UN’INTESA TRASVERSALE PER LA CITTÀ
L’IMPEGNO COMUNE PER IL BENE DI REGGIO

di SANTO STRATI – «Avete voluto Falcomatà? Tenetevelo!»: l’infelice e greve battuta dello sconfitto Nino Minicuci al ballottaggio, consegnata ai giornalisti e alle tv a fine di una livorosa conferenza stampa, dà la misura della totale mancanza di stile del non-politico. I reggini non potranno far finta di non avere ascoltato con le proprie orecchie quest’insulsa conferma dell’astio che ha caratterizzato una bruttissima campagna elettorale, caratterizzato da un livore senza precedenti. Ma nonostante la dichiarazione d’intenti di Falcomatà sulla “cessazione delle ostilità”, visto che è finita la campagna elettorale, si deve registrare una caduta di stile anche del primo cittadino rieletto.

Falcomatà, il 22 settembre scorso, all’indomani del primo turno e a inizio del ballottaggio, a una domanda dei giornalisti sulla Marcianò per eventuali apporti di preferenze, aveva risposto accomodante: «Siamo aperti a tutti per affrontare il ballottaggio nell’interesse della città». Ieri, su ReggioTv, al primo incontro pubblico, via stampa, s’è invece fatto scappare che con la Marcianò non ci può essere alcuna collaborazione perché «non è una civica in quanto vicina all’estrema destra». Il riferimento alla lista Fiamma Tricolore che la Marcianò, inavvedutamente ha accolto nel suo gruppo però non c’era stato da parte di Falcomatà quando serviva l’apporto della sua ex assessore. La Marcianò gli ha replicato con un post al vetriolo dove lo accusa di «incoerenza, opportunismo, ipocrisia e arroganza». Ora è evidente che la rottura fra i due, dopo la “cacciata” dalla giunta della Marcianò da parte di Falcomatà, sia insanabile, ma alla provocazione di Eduardo Lamberti Castronuovo che lo invitava a richiamare in Giunta la professoressa di diritto, i reggini avrebbe gradito un maggior fair play. Identico a quello – elegantemente – mostrato durante queste due settimane di campagna per il ballottaggio.

Il punto è che la Città non si può più permettere di assistere a scontri e scambi di contumelie, a volte gratuite, spesso finalizzate solo a distrarre i cittadini dai problemi reali. Occorre un atto di coraggio e Falcomatà, nel suo discorso immediatamente post risultato, è stato puntuale, preciso e aperto a un comune obiettivo per il reale interesse della città. Noi che siamo inguaribili ottimisti crediamo che serva alla città un’intesa trasversale, con l’impegno di tutti, maggioranza e opposizione, per il bene di Reggio. Questo non significa, evidentemente, che Falcomatà debba chiamare in Giunta i suoi oppositori, ma indica la necessità di rompere quel clima di guerriglia politica permanente che ha caratterizzato la precedente Amministrazione comunale. Occorre uno sforzo non usuale e probabilmente fin troppo impegnativo, ma sarebbe la conferma della vittoria della città contro il ridicolo tentativo di “invasione” della Lega Nord. Uno spauracchio risibile, se vogliamo, visto il miserevole risultato delle urne del partito di Salvini (appena il 4% meno di Klaus Davi) ma ha funzionato. Questo leit-motiv di “non consegnare la città a Salvini”, per tramite dell’incauto Minicuci (ma ha obiettivamente valutato a cosa andava incontro con l’investitura di Salvini?), ha favorito una mobilitazione generale, di quelle che solo Reggio, quando serve, riesce ad attivare. Ma questa mobilitazione racchiude, in verità, un altro significato che il rieletto Sindaco non può ignorare: esprime una vigile partecipazione e il rifiuto di scelte politiche e personali che non hanno fatto brillare i sei anni di sindacatura Falcomatà. Ingessati da posizioni discutibili, da scelte non sempre condivisibili dai cittadini stessi, da una confusa gestione del “potere” amministrativo che non forniva risposte ai cittadini.

Questa mobilitazione a favore di Falcomatà richiede dunque un cambio di rotta, un’inversione di tendenza che si vedrà nell’immediato, con la scelta della Giunta. Falcomatà ha annunciato ai reggini di attendersi sorprese. Quali, lo scopriremo presto, ma già oggi che cominciano le frenetiche consultazioni dei partiti e dei movimenti che hanno sostenuto la coalizione il non-nuovo primo cittadino farebbe bene a guardarsi intorno e aprire alla società civile, alla minoranza, alle capacità e alle competenze, prim’ancora che al peso politico dei consiglieri eletti o alla particolare vicinanza personale.

La vera sfida per Falcomatà comincia oggi guardando alla trasversalità non come un’ambascia bensì come un’opportunità per guidare coralmente, e positivamente, una città che è molto difficile da governare. Quattro uomini e tre donne o. cinque uomini e quattro donne, per il rispetto della parità imposta dalla legge, ma non devono necessariamente essere tutti della sua parte politica. Circola il nome di Klaus Davi per un assessorato di grande rilievo per la città: Reputazione? Turismo? Comunicazione? E chi meglio del massmediologo italo-svizzero per far parlare di Reggio (e della Calabria) tutti i santi giorni sui media nazionali e internazionali? Ma Falcomatà riuscirà a dimenticare gli attacchi frontali alla sua amministrazione che sono arrivati proprio da Klaus Davi? Il quale, peraltro, con perfetto fair play politico ha fatto «i migliori auguri al al sindaco Falcomatà. Ha vinto nettamente e la sua  campagna elettorale è stata svolta in modo egregio, va riconosciuto. Quindi complimenti e in bocca al lupo al sindaco scelto dai cittadini con una netta maggioranza». In altri termini, trasversalità significa aprire a persone e protagonisti della scena politica, economica, sociale, senza avere il timore di essere messi in ombra. Un altro nome circolava ieri sera: Tonino Perna, un apprezzato economista, firmatario, peraltro, del manifesto pro Falcomatà siglato da professionisti e docenti universitari che vivono lontano da Reggio. Due teste pensanti in grado di dare un serio contributo alla città e prestigio all’amministrazione. Ma Falcomatà avrà il coraggio di respingere le pretese dei “portatori di voti” che, giustamente a parer loro, esigono un posto in Giunta?. Sarebbe il segnale che davvero il giovanotto di sei anni fa è cresciuto anche politicamente e può degnamente aspirare a un grande avvenire nelle stanze del potere. Si tratta di fare scelte senza condizionamenti e i reggini che lo hanno riconfermato vogliono dargli credito. Non faccia l’errore di ripercorrere gli errori passati perché i reggini, sia quelli che l’anno votato sia quanti non gli hanno confermato la fiducia, stia certo, non glielo permetteranno. (s)

FALCOMATÀ CONVINCE I REGGINI E VINCE
REGGIO NON SI “LEGA” E DICE NO A SALVINI

di SANTO STRATI – La Fata Morgana ha giocato un brutto scherzo a Salvini & Co. il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà ottiene dai reggini il “secondo tempo” richiesto e vince con circa 19 punti di distacco dallo sfidante Nino Minicuci (58,36% contro il 41,64%). L’esito di questa sfida appariva il giorno dopo il primo turno molto incerto e fino a ieri mattina nessuno voleva a tentare un pronostico, anche se l’orientamento in città verso l’«usato sicuro» di Falcomatà sembrava ormai determinato. Degli errori clamorosi compiuto dalla destra ci sarà materia per confronti e scontri che si prevedono molto accesi, a cominciare dall’infausta imposizione di Matteo Salvini ai reggini di un sicuramente ottimo burocrate ma pessimo politico. L’avv. Antonino Minicuci ha inanellato una serie clamorosa di errori che nemmeno il più sprovveduto candidato a elezioni potrebbe compiere tutte in una volta. Secondo Klaus Davi, – quasi consigliere Reggio, in attesa di conferma dalla commissione elettorale – che di comunicazione se ne intende, «Falcomatà ha fatto una campagna elettorale senza errori e Minicuci ha pagato le divisioni del centrodestra. Sicuramente – ha dichiarato a Calabria.Live – la guerra che gli ha fatto una componente del centrodestra per 15 lunghi giorni non ha aiutato. È prevalsa la narrazione del Pd: incredibilmente, in una situazione di svantaggio il centrosinistra e il Pd sono riusciti comunque a prevalere facendo passare il messaggio dell’avversario in negativo: sono riusciti a invertire il trend, nonostante la spazzatura sotto casa, la mancanza dell’acqua e via discorrendo. È senza dubbio un’operazione notevole del centrosinistra che fino a un mese e mezzo fa sarebbe stata davvero impensabile».

