È QUELL’INSOSTENIBILE DIVARIO NORD-SUD
LA ROVINA DI CALABRIA E DEI CALABRESI

di FRANCESCO RAO – Quella del Meridione è una questione più aperta che mai. Se storicamente vi è stata una costante attenzione, sorretta dal protratto dibattito politico e culturale, il risultato complessivo, posto sotto i nostri occhi, è alquanto insufficiente sia alle aspettative di quanti hanno creduto alle varie opportunità offerte al Meridione dalle ingenti quantità di finanziamenti per superare il divario Nord-Sud, sia nel registrare il rapporto tra sviluppo e dinamicità dei tempi. Ma perché appare tutto così difficile nella realtà e durante il susseguirsi delle campagne Elettorali i Meridionali vengono di volta in volta corteggiati, conquistati e poi abbandonati? Al momento, direi che le due grandi personalità che hanno saputo guardare alle criticità del Meridione con l’intento di poterlo affrancare da una certa debolezza strutturale sono stati l’on. Giacomo Mancini e Silvio Berlusconi. Il primo cosentino doc, esponente storico del PSI, eletto per ben dieci volte alla Camera dei deputati e nominato quale Ministro dei Lavori Pubblici e successivamente Ministro della Sanità. Di Silvio Berlusconi, a partire da quel 27 marzo del 1994, è stato scritto e detto di tutto. Nel profondo rispetto nutrito nei confronti dei numerosissimi delatori, devo constatare che l’on. Giacomo Mancini ha reso possibile la valorizzazione della Calabria mediante la costruzione dell’Autostrada Salerno-Reggio Calabria. L’on. Silvio Berlusconi, ricorrendo all’utilizzo di una Legge Obiettivo, reso la Salerno-Reggio Calabria, oggi Autostrada del Mediterraneo, l’arteria stradale italiana tra le più moderne e sicure d’Europa. Il tempo intercorso tra la realizzazione dell’autostrada e il successivo processo di rivisitazione strutturale, adeguato ai nuovi carichi di transito, è stato di circa 44 anni. Fatta questa breve premessa, l’attenzione posta ai gentilissimi lettori di Calabria.Live, per le questioni afferenti alle criticità infrastrutturale che rendono ancora oggi difficoltosa la mobilità di persone e merci, non può che farci ritornare ancora per una volta al solito dilemma: per il Meridione c’è o non c’è la volontà di affrancarlo da tutte quelle problematiche riportate, sommate e stratificate nel tempo che oggi ne comportano rinnovate e complicate difficoltà alle quali le persone non sono più disposte ad essere esposte per raggiungere una regione che può offrire tanto in termini di qualità della vita, bellezza paesaggistica, ricchezza culturale e culinaria? Per intenderci, in tre ore, da Roma o Milano, si raggiungono le grandi capitali Europee. Oggi, da Milano o Roma, per raggiungere Reggio Calabria, a quale Santo bisognerà essere devoti e soprattutto si può mai accettare l’idea che il prezzo del biglietto, da quantificare per una famiglia, debba essere quasi quasi oggetto di una finanziaria? Non vorrei essere pessimista, ma la logica del libero mercato, contrariamente alla fortuna che hanno saputo cogliere altre regioni, per noi non è stata tale. (fr)

[Francesco Rao è sociologo e presidente della sezione calabrese dell’Associazione nazionale sociologi]

 

ABBANDONO SCOLASTICO, CALABRIA PRIMA
UN GIOVANE SU 5 LASCIA PRIMA DEL TEMPO

La situazione della Calabria, dal punto di vista dell’abbandono scolastico e della povertà educativa, è tra le peggiori in Italia: Nella regione, quasi 1 giovane su 5 (19%) abbandona la scuola prima del tempo, e il 35,1% dei giovani non studia, non lavora e non investe nella formazione professionale. È quanto è emerso da uno studio condotto da Save the Children nel 2020, che fotografa una situazione che, purtroppo, in Calabria c’è da anni, e a cui, ancora, non è stata trovata una soluzione.

«Non sono solo i dati di partenza diversi tra la Calabria e le altre regioni su diversi fattori – ha spiegato il vicepresidente del Consiglio regionale e consigliere dem, Nicola Irto – ma c’è anche lo stato di salute di partenza delle amministrazioni locali che sono profondamente differenti. In Calabria hanno condizioni drammatiche che ne impediscono l’attività quotidiana, come lo sviluppo di politiche sociali e scolastiche efficaci. Serve dunque un rafforzamento della Pubblica Amministrazione calabrese anche per far fronte all’isolamento sociale di alcune grosse fette di popolazione».

