione energetica che consenta di tenere insieme innovazione tecnologica, rispetto dell’ambiente, benefici occupazionali ed economici per cittadini e imprese. E va attentamente valutato l’impatto del pacchetto europeo “Fit for 55”: vi è il rischio che, in assenza di correttivi, i costi della transizione risultino insostenibili per le imprese. (rcz)

SALDI INVERNALI, AL VIA PURE IN CALABRIA
PREVISTA UNA SPESA DI 100 € A FAMIGLIA

Partono i saldi invernali.  Un’occasione non solo per gli operatori commerciali, ma anche per le famiglie calabresi che saranno più propensi a spendere per trovare l’affare. È quanto si augura Confcommercio Calabria che, in un report, ha stimato come, in questi saldi invernali 2022, le famiglie calabresi spenderanno 100 euro, una somma leggermente inferiore al dato nazionale, che si attesta a 119 euro.

Per l’Ente, infatti, «così com’è stato per i consumi di Natale, le incertezze legate all’emergenza covid inevitabilmente si ripercuoteranno anche sui volumi di spesa per i saldi».

Secondo il Direttore di Confcommercio Calabria, Maria Santagada, «Dopo i timidi segnali di ripresa registrati in stagione, nonostante le molte preoccupazioni legate all’innalzamento della curva epidemica, gli incrementi dei prezzi fanno di questi saldi una importante risposta degli operatori commerciali al contenimento dell’inflazione e un’opportunità per i consumatori a caccia dell’affare, per le tante famiglie calabresi desiderose di concedersi un regalo di moda e di soddisfare un desiderio dopo tante restrizioni».

«Si tratta di un’occasione importante – ha proseguito Santagada – anche per consolidare lo shopping sotto casa nei negozi di vicinato dove fiducia, relazione, servizio, prova e consegna istantanea insieme al prezzo di saldo rappresentano un nodo fondamentale della nostra economia. Lo ribadiamo da sempre, lo abbiamo fatto anche a Natale con la campagna “Io acquisto sotto casa perché mi sento a casa”, i negozi di vicinato sono l’anima delle nostre città e le vendite di fine stagione sono sempre una straordinaria opportunità per i consumatori per consolidare il rapporto con i negozi di fiducia».

Per quel che riguarda la tipologia di prodotti acquistati, si confermano oggetto di interesse delle famiglie calabresi prevalentemente i capi di abbigliamento, le scarpe e gli accessori, mentre rivolgeranno minore attenzione verso articoli sportivi e prodotti di pelletteria. Per quel che riguarda la propensione agli acquisti, si è rilevato che la percentuale delle famiglie che aspetta gli sconti per effettuare i propri acquisti è superiore rispetto a quella che rimane indifferente ai saldi. Complice anche il calo delle entrate (molti hanno dovuto fare i conti con la cassa integrazione e altri sussidi) i saldi rappresentano un’opportunità di acquisto anche se con un volume di spesa più basso rispetto agli altri anni.

Con riferimento al tasso di sconto applicato, si prevede che oltre il 70% delle imprese applicherà in partenza un ribasso sugli articoli che va dal 30% ad oltre il 50%. Va poi aggiunto che sul volume degli acquisti incideranno anche le vendite promozionali che molte attività hanno effettuato durante il periodo natalizio. 

Per il corretto acquisto degli articoli in saldo, Confcommercio Calabria ricorda alcuni principi di base sui saldi ai tempi del Covid: 

  • Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto. 
  • Prova dei capi: non c’è obbligo. È rimesso alla discrezionalità del negoziante. 
  • Pagamenti: le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante e vanno favoriti i pagamenti cashless 
  • Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo. 
  • Indicazione del prezzo: obbligo del negoziante di indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e il prezzo finale. 
  • Rispetto delle distanze: occorre mantenere la distanza di un metro tra i clienti in attesa di entrata e all’interno del negozio. 
  • Disinfezione delle mani: obbligo di igienizzazione delle mani con soluzioni alcoliche prima di toccare i prodotti. 
  • Mascherine: obbligo di indossare la mascherina fuori dal negozio, in store ed anche in camerino durante la prova dei capi 
  • Modifiche e/o adattamenti sartoriali: sono a carico del cliente, salvo diversa pattuizione; 
  • Numero massimo di clienti in store: obbligo di esposizione in vetrina di un cartello che riporti il numero massimo di clienti ammessi nei negozi contemporaneamente. (rrm)

 

Elezioni, Algieri (Confcommercio): Che sia una campagna elettorale corretta e leale

Klaus Algieri, presidente di Confcommercio Calabria, in merito alle elezioni regionali del 3 e 4 ottobre, ha auspicato che «il confronto si svolga in un clima sereno e che il dibattito si concentri su programmi e contenuti seri».