Ma non è di Minicuci e della Lega – che Reggio aveva già tenuto alla larga col miserevole 4% al primo turno – che si deve parlare oggi, ma del formidabile risultato che il “perdente sicuro” (come lo definivano gli avversari politici ancora qualche giorno fa) è riuscito a ottenere. La campagna impostata sul non consegnare Reggio alla Lega per chiudere ogni spazio a Minicuci è risultata azzeccata. Mentre il candidato di Salvini attaccava mostrando documenti, lettere, citando i numeri dei “disastri” dell’Amministrazione Falcomatà, finendo con irritare anche il più paziente degli ascoltatori, il sindaco uscente ha colpito il vero punto debole dell’avversario: l’ombra, pesante e inopportuna, di Salvini che aveva già data per conquistata questa sponda dello Stretto. Avevamo, in tempi non sospetti, avvisato delle mire salviniane sul Mezzogiorno, ultima chance per risalire una china ormai segnata, ma allo stesso tempo ci eravamo premurati di segnalare al leader leghista e alla sua pittoresca compagnia di ex-anti-meridionalisti fintamente pentiti che l’aria dello Stretto non faceva per loro. Non ci hanno ascoltato.

Come pure, in più occasioni, avevamo indicato le difficoltà crescenti per la coalizione di centrodestra di trovare un punto di coesione: vale per la destra, come per la sinistra e il livello di litigiosità è direttamente proporzionale all’assoluta garanzia di una sconfitta sicura. Basta guardare quanto è successo alla “Stalingrado del Sud”, la rossa Crotone, che dopo anni di predominio della sinistra si è ritrovata persino senza il simbolo del Partito Democratico nelle schede. Tutto per una stupida bega tra le anime divisive della sinistra calabrese che ha fatto avanzare il progetto di Carlo Tansi (già candidato governatore, nemmeno riuscito a entrare in Consiglio regionale a causa di una legge elettorale da riformare al più presto) e di un gruppo di liste civiche “indipendenti” che hanno portato al successo Vincenzo Voce, un ingegnere “estraneo” fino ad oggi alla politica. La sua vittoria è la sconfitta di un certo modo di intendere e pensare la politica come ormai non esiste più.

E la destra, sia a Crotone sia a Reggio, non è stata meno della sinistra: litigiosa, divisiva, priva di una strategia unitaria. Diciamo, la verità, Falcomatà ha vinto (meritatamente) contro un avversario  che dal primo giorno che è arrivato a Reggio, annunciato da Salvini, viaggiava con la sconfitta in tasca. Vorremmo sbagliare, ma abbiamo la netta sensazione che avremo un altro copione alla Callipo: non riusciamo a vedere l’avv. Minicuci, con tutti gli incarichi che ha (qualificati e ben retribuiti) ricoverare a Reggio per fare il capo dell’opposizione. Si insedierà in Consiglio (come fece Pippo Callipo) e dopo qualche seduta di maniera saluterà presentando le dimissioni. Intendiamoci, Callipo ha mollato perché ha capito che il suo progetto politico non aveva funzionato (pur avendo portato in Consiglio apprezzabili e seri professionisti che si sono messi subito al servizio della Calabria, come Marcello Anastasi, per esempio), ma le motivazioni di Minicuci saranno meno nobili perché pesano molto la sconfitta e il “rifiuto” della città.

Falcomatà ha vinto il suo referendum, ma la sua seconda chance si presenta abbastanza in salita: i reggini chiedono adesso un cambio di rotta e l’Amministrazione bis non potrà ripetere gli errori del passato né mettere insieme una Giunta esclusivamente vincolata ai risultati elettorali dei singoli consiglieri. Servono competenze e professionalità, capacità e voglia di impegnarsi. Gli assessori non devono essere per forza trovati tra i consiglieri eletti dai reggini, ma andrebbero scelti preferibilmente tecnici con dichiarate e provate capacità e non necessariamente della stessa area politica. Sarebbe bello poter immaginare un impegno trasversale, con un intelligente apporto dell’opposizione, per un comune impegno a favore della Città. Un superamento degli schemi (grossa coalizione?) per un comune obiettivo, con una trasversalità che travalica il vecchio modo di fare politica ma pensa solamente agli interessi dei cittadini. È un sogno, ma non si può mai dire. Il “vecchio” sindaco “ragazzino” è cresciuto in tutti i sensi e mostra innato talento politico, potrebbe, a questo punto, costruirsi il suo futuro politico (Regione, Parlamento) mostrando negli anni che verranno la giusta determinazione e circondandosi di gente capace e competente, con la voglia di cambiare davvero volto a questa città.
È quello che, nel segreto dell’urna, molti cittadini tra ieri e oggi avranno pensato, nella candida convinzione che se c’è la volontà di cambiare le cose si fanno. Purché, lo ribadiamo a costo di apparire pessimisti, non si tenga a mente la classica soluzione politica suggerita dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa: cambiare tutto perché nulla cambi. Ovvero, come diceva testualmente il principe di Salina, «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Dio non voglia. E tanti auguri al sindaco Falcomatà. (s)

[La fotografia di copertina è di Attilio Morabito, courtesy Luigi Palamara]

Ballottaggio a Reggio Calabria

AFFLUENZA RECORD PER IL BALLOTTAGGIO
ALLE 23, IL 40% DEI VOTANTI ALLE URNE

Il dato è particolarmente interessante: alta l’affluenza alle urne per il ballottaggio nei due capoluoghi Reggio e Crotone, ma anche nei quattro centri calabresi (Taurianova, Castrovillari, San Giovanni in Fiore e Cirò Marina) con uno scarto medio di quasi dieci punti rispetto al primo turno. È un segnale importante che sottolinea la voglia di partecipazione attiva dei calabresi alla politica: alle 23 di domenica, primo giorno, ha votato quasi il 40% degli aventi diritto. Il valore più alto a Reggio con il 40,42%, il più basso a San Giovanni in Fiore con il 35,88%. A Castrovillari la percentuale dell’affluenza al voto, sempre alle 23 di ieri, è del 40,57,80%, del 39,89% a Crotone, del 38,78% a Cirò Marina e del 36,78% a Taurianova.

La massima attenzione va, ovviamente, alla Città metropolitana di Reggio, dove la sfida tra l’uscente Giuseppe Falcomatà (centrosinistra) e il candidato del centrodestra Antonino Minicuci, potrebbe risolversi anche per una manciata di voti. La città è praticamente divisa in eguale misura tra chi vuol dare fiducia al nuovo (Minicuci) e chi intende concedere un secondo tempo al sindaco uscente.

È stata una campagna elettorale cattiva e difficile, dove non è stato risparmiato alcun argomento tra i due sfidanti per sminuire l’appeal dell’avversario. Minicuci – “burocrate” di successo a Genova dove era segretario generale fino a gennaio scorso – ha puntato sulle “inefficienze” dell’Amministrazione Falcomatà che è rimasta praticamente sei anni a governare la città. Era il 26 ottobre del 2014 quando il giovane figlio dell’indimenticabile Italo Falcomatà – sindaco della “primavera reggina” – conquistava al primo turno Palazzo San Giorgio con oltre 58mila preferenze e una percentuale del 60,99% di voti (con undici liste). La destra, all’epoca, gli aveva contrapposto Lucio Dattola, con nove liste, ma l’allora presidente della Camera di Commercio di Reggio raccolse solo poco più di 26mila preferenze con il 27,33% dei voti.