Di queste problematiche, quindi abbandono scolastico, ma anche  criticità della rete della formazione, difficoltà logistiche nei trasporti scolastici che rendono complessa la vita delle famiglie e degli studenti, è stato al centro di un webinar dal titolo Povertà educativa, ospitato sui canali social del consigliere regionale Nicola Irto e che ha visto la partecipazione di Domenico Capomolla, referente regionale dell’Associazione Culturale Pediatri, e i contributi di Eliana Ciappina, Assessore alle Politiche sociali del Comune di Palmi, di Carmen Moliterno, vicesindaco del Comune di Gioia Tauro; di Vito Pirruccio, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo “Siderno-Agnana” e Pino Boero,  già docente ordinario di Letteratura per l’Infanzia dell’Università di Genova.

Particolare attenzione è stata riservata, negli interventi, all’esigenza della riorganizzazione della rete scolastica territoriale. A segnare difficoltà quotidiane per l’80% dell’utenza scolastica, infatti, è la distribuzione degli istituti a cui si associa un’endemica mancanza di un sistema di trasporti pubblici che sia strutturato e realmente rispondente alle esigenze della popolazione.

«L’incontro odierno – ha detto Irto nel suo intervento conclusivo – è stato un momento significativo, perché ci ha permesso di confrontarci e approfondire l’analisi su temi certamente noti ma che devono essere affrontati con un approccio aperto. Che senso ha decidere burocraticamente l’organizzazione della rete e dell’offerta scolastica regionale, se poi non si conoscono le reali esigenze del territorio, dei docenti, delle famiglie, degli studenti, delle associazioni il cui lavoro è fondamentale per la messa in atto di politiche sociali determinanti per il contesto calabrese?».

«C’è un argomento sul quale saremo chiamati a intervenire presto, e che oggi non siamo ancora in grado di inquadrare pienamente: quanto peserà sul futuro degli studenti più piccoli l’anno della pandemia in cui si sono persi contatti, relazioni, confronti e occasioni di crescita collettiva? Prima della Covid-19, i dati Istat ci dicevano che in Calabria, solo il 25% dei bambini sopra i 6 anni di età leggeva almeno un libro all’anno, oltre a quelli inquadrati nel percorso scolastico. Dopo la pandemia, temo che questo dato già drammatico sarà peggiorato: dobbiamo intervenire al più presto e concertando le attività tra diversi soggetti che possono fare qualcosa di concreto».

«Nessuno da solo può farcela – ha aggiunto il consigliere regionale – sembrerà una banalità, ma è la realtà: per mettere in campo un’azione aggressiva verso la povertà educativa, bisogna avere la capacità di fare qualcosa di concreto, partendo proprio dalla Legge Regionale per la promozione della lettura nella fascia tra 0 e 6 anni (di cui Irto è stato promotore e primo firmatario in Consiglio regionale, ndr) che già abbiamo approvato: non basta che sia una stella al merito della Regione, ma deve trovare concreta applicazione».

Di povertà educative aveva già parlato ampiamente su Calabria.Live il sociologo Francesco Rao, sottolineando come «il nostro sistema scolastico ancora oggi è invaso da molte sacche di esclusione, soprattutto nelle scuole delle aree interne che definirei come uno tra i pochissimi presidi dello Stato e simbolo della legalità. L’emergenza sanitaria e la protratta chiusura delle scuole hanno fatto sparire dal radar molti studenti a rischio seppur vi sia stato un costante impegno svolto da insegnanti e dirigenti scolastici e dalle associazioni impegnate ad affiancare le scuole e i loro alunni per garantire quel supporto al conseguimento degli obiettivi che caratterizzano le Comunità educanti».

«La dispersione scolastica, implicita ed esplicita, oggi più che mai – ha proseguito Rao – sembra essere inarrestabile anche perché alla crescente affermazione del learning loss, ossia la perdita dell’apprendimento, registratosi nel periodo estivo e consistente nella perdita di competenze e conoscenze accademiche rilevabili alla conclusione delle vacanze estive nei paesi che hanno pause lunghe durante l’anno scolastico si aggiunge quest’ennesima fase di sospensione delle attività didattiche che potrebbe trasformarsi in un altro lockdown nazionale».