«La nostra Regione – ha spiegato – non ha bisogno dei classici chiacchericci da campagna elettorale ma di proposte concrete sul futuro del territorio e in particolare sulle iniziative che verranno intraprese con i fondi del Pnrr. L’auspicio è rivolto non solo ai candidati a presidente, ma anche ai futuri consiglieri, in particolare a quelli che continuano ad utilizzare tecniche arcaiche di campagna elettorale».

«È inammissibile, infatti – ha proseguito – che nel 2021 ci sia ancora chi continua ad imbrattare i muri e ad affiggere cartelloni ovunque. Siamo una Regione che del turismo dovrebbe fare il suo vanto, come possiamo farlo se i nostri potenziali consiglieri sono i primi a non rispettare il territorio? Anche da questi gesti si capisce quanto uno tenga alla propria terra. I capilista invitino pertanto i componenti delle loro liste ad adottare comportamenti seri e rispettosi. Qualora ci trovassimo di fronte ad altri gesti che deturpano il territorio o l’ambiente, in qualità di rappresentanti delle imprese turistiche ci riserveremo di agire con le opportune azioni».

«Infine – ha concluso Algieri – ci auguriamo che ciascun consigliere abbia anche un suo programma, fatto di progetti che abbiano delle mete, che le candidature non siano solo la conquista di una poltrona ma un atto di impegno nei confronti della Calabria e dei calabresi. Il Consiglio regionale non deve essere luogo di vagabondaggio politico, ma un generatore di idee e soluzioni per il rilancio della nostra Regione». (rcz)

Confcommercio – Algieri: Gesti ignobili e sogni divorati dalle fiamme

La Confcommercio calabria, per voce del suo presidente Klaus Algieri, ha diffuso una nota di solidarietà per le popolazioni colpite dagli incendi boschivi di questi giorni.

«Brucia l’Aspromonte, brucia il Pollino, brucia la Sila e le Serre. Brucia la Calabria da nord a sud. Brucia il suo cuore verde, le faggete vetuste dichiarate patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Centinaia di famiglie piangono sogni divorati dalle fiamme, attività commerciali, case. Tutto questo per colpa di persone ignobili, senza un briciolo di cuore che non si sa per quale motivo si divertono nel vedere incendiati alberi secolari e ambienti incontaminati.

Tutto questo nel silenzio e nell’indifferenza quasi assoluta di media e tv nazionali, perché la Calabria è di serie B, non merita mobilitazioni o raccolte fondi nazionali. In Calabria i roghi sono questione di malaffare per i quali non c’è bisogno di mobilitarsi perché è così che deve essere».

Dure le parole del Presidente Algieri che si scaglia contro i piromani responsabili degli incendi: «I roghi che in questi giorni stanno interessando la nostra Regione sono gesti vili e ignobili di persone senza scrupoli. Gesti di odio verso la nostra amata terra che viene colpita al cuore, il suo cuore verde, il suo patrimonio più incontaminato e puro. Questa è la nostra vera industria e vederla bruciare fa tanta rabbia. Ma non è la prima volta che assistiamo a questo scempio. Già nel 2017 avevamo vissuto un’estate simile. Quell’esperienza non ci ha insegnato niente? Cosa ha fatto la politica e dove sono le attività di prevenzione? È vero la colpa dei roghi è di chi li appicca, ma chi è deputato a tenere pulito gli spazi che ha fatto in tutti questi anni? Probabilmente era impegnato in altro di più importante, o i soldi servano ad altro, da non comprendere che l’ambiente è una delle risorse economiche fondamentali della nostra terra e come tale va preservata. Occorrono investimenti mirati e personale preparato per salvaguardare lo sconfinato patrimonio naturalistico della nostra Regione. Non possiamo ricordarci degli incendi solo quando vediamo bruciare i nostri alberi. Bisogna agire per tempo e non quando ormai è troppo tardi. Siamo sede di tre parchi nazionali e ancora non diamo il giusto peso alla valorizzazione delle attività naturalistiche? Come Confcommercio Calabria siamo indignati di tutto quanto sta accadendo e spero che le forze dell’ordine e la magistratura riescano a catturare i colpevoli. Se sarà necessario siamo anche pronti a costituirci parte civile e come noi spero anche le altre associazioni di categoria si mobilitino in tal senso. Infine ci tengo ad esprimere la mia vicinanza a tutti i vigili del fuoco e ai volontari che in questi giorni, in modo incessante stanno lavorando per spegnere gli incendi, lontano dalle loro famiglie e dai propri cari. Loro sono i nostri eroi». (rrm)

Confcommercio Calabria: Serve programmazione seria e strutturale di lungo periodo

Klaus Algieri, presidente di Confcommercio Calabria, ha ribadito che «serve una programmazione seria e strutturale che guardi al lungo periodo. Vaccinazioni nelle imprese priorità assoluta».

