di EMILIO ERRIGO – Ho sempre provato delle forti sensazioni positive, quando in contesti nazionali ed esteri, per rendere più chiara una idea, un pensiero, convinzione, a sostegno di una o più tesi, citavo detti, proverbi e metafore in lingua Calabrese.
Proverbi, detti e metafore questi, tradotti in real time, in lingua italiana, se mi trovavo sul territorio nazionale o in lingua straniera, se la relazione avveniva in Stati esteri. Ho iniziato in Calabria, da giovane scrivere e poi cantare, accompagnato dalla mia chitarra, i testi letterari delle canzoni in “Lingua Calabrese”.
Successivamente, dopo aver sostenuti gli esami in (lingua italiana), in Viale della Letteratura n.30, a Roma-Eur, quale “Autore di Parte Letteraria melodista non trascrittore”, e ottenuta l’iscrizione nell’apposito Albo, al n.43222, della Società Italiana degli Autori ed Editori (Siae), sono ritornato a scrivere i testi delle mie poesie e canzoni in lingua Calabrese.
Per chi scrive, parlare la lingua Calabrese, perché di una vera e propria lingua si tratta, è stato da sempre un vero e fascinoso piacere, anche se fa più comodo a molti, far passare la nostra lingua regionale, parlata generalmente in famiglia e tra amici, sia in Calabria che in ogni parte del mondo dove vivono i Calabresi, come una lingua tipica dialettale.
I Meridionali se sono Campani, parlano la “Lingua Napoletana”, i Siciliani, la “Lingua Siciliana”, aggiungendo delle varianti e cadenze linguistiche provinciali. In Calabria si parla e scrive naturalmente, in lingua Calabrese, generalmente, in lingua Italiana, le e lingue inglese, francese, spagnolo, tedesco, ecc., con i turisti stranieri , in hotel, ristoranti ed altri esercizi aperti al pubblico.
La scrittura e la lingua Calabrese, non è giovane, affonda le radici linguistiche nella “Magna Grecia”, anche se sono presenti condizionamenti grammaticali, fonetici e ortografici, che fanno risalire alle diverse dominazioni territoriali che si sono succeduti nel corso dei secoli in Calabria.
È difficile assistere in Calabria e in ogni parte del mondo, un dialogo tra Calabresi in lingua italiana, non ne parliamo se la tensione e divergenza di opinione, sale di decibel. La “Lingua Calabrese”, così come è giusto che sia, è la forma espressiva di comunicazione più ricorrente, intima, famigliare, amichevole, sportiva, intellettuale, tradizionale, folkloristica, popolare, regionale e internazionale, parlata tra coloro che sono nati e cresciuti in Calabria o con genitori Calabresi.
Quando un tempo lontano, nelle antiche fiere, mercati rionali, piazze di paese, si doveva rendere pubblico un fatto, accadimento, partecipare alla popolazione residente un “Ordine dell’Autorità”, i “Bandiatori mercatali” e “Banditori pubblici”, per farsi “sintiri”
(ascoltare), da quante più persone possibili, alzavano il tono della voce, proponendo agli astanti le proprie mercanzie, prodotti agricoli e alimentari, ricorrendo ai tanti “Bandiatori”, mentre se occorreva diffondere un “Avviso pubblico o Ordine dell’Autorità”, nazionale, regionale o comunale, esistevano delle persone che svolgevano la professione di “Banditore”.
Nella prima e seconda attività lavorativa, si doveva dar fiato alle corde vocali, per gridare ad alta e altissima voce, si diceva e si dice ancora oggi, ( iettari u bandu , bandiari), “Iettandu bbuci”.
