di ANTONIETTA MARIA STRATI – Arte, cultura e cinema. Sono i tre ingredienti fondamentali su cui la Calabria può puntare per il rilancio del turismo. D’altronde la Calabria, come è stato più volte ribadito, è ricca di arte, luoghi d’arte e, sopratutto, di luoghi che si prestano a essere set naturali per tantissimi film.
Cosa che è già avvenuta con numerosi film, tra cui si deve ricordare quello sull’abate Gioacchino da Fiore, dal titolo Il Monaco che vinse l’Apocalisse con la regia di Jordan River e prodotto dalla Delta Star Pictures, sostenuto dal Ministero della Cultura e dalla Calabria Film Commission. Il film, infatti, è stato girato – oltre che a Cinecittà e in diverse location del Lazio – al Castello di Oriolo, al Castello Federiciano di Roseto Capo Spulico, nel canyon di Civita, nelle piccole ‘Dolomiti’ di Frascineto, al fiume di San Sosti nel Parco Nazionale del Pollino, sull’antico ponte di Annibale di Scigliano, nella Cattedrale di Cosenza, ai Calanchi di Cutro, alle grotte di Pietrapaola e Zungri e, ovviamente, a San Giovanni in Fiore.
Un film dunque, che farà vedere a tutto il mondo le bellezze naturali della Calabria e, chissà, magari farà venire voglia di arrivare in Calabria – aerei e treni permettendo – per ammirare dal vivo luoghi che hanno una lunga storia da raccontare non solo attraverso una pellicola. Il film sull’abate è solo un esempio, perché in realtà sono numerosi i film che sono stati girati in Calabria, come A Ciambra diretto da Jonas Carpignano, Una femmina di Francesco Costabile, Anime nere di Francesco Munzi, di cui alcune scene sono state girate nella Locride.
Insomma, la Calabria ha tutte le potenzialità per essere attrattiva per il circuito cinematografico e, sicuramente, la costruzione degli Studios di Lamezia Terme aiuteranno non poco su questo frangente. Lo ha detto anche il presidente della Calabria Film Commission, Anton Giulio Grande, in un’intervista a L’Altro Corriere Tv: «Come si può immaginare, gli Studiossono un’opera importante che porrà la Calabria al centro di grandi produzioni e farà della nostra regione un laboratorio permanente».
«Stiamo raccogliendo adesioni e interesse da tutto il circuito cinematografico che conta e questo mi fa immaginare che la Calabria, proprio perché sa essere un set naturale, potrà avere grandi ricadute sul piano turistico dalla integrazione virtuosa tra arte, cultura e cinematografia».
Ma in Calabria non c’è solo il cinema, il mare e le montagne. Ci sono anche i Musei, custodi di inestimabili tesori archeologici che sono stati trovati e che ancora si possono rinvenire, vista la storia millenaria del territorio. A questo proposito, la direttrice del Museo dei Brettii e degli Enotri, Marilena Cerzoso, ha detto che «se dovessi iniziare a scavare, lo farei da Cosenza. Paradossalmente Cosenza da un punto di vista archeologico è poco conosciuta, ma questo per una questione di occupazione dello stesso sito nel corso del tempo. Il caso Cosenza è un caso di archeologia urbana, però mi piacerebbe molto approfondire gli studi. Cosenza necessita di una maggiore conoscenza».
Ma, tralasciando la parte archeologica, c’è un problema più grosso da affrontare, ossia quello del personale. «Noi abbiamo poco personale, ma facciamo i salti mortali. Poi ci sono anche i problemi di ordine finanziario: un museo non si mantiene con il biglietto d’ingresso», ha ribadito la Cerzoso.
Un concetto che è già stato affrontato anche da Calabria.Live, parlando della situazione precaria e di abbandono in cui si trova il Parco e Museo Archeologico di Monasterace, o dei pannelli informativi ormai sbiaditi dal sole al Museo e Parco Archeologico di Locri. Problematiche che nascono in primis dalla mancanza di fondi e, poi, da quella del personale. Anche il prezzo del biglietto sicuramente non aiuta. Far pagare 4 euro l’ingresso al Museo di Locri o a Monasterace significa sminuire il valore del Museo stesso, di chi ci lavora e di chi ha lavorato riportando alla luce i preziosi reperti che, oggi, tantissimi turisti – calabresi e non – possono ammirare. Così come fa storcere il naso pagare solo otto euro l’entrata al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, la casa dei Bronzi di Riace che hanno celebrato i 50 anni dal loro ritrovamento, quando per entrare a Castel Sant’Angelo ne servono 15, e senza guida.
Fa irritare ancora di più che per visitare il meraviglioso Parco Archeologico di Sibari – che a quanto pare si spera di far diventare Patrimonio Unesco, così dice il sottosegretario Vittorio Sgarbi – si paghi soltanto cinque euro.
Non è possibile che, nel 2022, si parli di figli e figliastri per la cultura. Non si può parlare di musei di serie A e B. È sicuramente ingiustificata questa svalutazione dei Musei.
E fanno rabbia le parole del ministro della Cultura, Giuliano Sangiuliano che ha dichiarato: «se una cosa ha un valore, deve anche essere un po’ pagata». I reperti della Calabria, dunque, hanno un valore inferiore, dato che il biglietto si paga così poco?
C’è da dargli ragione, tuttavia, quando ha affermato, intervistato da Pietro Senaldi nel corso della kermesse milanese di Fdi, che «se rendessimo gratuiti i musei sviliremmo il nostro patrimonio». Il patrimonio culturale si svilisce nel momento in cui alcuni Musei sono abbandonati dal Governo e dal Ministero stesso, lasciandoli in balìa di se stessi.
Fortunatamente, la Regione Calabria è venuta in soccorso della rete museale calabrese, stipulando lo scorso novembre una joint-venture” con l’Icom, il Comitato Italiano dell’International Council of Museums, la più qualificata associazione internazionale di settore.
L’obiettivo è chiaro: promuovere le strutture museali che, come ha evidenziato la vicepresidente della Regione, Giusi Princi, hanno delle «enormi capacità attrattive».