Falcomatà ha perso al primo turno il 23% dei voti della passata consultazione del 2014, pur con lo stesso numero di liste, e ha superato di tre punti e mezzo lo sfidante Minicuci. I valori del primo turno hanno confermato una quasi equidistanza tra i due maggiori protagonisti della consultazione del 20 settembre scorso: 35.109 voti Falcomatà (37,17%) contro i 31.820 (33,69%). Le due settimane in vista del ballottaggio hanno dunque visto i due sfidanti giocarsi tutte le carte  per convincere i pentiti del non voto. La percentuale di affluenza è stata del 66,18%, molto alta rispetto alle previsioni, ma al ballottaggio, abitualmente, si dimezza: dai dati emersi alle 19, invece, appare evidente che non ci sarà una forte astensione e si potrebbe arrivare abbondantemente a superare il 50 % di affluenza.

Falcomatà ha “attaccato” il suo antagonista palesando ai reggini il rischio di «consegnare la città alla Lega». Un’argomentazione modesta dal punto di vista politico, ma probabilmente efficace per raccogliere consensi anche tra chi ha manifestato chiaramente una forte delusione sull’operato dell’amministrazione Falcomatà in questi sei anni di governo della città. Falcomatà ha chiesto un “secondo tempo” per una partita che evidentemente non ritiene conclusa e quindi, questo ballottaggio, in realtà, diventa un referendum pro o contro di lui e la sua Amministrazione. La destra scalpita e si dichiara sufficientemente ottimista sul risultato: i numeri fanno immaginare uno scenario diverso. C’è da capire la posizione di Angela Marcianò e il suo “suggerimento” di voto a quanti le hanno dato fiducia. Un endorsement mascherato a Minicuci l’ha già fatto con il video predisposto per ringraziare i reggini per i 13.165 voti conquistati (13,94%). Nel filmato, sottolineato da una azzeccata canzone di Fiorella Mannoia che pare scritta apposta per rivelare tutto l’astio della Marcianò nei confronti di Falcomatà (che la cacciò dalla sua prima Giunta, togliendole la delega ai Lavori Pubblici), ci sono evidenti allusioni al “peso del coraggio” per “cambiare”: se il video dovesse far breccia tra i suoi elettori, per il sindaco uscente la sfida diventerebbe più complicata.

La Marcianò ha raccolto 7.189 preferenze in più rispetto alle sue quattro liste: effetti del voto disgiunto, che, in genere premia la persona ma penalizza le liste. Ma di questi oltre 7mila voti  quanti sono quelli sottratti a Falcomatà e quanti quelli al centrodestra di Minicuci? Bella domanda con improbabile risposta. Se, per ipotesi (per giocare un po’ con la fantapolitica), dividiamo equamente il valore, abbiamo un pacchetto di voti di circa 3600 preferenze che andrebbero a ciascuno dei due sfidanti e prevedendo un’affluenza intorno al 50%, significherebbero 2 preziosi punti di percentuale aggiuntivi che potrebbero fare la differenza. Ma i calcoli, in politica, sono ben altra cosa e non bisogna mai dimenticare che, alle comunali, il voto è spesso “ballerino”, c’è chi cambia idea continuamente e chi fa il tifo come allo stadio. Se ci aggiungiamo la novità del ballottaggio – inedito per la città di Reggio – diventa ancora più difficile capire cosa sceglieranno i reggini. Si vota fino alle 15 di oggi e dopo comincerà lo spoglio. I reggini, per strada e nei bar, raccontano un’altra storia:  «non vincerà il migliore, voteremo il meno peggio». (s)

La foto di copertina è di Luigi Palamara.

REGGIO, UN REFERENDUM PER FALCOMATÀ
E L’OMBRA DI SALVINI NON AIUTA MINICUCI

di SANTO STRATI – È un altro referendum, quello che si svolge oggi e domani a Reggio con la chiamata alle urne di 147.063 elettori: un referendum su Falcomatà. Amato/odiato in eguale misura dai suoi concittadini che, per questo, rimangono confusi e indecisi se concedere il “secondo tempo” richiesto dal sindaco uscente. O cambiare radicalmente, votando il “papa straniero”, ovvero Nino Minicuci, uomo del centrodestra, con la pesante ombra di Salvini che non è detto gli porti bene.

Nessuno, neanche avendo una collaudata  sfera di cristallo, riteniamo sia in grado di pronosticare chi sarà il futuro sindaco di Reggio.

Di certo sarà il risultato di una pessima campagna elettorale, brutta, scorretta e priva di un minimo di fair play, soprattutto da parte del candidato Minicuci che nel secondo dei due unici confronti “concessi” alla stampa, ha mostrato una volgarità e una sguaiatezza poco consoni a una figura isttituzionale.

Falcomatà, apostrofato in malo modo da Minicuci, ha invece mostrato, da politico consumato, di saper incassare senza lasciar trasparire quel minimo di collera che sarebbe stata persino giustificata. Ha tirato fuori i suoi soliti sorrisetti di sufficienza non lo rendono simpatico, ma ha risposto sempre pacatamente, in modo civile ed educato.

Non è stato un bello spettacolo per chi ha assistito e, sopratutto – questa è la cosa più grave – non ha offerto alcun contributo di chiarezza agli elettori. Le schermaglie, in politica, sono normale routine, ma stavolta in casa di centrodestra si è esagerato, mostrando un’evidente debolezza nei confronti dell’avversario.

I reggini chiedevano di avere chiarezza sui progetti, di avere contezza sui programmi, ma hanno dovuto accontentarsi di insulti, peraltro non restituiti – con molta eleganza – da Falcomatà che hanno fatto perdere di vista il motivo del confronto.

Tra l’altro Minicuci doveva e poteva risparmiarsi gli apprezzamenti sulla stampa e dichiarare di voler scegliere dove e con chi fare i confronti: i giornalisti non si scelgono, si invitano e si lasciano parlare. E si risponde se si ha rispetto per chi fa questo mestiere e soprattutto si ha rispetto per chi ascolta in tv, sul web, o legge i giornali. Un gravissimo errore di comunicazione di cui non andare certo orgogliosi.

L’avv. Minicuci, che ha espressamente dichiarato di non essere un politico di professione – e lo hanno capito tutti – ha usato documenti e carte per colpire l’avversario, come se avesse scoperto chissà quali segreti. La lettera di censura di Oliverio nei confronti dell’amministrazione Falcomatà l’aveva già mostrata molti mesi addietro il consigliere comunale di Fratelli d’Italia Ripepi, senza suscitare grandi emozioni. Così come l’aver tirato in ballo la spada di Damocle che pende su Falcomatà e quasi tutta la sia prima giunta per la vicenda del Miramare non crediamo sia stata una mossa vincente.

Ancora non hanno capito i nostri aspiranti amministratori locali (ma anche quelli nazionali non scherzano) che gli elettori non sono capre né emeriti imbecilli da imbonire con parole e paroloni. La gente che va a votare è matura e a Reggio, in gran parte, dotata di attributi, quindi in grado di rimandare al mittente pretestuose argomentazioni utilizzate per mascherare la mancanza di progetti e, soprattutto, di idee.

Intendiamoci, Minicuci ha presentato dieci punti da realizzare in 180 giorni («sennò tolgo il disturbo») ma anziché spiegare dove, come e con quali strumenti reperire le risorse necessarie ha preferito aggredire verbalmente il suo antagonista, come un vecchio professore che si mette a redarguire il giovane supplente.

Falcomatà ha sbagliato molto, moltissime cose e ha avuto il coraggio di ammetterlo e di domandare scusa più per le cose non fatte che per quelle fatte male. Questo non lo assolve dalle responsabilità di un’amministrazione che, sì, ha ereditato una montagna di debiti e milioni di problemi, ma non ha saputo – vuoi per inesperienza, vuoi per incompetenza dei collaboratori chiamati a risolvere i problemi – affrontare nella maniera adeguata le tante criticità della città. E questo molti reggini non glielo perdonano.

Da parte sua, Falcomatà ha attaccato l’avversario sul solo fronte possibile: lo ha presentato come l’uomo di Salvini e ha messo in allarme i suoi concittadini sul rischio di consegnare Reggio alla Lega. Ma quale Lega? Quella che a malapena ha raggranellato un miserevole 4% (meno di Klaus Davi) e che non ha a livello regionale persone e personaggi in grado di alzare la voce se necessario?