Si “iettavano buci” (si gridava), per partecipare ai presenti un pensiero, si “iettavunu bbuci”, per consentire a chi non aveva voce, di farsi ascoltare (il Popolo), si “iettavunu bbuci”, per cercare un lavoro giornaliero, si “iettavunu bbuci”, per dissentire dalle opinioni altrui, si “iettavunu bbuci”, asserendo che ” lu dissuru li frati Greci”,(lo hanno detto i Fratelli o li Frati Greci), si “Iettunu buci mi sentimi i Bronzi di Riaci”, ( si grida lasciando intendere metaforicamente, per farsi ascoltare dai finti sordi, dalle facce di bronzo), “Iettu bbuci mi senti Jesu Cristu nta la cruci”, ( grido per farmi ascoltare dal buon Dio crocifisso sulla croce).
In assenza di megafoni e altri strumenti tecnologici che potessero amplificare la voce, si era soliti avvalersi di questi veri “Tenori del Popolo”, i quali previo giusto compenso economico, diffondevano ad alta e altissima voce, “gridando” o “iettandu bbuci”, messaggi vocali a pagamento al pubblico.
Al tempo, era molto difficile ascoltare “Bandiatori e Banditori”, esprimersi “iettari bbuci”( gridare ad alta voce),in lingua italiana, anche perché in Calabria la lingua più parlata, era e rimane, il ” Calabrese”, poi la lingua italiana e straniera se ritenuta necessaria, per fini commerciali o relazionali.
Forse è giunto il momento di ritornare indietro nei tempi che furono, formando dei “Giovani Tenori del Popolo”, per svolgere la professione di “Bandiatori e Banditori”, per gridare a tutti e in ogni dove, con quanta più alta voce umanamente possibile, per farsi ascoltare e capire, Forza Calabria.
Si carissimi Calabresi, occorre gridare e pure ad altissima voce, ripetendo “Forza Calabria”, per auto convincersi che la Calabria e i Calabresi, per vincere e avere la meglio, sul male che sembra incurabile, sull’indifferenza per i continui incidenti stradali e i tanti morti sulla SS 106, gridare per le opere pubbliche incompiute, per l’aeroporto di Reggio Calabria, da quarto mondo, alzare la voce per far valere i diritti di mobilità veloce negati ai Cittadini Calabresi, per la crescente disoccupazione, sul malaffare, devono gridare, sia in Calabria, che a Roma, in Piazza San Pietro, per farsi sentire dal caro Papa Francesco, a Piazza del Quirinale, per far giungere la voce al nostro carissimo amato Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Piazza Colonna, per ricordare l’esistenza dei Calabresi , al caro Presidente del Consiglio dei Ministri, a Piazza Madama, ai nostri cari Senatori, in Piazza di Montecitorio, ai nostri cari Deputati e ovunque in ogni parte del mondo, Forza Calabria!
[Emilio Errigo è nato in Calabria, Docente universitario di Diritto Internazionale e del Mare, e Consigliere Giuridico nelle Forze Armate]
Memoria storica: non dimentichiamo le antiche ferrovie locali in Calabria
di EMILIO ERRIGO – La naturale conformazione e configurazione della Regione Calabria, il clima, immersa nel Mar Mediterraneo per la maggior parte della sua estensione costiera marittima, per un totale di oltre 780 km, contornata dal mare per un’ampiezza pari dodici miglia marine (fronte mare), a partire dalla linea di normale (bassa marea) o dalle linee di base rette, consentono di disporre di una originalità geografica unica.
È bene ricordare per non perdere la memoria storica della nostra Regione Mediterranea, che dagli alberi di alto fusto, selezionati e tagliati, nei boschi della Sila, del Pollino e dell’Aspromonte, e dalle risorse minerarie scoperte sul finire del Seicento, presenti in enorme quantità, nelle tante miniere di ferro e acciaio pregiato, estratto e lavorato in Calabria, (lo sanno veramente in pochi in Italia), che proveniva la grande risorsa di legname, il ferro e l’acciaio necessario, rispettivamente, sia per la costruzione dei grandi bastimenti a vela, piroscafi, imbarcazioni da pesca, navi per la Regia Marina da Guerra, cannoni , fucili, armi corte e lunghe, baionette, armi bianche di varie misure e qualità (Antica Fonderia e Fabbrica Armi Mongiana), capannoni industriali, cantieri navali, compreso il ferro acciaioso di altissima qualità e restenza, occorrenti per realizzare ponti in ferro, i binari ferroviari, che per la fabbricazione delle milioni di traversine in legno, molto resistenti alle intemperie e forti sollecitazioni, sulle quali venivano posizionati i binari delle linee ferrate.