«È chiaramente un nostro obiettivo – ha evidenziato Princi – quello di promuovere e valorizzare il patrimonio culturale regionale, in una logica di partenariato con altri soggetti pubblici e privati, come in questo caso Icom, mediante nuovi approcci culturali volti ad ampliare la partecipazione dei cittadini e a rafforzare l’attrattività turistica degli istituti e luoghi della cultura a livello nazionale ed internazionale, concorrendo allo sviluppo economico del territorio».
Un obiettivo che non è irraggiungibile, anzi. Realizzabile, se si spendono bene le risorse nella regione e non altrove, se si fa una seria campagna di marketing del territorio e scegliendo bene gli “ambasciatori” che possono parlare e far scoprire al mondo le bellezze della Calabria.
Un esempio? Le tante celebrità che, dopo gli eventi a Reggio, hanno fatto visita al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, condividendo sui propri profili la foto con i Bronzi di Riace. Il risultato? Un boom di visualizzazioni. I Bronzi che compaiono ovunque. Immaginiamo la stessa cosa per tutti i luoghi e i tesori della Calabria. Il risultato sarà straordinario, come lo è la Calabria. (ams)
Saranno 50 gli “Eventi di promozione culturale” e 121 le “Attività culturali 2022” che riceveranno fondi dalla Regione. È quanto ha stabilito la Giunta regionale, guidata da Roberto Occhiuto, destinando ulteriori risorse per finanziare tutti gli eventi e le iniziative organizzati dai Comuni e dalle associazioni sul territorio calabrese.
«La Giunta, con un’iniziativa chiara e forte, ha deciso di riservare ai Comuni e alle associazioni importanti risorse per eventi e attività culturali organizzati nel territorio calabrese. Un gesto di attenzione da parte del governo regionale nei confronti delle nostre comunità, della cultura calabrese, delle tradizioni. La Calabria cresce e diventa attrattiva per investitori e turisti solo se riesce a valorizzare – anche dal punto di vista economico – le proprie eccellenze, le specificità dei territori, la storia di una Regione ricca di opportunità», ha sottolineato la vice presidente della Regione Calabria, Giusi Princi.
«In più occasioni abbiamo affermato che il settore cultura necessitava di attenzioni costanti e consistenti, sia in termini di programmazione, sia di sostegno finanziario – ha aggiunto Princi –. Riuscire non solo a ufficializzare le graduatorie dei due avvisi dedicati ad eventi storicizzati ed attività culturali 2022 in poco meno di due mesi dalla pubblicazione dei bandi, ma anche ad individuare ulteriori risorse per lo scorrimento delle relative graduatorie, è la migliore dimostrazione della concretezza ed efficienza che deve contraddistinguere la nostra azione di governo anche nel garantire importanti ricadute sui territori, tanto in termini di indotto economico agli operatori di settore quanto di diffusione della cultura». (rcz)
Sono 3 milioni di euro la somma stanziata dalla Regione per gli eventi di promozione culturali ed attività culturali sul territorio regionale.
Si tratta di un corposo investimento pianificato per dare un sostegno agli eventi che sono ormai consolidati nel calendario culturale in Calabria, ma anche con una particolare attenzione al sostegno delle diverse attività che animano il territorio nel settore.
«Nell’ambito del piano di rafforzamento e riorganizzazione del settore cultura – ha dichiarato il Vicepresidente della Giunta regionale della Calabria, con delega al ramo, Giusi Princi – insieme al Presidente Roberto Occhiuto abbiamo pensato che il complesso e variegato cartellone di eventi culturali, storicizzati ma anche in fase di crescita strutturale, necessitava di un forte finanziamento di sostegno. Da qui la pubblicazione di questi due avvisi che, già in pre-informazione da luglio scorso, daranno linfa ad un settore che merita spazio per l’impatto che certamente produce sulla collettività».
«Il primo avviso già pubblicato nelle settimane scorse – ha proseguito Princi – prevede uno stanziamento di un milione e duecentomila euro, interessa progetti culturali contraddistinti dalla loro storicizzazione con più edizioni alle spalle. Il secondo avviso, pubblicato oggi, prevede un investimento di 2 milioni di euro articolato in sei tipologie di intervento: letterario, teatrale amatoriale a carattere identitario, esibizioni di orchestra opera lirico-sinfonica, jazz, canto classico e danza».
«È certamente un grande sforzo organizzativo per il settore Cultura della Regione – ha concluso il vicepresidente – e per questo mi sento di ringraziare tutto il personale guidato dal dirigente Ersilia Amatruda; il settore Cultura, infatti, sarà impegnato nelle prossime settimane anche su altre linee di attività che riguardano i teatri, i musei e le biblioteche. Uno sforzo poderoso che riteniamo necessario per non lasciare soli alcuni comparti essenziali della produzione e diffusione culturale in Calabria». (rcz)
Sono 3 milioni e 200mila euro la somma stanziata dalla Regione Calabria per finanziare le iniziative culturali in Calabria, attraverso due avvisi pubblici che sono stati pubblicati in pre-informazione.
Due avvisi che si rendono necessari, in quanto «il tessuto culturale calabrese necessita di una presenza costante e continua da parte della Regione, sia in termini di programmazione e sia di sostegno finanziario – ha dichiarato a tal proposito il Vicepresidente della Giunta regionale, con delega al ramo, Giusi Princi – soprattutto in un periodo storico come questo, contraddistinto dal riavvio delle attività dopo il sostanziale blocco determinato dalla pandemia Covid19».-
Nello specifico, il primo avviso prevede un investimento di 2 milioni di euro articolato in sei tipologie di intervento: iniziative letterarie, teatro amatoriale a carattere identitario, mostre, esibizioni bandistiche, esibizioni d’orchestra, opera lirico-sinfonica, jazz, canto classico e danza, tipologia multidisciplinare.
Il secondo avviso, che prevede un investimento di un milione e duecentomila euro, interessa invece progetti che devono riguardare eventi culturali realizzati per almeno otto annualità (anche non consecutive) negli ultimi 15 anni.