Quale Lega? Quella di un Salvini in caduta libera che sta navigando verso l’abisso senza più la credibilità del “condottiero” che deve portare le truppe alla vittoria. La Meloni, zitta zitta quatta quatta, gli ha fregato preferenze e simpatie, ma ha dovuto tenere un profilo basso a Reggio visto i precedenti personaggi esaltati al massimo prima di finire in galera. Noi siamo contro ogni giustizialismo e riteniamo che nessuno dovrebbe marcire in galera in attesa di giudizio (cosa frequentissima nel nostro Paese), però come si fa a dimenticare che proprio a Reggio, la scorso anno, Giorgia Meloni aveva presentato Alessandro Nicolò come il “nostro futuro ottimo sindaco di Reggio”. E sappiamo cos’è successo dopo. Quindi profilo basso obbligato anche per non indispettire l’alleato Forza Italia che a Reggio è guidato con mano sicura da Ciccio Cannizzaro, l’eventuale responsabile (o no?) di un’eventuale débacle della coalizione di centrodestra in questo ballottaggio.

Già, perché, nel mormorio generale che assegna una pari vittoria e una pari disfatta, l’ombra di Salvini su Minicuci pesa come un macigno e i reggini mostrano di preferire l’usato sicuro di Falcomatà piuttosto che farsi tentare dalle lusinghe leghiste. Ma anche i “pentiti” del non voto stanno ancora rimuginando se lasciarsi convincere dalle promesse di Falcomatà di un “secondo tempo” di rinnovamento. Purché poi, con gattopardesca soluzione, non si cambi tutto per non cambiare niente.

Così, appare sempre più incomprensibile l’atteggiamento di Angela Marcianò, per qualcuno “vincitrice morale” di queste elezioni (con 13mila voti?, suvvia, non esageriamo) che voci sempre più insistenti la indicano a fianco del candidato di centrodestra, in un endorsement che piacerà poco a molti dei suoi elettori. Già, perché se adesso appoggia Minicuci esprimendo un orientamento preciso destinato ai suoi elettori, mostra di aver poca abitudine alle strategie politiche. Non ha nemmeno preso in considerazione la possibilità di fare da vicesindaco (di garanzia per i reggini) a Minicuci quando avrebbe potuto imporre le proprie condizioni e si sbilancia adesso che è in una posizione di evidente debolezza?

Certo, molti si saranno chiesti se c’è guerra in famiglia a casa della prof Angela, visto che il marito, l’avv. Nino Foti, notoriamente su posizioni di destra, era al comizio finale di Minicuci, sotto il palco ad acclamare vistosamente il candidato della coalizione di centro destra. Ha deciso contro il parere della moglie (della serie “pace in famiglia dove sei?”) o, peggio, glielo ha suggerito la moglie? Perdonate l’insinuazione, raccolta stamattima in molti di bar di Reggio a commento del comizio di venerdì Minicuci in piazza Duomo. Il popolo, che non è bue ma riflette, fa due + due e risolve il dubbio, ma non è detto che abbia ragione. Il dubbio, però, è nemico numero uno della politica, meglio non dimenticarsene. Buon voto a tutti. (s)

La registrazione del confronto Falcomatà/Minicuci su LacTv:

https://www.lactv.it/2020/10/02/pubblica-piazza-st-4-puntata-13-speciale-ballottaggio-reggio-calabria/

ELEZIONI REGGIO / Analisi del voto disgiunto: battaglia sul fil di lana

Mai lettura del voto disgiunto è stata così semplice e scientifica come a Reggio Calabria. Il che può aiutare per capire i flussi che prevedibilmente si verificheranno nel ballottaggio, esperienza peraltro assolutamente inedita in riva allo Stretto.

Il “fenomeno Marcianò”, che ha preso il 7,41% in più delle sue liste, ha colpito inesorabilmente i due principali contendenti, ma non nello stesso modo. La “professoressa terribile” ha fatto più male a Nino Minicuci che non a Giuseppe Falcomatà. L’andamento del voto disgiunto è talmente plastico che non si presta a dubbi interpretativi. D’altronde, la presenza di una lista di estrema destra, come Fiamma Tricolore, nella coalizione della Marcianò, la dice lunga sulla sua caratterizzazione alternativa alla sinistra.

Facciamo un po’ di conti. Nino Minicuci perde, rispetto alle sue fortissime liste, il 7,41%, qualcosa come più di 5.000 voti. Giuseppe Falcomatà perde il 4,27%, tradotto in voti quasi 3.000 preferenze.

Poiché il candidato-bandiera della sinistra, Saverio Pazzano, ha preso l’1,45% più delle sue liste, è presumibile che questo dato sia stato eroso al consenso di Falcomatà. Il restante 2,61% di scostamento del sindaco uscente è stato assorbito da Angela Marcianò.

Il restante 4,80% di voto disgiunto in quota Marcianò ha invece colpito Nino Minicuci che, in aggiunta, ha prevedibilmente perso più di 1 punto e mezzo a favore del giornalista Klaus Davi, non sgradito all’elettorato di destra, che ha registrato poco meno di 2.000 voti in più della sua lista.

Quasi ininfluenti i minimi scostamenti, dell’ordine di decimali, nel voto disgiunto dei candidati Foti dei Cinquestelle, Tortorella, Putortì e Siclari.

I flussi che registriamo non fanno pensare ad un voto disgiunto organizzato, ad un “fuoco amico” che ha colpito Falcomatà e Minicuci, piuttosto ad un fisiologico spostamento di opinione pubblica rispetto a due candidati evidentemente non pienamente graditi dalle rispettive coalizioni. Ciò riguarda maggiormente il candidato del centrodestra Minicuci, il che è spiegabile con le polemiche che hanno accompagnato la sua indicazione e con il fatto che non è stato percepito come “reggino doc”.

I flussi da noi analizzati saranno decisivi per capire l’andamento del complicato ed incerto ballottaggio, al netto di possibili accordi o apparentamenti.

Possiamo intanto dire che alle urne del ballottaggio ci sarà una flessione di votanti  di almeno il 30%, secondo una tendenza che si è registrata in tutte le esperienze similari in Italia e in Calabria. Vale a dire prevedibilmente che si recheranno a votare per Falcomatà o Minicuci tra i 60.000 e i 70.000 reggini.

L’astensionismo colpirà entrambi i candidati, ma probabilmente non nella stessa maniera. E questo sarà un elemento decisivo. I due “eserciti”, costituiti dai candidati delle rispettive liste, si muoveranno per portare al seggio quanti più elettori possibile, anche perché la vittoria porterà in dote il premio di maggioranza e scatteranno 8 consiglieri in più. L’organizzazione sarà fondamentale.

Passiamo ai flussi, a prescindere da eventuali apparentamenti.

Su Falcomatà, è assai prevedibile che convergeranno gli elettori dei Cinquestelle, di Pazzano e Siclari, candidati sindaci della “sinistra-sinistra”, potenzialmente un 10% e solo una piccola parte dell’elettorato della Marcianò (1-2%).

Su Minicuci potrebbe confluire il consenso della maggior parte dell’elettorato della Marcianò (9-10%) e in parte quella del massmediologo Klaus Davi (2-3%).

Se consideriamo che al primo turno la differenza tra i due contendenti è stata di appena 3 punti, si comprenderà che il ballottaggio, sulla carta ovviamente, è incertissimo e si giocherà probabilmente sul filo delle percentuali. A meno che uno dei due contendenti non troverà la “chiave” per fare pendere la bilancia nettamente a suo favore, magari con un colpo di teatro come potrebbe essere la presentazione in anticipo della squadra, cioè della Giunta. (dr)

 

TRA 7 GIORNI REFERENDUM E VOTO LOCALE
REGGIO, SEGRETI E VIRTÚ DEI 3 CANDIDATI

Tra sette giorni si vota per il referendum confermativo della legge che taglia i parlamentari: se vince il Sì la Calabria è tra le regioni più svantaggiate in termini di rappresentatività. Domenica e lunedì si vota anche per il rinnovo di diversi Consigli regionali e comunali. In Calabria sono chiamati alle urne 262.836 elettori per il rinnovo dell’Amministrazione di 73 Comuni. L’appuntamento più importante riguarda la Città metropolitana di Reggio e Crotone. A Reggio nove candidati a sindaco, ma sarà una partita a tre. Calabria.Live offre, in esclusiva, un profilo inedito e originale dei tre sfidanti: Giuseppe Falcomatà, Angela Marcianò e Nino Minicuci.