La Calabria protagonista sin dal fine Settecento e dall’inizio Ottocento, nella costruzione delle prime Ferrovie del Regno Borbonico, realizzate in Italia, (Napoli-Portici 1836/1839), altre opere ferroviarie e industriali belliche, vennero realizzate durante Regno delle due Sicilie.
La seconda rete ferroviaria, fu completata in Calabria, nel 1866, per collegare gli abitati costieri e montani, allora presenti, tra la Città di Reggio Calabria e la provincia Jonica , fino alla Stazione marittima di Lazzaro a sud di Reggio.
Poi a seguire furono costruite le altre numerose tratte ferroviarie e stazioni ferroviarie, indispensabili per collegare via strada ferrata, le numerose località del Regno di Re Ferdinando II delle due Sicilie.
Prima di allora in Calabria o nelle Calabria, si arrivava solo via mare, via terra a piedi, percorrendo antichi sentieri, o a dorso di Mulo.
Le Ferrovie Calabro-Lucane, furono progettate a fine ottocento e realizzate a partire dal primo 900.
La rete ferroviaria assicurava i collegamenti a scartamento ridotto (bassa e bassissima velocità), tra tutte le Comunità costiere, tirreniche, adriatiche e joniche, a sud di Napoli, transitando per Salerno, Potenza, Bari, Taranto e tantissime località situate all’interno della Basilicata, Puglia e Calabria.
Le Maestranze molto esperte, sia nella lavorazione del legno, che del materiale ferroso-acciaioso, perni, viterie e bullonerie necessarie, vennero individuate in Calabria.
Pure dalla Calabria, proveniva in gran quantità, il carbone di faggio, utile per il funzionamento delle fornaci, cucine per i nobili e cucine per le mense delle Caserme Militari, delle macchine (motori), locomotive a vapore, fonderie e acciaerie del tempo.
Oggi molte o quasi tutte le tratte ferroviarie regionali e delle Ferrovie Calabro-Lucane e brevi tratte a gestione privata industriale, sono state dismesse e abbandonate sui luoghi, vera e propria offesa all’ambiente e alle popolazioni vicine.
Una rivalutazione e rivalorizzazione del trasporto leggero su ferro, riutilizzando e ammodernando gli antichi percorsi ferroviari, non sarebbe cosa inutile alla tanto auspicata e benefica, “Transizione Ecologica e Mobilità Sostenibile”, in Calabria, Basilicata e Puglia, a totale beneficio per le casse dell’erario, ambiente, turismo, salute pubblica, occupazione, ordine e sicurezza pubblica, delle Regioni Meridionali interessate.
La Calabria potrebbe beneficiare sia del trasporto locale marittimo porto-porto, che delle esistenti interconnessioni ferroviarie pubbliche e private, già Calabrò-Lucane, un beneficio in tutti i sensi e sotto ogni aspetto economico-finanziario-occupazionale e sociale.
Le esistenti reti ferroviarie tirreniche, alcune delle quali seguono la configurazione costiera marittima, che partendo da Napoli, giungono fino a Reggio Calabria e si interconnettono e proseguono, con la spettacolare rete ferroviaria Jonica, costituiscono una delle più belle osservazioni paesaggistiche costiere litoranee del mondo.
Provate a visitare la Calabria ionica, scoprirete come si rimane incantati dalle più uniche che rare, bellezze paesaggistiche marittime e costiere della Calabria e dalla non meno bella e luccicante fascia costiera marittima della Sicilia.