«La pubblicazione dei due avvisi e della graduatoria – ha spiegato Princi – rappresentano un passo in avanti necessario per il sostegno del settore. Ringrazio il Dirigente generale del Dipartimento Istruzione Formazione e Pari Opportunità, Maria Francesca Gatto, e la dirigente del settore Cultura, Ersilia Amatruda, per il prezioso lavoro e la celerità con cui sono stati predisposti gli atti di competenza».
«Come sostenuto anche dal Presidente Occhiuto in occasione della presentazione delle iniziative per il 50° anniversario del ritrovamento dei Bronzi di Riace – ha concluso il Vicepresidente Giusi Princi – occorre cambiare approccio alla programmazione ed alla gestione del comparto calabrese della Cultura, per far sì che diventi vero e concreto veicolo di rafforzamento dell’economia regionale, a tutela delle intelligenze locali, delle imprese e non di meno di tutte le maestranze coinvolte». (rcz)
di MARIACHIARA MONACO – Da molti anni si discute sull’idea di creare una “città unica”, che vada ad unire i comuni confinanti di Rende, Castrolibero e Cosenza.
A palazzo dei Bruzi si sono gettate le basi per una intensa governance nel settore cultura e spettacolo delle tre amministrazioni, grazie all’accordo che lega i sindaci al primo cartellone unico degli eventi estivi per il mese di giugno, che vedrà un periodo ricco di eventi, come presentazioni di libri, mostre artistiche, e tanta musica.
Sono tredici le serate che accompagneranno i cittadini, senza escludere dei nuovi eventi nel mese di luglio ed agosto. Si alzerà il sipario con la presentazione del volume “Dio nel mio respiro” di Don Davide Bruno, presso il museo dei Brettii e degli Enotri, e si chiuderà il 30 giugno con la commedia in due atti di Gianni Clementi, dal titolo insolito “Grisù, Giuseppe e Maria”.
Spazi ampi e manifestazioni per tutte le età, che andranno a valorizzare i luoghi simbolo delle città in questione, quali Palazzo Arnone, il Museo del Presente, Villa Rendano, l’anfiteatro Tieri, e molte altre location da scoprire ed apprezzare.
All’iniziativa hanno lavorato in stretto contatto l’assessore alla cultura della città di Rende, Marta Petrusewich, Nicoletta Perrotti per Castrolibero, e Pina Incarnato per la città di Cosenza.
Un team che ha funzionato egregiamente, basti pensare all’organizzazione del Concours Mondial de Bruxelles, dove critici arrivati da tutto il mondo hanno decretato i migliori vini in circolazione tra le circa 1800 aziende iscritte, oppure al Festival del gusto con tanto di show cooking e chef riconosciuti in tutta Italia, per poi concludere con la mostra dei grandi maestri d’arte giapponese arrivati a Cosenza, direttamente dal Sollevante.
«Da questa sera, cominciamo a fare sul serio ed invertiamo la rotta», queste le parole di Franz Caruso, a margine dell’incontro.
La cultura quindi, come preludio di ciò che accadrà, al fine di arrivare a piccoli passi all’obiettivo della creazione di un organismo unico di pianificazione integrata, che riguarderà in modo estremo, anche il sistema trasporti e soprattutto una rete di collegamenti più fluida delle tre aree, in modo da favorire la mobilità dei cittadini.
Sull’argomento, i sindaci, hanno inoltre anticipato la volontà di dar vita ad un’unica azienda di trasporti con Consorzio, Amaco e Ferrovie della Calabria. Si è poi toccato il tema “sicurezza”, pensando alla creazione di un Corpo di polizia Municipale unico, per l’incolumità dell’intera area e non solo.
Si tratta quindi, di attendere pazienti l’evolversi di tali accordi, consapevoli della strada ormai trattegiata, e auspicando che i tre primi cittadini vogliano realmente percorrerla insieme.(mm)
di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Se dovessi scrivere alla Calabria, scriverei a me stessa, allora scrivo ai calabresi, e più precisamente a quelli che, con nomine amicali il più delle volte, siedono in Cittadella regionale o giù di lì.
Scrivo al Presidente della Regione Calabria e alla sua Giunta. Ai social media manager a cui è affidata la promozione regionale, e a quanti per “bontà dei cuori sciancati di questo e di quello”, si trovano nel circuito a correre la corsa per ogni genere di poltrona dirigenziale.
Cari voi tutti,
Vi scrivo perché se nascere in Calabria non si sceglie, essere calabresi sì. E la domanda che mi preme di porvi al quanto discreta, è la seguente: “Che genere di calabresi siete?”
Troppo qualunquemente viene trattata questa terra, ed io d’essere complice di questa ingratitudine, non me la sento. E mi dissocio. Sempre dalla parte della Calabria, ma non obbligatoriamente da quella dei calabresi (nemici dei calabresi stessi).
Quando venne istituito il concetto di “terra dei padri”, nel 2021, dentro di me profondamente radicato partire dal ’78, che è l’anno in cui nacqui, e testimoni ne sono i miei scritti e le mie battaglie, sentii fiorirmi il cuore di soldanella. All’epoca nessuno o pochi sapevano cosa fosse questo fiore.Ma io fiorivo dentro di me, perché la Calabria, che come aveva scritto Edward Lear ha già nel suo nome tanto di romantico, sembrava finalmente, voler riconquistare la propria identità perduta, riscoprendosi quel che è sempre stata: “terra dei padri”.
I risvolti, però, furono deludenti e tristi. La terra dei padri, venni a scoprire mano mano, era una mera propaganda commerciale che mai poteva coincidere con la verità umana e morale, civile e culturale della Calabria. Serviva un approfondimento che non c’era stato.
I 100 marcatori distintivi identitari con cui la terra dei padri intendeva proporsi al resto del mondo, facendo conoscere la propria storia, mancavano di tanti pezzi importanti. Dalla Certosa di Serra San Bruno, alla voce di Corrado Alvaro, ai giganti processionali Mata e Grifone, al Codice Romano Carratelli, e così via.