«Bisogna fare di più per riaprire – ha aggiunto – e concordo con il presidente nazionale di Confcommercio, Carlo Sangalli, sul fatto che occorre farlo prestando massima attenzione ai protocolli sanitari, perché anche il mondo delle imprese è preoccupato per i dati di contagi e ricoveri, ma occorrono anche più controlli».

«È giunto il momento di definire un cronoprogramma davvero serrato – ha proseguito Algieri – Da parte nostra c’è tutta la possibile collaborazione ad applicare in modo rigido le norme ma così non si può più andare avanti. Le imprese così non reggono: i consumi sono crollati, nel 2020 il calo pesante. Molti hanno chiuso definitivamente. E questo è un bilancio drammatico per il mondo imprenditoriale che rappresentiamo, in particolare per la ristorazione e tutta la filiera turistica, senza dimenticare l’abbigliamento, il commercio ambulante, i trasporti e tutto il comparto della cultura e del tempo libero. Tutto è fermo e se non si agisce subito lo sconforto prenderò il sopravvento e allora sarà troppo tardi».

«Infine – ha concluso – serve un piano vaccinale per le imprese. La Regione deve darsi una mossa per definire le modalità di attuazione del protocollo firmato a livello nazionale. Dal nostro punto di vista, ci stiamo già muovendo per dare l’opportunità a tutte le nostre imprese di vaccinare i propri dipendenti. Sono loro infatti che ogni giorno sono a contatto con il pubblico e non si capisce perché ancora non si proceda a vaccinarli».

Mentre dal 26 aprile le regioni del Nord e centro Italia torneranno in zona gialla, per la Calabria si prospettano tempi più lunghi per le tanto sospirate riaperture.

Complice il crescente numero dei contagi e le vaccinazioni che vanno avanti a rilento – con la Calabria ultima nella classifica – le imprese, soprattutto della ristorazione, vedono ancora lontana l’opportunità di ripartire. Allo stesso tempo emerge il malumore per un Decreto Riaperture che accontenta alcuni ma scontenta molti. Come ad esempio i negozi dei centri commerciali ancora una volta costretti alla chiusura. Se infatti nella bozza entrate in Consiglio dei Ministri era prevista dal 15 maggio, in zona gialla, la riapertura dei centri commerciali nei festivi e prefestivi nel testo approvato la norma è scomparsa. Così come le aperture dal 26, in zona gialla, soltanto all’aperto. Queste rappresentano una limitazione che penalizza più del 46% dei bar e ristoranti italiani, privi di spazi all’aperto, mentre magari hanno spazi chiusi anche ampi. E la percentuale cresce di molto nei centri storici.

Altro settore in ginocchio, che esce ancora sconfitto dai provvedimenti del Governo, è quello degli eventi e del catering (matrimoni e altri eventi collegati a cerimonie). Tutto l’indotto è al collasso fermo ormai da ottobre e una ripartenza non è prevista prima del 31 luglio con tante prenotazioni prese e purtroppo da disdire. (rcz)

Confcommercio Calabria: Senza piano strutturale il Sud non riparte

È un quadro desolante, quello fotografato dal Centro Studi di Confcommercio, che individua nella diffusione della criminalità, nella burocrazia, nelle carenze infrastrutturali e nella disoccupazione le “zavorre” che hanno frenato lo sviluppo del Sud.

Tra gli elementi che frenano il Sud, viene individuato quello relativo alla riduzione della popolazione giovanile che, «nel periodo considerato dallo studio 2015-2019 si è ridotta di oltre un milione e mezzo impattando pesantemente sul livello di occupazione nel Mezzogiorno e sulla qualità del capitale umano. I giovani scappano dalla loro terra perché in essa non vedono alcuna prospettiva di futuro». Ciò, in termini economici, «il peso che tutti questi fattori hanno sul Pil pro capite per abitante è decisivo, e la quota di Pil prodotta dal Sud sul totale nazionale è diminuita passando da oltre il 24% del 1995 al 22% del 2019. Secondo i dati della ricerca, se questi fattori incidessero meno, nel giro di alcuni anni il prodotto lordo meridionale crescerebbe di oltre il 20% (+90 miliardi di euro)».