Dalla NOSTRA REDAZIONE – In comune hanno solo due cose: la laurea in giurisprudenza e il segno di terra nello zodiaco che, per chi ci crede, significa stabilità, resistenza e buon senso. Per il resto, non potevano esserci personalità così diverse – per storia personale, cultura, immagine e stile – a contendersi lo scettro di sindaco della più grande città della Calabria.

Giuseppe Falcomatà, Angela Marcianò e Antonino Minicuci, in rigoroso ordine alfabetico, sono i protagonisti del “triello” che sta appassionando la politica calabrese e, in parte, nazionale, trattandosi dell’unica Città Metropolitana in cui si voterà il 20 e il 21 settembre.

Li abbiamo analizzati e seguiti in questa campagna elettorale, tentando di tracciarne non solo il profilo politico, ma anche quello psicologico e intimo, cercando di individuarne i punti forti e i punti deboli, con particolare attenzione al loro stile e alle modalità scelte per la loro personale propaganda.

Giuseppe Falcomatà

È sicuramente il più noto dei tre. Figlio di Italo, il sindaco della “primavera reggina”, è praticamente cresciuto a pane e politica. Dal padre, che era docente di storia e dirigente del PCI, ha ereditato il gusto della cultura e della politica militante. È nato il 18 settembre del 1983, sotto il segno della Vergine. Studi classici al liceo “Campanella” e poi laurea in scienze giuridiche e giurisprudenza. È avvocato e divide lo studio con il suo vicesindaco, l’avvocato Armando Neri, in un singolare connubio professionale e politico.

Molto importanti per lui sono le donne della famiglia: la madre Rosetta Neto, che era insegnante e che è stata determinante nelle scelte politiche del marito Italo e del figlio Giuseppe; la sorella Valeria, dermatologa; la moglie Giovanna – figlia del sindaco di Bagaladi Santo Monorchio – che gli ha dato i figli Italo e Marco.

Alto, di bell’aspetto, una folta capigliatura ora appena colorata d’argento (che gli ha guadagnato il soprannome di “belli capelli”, dalla canzone di Francesco De Gregori), ha un carattere determinato e razionale. I suoi detrattori lo dipingono come altezzoso, spocchioso e arrogante. I suoi fans lo rappresentano come persona seria, in fondo timida e un po’ insicuro.

Come tutti gli uomini “vergine”, punta tutto sulla razionalità e sulla logica per sconfiggere la sua naturale insicurezza. Osserva molto, valuta con attenzione prima di gettarsi in un’avventura.

Ama molto la musica, in particolare i cantautori come Francesco De Gregori, Vasco Rossi, Antonello Venditti, Franco Battiato, che utilizza molto sui social per fare da colonna sonora ai suoi post.

Sotto il profilo dell’immagine è un dandy, una persona di eleganza giovanile, molto curato, che ama indossare la giacca sui jeans e sulle t shirt. D’altronde, avendo meno di 40 anni e un fisico asciutto, sfrutta la forza della giovinezza per catturare fette di consenso.

La Reggina nel cuore, ma anche nel cervello. La cittadinanza onoraria al presidente Luca Gallo è stata un colpo di teatro, da alcuni non gradita. Falcomatà si è presentato alla cerimonia con una vistosa cravatta amaranto.

Molto presente sui social (quasi 75.000 followers), non disdegna di usare frasi in dialetto reggino. Il suo addetto stampa è il giornalista Stefano Perri, suo portavoce in Comune, mentre la segreteria elettorale è dalle parti di Piazza Castello.

Angela Marcianò

È decisamente la personalità più controversa, più contraddittoria e più intrigante del “triello”. La sua storia politica è costantemente in bilico tra la tradizione familiare di destra (uno zio storico “camerata” e un marito già consigliere comunale con Scopelliti) e l’esperienza di sinistra prima nella giunta di Giuseppe Falcomatà, poi nella segreteria nazionale del PD di Matteo Renzi (“ma senza averne la tessera”, ci tiene a precisare).

Una sorta di “oggetto misterioso” difficile da decifrare che racchiude indubbie capacità professionali (è apprezzata docente all’Università di Messina) e altrettanto evidenti capacità di comunicatrice politica, sorrette da una dialettica stringente e accattivante.

Angela Marcianò è nata il 18 gennaio del 1978, sotto il segno del Capricorno, a Villa San Giuseppe, una frazione di Reggio, a cui è molto legata. È sposata con l’avvocato Antonio Foti ed ha un figlio di tre anni, Pasquale Renato, affettuosamente chiamato Pato o, ancora, “Piccolo principe”, dal capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry.

Ama i cani (con il marito Antonio ne accudisce una ventina, due gli vennero avvelenati anni fa) e fare la pizza in casa.

È considerata una “pupilla” del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, con il quale ha più volte collaborato.

Candidata dello “sceriffo”, l’hanno bollata alcuni avversari, senza peraltro sapere che il noto magistrato è molto distante dalle vicende politiche, oltre che super impegnato nelle sue inchieste contro la mafia.

In passato, la Marcianò ha incassato anche il plauso del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho.

La partecipazione alla giunta Falcomatà le è costata una condanna per abuso d’ufficio per il caso “Miramare”.

Ambiziosa come tutte le donne “capricorno”, punta sempre molto in alto, anche se lo fa con una studiata umiltà che la rende molto vicina alla gente. Sa bene cosa vuole, è molto esigente con gli altri, ma soprattutto con sè stessa.

Bel sorriso, veste come una donna della sua età, in maniera molto giovanile. In questa campagna elettorale, predilige i jeans su cui indossa una t shirt bianca con i simboli delle quattro liste che la sorreggono. In occasione della presentazione della sua candidatura, ha invece scelto il blu elettrico di un abito molto semplice. Sempre il blu elettrico della giacca nella foto usata per i manifesti e i profili social.

Il suo addetto stampa è il giornalista Federico Lamberti, mentre non le fa mancare il suo contributo di vecchia volpe della politica comunale Oreste Arconte. La sua segreteria è in pieno centro, in una traversa di corso Garibaldi.

Antonino Minicuci

È il “papa straniero” perché a Reggio Calabria i 28 chilometri che separano la città da Melito Porto Salvo sono percepiti come una distanza siderale. In realtà, i legami tra Antonino Minicuci, candidato del centrodestra, e la città di Reggio Calabria sono molto solidi, a prescindere dal suo luogo di nascita. In riva allo Stretto, ha avuto significative esperienze professionali e vanta notevoli amicizie.

Ha lo stile e l’aplomb del professore, di colui che sa molto e che può insegnare molto. Lo ha confermato il sindaco di Genova, Bucci, in un’intervista: «Minicuci mi ha insegnato molto, mi ha insegnato le leggi, mi ha insegnato a fare il sindaco».

Tra i due si è creato un sodalizio forte. Ogni mattina, prima di cominciare le dure giornate di lavoro, si consumava un rito, con Minucici che spiegava al sindaco della Lanterna il significato di un proverbio calabrese. Un proverbio ogni mattina.

Il “professore” ne ha sempre saputo più di tutti, sempre un gradino più in alto degli altri, sempre più preparato degli altri. Senza queste qualità, non gli sarebbe stato possibile fare carriera nel profondo nord.

La famiglia – moglie e una figlia – vive a Massa, in Toscana. Particolare che è stato utilizzato dagli avversari per caricare la sua immagine di “papa straniero” voluto da Matteo Salvini. In verità, la sua candidatura nasce più dal governatore della Liguria, l’ex giornalista Giovanni Toti, che ha avuto modo di apprezzarne le doti in occasione della ricostruzione del ponte Morandi. Toti, Bucci e Salvini hanno partorito questa candidatura del “superburocrate” che ne sa sempre più degli altri e che dovrebbe realizzare il sogno di un altro ponte, quello sullo Stretto.