Mi chiesi cosa fosse l’identità per la politica regionale. Se questa fosse una pratica manuale corrispondente al sogno di un pugno di amici, o invece l’urgente necessità di un intero popolo volta al bene di un’intera regione. Perché vedete, il resto del mondo, e lo sappiamo bene tutti, non aspetta altro che farci il culo, e quando la mancanza non c’è se la inventa. Figurarsi a servirla su un piatto d’argento. E non c’è da andare molto lontano.
Tutti o quasi abbiamo avuto il piacere, io profonda ripugnanza, di leggere quanto nei giorni scorsi è stato pubblicato su “Visit Veneto”. Una campagna pubblicitaria che pur di sponsorizzare i siti veneti, denigra addirittura la Magna Grecia, definendola rovina. Una propaganda certamente ignobile, fatta sulla pelle della Calabria, ma ahimé, malgrado la ciotìa dei calabresi, la cui amministrazione si presenta sempre più approssimativa, improvvisata e qualunquista.
Alla Calabria Film Commission, mandiamo uno stilista. E sapete perché? Lui stesso lo dice: sono un grande amico del Presidente Occhiuto. Non avevamo per caso eccellenze a cui affidare la nostra cinematografia? Hai voglia se ne abbiamo. Forse ci rompevamo solo il cazzo ad andarle a cercare, individuarle, intercettarle. Ma che fesserie che andiamo facendo, e che perdite che facciamo gravare su noi stessi. Sul presente, sul futuro, sulla nostra storia. Sui nostri figli.
Per il 50° dal ritrovamento dei Bronzi di Riace, viene presentato un logo che, per dirlo alla Sgarbi, fa davvero cagare. “Capre, capre, capre”. Non potevamo bandire un concorso internazionale, per la creazione di un logo unico, coinvolgendo grafici da tutto il mondo?
Ci sono errori che qui si compiono, e che si continuano ostinatamente a reiterare, e che la terra dei padri la trasformano in terra dei ciucci. E quelli come Zaia, lo sanno bene che a lavare la testa al ciuccio, si perdono acqua e sapone. E allora infilano il coltello nella piaga. Tanto sanno che noi sappiamo bene come fare a essere la piaga di noi stessi.
Ma quando arriverà mai il giorno della Calabria? Con tutto quanto abbiamo, ci saremmo dovuti mangiare il mondo. E invece rieccoci qui, ancora una volta, a fare i conti con l’incapacità, l’approssimazione, le offese gratuite… Davvero magre consolazioni per chi nella Calabria crede e investe tutto ciò che ha. L’anima, lo spirito, il lavoro, i risparmi, la storia, la famiglia, la terra. Tutto.
I padri dovevano essere l’esempio, la strada, il percorso, il viaggio. La rinascita, lo sviluppo, il riscatto. Con essi e per essi, bisognava partire dal concetto di Calabria come magnissima Colonna, dispensatrice di doti e di doni. Con uomini e donne a difesa della sua storia.
Una Calabria identitaria vera dunque, che sin dai nastri partenza abbia il vantaggio di appoggiarsi allo stato d’animo di chi la governa, e non sulle poltrone su cui ci si siede per governare.
Avete idea, Presidente, assessori, consiglieri, dirigenti, ecc. di quanto genio dispone questa terra?
Io sì! Non avrei redatto altrimenti il Manifesto inviato al Miur, e anche alla Regione (da cui attendo ancora risposta), affinchè gli autori calabresi vengano studiati nelle scuole italiane.
È tra quelle righe che chiedo venga istituita una legge regionale che preveda lo studio a scuola degli autori del ‘900; la prima Book Commission regionale, con la quale attraverso le opere dei nostri maggiori narratori vengano attuati progetti di sviluppo culturale e turistico; un ente regionale per la tutela della letteratura calabrese.
Guardiamo per un attimo appena ai nostri vicini. Ai dirimpettai siculi. La Sicilia, vanta addirittura di un assessorato all’identità regionale. Difende i suoi autori, li fa studiare, mantiene la sua lingua siciliana, la protegge e la conserva… A che serve parlare di terra dei padri, quando i padri non vengono fatti rivivere nella vita politica, sociale, civile e culturale del paese?
E qui la chiudo. Nei giorni scorsi, e quasi potrei gridare allo scandalo, l’assessore al Turismo della regione Calabria, pubblica sui suoi profili social, una poesia di Pablo Neruda, riportata su una sorta di carta intestata con il logo di Calabria Straordinaria, il nuovo progetto della Regione per lo sviluppo turistico del territorio.
Bene direte. Io invece dico male, anzi malissimo. E boccio, assumendomene tutte le responsabilità, l’assessore Fausto Orsomarso, pur riconoscendogli in campo, un impegno che in pochi hanno avuto prima di lui.
Ma davvero, caro assessore, serviva ricorrere a Neruda, che tra l’altro tanto amo come poeta, per raccontare una Calabria Straordinaria?
Una terra vera, reale, va raccontata con le sue voci. Per essere identitaria, la Calabria, va fatta parlare con le parole dei suoi artisti. Diceva Saverio Strati, che do per scontato sappiate tutti chi sia, in altro caso Google vi sarà d’aiuto:“Un popolo per capirsi deve conoscere i suoi artisti, altrimenti rimane indietro”. E allora, con tutto il rispetto per Pablo Neruda e la sua poesia, la Calabria Straordinaria, vi prego, raccontiamola così:
Un arancio il tuo cuore succo d’aurora, rosa nel bicchiere (Franco Costabile)
Noi non sappiamo da che anima nata e sei da per tutto indifesa. Io mi diffondo per obbliviosi porti ed imparo di te l’azzurro e il sereno. (Lorenzo Calogero)
Alla domanda: Chi siete? I nostri figli, ricchi di sapere e di conoscenza, con orgoglio, già oggi, dovranno poter rispondere: “La regione più bella del mondo”. Sempre più straordinaria, e meno sbronza.(gsc)
di ANTONIO ERRIGO – È proprio vero quando si dice che gli italiani per essere valorizzati, devono attraversare i confini nazionali e recarsi in altri Stati.