Tuttavia, per poter vincere la battaglia contro la povertà educativa, ci si deve concentrare su altri temi, come ad esempio la questione della digital divide, che «colpisce molti studenti, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia»:  «il 12,3% degli studenti Italiani tra 6 e 17 anni, a marzo dell’anno scorso, non possedeva un computer o un tablet presso la propria abitazione (850 mila in termini assoluti), la quota raggiunge quasi il 20% nel Mezzogiorno. Il 57% degli studenti che possiede un computer lo deve condividere con altri componenti della famiglia e solo il 6,1% vive in famiglie dove è disponibile almeno un computer per ogni componente. Tra le famiglie con minori (0-17 anni) circa 1 su 7 non ha un computer o un tablet a casa (il 14,3%), con differenze geografiche nette: al Sud sono il 21,4%, mentre sono l’8,1% nel Nord-Ovest.  Quindi, anche se quasi tutte le famiglie con figli hanno accesso ad internet, magari attraverso il cellulare di un genitore, risulta molto difficile seguire le lezioni online e svolgere bene i compiti a distanza. Diventa invece difficilissimo, per i segmenti sociali più fragili, stampare e scansionare le schede da inviare ai docenti quale attività di restituzione per gli studi compiuti».

«Un’altra criticità riscontrata in passato, divenuta più evidente nella prima fase della pandemia – ha spiegato ancora Rao – afferisce alle competenze in ambito informatico tanto dei discenti quanto dei familiari. L’Istat stima che tra gli adolescenti (14-17enni), impegnati in questa fase con la didattica a distanza in varie forme e livelli di complessità, solo il 30,2% presenta alte competenze digitali, mentre il 3% non ha alcuna competenza digitale e la rimanente parte presentano competenze digitali basse o di base. È particolarmente interessante notare come le ragazze, mediamente con rendimenti scolastici più elevati ed esposte a minor rischio di fallimento formativo rispetto ai ragazzi, presentano complessivamente livelli più elevati per le competenze digitali. In questo caso, il 32% dichiara alte competenze digitali contro il 28,7% dei coetanei maschi».

Il mancato adeguamento tecnologico e la lenta risposta delle Istituzioni,  in buona parte ha amplificato le numerose difficoltà strutturali: nelle aree interne della Calabria, ancora oggi la qualità della rete internet è identificabile più come un ostacolo che un valido alleato. A ciò si aggiunge la qualità della dotazione informatica da parte di moltissime famiglie.  (rrm)

 

 

 

CONTRO IL FALLIMENTO POLITICO-SOCIALE
RIPARTIRE CON LA CULTURA TRA I GIOVANI

di FRANCESCO RAO – È vero, per mille motivi, tanto come Calabria quanto come calabresi, siamo messi proprio male. Ultimamente, tale circostanza sta diventando sempre più il pretesto per alimentare approfondimenti televisivi, per colmare pagine di giornali e far rimbalzare nella rete del villaggio globale un misto di incredulità, indignazione e scoramento. Attenzione: purtroppo, c’è anche molta indifferenza. Tutto ciò non dovrà significare arrendersi per dover, poi, scrivere la parola fine. Pur avendo sotto i nostri occhi la sommatoria di una serie infinita di fallimenti culturali, politici e sociali dobbiamo andare avanti. Oggi, per poter ripartire e costruire il futuro, il  primo passo da compiere dovrà chiamarsi discontinuità rispetto al passato.

Prima di entrare nel merito della mia riflessione, vorrei ben chiarire alcuni concetti. Quando si parla di cultura, non intendo riferirmi al concetto di sapere ma indico quel complesso ambito delle istituzioni sociali, politiche ed economiche, delle attività artistiche e scientifiche, delle manifestazioni spirituali e religiose che caratterizzano la vita di una determinata società in un dato momento storico.

Pertanto, avendo chiarito il concetto basilare sul quale lavorare, si comprenderà bene la causa del fallimento politico e sociale di questa terra. Non vorrei essere eccessivamente puntiglioso, ma più tempo passa più mi accorgo che le passate generazioni, in alcune circostanze, hanno agito con una certa superficialità. Tutto ciò non vuole essere un colpevolizzare qualcuno. In una fase di espansione economica e di apparente benessere, votare una capra o sostenere un genio non fa la differenza.