Cosi facendo, in attesa che le mille e cinquecento promesse politiche si avverino, intanto, ci godiamo assieme alle amiche e amici turisti italiani e stranieri sempre più numerosi, (grazie a Dio) il mare, le spiagge e le realtà costiere, percorrendo via ferrovia leggera (Metropolitana Litoranea), tutta la costa e territorio interno della Calabria, poi se e quando, saranno mai realizzati l’alta è altissima velocità su ferro, nuovi e più funzionanti collegamenti via aerea, autostradali e costruito (?), il fantomatico Ponte sullo Stretto, noi cerchiamo di continuare a campare (vivere) di aria pura, buon vino e cibi genuini, sapientemente cucinati in Calabria.
(Emilio Errigo è nato in Calabria, docente universitario di Diritto Internazionale e del Mare, e Consigliere Giuridico nelle Forze Armate)
L’OPINIONE / Basta con la criminalizzazione generalizzata della Calabria
di EMILIO ERRIGO – Che in Calabria sia presente la malavita credo che sia evidente e che nessuno dei Calabresi vuole negare l’esistenza.
La mia ultraquarantennale attività professionale, svolta prevalentemente in Italia e per alcuni anni, anche in territorio estero, mi consentono di poter affermare con cognizione di causa, che la mala gente e la malavita, sono presenti e non da oggi, ma da millenni, sia al Sud, al Centro, al Nord dell’Italia e in molti degli Stati dei territori esteri.
Non voglio lasciare intendere al lettore, che il “mal comune è mezzo gaudio”, ma è mia intenzione di ricercarne, capirne e rappresentare in estrema sintesi, le possibili cause che hanno originato e fatto emergere questo recrudescente fenomeno oramai divenuta una triste realtà sociale, con la quale occorre purtroppo dover convivere, sino a quando il male sociale non sarà guarito definitivamente.
La genesi della malavita calabrese, affonda le possenti radici nel passato remoto, quando la prepotenza dei ricchi baroni, proprietari e assegnatari di terrieri demaniali , in uno e in accordo, con gli affaristi e violenti del tempo, dominavano e controllavano popoli e i territori con metodi e mezzi molto cruenti.
La cronistoria degli eventi è scritta e chi desidera leggerla o studiarla, per saperne molto più di quanto io vada scrivendo, lo può fare liberamente recandosi in una delle tante librerie italiane ed estere.
Non mancano monografie di buona fattura e grafica, ne in formato e composizione digitale, che forniscono una enorme quantità di informazioni.
Ora volendo limitare la mia ricerca delle cause e concause, che hanno favorito la nascita, la crescita e il propagarsi del mal di vivere in Calabria, negli ultimi 70 anni, occorre soffermare il pensiero e ragionare attentamente su quanto deve essere stata dura superare le conseguenze economiche negative, della II guerra mondiale e le reiterate alluvioni degli anni cinquanta, che hanno portato morti e distruzioni in Calabria.
Era molto dura la vita al Sud negli anni post bellici, post alluvioni e post terremoti.
Il tentativo di industrializzazione della Calabria, con enormi benefici economici per le grosse aziende e industrie del nord, iniziato nei primi anni settanta, dopo i noti Moti popolari di Reggio Calabria, ha portato solo sofferenze, lutti e opere inutili, vasti espropri di terreni agricoli, incompiute cattedrali nel deserto, fabbriche rimaste in vita produttiva solo per pochissimi anni, successiva crescente disoccupazione e inoccupazione, persone sbandate, confuse, arrabbiate, risentite e la tanta brava gente, (la maggioranza) , rassegnata in attesa di una vita migliore che non è arrivata mai.
Rimaneva solo da studiare e lavorare così come si poteva alla giornata, nei campi, al mare e nelle piccole imprese artigiane, per aiutare la propria numerosa famiglia a sopravvivere alle avversità economiche che hanno caratterizzato e sono ancora presenti in Calabria.
Le attività artigianali e le prestazioni di lavoro giornaliero, da sole non assicuravano una condizione di vita famigliare adeguata ai reali bisogni umani.