A volte si aggiunge pure la locuzione latina estrapolata dai vangeli, “Nemo Propheta in Patria”. Senza allargare il ragionamento e volendo limitare gli ambiti spaziali alla Regione Calabria, vi pongo una semplice domanda, al solo fine di sensibilizzare il vostro pensiero riflessivo.
Siete o no convinti che la Calabria ha dato i natali a tanti e tanti, una vera e propria infinità, di persone che sono delle grandezze culturali internazionalmente riconosciuti e apprezzati? In ogni campo scientifico e delle scienze umanistiche del sapere, sono veramente molti i Calabresi o figli di genitori nati in Calabria, che sono a capo di realtà economiche multinazionali.
Quando un giovane Calabrese, laureato nelle migliori Università della Calabria, Roma, Pisa, Bologna, Torino, Milano, Oxford, MIT, Grambidge, Stanford, Harvard, Imperial Istitute College, ecc., con il massimo dei voti e a volte, pure con la lode, non riesce a mettere a disposizione la propria cultura universitaria in Calabria o in altre regioni italiane , giocoforza deve guardasi attorno per rendersi conto se all’estero può investire la propria laurea conseguita con grande impegno, dedizione e sacrifici economici, per non veder vanificati i propri studi.
Così accade che i giovani laureati e plurispecializzati Calabresi, andranno a soddisfare la crescente domanda di cultura, molto richiesta all’estero a discapito della nostra Italia. Ogni anno non solo si registrano migrazioni di giovani laureati verso altri Stati dell’Unione Europea, ma i nostri Ingegneri, Medici, Architetti, Chimici, Economisti, Avvocati, Giuristi d’Impresa, Bancari, sono molto richiesti e ben pagati, in Asia, U.S.A., in tanti Paesi arabi ed extraeuropei.
A noi rimangono quando e se riescono a lavorare, i bravi giovani diplomati che non hanno potuto continuare gli studi universitari per diversi motivi.
Le più evidenti conseguenze per l’Italia e per il Mezzogiorno in particolare, sono: l’abbassamento del livello culturale regionale, la crescita della spesa universitaria, una dequalificazione professionale, danni per la crescita economica, scarsa competitività con i mercati esteri, abbassamento del valore tecnologico dei beni prodotti, disoccupazione ed emigrazione continua verso l’estero.
La Calabria è tra le Regioni italiane, che produce e diffonde più cultura, sia nelle Regioni del nord, che nel mondo.
Come potranno mai riscattarsi culturalmente ed economicamente, la Calabria e i Calabresi, se al Sud del Paese sono assenti ambiti industriali e sistemi di produzione tecnologicamente avanzati, che possono assicurare l’inserimento dei Giovani laureati e specializzati, nel ciclo integrato, studio, ricerca, sperimentazione, produzione, commercializzazione ed esportazione?
Diffondere ed esportare cultura per la Calabria e i Calabresi, si è da più punti di vista sicuramente un orgoglio, ma sotto molti altri aspetti, si creano dannose situazioni di disparità economiche e sociali insanabili.
La cultura in Calabria certamente non manca, quello che non si è trovato ancora il modo di creare, sono le opportunità di collocare la cultura acquisita dai giovani Calabresi in Italia ed estero, nei diversi settori e segmenti industriali ad altissimo valore tecnologico a forte attrazione per i mercati esteri. (ar)
Mariantonietta Miccoli, responsabile del settore spettacolo di Cambiamo Reggio Calabria, ha sottolineato come «l’idea di base di rilancio socio economico del territorio calabrese sulla cultura si fonda sul solido rapporto tra economia e cultura».
«Il collegamento tra questi due concetti – ha aggiunto – è la costruzione dell’immagine identitaria della popolazione locale, una visione condivisa all’interno della società locale e trasmissibile verso l’esterno che possa attrarre capitali e incrementare la ricchezza del territorio».
«Ogni territorio – ha evidenziato la Miccoli – possiede una visione del proprio ‘periodo aureo’. Per la Calabria, questa fase corrisponde al periodo magno greco, dalla colonizzazione fino alla romanizzazione. Le polis definivano i rispettivi territori e le loro interazioni, producevano un insieme di relazioni tra cui, quelle commerciali e diplomatiche. La riproposizione di questo modello avrebbe il pregio di creare dei territori dalle particolarità identitarie evidenti ma, al tempo stesso, accomunati da un comune background culturale. L’attuazione di una simile strategia passerebbe per la creazione di una serie di eventi compresi in un programma ciclico riproponibile su base annuale che sfrutti il tema della Magna Grecia e tutti i suoi risvolti all’interno della società calabrese».
«Il lancio di un brand Calabria legato al periodo della “Magno Grecia” – ha spiegato – può coesistere con altre forme di comunicazione turistica rivolte a target di pubblico più definiti e che interessano ambiti territoriali circoscritti, nonché itinerari turistici di tipo naturalistico.Si potrebbe immaginare un Festival internazionale della musica, dove più associazioni e formazioni musicali di vario genere si esibiscano nell’arco di almeno una settimana. Tali eventi potrebbero essere accompagnati da workshop musicali tenuti da artisti internazionali, che attrarrebbero non solo turisti, ma anche studenti da altre parti del mondo. Sarebbe fondamentale incentivare la creazione di eventi musicali durante tutto l’anno, sovvenzionando attività di interesse musicale nei teatri, nelle chiese e in luoghi caratteristici e di particolare valore storico o archeologico che consentono non solo la scoperta e lo sviluppo culturale delle città calabresi, ma anche rappresenterebbero motivo di attrazione turistica per gli avventori durante tutto l’anno».
«Per rendere fruibile a tutti l’esperienza teatrale – ha spiegato l’avvocato Miccoli – è fondamentale sollecitare il finanziamento dei teatri principali delle città, altresì di tutti quei teatri medio grandi che nello stesso tempo creano fermento culturale. In questa ottica, indispensabile appare il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche. Oltre alle stagioni stabili, che prevedono diverse tipologie di arte si potrebbe immaginare la realizzazione di una stagione teatrale caratterizzata dal legame con la Magna Grecia, con commedie e tragedie. La pianificazione di una strategia attuativa di un simile programma passa dalla definizione di ambiti territoriali di riferimento, associandoli ad altrettante polis dell’antichità ma anche a caratteristiche peculiari dei territori come, produzioni agroalimentari tipiche improntate alla ‘sostenibilità’ della produzione e del consumo. Basti pensare al ruolo del bergamotto».