Purtroppo, spesso, in Calabria oltre ad essere state elette persone poco avvezze a leggere le esigenze sociali e poi realizzarle, sono stati eletti ottimi politici ma hanno trovato spazio anche molti personaggi che Leonardo Sciascia, nel suo romanzo “Il giorno della civetta, avrebbe chiamato quaquaraquà.

Contrariamente al passato, la modernità e tutta la sua tecnologia, contribuiranno a far correre il tempo in modo sempre più veloce. Tale dinamica, unitamente ad i crescenti litigi, ai veti incrociati, agli inciuci ed all’attendismo tecnico dettato da partiti, movimenti e armate Brancaleone, determineranno l’acuirsi di una crisi molto più profonda di quanto si possa immaginare. Oltre alla desertificazione economica, i risvolti incideranno sul piano demografico paralizzando il futuro della Calabria.

I primi a pagare il prezzo più alto, secondo recenti ricerche econometriche, saranno le aree interne ed seguire i piccoli centri urbani. Si stima una certa resistenza  a favore degli aggregati urbani e per le città, ma in esse cercheranno rifugio segmenti sociali sempre più poveri e con minore capacità di reazione a quella che potrebbe essere una vera e propria riaffermazione della divisione sociale. Forse, quanti oggi sono individuabili come decisori politici non hanno compreso o non vogliono comprendere la differenza tra i tempi passati e l’attualità. Proviamo a ribadirlo: in passato le scelte politiche generavano onde lunghe destinate ad essere percepite nel medio-lungo periodo; oggi, non è più così. Inoltre, proprio in questa fase storica stiamo pagando le crisi di altri momenti storici e, come già detto prima, il peso insopportabile riposto sulle nostre spalle è una sommatoria di crisi destinata ad asfissiare il Meridione.

Per molti versi, staremmo vivendo una Calabria apparentemente uscita dal racconto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e la “questione sanitaria” si presta a perpetuare l’assunto divenuto celebre nel Gattopardo «affinché tutto cambi tutto deve rimanere com’è».

Inoltre, il male più grave che ci stiamo arrecando consiste nel continuare a diffondere l’insolito culto dell’auto “ingiuria”, praticato all’infinito e con una certa propensione a non voler tenere in considerazione le conseguenze di tale comportamento. Pietire attenzioni, sperando di risolvere i problemi, credo sia una strada da abbandonare.

Sarebbe meglio ricorrere a percorsi diversi, utilizzando  maggiore intelligenza. Il nostro modello potrebbe essere paragonato ad  un sistema di circolazione autostradale: in un senso bisognerebbe  far transitare le proteste e nell’altro dovranno trovare la carreggiata libera le proposte. Insomma, avendo noi Calabresi ereditato l’agire della popolazione Greca, potremmo iniziare ad amare la polis con maggiore responsabilità e soprattutto praticando una gelosia costruttiva?

Vivendo immersi nella disinformazione, non può esserci spazio per la virtù perché il sistema utilizzato per disinnescare l’entusiasmo di quanti vorrebbero veramente impegnarsi in tal senso continua a chiamarsi delegittimazione. Quindi, in assenza di una cultura solida e diffusa ed in presenza di una dirompente delegittimazione, praticata prevalentemente da mediocri, quanti hanno capacità e volontà, desisteranno dall’impegno civico lasciando spazio ad una classe politiche incapace e priva di una visione futura.

Ebbene, la gravità della crisi di cui ho dato cenno, secondo i recenti dati Istat, riserveranno al Mezzogiorno un lento e pesante declino demografico. Basti pensare che dal 2019 al 2065 è stata stimata una riduzione della popolazione italiana di 6,9 milioni di abitanti, di cui 5,1 milioni in meno  appartenenti al Sud, mentre solo 1,8 milioni afferiscono al Nord. Già da questo dato credo sia comprensibile la diffusa preoccupazione di quanti, responsabilmente, non possono essere lasciati a giocare con il nostro futuro.