Dopo la prima ondata di migrazione di intere famiglie verso il nord o verso l’estero, in cerca di qualsiasi tipo di lavoro da svolgere pur di mantenere onestamente il proprio nucleo famigliare, seguita da una emigrazione culturale dei giovani diplomati e laureati, hanno segnato per sempre le sorti economiche depressive della già provata economia agricola e artigianale calabrese.
Coloro i quali sono stati indotti o costretti loro malgrado, a rimanere in Calabria, per l’età , per altre plausibili motivazioni famigliari e comprensibili ragioni, si sono dovuti accontentare di quel poco che gli veniva loro offerto, dai benestanti proprietari terrieri, i quali vivendo in maggior parte a Napoli o Roma, facevano amministrare i propri beni, attraverso fiduciari, arroganti, ben retribuiti e trattati, i quali continuavano a far coltivare le loro terre da braccianti agricoli sotto pagati e molto sfruttati.
Venne il periodo storico socialmente ed economicamente più negativo e socialmente malavitoso, per i Calabresi, i soggiorni obbligati per motivi di sicurezza pubblica, in varie regioni di confine, con la delocalizzazione degli irriducibili delinquenti nelle Isole.
Iniziarono i sequestri di persona a scopo estorsivo in Calabria, dei ricchi possidenti e benestanti e in altre regioni d’Italia, nei confronti di industriali.
L’Intervento umanitario della Chiesa Calabrese e del Papa, non sortirono alcuno degli effetti sperati.
Molti di queste persone sequestrate non fecero più ritorno nelle loro case.
La paura e in terrore, incalzavano i ricchi proprietari terrieri e i loro sodali politici protettori.
Arresti e omicidi di malavitosi e criminali, riempirono le pagine dei giornali, le carceri e i cimiteri.
Lo Stato si fece sentire con determinazione allora, affermando la forza del diritto e il valore della legalità ovunque.
Dove la Repubblica non riuscì a fare quanto occorreva fare con altrettanta e decisa determinazione, e ancora non si comprende il perché non riesce a fare molto, è nell’assicurare al “Popolo Calabrese”, un altro fondamentale diritto, solennemente affermato e previsto dalla nostra Costituzione , quello di prevedere e consentire per i Calabresi, un lavoro onesto e dignitoso.
La Scuola dell’obbligo, la frequenza sempre maggiore, degli Istituti di Istruzione Superiori e delle diverse Università, esistenti in Calabria, hanno migliorato sicuramente la cultura e la qualità della vita civile dei giovani.
Ora manca l’ultimo sforzo dello Stato, garantire lavoro, tutelare e salvaguardare dalla malavita, l’iniziativa privata e favorire la libertà d’impresa per coloro che vogliono investire o ritornare a investire i propri o altrui capitali in Calabria.
La legislazione d’urgenza e la costituzione delle Zone Economiche Speciali nelle Regioni del Sud Italia, sembrerebbe che allo stato, non hanno portato alcun concreto beneficio occupazionale ed economico alle Regioni interessate.
Se il Governo così come più volte ha promesso e manifestato per voce autorevole del Presidente del Consiglio in carica, creerà le giuste opportunità di lavoro nelle Regioni del Sud, ad iniziare dalla Calabria, la regione considerata la più fragile e depressa, socialmente ed economicamente, sono fermamente convinto che la malavita e la criminalità, dovranno necessariamente passare, prima che sia troppo tardi per i loro sporchi affari e traffici illeciti internazionali, alla manovra di ritirata e consentire di far risorgere il bene pubblico, favorendo concretamente la crescita del benessere economico, proteggere il lavoro onesto e dignitoso, elementi essenziali questi, dei quali c’è tanto, tanto bisogno in Calabria.