«Al candidato presidente Roberto Occhiuto – ha concluso la responsabile Miccoli – invieremo delle proposte concrete perché riteniamo che la cultura sia fondamentale per il rilancio del territorio di Reggio Calabria e della sua provincia. Chiederemo, anche, di appoggiare la candidatura della Locride come Capitale della Cultura 2025, che potrebbe rappresentare un momento di svolta per la cultura in tutta la Regione. Un ringraziamento particolare al Coordinatore Saverio Anghelone, che mi ha voluto nella sua squadra e mi ha dato anche la possibilità di far parte della Commissione di Cambiamo la Calabria che in questi giorni lavora alacremente al programma da presentare a tutto il centro-destra». (rrc)
7 giorni per scoprire e riscoprire le bellezze e le meraviglie della Sibaritide. È questo l’itinerario proposto dall’Associazione Insieme per Camminare, che ha ideato un itinerario con attività che si svolgono nella Sibaritide.
Si tratta di un programma di escursioni già sottoposto, nelle scorse settimane, all’attenzione di circa ottomila operatori turistici, tra Tour operator ed agenzie di tutta Italia con escursioni culturali, camminate nella natura o in aree archeologiche, visite in aziende agricole ed enogastronomiche, passeggiate e shopping tour, il tutto per una durata di sette giorni da trascorrere in questa meravigliosa area geografica.
L’itinerario, corredato di fotografie, è stato strutturato da Michele Abastante, membro dell’Associazione e guida turistica abilitata, allo scopo di offrire un prodotto in linea con quella che è l’attuale domanda turistica di viaggiatori ed addetti ai lavori, ossia ricercare nuove mete poco frequentate, poco note al turismo nazionale ed internazionale.
Per questo motivo, si è pensato di offrire il meglio di un territorio bello come la Piana di Sibari ma ancora poco conosciuto anche agli stessi abitanti. Oltre alle visite ormai note al Museo del Codex, al Castello di Corigliano, agli scavi di Sibari, il programma prevede, anche, visite ad altri luoghi meno noti come l’area archeologica di Castiglione di Paludi, le case di Kodra a Civita o il centro storico di Terranova da Sibari. Sono previste le visite in aziende che lavorano prodotti della gastronomia come Amarelli o Favella, il riso di Sibari, le aziende produttrici di olio o gli agrumeti in cui crescono le clementine, prodotto che caratterizza a tutti gli effetti la pianura.
Un ampio sguardo su ciò che di meglio il nostro territorio offre, una vetrina per la Sibaritide dove i protagonisti sono arte, cultura, natura ed enogastronomia così come anche le minoranze linguistiche come quelle arbërëshë. L’itinerario proposto per il 2021 riguarda solo le escursioni che le stesse guide dell’associazione si occuperanno di seguire, mentre il pacchetto verrà completato, nel rispetto delle normative, dai tour operator che si occuperanno di scegliere ed inserire vitto, alloggio, trasferimenti in bus per i propri clienti.
L’associazione “Insieme per Camminare” si è, dunque, fatta promotrice del proprio territorio, suggerendo il luogo da esplorare con le relative attività, sperando che la proposta venga accolta positivamente dagli addetti ai lavori e che la Piana di Sibari inizi ad avere l’attenzione che merita. (rcs)
di FRANCESCO RAO – È vero, per mille motivi, tanto come Calabria quanto come calabresi, siamo messi proprio male. Ultimamente, tale circostanza sta diventando sempre più il pretesto per alimentare approfondimenti televisivi, per colmare pagine di giornali e far rimbalzare nella rete del villaggio globale un misto di incredulità, indignazione e scoramento. Attenzione: purtroppo, c’è anche molta indifferenza. Tutto ciò non dovrà significare arrendersi per dover, poi, scrivere la parola fine. Pur avendo sotto i nostri occhi la sommatoria di una serie infinita di fallimenti culturali, politici e sociali dobbiamo andare avanti. Oggi, per poter ripartire e costruire il futuro, il primo passo da compiere dovrà chiamarsi discontinuità rispetto al passato.
Prima di entrare nel merito della mia riflessione, vorrei ben chiarire alcuni concetti. Quando si parla di cultura, non intendo riferirmi al concetto di sapere ma indico quel complesso ambito delle istituzioni sociali, politiche ed economiche, delle attività artistiche e scientifiche, delle manifestazioni spirituali e religiose che caratterizzano la vita di una determinata società in un dato momento storico.
Pertanto, avendo chiarito il concetto basilare sul quale lavorare, si comprenderà bene la causa del fallimento politico e sociale di questa terra. Non vorrei essere eccessivamente puntiglioso, ma più tempo passa più mi accorgo che le passate generazioni, in alcune circostanze, hanno agito con una certa superficialità. Tutto ciò non vuole essere un colpevolizzare qualcuno. In una fase di espansione economica e di apparente benessere, votare una capra o sostenere un genio non fa la differenza.
Purtroppo, spesso, in Calabria oltre ad essere state elette persone poco avvezze a leggere le esigenze sociali e poi realizzarle, sono stati eletti ottimi politici ma hanno trovato spazio anche molti personaggi che Leonardo Sciascia, nel suo romanzo “Il giorno della civetta, avrebbe chiamato quaquaraquà.
Contrariamente al passato, la modernità e tutta la sua tecnologia, contribuiranno a far correre il tempo in modo sempre più veloce. Tale dinamica, unitamente ad i crescenti litigi, ai veti incrociati, agli inciuci ed all’attendismo tecnico dettato da partiti, movimenti e armate Brancaleone, determineranno l’acuirsi di una crisi molto più profonda di quanto si possa immaginare. Oltre alla desertificazione economica, i risvolti incideranno sul piano demografico paralizzando il futuro della Calabria.