Minicuci in questa campagna elettorale ha cercato di sfumare la genesi della sua discesa in campo, affermando con orgoglio le sue radici reggine e la sua voglia di lavorare per la città che ama.

Si è fatto il giro dei mercati, ha mangiato con avidità un paninu cu satizzu, ha indossato una mascherina colore amaranto.

Sul piano dell’immagine, non ha fatto altro che confermare il suo stile di una vita. Pantaloni e camicia, nessuna concessione giovanile, nessuna tentazione di competere su questo piano con i suoi due più giovani e bellocci avversari.

La sua è stata finora una campagna elettorale “istituzionale”, senza grandi bagliori, senza slogan ad effetto, in linea con un uomo abituato a comandare, ma da dietro le quinte.

Il suo addetto stampa è il giornalista Pasquale Romano, esperto di comunicazione e marketing, mentre la sua segreteria è su corso Garibaldi. Nuccio Pizzimenti è uno dei registi “politici” della sua campagna elettorale.  (dr)

ELEZIONI RC/VIDEO: Intervista a Falcomatà, il sindaco uscente cerca il Secondo Tempo

La partita dell’elezione del sindaco a Reggio si giocherà a tre: l’uscente Giuseppe Falcomatà, sostenuto da 11 liste di centrosinistra, contro lo sfidante del centro-destra Nino Minicuci (dieci liste) e Angela Marcianò con tre liste civiche e il sostegno di Fiamma Tricolore. I primi due sono entrambi convinti di superare al primo turno la sfida, mentre la Marcianò, punta a convincere gli astensionisti e chi votanti per nessuno dei due schieramenti tradizionali. Salvo miracoli e colpi di scena che solo le elezioni comunali riescono sempre a riservare fino all’ultimo minuto, i voti della Marcianò non basteranno per sfidare i due antagonisti, ma leveranno a entrambi la possibilità di essere eletti al primo turno.

Calabria.Live ha intervistato in video i tre candidati che hanno maggiori chances e le due “novità” di questa competizione, Saverio Pazzano con il collettivo La Strada e la lista Riabitare Reggio e Klaus Davi già consigliere comunale a San Luca, massmediologo che ha “sposato” la causa Calabria e si è innamorato di Reggio e concorre con una lista a suo nome.

Iniziamo questo ciclo di incontri con Giuseppe Falcomatà. Il sindaco uscente è stato eletto nel 2014 con 58.1171 preferenze (60,99%). Il suo sfidante, Lucio Dattola per il centro-destra raccolse 26.070 voti. La città usciva da un commissariamento dopo lo scioglimento del Consiglio comunale per mafia. Erano diverse le condizioni sia politiche che ambientali. Oggi la sfida è più dura, il pd pur contando su liste forti, ha perso smalto in città, e nonostante la conclamata sicurezza di Falcomatà di raggiungere il risultato a primo colpo, sussistono molte perplessità sull’inevitabile ballottaggio dato il numero di candidati (oltre 900) e di liste, con la conseguente dispersione di voti. Nell’intervista che segue, Falcomatà ammette alcuni errori e illustra i progetti che ha in mente, chiedendo con convinzione ai reggini che gli concedano di giocare un Secondo Tempo. Bisognerà fare i conti con l’astensionismo: dovrebbe votare secondo alcune stime il 57% degli aventi diritto che sono 146.900 cittadini, ovvero 84.000 elettori. E c’è anche l’incognita del voto disgiunto che però sembra non preoccupare più di tanto. Staremo a vedere.  (s)

ELEZIONI RC / Falcomatà apre a piazza Castello la campagna del centro-sinistra

È partita da piazza Castello, a Reggio, la campagna elettorale del centro-sinistra che punta alla riconferma del sindaco uscente Giuseppe Falcomatà. Tutte le undici liste della coalizione di centrosinistra si sono raccolte intorno al primo cittadino uscente. Insieme ai partiti tradizionali come Pd, Partito Socialista Italiano – A testa alta, Italia viva ed Articolo 1-Reggio Coraggiosa, sul palco si sono alternati anche i rappresentati delle delle numerose liste civiche schierate nel nome di un civismo e di una politica dal basso che è marchio distintivo dell’ultimo mandato elettorale. Così, la Svolta, S’intesi, Reset, Patto per il Cambiamento, Primavera Democratica, Reggio non si Lega (Bene Comune e Patto del Sud) ed Innamorarsi di Reggio sono scese in campo «per impedire l’avanzata delle destre populiste e leghiste nella città che, con grossi sacrifici di tutti, si sta riprendendo dagli effetti dei modelli nefasti produttori di sfasci economici e scioglimenti per infiltrazione mafiosa».

Proprio ai «colonizzatori» della Lega nord ed a quanti «si sono venduti per soddisfare le ambizioni di chi, fino a ieri, considerava i meridionali terroni e parassiti», il sindaco Falcomatà ha risposto a muso duro: «A loro diciamo che Reggio è dei reggini, di chi ha creduto in questa città, di chi ci investe, ci paga le tasse, ci manda i figli a scuola; non di chi è in scadenza, di chi è provvisorio. Reggio è nostra, di ognuno di noi. Noi, che conosciamo i domani che non arrivano mai. Noi che conosciamo la fatica, il sudore, il sacrificio. Noi ci siamo e ci saremo sempre perché Reggio è la nostra casa e non permetteremo a nessuno di provare a colonizzarla. Guai a chi tocca la nostra città».

Nel merito dei problemi, il sindaco non le ha mandate a dire: «Sui rifiuti si sta consumando un massacro ai danni di Reggio e dei reggini. Un boicottaggio che è iniziato a maggio con la chiusura, per oltre due mesi, delle discariche regionali e che da qualche giorno sta riprendendo a fatica. Ho sentito dire cose fuori dal mondo. I lavori della discarica di Melicuccà sono già iniziati e finiranno a novembre risolvendo definitivamente la questione grazie anche al passaggio dal Porta a porta spinto al conferimento misto».

«In questi anni – ha detto Giuseppe Falcomatà – abbiamo tracciato una strada, costruendo dalle macerie, lavorando sodo per dare un futuro certo a questa città. Abbiamo fatto tanti errori, molte cose potevano andare meglio altre potevano essere fatte prima. Proprio per questo non possiamo lasciare le cose a metà e abbiamo bisogno di un secondo tempo».

Ed ancora: «Contaminiamo la nostra città di questa energia positiva, andiamo a raccontare ai reggini la nostra idea di città, ascoltando le critiche ma dicendo chiaramente che la croce che poggiamo sulla scheda elettorale, dentro la cabina, non è soltanto un dovere civico. Ma serve a decidere se questa città deve andare avanti o tornare indietro, se questa città deve continuare a servire gli interessi di una comunità o tornare ad essere asservita a quegli interessi personali che l’hanno stuprata e offesa». Il voto di settembre, insomma, «serve a scegliere se, incrociando le spade della politica, debba vincere il nostro San Giorgio o Alberto da Giussano».

«Serve – ha detto Falcomatà – a scegliere chi una storia non ce l’ha o chi, come noi, ha una storia in comune, perché la storia, a fatica, la stiamo cambiando e lo stiamo facendo insieme alzando la testa ballando sotto la pioggia e aspettando l’arrivo dell’arcobaleno».