I vezzi infantili degli aspiranti politici, rinati dalla fantasia dello scrittore siciliano Leonardo Sciascia andrebbero letteralmente fermati. Venendo meno un così alto numero di abitanti, il tessuto economico apparirà irrecuperabile. Vi sono molte responsabilità pregresse perché l’onda lunga di tale declino è partita con la crisi del 2007.Il grafico di cui alla fig. 1 rappresenta chiaramente tale dinamica. Seppur nella fase successiva alla crisi del 2007, a livello strutturale ci sia stata una certa ripresa, il Mezzogiorno non è riuscito a mantenere un trend di crescita tale da rendere possibile la ripresa. Le motivazioni sono molteplici. Intanto, teniamo a mente che dal 2008 al 2011 al Governo c’era Silvio Berlusconi. Un governo di ispirazione liberale aveva il dovere di considerata l’onda lunga generata dalla caduta del muro di Berlino. Nei  20 anni intercorsi, era cambiata la struttura e velocità del mondo. Con la stipula a Marrakesh, Marocco, del Trattato World Trade Organization (Wto) si disegnava ciò che diverrà una nuova logica mercantile e geopolitica, destinata a rivoluzionare il comparto mondiale dei trasporti via mare ed all’avvio dei processi di globalizzazione che non potevano essere governati con le classiche misure Keynesiane, finalizzate ad avviare interventi pubblici per arginare la crisi.

Era quello il momento di avviare un cambio di rotta a livello strutturale per poter prima assorbire la spinta del cambiamento e poi cogliere l’occasione per galoppare la tigre della crescita. Sappiamo benissimo come è andata. Visionando i grafici, in particolare la figura 3, sempre frutto di elaborazioni Svimez, è possibile leggere la reazione del sistema occupazionale sviluppatosi nel Mezzogiorno d’Italia a partire dal 2008. La decrescita Meridionale viene quasi travasata nella crescita  registrata nel Centro-Nord dell’Italia, luoghi dove vi erano maggiori opportunità occupazionali e segmenti di mercato capaci a mettere in atto la riforma Biagi consentendo a quel mondo produttivo di pigiare l’acceleratore tanto sull’occupazione quanto sulla produzione.

In questa fase, il Meridione segnava il passo, eleggeva deputati e senatori catapultati dalle segreterie politiche in Calabria per garantire loro un collegio sicuro e il nostro futuro veniva ipotecato.
Quanto asserito in merito alle dinamiche occupazionali, viene abbondantemente illustrato nel grafico sottostante. Anche in questo caso, va tenuto in considerazione il mutamento offerto dalla politica. Fu proprio il governo Renzi a conferire un’ulteriore spallata alla nostra possibilità di rialzarci e marciare. Mandando in pensione la riforma Biagi e attuando il Job Act il dado era tratto ed il risultato non era a noi favorevole. Come si potrà osservare dalla lettura del grafico, mentre per il Centro Nord, i segnali del Job Act furono in parte positivi, per le aree del Meridione, tale azione fornì soltanto timidi segnali che non diedero il riscontro atteso e in buona parte contribuirono a incidere sulle scelte di moltissimi Giovani visti partire dal Meridione alla volta del Centro-Nord Italia ed anche verso l’estero.
Come già anticipato, nel Mezzogiorno, lo scorso anno sono nati 150,4 mila bambini. Questo dato fornisce chiaramente un saldo negativo rispetto al passato e il valore è pari a 6,4 mila bambini in meno. A ciò si aggiunga che nel  2018,  oltre 138 mila residenti hanno lasciato la propria terra. Circa 20 mila hanno scelto un paese estero come residenza e tra essi, la quota più ampia era composta da un 30% di laureati ed un 38% di Diplomati, ossia quelle risorse umane che avrebbero potuto apportare a questa terra oltre al loro entusiasmo la loro preparazione per avviare lo sviluppo. Purtroppo, vi è anche un’ulteriore punto di debolezza ed afferisce all’universo femminile.

Nel Mezzogiorno, circa un quinto delle donne ancora non riesce ad avere un proporzionato inserimento professionale. Al significativo ampliamento dell’offerta di lavoro non sono corrisposte opportunità con elevati livelli di istruzione non vi sono ancora adeguate risposte nell’ambito occupazionale. Questo mancato allineamento del Mismath occupazionale alimenta segmenti di lavoro sottopagati e non in linea con i titoli posseduti. Intanto, la quotidianità per quanti scelgono di rimanere nel Meridione non è semplice. Seppur ancora la famiglia svolga un ruolo importantissimo, in molti casi tale combinazione potrebbe essere una condizione di povertà educativa. Il grafico sottostante rappresenta la spesa pro-capite dei comuni per i servizi socio educativi destinati all’infanzia.