«È tempo – ha dichiarato Klaus Algieri, presidente di Confcommercio Calabria – di mettersi seriamente a discutere per trovare una soluzione. Ci sentiamo in balia di noi stessi, senza nessuna strada da seguire. Tante parole ma pochi fatti. La responsabilità, oltre che politica, è anche di alcuni corpi intermedi e della comunicazione pubblica di servizio regionale. La nostra Regione non ha un indirizzo da seguire. Si decidono le cose sulla base del nulla senza un criterio o una regola logica».

«Ad oggi – ha spiegato – non sappiamo nemmeno a che punto siamo con i vaccini. Le Asp fanno quello che vogliono, si veda il caos a Vibo Valentia di questi giorni. Gli pseudo commissari non sanno nemmeno rispondere a semplici domande. Le nostre imprese, intanto, continuano a rimanere chiuse. Come possiamo pensare di ripartire senza una strategia chiara? Le imprese non chiedono di essere assistite ma meno burocrazia, più credito e fiducia. Vogliamo che ci venga restituita la dignità di poter svolgere il nostro lavoro».

«La politica nazionale e regionale – ha proseguito Algieri – dialoghino con i corpi intermedi per la creazione di un piano strutturale a 360°. Siamo stanchi di promesse da campagna elettorale, vogliamo atti concreti. All’orizzonte ci sono delle possibilità che non possiamo lasciarci scappare per tentare una ripartenza. Parlo del Recovery plan e del Piano Sud 2030, che metteranno a disposizione risorse di una certa entità per il nostro paese».

Per il presidente Algieri, «due sono i principali canali sui quali puntare: il turismo, da sempre sottoutilizzato anche per una forte carenza di infrastrutture che negli anni non ha permesso di intercettare il grande flusso di turisti stranieri e la transizione ecologica, quel New Green Deal che l’Europa ha messo al centro dei propri progetti e che nel Mezzogiorno, può diventare una carta vincente». (rcs)

L’appello di Concommercio Calabria: Abrogare la tassa regionale sulle concessioni

«Chiediamo, a nome di tutte le imprese del comparto turistico ricettivo, l’abrogazione di questo annoso tributo che rischia di mettere ulteriormente in ginocchio le loro già precarie finanze». È questa la richiesta di Klaus Algieri, presidente di Confcommercio Calabria per aiutare il comparto turistico-ricettivo che, a causa dell’emergenza covid-19, sta subendo ingenti danni economici.

«La stagione invernale – si legge in una nota – ormai saltata e le restrizioni imposte dai Dpcmstanno stremando un settore vitale per l’economia della nostra Regione. A cornice di ciò, gli imprenditori turistici si trovano, nonostante tutto, a dover fare i conti con l’annosa questione della tassa regionale sulle concessioni, tassa dovuta da tutti i coloro (soggetti passivi) che richiedono provvedimenti amministrativi (autorizzazioni, licenze, abilitazioni necessarie) per l’esercizio di una specifica attività e che può arrivare a pesare fino a mille euro nelle casse delle imprese. Un peso in più sulle spalle di attività già piegate dalla forte crisi economica».

«A cornice di ciò –continua la nota – gli imprenditori turistici si trovano, nonostante tutto, a dover fare i conti con l’annosa questione della tassa regionale sulle concessioni, tassa dovuta da tutti i coloro (soggetti passivi) che richiedono provvedimenti amministrativi (autorizzazioni, licenze, abilitazioni necessarie) per l’esercizio di una specifica attività e che può arrivare a pesare fino a mille euro nelle casse delle imprese. Un peso in più sulle spalle di attività già piegate dalla forte crisi economica».

«Sulla spinta delle segnalazioni di numerose imprese – si legge in una nota – Confcommercio Calabria ha quindi inviato una lettera al Presidente f.f. della Regione Calabria, Nino Spirlì e all’assessore al Lavoro, Sviluppo economico e Turismo, Fausto Orsomarso, per chiedere l’abrogazione di questo tributo, gesto che rappresenterebbe un’importante boccata di ossigeno per il settore. L’alternativa proposta dall’Associazione, in caso di un’impossibilità dell’abrogazione, sarebbe una sensibile riduzione per l’anno in corso».