Poi, rivolgendosi ai tanti cittadini presenti in piazza Castello ed agli alleati sul palco, Giuseppe Falcomatà ha concluso: «Siete la migliore squadra che un capitano possa avere. Il sindaco non è un uomo solo al comando, il sindaco siete tutti voi, il miglior sindaco è ognuno di voi. Buona fortuna a tutti noi, ai nostri desideri, ai nostri sogni. Buona fortuna alla nostra città, facciamola vincere ancora una volta». (rp)

CARO SALVINI, LA CALABRIA NON SI “LEGA”
SINDACO A REGGIO, CANNIZZARO CI PENSA

di SANTO STRATI – La ragion politica non può e, soprattutto, non deve prevalere sul buon senso: per il candidato sindaco di Reggio solo chi non vuol vedere non s’accorge del malcontento trasversale che sta attraversando la città. Non è una questione di persone (Nino Minicuci è un manager della cosa pubblica con larga esperienza e nessuno mette in discussione le sue capacità) bensì di metodo. Non è tollerabile – e del resto la Città lo sta dimostrando con il maldipancia evidente che non nasconde in alcun modo – che Matteo Salvini (che nella Metrocity conta politicamente il 9% ed è vistosamente in ribasso) debba decidere chi dovrà correre per sindaco. Già, ribadiamo il concetto della competizione: c’è un sindaco uscente, Giuseppe Falcomatà, che si ripresenta e chiede il voto ai reggini sulla scorta di quasi sei anni nei quali ha guidato la città e poi ci sono gli antagonisti, ovvero le singole e multiple espressioni di parti o partiti che – evidentemente – “sfidano” l’avversario, argomentando in maniera diversa. Il confronto, non dimentichiamolo, è il sale della democrazia e, per primo – siamo convinti – lo stesso Falcomatà intende avere un avversario da battere sul piano politico e di contenuti, ma, date le circostanze, l’antagonista della principale parte opposta non è espressione della città, È il risultato di una “prova di forza” di Salvini che, in realtà, nasconde un disegno politico ben preciso.

A Salvini, permetteteci la schiettezza, del sindaco di Reggio non può fregare di meno, l’obiettivo – ovviamente non dichiarato – è, bensì, un altro. Con Minicuci quale candidato “imposto” alla coalizione di centro-destra, il segretario della Lega vuole raggiungere un perfido risultato: sbaragliare Forza Italia che nella Metrocity, al contrario del tracollo nazionale, ha raggiunto importanti risultati grazie a Francesco Cannizzaro,  e, nel contempo, “impoverire” il patrimonio locale dei fratelli di Giorgia che si sta sgretolando da solo. In buona sostanza, Salvini gioca per far perdere il centro-destra e, quindi, passare all’incasso imputando agli alleati l’incapacità politica di raggiungere il traguardo sperato. Quindi, la  colpa della pressoché certa débacle reggina del centro-destra – con candidato Minicuci – andrà a ricadere non su Salvini – negromante improvvisato del voto reggino – ma sugli alleati. Con evidenti ricadute sul governo regionale, dove la Lega – per esser chiari – non ha raggiunto in alcun modo gli obiettivi di grandezza che si era prefissata e soffre di “nanismo” rappresentativo.

E allora, per sintetizzare, abbiamo un partito inesistente a Reggio che “pretende” di scegliere chi correrà per sindaco, presume di sparigliare gli alleati e disperdere il patrimonio di voti esistente, immaginando di passare poi per il nuovo “paladino” del Mezzogiorno. Se i reggini hanno gli attributi, è la volta buona che li facciano vedere: è desolante, mortificante, assolutamente indigeribile vedere una città che ha bisogno di uno scossone vero (non è detto che lo stesso Falcomatà non riesca poi a darglielo, se rieletto) anziché discutere di programmi, di progetti e di idee dia spazio alle cazzate salviniane, abbassando insofferente il capo.

Reggini, svegliatevi, l’ora della ricreazione (che non c’è mai stata) è finita, mostrate quanto siete incazzati, visto che i nostri politici non percepiscono quello che accade sul territorio. Per esempio, il sen. Marco Siclari e la deputata Maria Tripodi (entrambi di Forza Italia) si sono lanciati entrambi in lodi sperticate su Minicuci, esaltando la “bontà” della scelta di Salvini. Ma dove vivono? Prevale, purtroppo, la mai nascosta conflittualità con il coordinatore provinciale Ciccio Cannizzaro – rimasto da solo respingere le pretese della Lega – anziché la ragione e il reale interesse dei reggini. I segnali di malcontento sono chiari ed evidenti e non possono essere ignorati: Siclari e la Tripodi invocano la coesione per il rispetto dei patti e non si rendono conto che la gente non vuol essere presa in giro. I reggini il 20 settembre andranno al mare (o a Gambarie) piuttosto che andare a votare chi viene loro “imposto” da Salvini. Questo è evidente, lo hanno capito tutti, tranne i nostri politici locali, ad eccezione di Cannizzaro.

D’altra parte, il tentennamento di Cannizzaro non trova alcuna giustificazione con la cosiddetta “ragione” politica: un partito (Lega) che non ha storia sul territorio né risorse umane da spendere, basterebbe che si guardasse in giro – tra la società civile – per individuare persone perbene, slegate da logiche di partito in grado di sostenere un confronto (di destra) con il sindaco uscente. E invece non lo fa. E non lo fa nemmeno Ciccio Cannizzaro che traccheggia, promette e ritira il consenso ad eventuali papabili, e non mette in piazza una rosa di candidati su cui ascoltare la piazza. Salvo che non intenda buttare un asso spariglia tutti presentandosi in prima persona. Politicamente parlando, rinunciare a Montecitorio è difficile da digerire, considerando la costante ascesa che in ambito nazionale, ma Cannizzaro è davanti a un bivio: o ci mette la faccia, con una lista civica che troverebbe il consenso dei forzisti e dei Fratelli d’Italia (tiepidi nei confronti di Minicuci) e di qualche leghista “intelligente” oppure deve provare a individuare un candidato di area da opporre al diktat salviniano. La prima opzione è quella con maggiori chances: Cannizzaro ha il controllo dei voti forzisti, una solida base elettorale e piace ai reggini per le sanguigne battaglie che lo vedono protagonista a favore della Città. Il consenso stimato sarebbe più o meno del 30%, molto vicino a quello di Falcomatà: in caso di ballottaggio sarebbe una bella battaglia.

Nel secondo caso, non si tratta di fare primarie, basta un confronto dialettico, per far emergere chi, nella società civile,  al di fuori dei partiti, potrebbe sostenere la sfida con Falcomatà. Ci sono tre magnifiche opportunità, che – premettiamo – difficilmente troveranno accoglienza perché si tratta di tre persone abituate a ragionare con la propria testa, pur confrontandosi con i sostenitori e gli avversari. Tre outsider che in assenza dell’asso Cannizzaro potrebbero riavviare il dialogo politico in città. Ricordiamo a chi di competenza che la ragione politica può vincere solo sui cretini e i reggini – se lo ricordi la nostra modesta, anzi modestissima, classe politica – sono tutt’altro che cretini. E se si incazzano (fosse la volta buona!) saranno cavoli amari alla prossima tornata elettorale. Stare sul territorio significa saper ascoltare: è l’esercizio opposto dei nostri parlamentari, consiglieri regionali, amministratori locali. I pochi illuminati (e possiamo assicurare che ci sono) sono emarginati e tenuti a debita distanza dal “potere”. Potere che – ancora non l’ha capito la nostra classe politica – non esiste più, e, comunque, non è quello di una volta.