Di contro, se le promesse e le reiterate manifestazioni di buona volontà dell’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri e precedenti Governi, rimarranno solo esternazioni di buoni propositi e intendimenti politici, senza nulla o poco di fatto, la Calabria e i Calabresi, da soli non ce la faranno mai e la criminalità economica e organizzata, continueranno a imperare e condizionare fortemente e chissà per quanti decenni ancora, ogni iniziativa economica, bloccando la libertà d’impresa, la possibilità di una vita migliore dei giovani e quindi il definitivo riscatto sociale positivo del popolo onesto Calabrese.
In assenza di “interventi controllati” dal Governo Nazionale e Regionale, sono convinto che continuare a criminalizzare la Calabria e i Calabresi, generalizzando e non differenziando, tra buona e mala gente, a mia opinione, si arreca solo un gran danno alla già debole economia regionale.
Da parte Sua il Presidente della Regione Calabria, deve agire nella consapevolezza che sono maturi i tempi e presenti i presupposti sociali, giuridici e politici, per chiedere più cooperazione a somma positiva, a tutti gli Assessori e Consiglieri Regionali, Sindaci , Assessori e Consiglieri Comunali, nominati e eletti dal popolo, chiedendo il massimo loro impegno professionale, a tutti i Dirigenti, Funzionari, Impiegati e Operai. Uno sforzo generale di cooperazione attiva per la Calabria, facendo capire a ognuno di loro che non c’è alcuna volontà del Governatore di attuare inutili discriminazioni politiche di appartenenza alla maggioranza o all’opposizione, che poco o nulla importa, quando una Regione, affonda nella malavita economica e sociale.
(Emilio Errigo è nato in Calabria, Docente titolare di Diritto Internazionale e del Mare e di Management delle Attività Portuali, e Consigliere Giuridico nelle Forze Armate)
L’OPINIONE / Emilio Errigo: La Calabria è bella e ricca di cultura
di EMILIO ERRIGO – Se dicessi che la Calabria è bella e che i calabresi sono ricchi di cultura, affermerei il vero, qualcosa di acclarato, risaputo, constatato e scontato, ma peccherei di incompletezza nell’esplicitare il mio pensiero.
In Calabria ancora oggi, mi spiace dire che esistono tanti comportamenti umani sicuramente non belli, atteggiamenti fuorvianti, dannosi e per molti aspetti ancora incomprensibili ai più.
Penso alla noia, all’indifferenza, alla rassegnazione, al risentimento fine a se stesso, al silenzio accompagnato da mimiche espressive facciali di forte dissenso politico. Avrei tanto altro da dire di non bello su quei cittadini italiani nati in Calabria, che per amor della mia terra genetica non oso dire.
Ma non è di questo che voglio argomentare oggi.
Voglio scrivere immaginando la bellezza più intensa della Calabria, rappresentata sicuramente dai Giovani, dalle bellezze paesaggistiche e ambientali delle lunghe e ampie spiagge bianche, dal mare splendente color smeraldo e blu intenso, dal verde dei boschi, dai Borghi secolari alcuni dei quali disabitati, dai profumi a base di essenza del bergamotto, del gelsomino, mandarini, limoni, mandarance amare, ginestra, annone e dai mille e più fiori spontanei degli Appennini Calabresi, delle basse montagne, dagli incantevoli territori collinari, pianure coltivate a cereali, graminacei, piante da frutto, dai fiori mediterranei della fascia costiera marittima, fluviale e lacuale.
Chi nei secoli scorsi arrivava da ogni parte del mondo in Calabria, non poteva non cogliere il profondo senso dell’amore verso il prossimo, della naturale propensione all’ospitalità e accoglienza verso lo straniero, atteggiamenti questi consuetudinari caratteristici della bella Gente di Calabria.
Oggi anche se i tempi più duri sono un ricordo lontano tra i più anziani e gli ultra centenari ancora molto presenti in diverse aree della Calabria, devo e mi duole tanto pensare e scrivere, che la mancanza di lavoro onesto, lede profondamente le basi del vivere civile in Calabria.