«Ci facciamo portavoce – ha detto il presidente Algieri – del grido di allarme delle imprese del comparto turistico ricettivo e chiediamo l’abrogazione di questo annoso tributo che rischia di mettere ulteriormente in ginocchio le loro già precarie finanze. Siamo consapevoli che da questa Regione siano, già, stati adottati diversi provvedimenti, volti a sostenere il tessuto imprenditoriale calabrese, ma l’abrogazione della tassa sulle concessioni rappresenterebbe la dimostrazione di un ascolto concreto delle istituzioni nei confronti del cuore economico della nostra Regione». (rrm)

SALDI SOTTOTONO ANCHE PER I CALABRESI
IN MEDIA SPENDERANNO 100 EURO A TESTA

Austerità, prudenza e spese contenute: in media 100 euro a testa per i calabresi. Sono queste la caratteristica dei saldi invernali che, in Calabria, hanno preso il via il 4 gennaio per poi terminare il 5 marzo.

A rafforzare questa tesi, Maria Santagada, direttore di Confcommercio Calabria, che ha dichiarato che «come per i consumi di Natale, anche i saldi invernali, che per il settore moda rappresentano un momento importante, saranno all’insegna dell’austerità e dei consumi contingentati». Secondo quanto stimato dall’Ufficio studio di Confcommercio, i calabresi spenderanno poco meno di 100 euro a testa negli acquisti in saldo.

«Per quel che riguarda la tipologia di prodotti acquistati – rileva Confcommercio Calabria – si confermano oggetto di interesse delle famiglie calabresi prevalentemente i capi di abbigliamento, le scarpe e gli accessori, mentre rivolgeranno minore attenzione verso articoli sportivi e prodotti di pelletteria», mentre «per quel che riguarda la propensione agli acquisti, si è rilevato che la percentuale delle famiglie che aspetta gli sconti per effettuare i propri acquisti è superiore rispetto a quella che rimane indifferente ai saldi. Complice anche il calo delle entrate (molti hanno dovuto fare i conti con la cassa integrazione e altri sussidi) i saldi rappresentano un’opportunità di acquisto anche se con un volume di spesa più basso rispetto agli altri anni».

Tabella saldi 1

«Con riferimento al tasso di sconto applicato – si legge in una nota di Confcommercio – si prevede che oltre il 70% delle imprese applicherà in partenza un ribasso sugli articoli che va dal 30% ad oltre il 50%. Va poi aggiunto che sul volume degli acquisti incideranno anche le vendite promozionali che molte attività hanno effettuato durante il periodo natalizio».

Per il Direttore di Confcommercio Calabria, Maria Santagada: «Come per i consumi di Natale, anche i saldi invernali, che per il settore moda rappresentano un momento importante, saranno all’insegna dell’austerità e dei consumi contigentati. Certo, il 2021 inizierà comunque con questi saldi, che sono di buon auspicio, perché si tratta di un periodo d’affari importante per l’economia e soprattutto un’opportunità per i consumatori che possono acquistare i prodotti voluti e desiderati a prezzi ribassati».

Tabella saldi famiglie
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Confcommercio Calabria

«Al settore moda, invece – ha aggiunto – servono per incassare la liquidità, oggi più che mai necessaria per pagare tasse, dipendenti, fornitori, affitti, costi fissi e utenze, ma anche per far fronte agli investimenti necessari agli ordinativi delle nuove collezioni. Tuttavia, va detto che non rappresentano certo un momento di sviluppo perché vanno ad erodere una marginalità divenuta sempre più di sopravvivenza».

«È importante, però – ha concluso il direttore Santagada – che l’Italia e la Calabria non si fermino ancora. Un nuovo lockdown, infatti, si tradurrebbe in un danno irreparabile per il settore moda e per l’economia regionale. L’invito finale che rivolgo ai consumatori è quello di acquistare nei negozi di vicinato da sempre cuore e anima delle nostre città».

Per il corretto acquisto degli articoli in saldo, Confcommercio Calabria ricorda alcuni principi di base sui saldi ai tempi del Covid:

Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto;

Prova dei capi:non c’è obbligo. È rimesso alla discrezionalità del negoziante.

Pagamenti:le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante e vanno favoriti i pagamenti cashless;

Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo;

Indicazione del prezzo: obbligo del negoziante di indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e il prezzo finale;

Rispetto delle distanze:occorre mantenere la distanza di un metro tra i clienti in attesa di entrata e all’interno del negozio.