Come si potrà notare, tra 2013 e 2018, la variazione è stata minima ma il divario sociale rimane una forbice in costante fase di apertura.Sin da marzo scorso, a seguito del primo lockdown, uno dei grossi punti di debolezza avvertito a livello strutturale è stato riconducibile alla qualità della connettività mezzo internet. A ciò si aggiungano anche tutti quei problemi afferenti alle mancate competenze informatiche, connessioni qualitativamente basse, computer e tablet poco potenti.

Insomma, improvvisamente, oltre ad aver incontrato in terra di Calabria il Covid-19, abbiamo dovuto fare i conti con reti internet inadeguate e con tutte le altre circostanze già richiamate. Anche in questo caso, ricorrendo al grafico, sarà possibile notare che proprio il Mezzogiorno d’Italia ha il valore più alto di giovani tra 6 e 17 non hanno a loro disposizione dispositivi informatici.

Personalmente, già in passato, precisamente prima di metà marzo 2020 avevo scritto alla Ministra della Pubblica Istruzione, Lucia Azzolina, per sottoporre tali dinamiche e soprattutto lanciare la proposta tesa a voler rendere possibile la connessione alle piattaforme informatiche a costo calmierato. In tale contesto, ancor prima della pandemia, in Calabria è stata la dispersione scolastica a generare disastri, soprattutto tra i giovani. Questo è uno di quegli ambiti che andrebbe assolutamente ricondotto a percorsi specifici finanziabili con il Recovery Fund, senza perdere tempo e senza tergiversare come invece stiamo notando ultimamente dai comportamenti di una parte politica di governo.

Per poter ripartire, giungendo al 2030 con una generazione ben formata e provvedendo a fare sempre meglio, si potranno azionare sistemi di contenimento tesi a rallentare la spoliazione demografica sopra esposta e continuando a formare bene i giovani e potendo disporre di un nuovo sistema sociale, generato da una rivisitazione del modello culturale, si potrà avviare una vera e propria inversione di tendenza, restituendo alla Calabria ed ai calabresi, non soltanto le opportunità di una rinascita ma la rottura con l’ignoranza di quanti in passato volevano governare senza avere una visione ben chiara del mondo ed accontentandosi di conoscere la strada principale del loro paese con arroganza sono riusciti a fare danni, svilendo il senso nobile della politica intesa come servizio della polis ed imbarcando tra le fila del potere i segmenti criminali, prima propensi ad aiutare e poi affascinati dal potere.

La dispersione scolastica, nel medio-lungo periodo, vedrà sempre più arretrare la propensione alla legalità ed allo sviluppo mantenendo elevato il rischio di devianza sociale ed instabilità delle Amministrazioni locali. Infine, essendo quotidianamente sottoposti alle platee mondiali di telespettatori che vedono la nostra terra come l’ultimo Paese del mondo, per una volta, accettiamo lo stato di cose in quanto la verità sul nostro conto, come ci è stata comunicata in questi ultimi mesi, mai prima d’ora era avvenuto.

Questo ultimo grafico, risalente al 2018, rappresenta la base dei nostri Livelli Essenziali di Assistenza che i vari Commissari alla Sanità avrebbero dovuto innalzare sotto la costante osservazione di deputati, senatori, amministratori regionali e locali per evitare i viaggi della speranza, le lunghe attese ed oggi l’incertezza che regna nel nostro sistema sanitario. 

Sino a quando non verrà attentamente rivalutata la questione culturale calabrese, non dovrà nemmeno esserci spazio per l’indignazione che in tanti hanno avuto quando all’arresto di un latitante, effettuato per mano dei carabinieri, decine di persone applaudivano l’arrestato incitandolo a stare tranquillo perché quel popolo continuava ad avere fiducia in lui. Quest’ultimo esempio, scritto con molta amarezza, rappresenta un sistema plastico dove lo Stato, in alcuni territori, non è riuscito a manifestare tutta la propria consistenza lasciando spazi liberi a quanti nella mala vita hanno individuato la loro naturale collocazione, dimenticando che l’avventura del bandito Giuliano è ormai conclusa ed oggi lo Stato, come la natura, riprende tutti i propri spazi perché così è giusto che sia.