I primi a pagare il prezzo più alto, secondo recenti ricerche econometriche, saranno le aree interne ed seguire i piccoli centri urbani. Si stima una certa resistenza a favore degli aggregati urbani e per le città, ma in esse cercheranno rifugio segmenti sociali sempre più poveri e con minore capacità di reazione a quella che potrebbe essere una vera e propria riaffermazione della divisione sociale. Forse, quanti oggi sono individuabili come decisori politici non hanno compreso o non vogliono comprendere la differenza tra i tempi passati e l’attualità. Proviamo a ribadirlo: in passato le scelte politiche generavano onde lunghe destinate ad essere percepite nel medio-lungo periodo; oggi, non è più così. Inoltre, proprio in questa fase storica stiamo pagando le crisi di altri momenti storici e, come già detto prima, il peso insopportabile riposto sulle nostre spalle è una sommatoria di crisi destinata ad asfissiare il Meridione.
Per molti versi, staremmo vivendo una Calabria apparentemente uscita dal racconto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e la “questione sanitaria” si presta a perpetuare l’assunto divenuto celebre nel Gattopardo «affinché tutto cambi tutto deve rimanere com’è».
Inoltre, il male più grave che ci stiamo arrecando consiste nel continuare a diffondere l’insolito culto dell’auto “ingiuria”, praticato all’infinito e con una certa propensione a non voler tenere in considerazione le conseguenze di tale comportamento. Pietire attenzioni, sperando di risolvere i problemi, credo sia una strada da abbandonare.
Sarebbe meglio ricorrere a percorsi diversi, utilizzando maggiore intelligenza. Il nostro modello potrebbe essere paragonato ad un sistema di circolazione autostradale: in un senso bisognerebbe far transitare le proteste e nell’altro dovranno trovare la carreggiata libera le proposte. Insomma, avendo noi Calabresi ereditato l’agire della popolazione Greca, potremmo iniziare ad amare la polis con maggiore responsabilità e soprattutto praticando una gelosia costruttiva?
Vivendo immersi nella disinformazione, non può esserci spazio per la virtù perché il sistema utilizzato per disinnescare l’entusiasmo di quanti vorrebbero veramente impegnarsi in tal senso continua a chiamarsi delegittimazione. Quindi, in assenza di una cultura solida e diffusa ed in presenza di una dirompente delegittimazione, praticata prevalentemente da mediocri, quanti hanno capacità e volontà, desisteranno dall’impegno civico lasciando spazio ad una classe politiche incapace e priva di una visione futura.
Ebbene, la gravità della crisi di cui ho dato cenno, secondo i recenti dati Istat, riserveranno al Mezzogiorno un lento e pesante declino demografico. Basti pensare che dal 2019 al 2065 è stata stimata una riduzione della popolazione italiana di 6,9 milioni di abitanti, di cui 5,1 milioni in meno appartenenti al Sud, mentre solo 1,8 milioni afferiscono al Nord. Già da questo dato credo sia comprensibile la diffusa preoccupazione di quanti, responsabilmente, non possono essere lasciati a giocare con il nostro futuro.
I vezzi infantili degli aspiranti politici, rinati dalla fantasia dello scrittore siciliano Leonardo Sciascia andrebbero letteralmente fermati. Venendo meno un così alto numero di abitanti, il tessuto economico apparirà irrecuperabile. Vi sono molte responsabilità pregresse perché l’onda lunga di tale declino è partita con la crisi del 2007.Il grafico di cui alla fig. 1 rappresenta chiaramente tale dinamica. Seppur nella fase successiva alla crisi del 2007, a livello strutturale ci sia stata una certa ripresa, il Mezzogiorno non è riuscito a mantenere un trend di crescita tale da rendere possibile la ripresa. Le motivazioni sono molteplici. Intanto, teniamo a mente che dal 2008 al 2011 al Governo c’era Silvio Berlusconi. Un governo di ispirazione liberale aveva il dovere di considerata l’onda lunga generata dalla caduta del muro di Berlino. Nei 20 anni intercorsi, era cambiata la struttura e velocità del mondo. Con la stipula a Marrakesh, Marocco, del Trattato World Trade Organization (Wto) si disegnava ciò che diverrà una nuova logica mercantile e geopolitica, destinata a rivoluzionare il comparto mondiale dei trasporti via mare ed all’avvio dei processi di globalizzazione che non potevano essere governati con le classiche misure Keynesiane, finalizzate ad avviare interventi pubblici per arginare la crisi.
Era quello il momento di avviare un cambio di rotta a livello strutturale per poter prima assorbire la spinta del cambiamento e poi cogliere l’occasione per galoppare la tigre della crescita. Sappiamo benissimo come è andata. Visionando i grafici, in particolare la figura 3, sempre frutto di elaborazioni Svimez, è possibile leggere la reazione del sistema occupazionale sviluppatosi nel Mezzogiorno d’Italia a partire dal 2008. La decrescita Meridionale viene quasi travasata nella crescita registrata nel Centro-Nord dell’Italia, luoghi dove vi erano maggiori opportunità occupazionali e segmenti di mercato capaci a mettere in atto la riforma Biagi consentendo a quel mondo produttivo di pigiare l’acceleratore tanto sull’occupazione quanto sulla produzione.
In questa fase, il Meridione segnava il passo, eleggeva deputati e senatori catapultati dalle segreterie politiche in Calabria per garantire loro un collegio sicuro e il nostro futuro veniva ipotecato. Quanto asserito in merito alle dinamiche occupazionali, viene abbondantemente illustrato nel grafico sottostante. Anche in questo caso, va tenuto in considerazione il mutamento offerto dalla politica. Fu proprio il governoRenzi a conferire un’ulteriore spallata alla nostra possibilità di rialzarci e marciare. Mandando in pensione la riforma Biagi e attuando il Job Act il dado era tratto ed il risultato non era a noi favorevole. Come si potrà osservare dalla lettura del grafico, mentre per il Centro Nord, i segnali del Job Act furono in parte positivi, per le aree del Meridione, tale azione fornì soltanto timidi segnali che non diedero il riscontro atteso e in buona parte contribuirono a incidere sulle scelte di moltissimi Giovani visti partire dal Meridione alla volta del Centro-Nord Italia ed anche verso l’estero. Come già anticipato, nel Mezzogiorno, lo scorso anno sono nati 150,4 mila bambini. Questo dato fornisce chiaramente un saldo negativo rispetto al passato e il valore è pari a 6,4 mila bambini in meno. A ciò si aggiunga che nel 2018, oltre 138 mila residenti hanno lasciato la propria terra. Circa 20 mila hanno scelto un paese estero come residenza e tra essi, la quota più ampia era composta da un 30% di laureati ed un 38% di Diplomati, ossia quelle risorse umane che avrebbero potuto apportare a questa terra oltre al loro entusiasmo la loro preparazione per avviare lo sviluppo. Purtroppo, vi è anche un’ulteriore punto di debolezza ed afferisce all’universo femminile.