Disinfezione delle mani :obbligo di igienizzazione delle mani con soluzioni alcoliche prima di toccare i prodotti;

Mascherine:obbligo di indossare la mascherina fuori dal negozio, in store ed anche in camerino durante la prova dei capi;

Modifiche e/o adattamenti sartoriali: sono a carico del cliente, salvo diversa pattuizione;

Numero massimo di clienti in store: obbligo di esposizione in vetrina di un cartello che riporti il numero massimo di clienti ammessi nei negozi contemporaneamente. (rrm)

COVID: REGGIO, L’URLO DEGLI ESERCENTI:
«L’ECONOMIA CALABRESE ANDRÀ A ROTOLI»

La manifestazione di oggi a piazza Duomo a Reggio Calabria è soltanto la prima di tante altre: a chiamare a raccolta artigiani, esercenti, commercianti, è la Confesercenti reggina affiancata dall’Apar, l’associazione pasticceri reggini guidata dal presidente nazionale Angelo Musolino, e l’associazione ImprendiSud, per far sentire la voce di chi si sente penalizzato nel proseguimento della sua attività dalle – sacrosante – misure anticovid varate dal Governo. Ma non è solo Reggio, non è solo la Calabria: tutta l’Italia che lavora trasmette un’ansia di non facile attenuazione. Nella nostra regione, poi la situazione economica già di per sé difficile rende tutto più complicato.

La chiusura parziale di ristoranti, bar, pizzerie, gelaterie e pub fa, difatti, tremare la Calabria. Con il nuovo Dpcm, infatti, se i pubblici esercizi possono restare aperti fino alle 18 (con possibilità di allungare fino a mezzanotte per i soli servizi di asporto), le palestre, i centri sportivi, le piscine e le attività legate allo spettacolo sono, invece, completamente chiuse.

Un quadro preoccupante, che taglia le gambe alla ripresa, che si stava conquistando a piccoli passi in Calabria, e che rischia di compromettere la già delicata quanto traballante economia regionale, se si considera che questi settori, come ha riportato Confcommercio Calabria, rappresentano l’8%  (18.175) delle localizzazioni di imprese attive nella nostra regione, che risultano essere 220.055 e impiegano il 10% (38.364) degli addetti complessivi, che rischia di lasciare un segno pesante sulla già fragile economia calabrese.

Particolarmente preoccupante, per Confcommercio, sono i pubblici esercizi, la cui chiusura imposta alle 18 «fa fuori la parte più rilevante del mercato»: quelli attivi, infatti, sono poco più di 15 mila, e «con i nuovi provvedimenti – si legge nel report – si stima una contrazione dei consumi compresa tra il 26,5% e il 32,6% che si tradurrà in una riduzione del fatturato superiore al 40% rispetto allo scorso anno», e  «più preoccupante è l’impatto che la chiusura comporta sull’intero indotto che rappresenta il 21% del tessuto economico complessivo della regione (45.348 localizzazioni) e impiega complessivamente 80.939 addetti (il 21% del totale). Tirando le somme, quindi, a risentire degli effetti di questi provvedimenti saranno, tra diretto e indotto, 63.523 localizzazioni (il 29% del totale) e 119.303 addetti (il 31% del totale)».

«La situazione è drammatica – ha dichiarato il presidente di Confcommercio Calabria, Klaus Algieri –. Le chiusure previste dal nuovo Dpcm rappresentano un peso insostenibile per pubblici esercizi, palestre, piscine e centri sportivi. Bisogna intervenire subito con misure concrete o il 40% delle imprese chiuderà definitivamente».

«È insensato – ha aggiunto – accanirsi contro questi settori. Se bar e ristoranti non rispettano le misure di sicurezza è giusto che vengano chiusi. Ma imporre la chiusura alle 18:00 per tutti indistintamente significa distruggere un’intera categoria, senza vantaggi per la collettività. Tuttalpiù significa ammettere di non essere in grado di fare i controlli.  Siamo sicuri che i problemi quindi siano i bar e ristoranti, le palestre, le piscine? Oppure i punti critici siano altri come i trasporti pubblici? Nelle città vediamo autobus, treni, metropolitane piene di gente che non rispetta alcun tipo di regola sul distanziamento. È lì che bisogna intervenire e ancora non lo si è fatto. Ma non è tempo di fare polemica, bisogna agire subito abbattendo i cavilli burocratici e garantendo in tempi stretti i sussidi necessari alle imprese che hanno chiuso e ai loro lavoratori per non scomparire».

«Servono, però – ha proseguito il presidente Algieri – indennizzi proporzionati alle perdite subite per mettere le aziende penalizzate dalla seconda crisi Covid nelle condizioni di superare il crollo di fatturato. Gli imprenditori di questi settori sono persone responsabili: hanno già fatto tanti sacrifici e rispettato tutte le regole e i protocolli sanitari. Ma non sono più in grado di reggere una situazione di questo genere. Basta mortificarli ulteriormente, facciamogli fare il loro lavoro».