La buona vita per molti parrebbe lontana, come se fosse una meta irraggiungibile, impossibile da conquistare anche a costo di grandi sacrifici e tantissime rinunce personali e famigliari.
La conquista della civiltà di un popolo non è stata mai indolore, priva di sofferenze e privazioni. In ogni tempo prima e dopo la venuta al modo del Dio Padre, non sono mancati guerre fratricide, distruzioni, mali di ogni natura e genere, terremoti, alluvioni, maremoti, disastri ambientali, con perdite immani di vite umane.
Oggi dobbiamo constatare che il mal di vivere in Calabria è ancora presente, tanto è vero quel che dico, che ogni giorno, mese e anno, sono migliaia i Giovani e meno Giovani che partono dalla Calabria in cerca di migliori fortune economiche e di affermazione personali nel complesso mondo delle città più ricche e fortunate del nord Italia e dei territori esteri.
Quanta tristezza e rassegnazione ho intravisto negli occhi dei tanti Calabresi che ho incontrato negli aeroporti, stazioni ferroviarie, fermate delle metropolitane, pullman e porti di tanti Stati stranieri, Cittadini italiani di origini Calabresi, che ho avuto modo di conoscere, per via della mia professione che mi vede sempre più spesso in viaggio.
Ho conosciuto validissimi e colti professionisti nati in Calabria o figli di Calabresi, tra i quali molti di loro erano politici, alti dirigenti, funzionari e impiegati, i quali assicuravano e molti di loro ancora assicurano, il loro colto sapere all’interno delle diverse Istituzioni, Agenzie Specializzate dell’Unione Europea e nelle tante Organizzazioni Internazionali.
Allora proseguendo nel partecipare il mio pensiero, attiro la vostra attenzione, ponendovi una semplice domanda, credete voi o ancora non siete convinti che in Calabria non manchi certamente tra i Giovani la cultura, ma ci sia tanto bisogno di opportunità lavorative allo scopo di poter svolgere là propria professione, pari o adeguata al titolo universitario o specializzazione post universitaria conseguita, per poter vivere dignitosamente e civilmente tra i propri affetti nella e per affermare la legalità?
Certo che è così, non era necessario riaprire una ferita aperta che non tende a cicatrizzarsi, penseranno molti di voi. Ma io cari amici e lettori di Calabria.Live, la penso diversamente.
Non occorre tacere, votare e attendere che qualcuno dei tanti politici nazionali eletti in Calabria, Consiglieri regionali o che uno più Sindaci, facciano sentire la propria voce.
Le grida stonano e creano solo tensioni, sono poco utili.
Occorre studiare e osservare le dinamiche territoriali e sociali, poi scrivere molto, rappresentando direttamente e civilmente alle pubbliche Autorità competenti per materia, le proprie idee, convinzioni, buoni propositi, azioni amministrative costruttive e necessarie, volte al migliorare la qualità della vita in Calabria.
Il silenzio non porta pane si dice, logora la mente, distrae dai veri problemi, crea conflitti interiori e dannosi comportamenti sociali.
La cultura in Calabria è un patrimonio inalienabile, un bene economico da valorizzare, una risorsa umana molto importante, che va resa disponibile a favore del prossimo e di se stessi. Obbedir tacendo e aspettando che le promesse elettorali si avverino, non è un buon segno di concretezza e lungimiranza.
La cultura è la vera ricchezza dei Giovani che sono nati e vivono in Calabria.
La cultura deve essere la vera forza trainante del riscatto sociale dei Giovani Calabresi, per potersi affermare in ogni dove e nei variegati settori professionali, se possibile in primis a favore della Calabria, altrimenti in Italia o in territorio estero, dove la cultura della più bella e colta Gente di Calabria, viene richiesta, valorizzata, ben retribuita e riconosciuta importante, per la crescita economica e morale della società civile nazionale e internazionale. (em)
[Emilio Errigo è nato in Calabria, docente universitario e Generale in ausiliaria della Guardia di Finanza]