Non me ne vogliate. Sarò pur ripetitivo, ma anche quest’ultima parte è una questione culturale, come è una questione culturale la rieducazione del detenuto e la volontà di chiudere con il passato. Il lavoro da compiere è davvero arduo, perciò necessitano competenze ed entusiasmo. (fr)

Il sociologo Francesco Rao al TG-Alis Channel: sulla sanità calabrese basta approssimazione

Alis Channel, prima tv associativa molto seguita nel Mezzogiorno ma con copertura internazionale, dedicata interamente al settore del trasporto e della logistica, ha intervistato il sociologo Francesco Rao, di Cittanova,  sulle prospettive della sanità in Calabria, dopo l’arrivo del nuovo commissario prefetto Guido Longo

Il Vice Direttore di ALIS, Antonio Errigo, ha sentito Francesco Rao, Presidente del Dipartimento Calabria, Associazione Nazionale Sociologi sul tortuoso percorso che ha portato a questa nomina, sull’emergenza Covid che si sovrappone ai ritardi storici del territorio regionale e all’urgenza di un serio rilancio.

Errigo: – Dottor Rao, dopo Cotticelli, Zuccatelli e Glauco sino a Gino Strada, finalmente la Calabria ha un nuovo Commissario per la Sanità.  Lei che è un analista di dinamiche sociali complesse, non crede che questa via crucis, la Calabria non la meritasse proprio, specie direi un momento difficile che si sovrappone a tante altre priorità?

Rao: «Il problema che la Calabria ha affrontato nella dinamica che lei ha appena citato, sicuramente non è un gran biglietto da visita.  In tal senso, voglio continuare ad essere positivo ed ottimista, come lo sono sempre stato, nei confronti di questa terra che vive ancora per una volta una condizione difficile e complessa. Secondo me, l’individuazione di Guido Longo è una risposta che, seppur giunta dopo un percorso tortuoso, spero possa dare grandi risultati. Alle precedenti nomine, arriva oggi una persona che conosce bene la Calabria in quanto, prima da Questore e poi da Prefetto, in passato lo ha visto impegnato professionalmente e di conseguenza la qualità del lavoro che il prefetto Guido Longo potrà mettere in atto, soprattutto grazie all’affiancamento di un gruppo di un apposito gruppo di lavoro – anticipazione che lo stesso ha già dichiarato in vari interventi rilasciati ai giornalisti – lascia ben sperare.  A questo punto, non importa il tempo che è stato impiegato, secondo me sarà fondamentale il risultato che verrà ottenuto. Su tale dato, auspico una presenza pronta e funzionale dei cittadini calabresi.

AE: – Proprio in relazione ai cittadini calabresi, quali sono a suo avviso le leve per una serie di partenza cioè la Calabria ed i calabresi, possono ancora credere in un presente e un futuro migliore?

FR: – Questo è un argomento molto difficile. Le scienze sociali, in questo momento sono un termometro ed in quanto tali possono dare in parte una risposta. Personalmente penso che i calabresi, in questo momento, desiderino toccare con mano le certezze che soltanto lo Stato può dare. Sappiamo benissimo che lo Stato, oltre ad essere composto dal territorio e dalle persone si compone anche da un complesso apparato burocratico, indispensabile per il suo funzionamento, ed individuabile nelle istituzioni.  La sanità è un punto nevralgico per la Calabria. Sino ad ora, su questo argomento, da quasi undici anni, si sta dietro a continui commissariamenti per il quale intendo entrare nel merito. A fronte di un Commissariamento, ci saranno state delle valide motivazioni che lo hanno reso tale. Sarebbe auspicabile che per una volta, la Calabria potesse vedere la fine di un percorso che ha reso indispensabile il commissariamento e ricorrendo all’uso delle regole, applicate ad un sistema così complesso come quello della Calabria si possa restituire ai calabresi la normalità. Il Covid ci lascerà molti segni. Tra l’altro è stato per i calabresi un pretesto per rendere possibile la visione di una quotidianità che prima d’ora non era così chiara: chi poteva immaginare che dalla Calabria si potesse essere quotidianamente collegati tramite un computer per svolgere video conferenze, assistere alle lezioni scolastiche, oppure utilizzando i sistemi informatici poter dialogare con la Pubblica Amministrazione per richiedere un documento? Questa occasione, secondo me, la vedo come una grande opportunità che in fondo ha consentito anche quanti erano scettici e non volevano crederci che la Calabria è parte dell’Italia ed anche parte dell’Europa.  Adesso bisogna mettere in pratica tutte quelle regole che il caso richiede. Non può esistere uno Stato senza regole e non può esistere nemmeno uno Stato dove la regola sia relegata alla stregua di un qualcosa che appartenga a qualcuno rendendo invano il principio della Legalità per consentire a quanti hanno usurpato il potere delle regole a svilirle per farle apparire come un favore concesso. Questo è l’anello di una catena che va spezzato. E’giunta di mettere da parte tutta quell’approssimazione che sino ad ora ha alimentato il pregresso stato dei fatti. Dobbiamo iniziare un nuovo percorso in quanto, da una parte esistono i diritti dall’altra dovranno esistere doveri. Voglio pertanto riporre molta fiducia in questa fase, perché nella persona del Prefetto Guido Longo, penso ci sia la giusta competenza e professionalità per dare alla Calabria ed ai Calabresi quelle risposte sino ad ora mai pervenute». (rrm)