«Va ripensato – ha concluso il presidente di Confcommercio Calabria – l’intero sistema di gestione dell’emergenza. Basta con provvedimenti generalizzati su tutto il territorio nazionale. È giunto il mondo di adottare misure territoriali che tengano conto del livello di contagio in ciascuna regione. Non trovo giusto che in Calabria, dove la situazione è sì, di emergenza, ma non ai livelli di altre regioni, si debba sottostare alle stesse imposizioni, pur essendoci condizioni per essere più flessibili».

Chiamati a raccolta dalla Fipe-Confcommercio, gli imprenditori sono scesi in piazza con una «protesta tanto ordinata e silenziosa quanto determinata»

Oltre 10 mila persone, nella giornata di ieri, si sono riunite nelle 24 piazze allestite in tutta Italia che, simbolicamente, hanno apparecchiato per terra, disponendo oltre 1000 coperti rovesciati a ricordare alla politica lo stato di emergenza nel quale versa il settore della ristorazione con 300mila posti di lavoro a rischio, 50mila aziende che potrebbero chiudere entro fine 2020 e 2,7 miliardi di euro bruciati solo per effetto dell’ultimo decreto.

Anche a Catanzaro è stata molto partecipata la manifestazione svoltasi a Piazza delle Prefettura: «la nostra categoria – ha dichiarato la presidente Fipe di Cosenza e Consigliera Nazionale Fipe, Laura Barbieri – vive un momento drammatico».

«In questi mesi – ha aggiunto – tre dei quali passati con le serrande abbassate, in balia di continui cambiamenti e decreti, il pubblico esercizio si è fatto carico di rendere sicure le proprie strutture e di adeguarsi ai protocolli sanitari, al momento non può sostenere un altro fermo di questo genere.  Il pubblico esercizio è un luogo sicuro, non è veicolo di contagi. Non è provata alcuna connessione tra la frequentazione di bar e ristoranti, luoghi di convivialità e non di assembramento e diffusione del virus. Non vi è alcuna connessione.»

«L’intera filiera del cibo, tra le più penalizzate dalle restrizioni di ieri e di oggi – ha concluso – ha bisogno di sostegno, credito e garanzie sull’autonomia finanziaria. Ha bisogno di lavorare».

Un piccolo passo avanti, di sicuro, è stato fatto dal Governo, con l’approvazione del Decreto Ristori, che contiene ulteriori misure per tutelare i settori colpiti.

Per il presidente della Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, «è un primo importante segnale che va apprezzato, ma dopo decine di provvedimenti che hanno avuto problemi a diventare realmente operativi, penso ad esempio ai ritardi della cassa integrazione, il fattore tempo è essenziale per recuperare un po’ di fiducia nelle istituzioni».

«Se le risorse promesse – ha aggiunto – non arriveranno sui conti correnti degli imprenditori entro i primi giorni di novembre, il Paese perderà una componente essenziale dell’agroalimentare e dell’offerta turistica che da sempre ci rendono unici al mondo». (rrm)

 

TERZIARIO, A RISCHIO NOVEMILA IMPRESE
IN CRISI DI LIQUIDITÀ, E AIUTI PARI A ZERO

È un quadro desolante, quello che emerge dalla ricerca sulle imprese del terziario della regione Calabria di Confcommercio Calabria in collaborazione con Format Research. Le imprese del terziario della Calabria sono in forte difficoltà: rischiano di scomparire 9 mila aziende del comparto con una perdita di circa 23 mila posti di lavoro. Per questo, si rendono necessarie misure strutturali e di lungo periodo per fornire liquidità e sostenere la grave crisi dovuta all’emergenza sanitaria.

Secondo il rapporto, infatti, c’è una gravissima crisi di liquidità: «l’87% delle imprese del terziario della regione sono in difficoltà nel riuscire a fare fronte al proprio fabbisogno finanziario. Il 58% delle imprese della Calabria ritengono che i mesi della riapertura e quelli estivi saranno i più difficili in merito all’andamento della propria attività».

«Per l’inizio dell’estate – si legge nella ricerca – gli imprenditori prevedono le maggiori criticità con riferimento alle disponibilità in termini di liquidità. Al termine dell’estate temono di non potere sostenere ancora gli attuali livelli occupazionali. A seguito della chiusura causata dal blocco delle attività produttive rischiano di chiudere, senza più riaprire circa 9 mila imprese nel 2020, con una perdita di oltre 23mila occupati. Le imprese del terziario della Calabria rischiano di perdere circa 2 miliardi di valore aggiunto, il 7% in meno su base annua».