Nel Mezzogiorno, circa un quinto delle donne ancora non riesce ad avere un proporzionato inserimento professionale. Al significativo ampliamento dell’offerta di lavoro non sono corrisposte opportunità con elevati livelli di istruzione non vi sono ancora adeguate risposte nell’ambito occupazionale. Questo mancato allineamento del Mismath occupazionale alimenta segmenti di lavoro sottopagati e non in linea con i titoli posseduti. Intanto, la quotidianità per quanti scelgono di rimanere nel Meridione non è semplice. Seppur ancora la famiglia svolga un ruolo importantissimo, in molti casi tale combinazione potrebbe essere una condizione di povertà educativa. Il grafico sottostante rappresenta la spesa pro-capite dei comuni per i servizi socio educativi destinati all’infanzia.
Come si potrà notare, tra 2013 e 2018, la variazione è stata minima ma il divario sociale rimane una forbice in costante fase di apertura.Sin da marzo scorso, a seguito del primo lockdown, uno dei grossi punti di debolezza avvertito a livello strutturale è stato riconducibile alla qualità della connettività mezzo internet. A ciò si aggiungano anche tutti quei problemi afferenti alle mancate competenze informatiche, connessioni qualitativamente basse, computer e tablet poco potenti.
Insomma, improvvisamente, oltre ad aver incontrato in terra di Calabria il Covid-19, abbiamo dovuto fare i conti con reti internet inadeguate e con tutte le altre circostanze già richiamate. Anche in questo caso, ricorrendo al grafico, sarà possibile notare che proprio il Mezzogiorno d’Italia ha il valore più alto di giovani tra 6 e 17 non hanno a loro disposizione dispositivi informatici.
Personalmente, già in passato, precisamente prima di metà marzo 2020 avevo scritto alla Ministra della Pubblica Istruzione, Lucia Azzolina, per sottoporre tali dinamiche e soprattutto lanciare la proposta tesa a voler rendere possibile la connessione alle piattaforme informatiche a costo calmierato. In tale contesto, ancor prima della pandemia, in Calabria è stata la dispersione scolastica a generare disastri, soprattutto tra i giovani. Questo è uno di quegli ambiti che andrebbe assolutamente ricondotto a percorsi specifici finanziabili con il Recovery Fund, senza perdere tempo e senza tergiversare come invece stiamo notando ultimamente dai comportamenti di una parte politica di governo.
Per poter ripartire, giungendo al 2030 con una generazione ben formata e provvedendo a fare sempre meglio, si potranno azionare sistemi di contenimento tesi a rallentare la spoliazione demografica sopra esposta e continuando a formare bene i giovani e potendo disporre di un nuovo sistema sociale, generato da una rivisitazione del modello culturale, si potrà avviare una vera e propria inversione di tendenza, restituendo alla Calabria ed ai calabresi, non soltanto le opportunità di una rinascita ma la rottura con l’ignoranza di quanti in passato volevano governare senza avere una visione ben chiara del mondo ed accontentandosi di conoscere la strada principale del loro paese con arroganza sono riusciti a fare danni, svilendo il senso nobile della politica intesa come servizio della polis ed imbarcando tra le fila del potere i segmenti criminali, prima propensi ad aiutare e poi affascinati dal potere.
La dispersione scolastica, nel medio-lungo periodo, vedrà sempre più arretrare la propensione alla legalità ed allo sviluppo mantenendo elevato il rischio di devianza sociale ed instabilità delle Amministrazioni locali. Infine, essendo quotidianamente sottoposti alle platee mondiali di telespettatori che vedono la nostra terra come l’ultimo Paese del mondo, per una volta, accettiamo lo stato di cose in quanto la verità sul nostro conto, come ci è stata comunicata in questi ultimi mesi, mai prima d’ora era avvenuto.
Questo ultimo grafico, risalente al 2018, rappresenta la base dei nostri Livelli Essenziali di Assistenza che i vari Commissari alla Sanità avrebbero dovuto innalzare sotto la costante osservazione di deputati, senatori, amministratori regionali e locali per evitare i viaggi della speranza, le lunghe attese ed oggi l’incertezza che regna nel nostro sistema sanitario.
Sino a quando non verrà attentamente rivalutata la questione culturale calabrese, non dovrà nemmeno esserci spazio per l’indignazione che in tanti hanno avuto quando all’arresto di un latitante, effettuato per mano dei carabinieri, decine di persone applaudivano l’arrestato incitandolo a stare tranquillo perché quel popolo continuava ad avere fiducia in lui. Quest’ultimo esempio, scritto con molta amarezza, rappresenta un sistema plastico dove lo Stato, in alcuni territori, non è riuscito a manifestare tutta la propria consistenza lasciando spazi liberi a quanti nella mala vita hanno individuato la loro naturale collocazione, dimenticando che l’avventura del bandito Giuliano è ormai conclusa ed oggi lo Stato, come la natura, riprende tutti i propri spazi perché così è giusto che sia.
Non me ne vogliate. Sarò pur ripetitivo, ma anche quest’ultima parte è una questione culturale, come è una questione culturale la rieducazione del detenuto e la volontà di chiudere con il passato. Il lavoro da compiere è davvero arduo, perciò necessitano competenze ed entusiasmo. (fr)
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