Nella foto di copertina il dott. Antonio Errigo, vicedirettore di Alis Channel

IDEE/ Francesco Rao: la facilità del giustizialismo lede la stabilità sociale

di FRANCESCO RAO

Qualche giorno addietro ho scritto una riflessione in merito alle parole pronunciate dal senatore Nicola Morra, riferite  alla Calabria ed i Calabresi e purtroppo anche nei confronti di quanti vivono una condizione di malattia grave, visto il riferimento mosso nei confronti della defunta presidente Jole Santelli.

L’intervento del Presidente della Commissione antimafia è stata l’occasione per collocare tutti i Calabresi nel comune crogiolo della generalizzazione. A fronte di ciò bisognava stare zitti e chinare il capo? In tanti mi hanno chiesto cosa penso dell’arresto del presidente del Consiglio Regionale della Calabria, Domenico Tallini. 

Come già detto, in vari sms e in alcune risposte rese sui social a seguito della riflessione #diteloaGiletti, preferisco attendere i contenuti  della sentenza emessa dai giudici senza cadere nella trappola del giustizialismo. 

Aggiungo: senza accorgerci, veniamo quotidianamente spinti ad assumere l’ufficio del giustizialista feroce, ponendoci inconsapevolmente al servizio degli utili idioti. Spesso, senza volerlo, si finisce anche per inveire su persone “accusate”ma non ancora “condannate”, rischiando anche di essere querelati. Tra l’essere “indagati” ed essere “condannati” penso ci sia una grande differenza, ma il giustizialismo corre con la forca e mai con la ragione.

Direte: Nel caso specifico ci sono le intercettazioni che inchiodano l’imputato! Rispondo: bene, confidiamo nel lavoro di quanti sono preposti per Legge ad esercitare il ruolo della Giustizia. Il cittadino non può sostituirsi al giudice senza essere tale. Si è giudice perché si ricopre un ruolo, disciplinato dalla Legge. Purtroppo, i giudici di strada avranno studiato per 1/3 di quanto abbia fatto un magistrato. Forse per tali motivi la loro sentenza è una copia conforme nel tempo?

Detto ciò, non intendo difendere nessuno, non ho la competenza. Vorrei però precisare, a scanso di equivoci, che essere accusati spesso non significa essere colpevoli. Quando i giudici si pronunceranno, non avrò paura di scrivere e dire ciò che pensò in merito.

Il senatore Morra, conosce bene questi principi normativi ma, pur di fare la parte del leone, dimentica che anche lui, come tutti noi, è chiuso nella “gabbia” delle Leggi che da una parte ci concedono moltissime libertà, e dall’altra pretendono che ognuno di noi, del principio di libertà né faccia un uso razionale, pacato e privo di speculazioni, soprattutto demagogiche. 

Spero di essere stato chiaro. Purtroppo, in molti continuano ad asserire soltanto ciò che fa loro comodo divenendo anche un pessimo esempio educativo per i giovani e rasentando la logica dell’anarchia.

Allego un piccolo schema trovato sulla rete dove è illustrato chiaramente il funzionamento delle fasi processuali. Non sono un avvocato, ne capisco ben poco di fasi processuali, ma lo schema è abbastanza chiaro e penso possa essere utile per far comprendere la differenza intercorsa tra lo status di “indagato” e lo status di “colpevole”.

Forse, trovandosi nelle vesti dell’indagato gli attuali giustizialisti potrebbero valutare meglio l’importanza di quel “garantismo” spesso messo dagli stessi sotto i piedi. (rrm)