«Lo studio realizzato da Format Research, che ringrazio per la collaborazione, ci restituisce una fotografia della nostra Regione messa a dura prova a livello economico dall’emergenza Covid-19. Le imprese del terziario della Calabria sono in forte difficoltà. Questo rende necessarie misure strutturali e di lungo periodo per fornire liquidità e sostenere la grave crisi dovuta all’emergenza sanitaria. È giunto il momento di abbandonare gli aiuti una tantum e di pensare al futuro in modo strutturato con iniziative che consentano la ripartenza ma soprattutto la stabilità delle nostre imprese» ha dichiarato il Presidente di Confcommercio Calabria, Klaus Algieri dopo la presentazione del rapporto a cui ha preso parte anche Pierluigi Ascani, presidente di Format Research.

Sono diversi i fattori che preoccupano i due enti: per primo, il crollo della fiducia, a cui si accompagna un forte calo dei ricavi – l’84% delle imprese ha dichiarato un peggioramento – anche a causa dell’azzeramento dei ricavi nei mesi di marzo e aprile presso alcuni comparti del tessuto produttivo. Resta negativo il sentiment per il prossimo trimestre. In aumento i prezzi praticati dai fornitori: la situazione è peggiorata, in prevalenza per quel che riguarda le vendite al dettaglio di generi alimentari e i servizi alle persone. Il 45% delle imprese lamenta un peggioramento nei tempi di pagamento da parte dei clienti.

Quello che rileva l’indagine è che le «imprese della Calabria hanno un immediato bisogno di liquidità. L’outlook per il prossimo trimestre è decisamente negativo. Alle imprese della regione è necessaria la liquidità per sostenere le spese del personale, i costi per il rispetto dei protocolli di sicurezza, le spese incomprimibili. Il 59% delle imprese della Calabria ha dichiarato che il periodo più difficile per quanto riguarda il fabbisogno finanziario è quello compreso tra aprile e settembre 2020».

Il lockdown, infatti, ha comportato la paralisi del tessuto produttivo in Calabria, quindi di oltre 94 mila imprese del Terziario – le imprese registrate a giugno 2020 sono 130 mila unità, di cui oltre un terzo operative nella Provincia di Cosenza – producendo un effetto devastante nel terziario: la perdita di circa 2 miliardi di valore aggiunto nel 2020. Infatti, secondo la ricerca, «la pandemia ha causato anche una forte riduzione degli investimenti previsti nei prossimi due anni: sul 45% di imprese che avevano in programma di effettuarli, il 52% dovrà rinunciare a causa della crisi dovuta al Covid-19».

«Allo stesso modo – si legge nella ricerca – gli effetti potrebbero essere devastanti anche sul tessuto delle imprese: 9.000 imprese del terziario rischiano di chiudere senza più riaprire, con conseguenze dirette sui livelli occupazionali (23.000 lavoratori rischiano il posto)».

Preoccupa anche l’occupazione: «il 62% delle imprese della Calabria – si legge nell’indagine di Confcommercio e Format – ha dichiarato di avere adottato o di essere in procinto di adottare la Cig. Il 32% delle imprese ha già ridotto il personale e il 40% prevede di farlo nei prossimi mesi se la situazione non migliorerà. Gli effetti della pandemia sull’occupazione sono stati tamponati dall’ampio ricorso agli ammortizzatori sociali e dalle misure adottate dal Governo. Tuttavia, la preoccupazione tende a salire nei prossimi trimestri. Nel secondo e terzo trimestre dell’anno si è assistito al picco con riferimento alla fiducia e ricavi delle imprese, così come la crisi della liquidità; per la fine dell’anno si prevede il picco per la crisi occupazionale».

Inoltre, è stato rilevato come il 45% della Calabria continuerà ad utilizzare il canale e-commerce anche ad emergenza terminata. Il 54% delle imprese continuerà ad effettuare le consegne a domicilio.

Infine, è «elevato il numero di imprese che hanno fatto domanda di credito a seguito dell’introduzione del Dl Liquidità. Tra queste, il 74% ha visto accolta la propria domanda con l’ammontare richiesto. Con riferimento al costo del credito, il 68% delle imprese ha dichiarato una sostanziale invarianza».

«L’attenzione – si legge nella ricerca – si sposta verso le tempistiche di erogazione ritenute dirimenti per la tenuta delle imprese. Anche il costo dell’istruttoria non sembra rappresentare una criticità: per le imprese in questo momento, l’aspetto principale del quale tenere conto sono le tempistiche. Il 40,8% delle imprese lamenta un peggioramento rispetto alla durata dei finanziamenti concessi. Con riferimento alle garanzie richieste, il 72% delle imprese della Calabria ha dichiarato una sostanziale invarianza. Un leggero miglioramento è dovuto all’introduzione delle coperture pubbliche». (rrm)