Torniamo alle opportunità che nessuno (della coalizione di centro-destra) vuole prendere in considerazione, per proporli a Salvini dandogli la sensazione che sia lui a scegliere, tra personalità di spicco espressione della Città. Ci sono una eccellente professionista, l’avv. Giovanna Cusumano, il medico ed editore di ReggioTv Eduardo Lamberti Castronuovo, l’imprenditore Giuseppe Nucera. Hanno in comune la specchiata onestà intellettuale e una vita spesa correttamente, spesso a vantaggio della città e dei cittadini. La Cusumano, con pregresse esperienze civiche, è parte attiva dei movimenti per la difesa delle donne, è una legale stimata e molto apprezzata in città. Una sindaca per guidare Reggio alla riscossa sarebbe un grande segnale non solo di rinnovamento, ma anche di capacità strategiche di lungo respiro, con un’interlocutrice capace di tenere testa a chiunque. Lamberti Castronuovo ha creato a Reggio un laboratorio clinico-diagnostico d’avanguardia con strumenti che neanche a Milano ancora hanno, per rispondere alle esigenze dei cittadini e fermare il “turismo” sanitario che ha fatto ricche le regioni del Centro-Nord. Da assessore alla Cultura alla Provincia Lamberti ha fatto cose egregie: si vede che ama molto la sua città (anche non  tutti lo amano per l’endemica invidia che ha sempre caratterizzato i reggini) e ha visione strategica e grande intuito manageriale. Con la sua guida Reggio da apatica e indifferente diventerebbe un laboratorio di idee e il centro propulsore di tutta la regione. Giuseppe Nucera, invece, è un imprenditore turistico di successo, già presidente degli industriali reggini. Ha fondato il suo movimento La Calabria che vogliamo e ha grandi capacità manageriali, con idee sensate (la reputazione è una sua fissa). e molto conosciuto e apprezzato in città e ha un buon serbatoio di voti (donati alla Santelli, alle Regionali, senza ricevere neanche un grazie). Tutti e tre sono di area di centrodestra ma non sono “partiticamente” esposti: uno dei tre potrebbe essere la risposta della città alla cazzata salviniana del “sindaco del Ponte”. Ma siccome tutt’e tre hanno a cuore – seriamente – le sorti di questa benedetta città e hanno il difetto di pensare con la propria testa, senza farsi guidare dall’alto, difficilmente troveranno spazio. Resta, dunque, l’unica alternativa di Cannizzaro aspirante sindaco, presumibilmente con una lista civica che darebbe qualche grattacapo a Falcomatà.

La città, insomma, può – e deve – farsi sentire: a cinquant’anni dai moti, sono irrisolti molti dei problemi che affliggevano e ancora strangolano Reggio. Da tutto questo, Falcomatà, al di là della chance (improbabile) degli outsider come antagonisti, può trarre i segnali giusti per affrontare un secondo mandato. Facendo tesoro degli errori commessi e, soprattutto, circondandosi, però, di un gruppo adeguato di assistenti competenti e capaci. La città ne è piena. Si rilegga Il Principe di Macchiavelli e capirà quanto conta, alfine, avere i giusti consiglieri al proprio fianco.

Non parliamo in questa sede di Klaus Davi (sagace portatore d’acqua, pardon, di voti e sincero estimatore di Reggio e della Calabria) né dei tanti altri candidati “minori” (nel senso di consenso elettorale): Fabio Foti per i CinqueStelle (pressoché inesistenti in Città), l’imprenditore Andrea Cuzzocrea con Mezzogiorno in Movimento, Saverio Pazzano per la Strada, Maria Laura Tortorella per Patto Civico, e tanti altri che cercano spazio in Consiglio comunale.

Falcomatà ha tante cose di cui vantarsi e tante altre da farsi perdonare, ma è questione che si vedrà alle urne. Quello che non va bene è che non abbia un antagonista “di peso” con cui confrontarsi e, dialetticamente, offrire spunti di riflessione alla Città. Idee contro altre idee, progetti contro altri progetti, per far emergere la differenza nel programma da una parte o dall’altra. Il suo avversario si chiamerà Ciccio? Lo scopriremo a breve. (s)

SALVINI PERDE IL “NORD” E I CONSENSI
MA VUOLE IMPORRE IL SINDACO A REGGIO

di SANTO STRATI – La Lega perde il suo aggettivo “Nord” che diventa incompatibile con la presunta (e presuntuosa)  conquista del Mezzogiorno e Salvini con quest’operazione si gioca un bel po’ di consensi. I “nostalgici” di Bossi e della Padania non nascondono il proprio livore e la secessione (anche se è esagerato chiamarla così) comincia a delineare contorni difficilmente recuperabili. La lenta parabola discendente di Matteo Salvini, irrefrenabile, dopo quest’ultima “trovata” (ne avesse azzeccata una dalla scorsa estate!) però incredibilmente si scontra con l’inspiegabile accondiscendenza del centro destra reggino che accetta supinamente i suoi continui diktat e la costante rivendicazione di avere il diritto di indicare il candidato sindaco di Reggio. Ma quale diritto? Chi gliel’ha dato? Risposta facile facile: Berlusconi e la Meloni per evidenti opportunità politiche, ma totale cecità per le cose che riguardano Reggio e, in gran parte la Calabria. Un sindaco leghista a Reggio è un bell’ossimoro che nessuno, a Reggio, riesce a mandar giù neanche con una super granita al bergamotto di Reggio Calabria, le cui proprietà miracolose in medicina non finiscono di stupire: è proprio un rifiuto netto, senza distinguo di persone o individui (e con totale rispetto per Minicuci), ma è che appare evidente che si è perso completamente il senso della realtà. Bastano i numeri per dire cosa esprime il centro-destra a Reggio: per la Lega Tilde Minasi (che si è detta pronta a “sacrificarsi” se occorre) ha preso 2.288 voti e in tutta la circoscrizione Sud ha preso appena il o9,18% dei voti (19.926) contro il 16%  di Fratelli d’Italia (34.712 voti) e kil 15,94% di Forza Italia (34.601 voti). Di cosa stiamo parlando? Di un partito che non “esiste” e che non è radicato (e come potrebbe?) nel territorio e non ha – con tutto il rispetto per le persone che si sentono coinvolte – non ha rappresentanti di spessore. Ovvero, in grado di esprimere concretezza di programmi, raccogliere autentico consenso, stimolare gli elettori a recarsi alle urne.

Con queste premesse il suicidio annunciato del centro destra fa gongolare il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà che vede crescere ogni giorno di più consenso in assenza di alternative serie. Non è questa la sede di valutare i cinque anni e passa della sindacatura Falcomatà, ma, tra luci e ombre, appare evidente che qualche segno positivo c’è. Ci sarebbe voluto un po’ più di coraggio (e forse qualche consigliori più attento) ma le trappole in cui si è cacciato Falcomatà (prima su tutte la spazzatura) avrebbe potuto aggirarle in modo diverso. Se i reggini lo vorranno nuovamente sindaco, lo si capirà nel pomeriggio del 21 settembre.

Intanto, dobbiamo assistere alla caduta dei cocci del centro-destra che dimostra stupidità e ignoranza, se continua a sostenere con capo piegato le oltraggiose imposizioni di Salvini. Il quale ha ben altri problemi per la testa che non il capoluogo dello Stretto: certo un sindaco leghista lo aiuterebbe non poco a far digerire l’autonomia differenziata che in autunno Veneto, Lombardia ed Emilia -Romagna rivendicheranno nuovamente come irrinunciabile viatico alla stabilità del segretario leghista. Salvini si sta giocando – con buone garanzia di insuccesso – il suo futuro politico e dovrebbe dimenticarsi della Calabria (che non gli appartiene e difficilmente riuscirà mai a “colonizzare”) lasciando il campo libero ai reggini. In grado di scegliersi da soli (anche con una sorta di primarie tra esponenti della società civile) l’antagonista di Falcomatà. Perché – sia chiaro – non crediamo che Falcomatà voglia vincere facile, per assenza di avversari: gli serve un antagonista con cui confrontarsi e combattere. È il sale della democrazia, il confronto, non  le cazzate salviniane che lasciano il tempo che trovano.

Sia chiaro che non è una questione esclusivamente reggina o locale: il sindaco della Città Metropolitana di Reggio per la Calabria dovrà giocare un ruolo fondamentale su molti campi: la Zes, il Porto di Gioia Tauro, l’Aeroporto dello Stretto, solo per fare qualche esempio, e non sarà una passeggiata. I calabresi, questo, devono tenerlo a mente. Il 20 settembre è un appuntamento che travalica l’ambito comunale, nell’ottica di un piano di sviluppo che coinvolge tutta la regione. E non riusciamo a spiegarci l’asettico atteggiamento della Santelli in questa incredibile impasse in cui è finito il centro-destra.

L’auspicio è che si facciano avanti con una lista civica le persone perbene della Città e siano pronte a confrontarsi sui progetti, sui programmi, sulle priorità. È dell’altro ieri un video su Facebook di Angela Marcianò con cui l’ex assessore della prima giunta Falcomatà annuncia che si candiderà. Senza spiegare con chi, con quale progetto, con quali idee. Sembrava il video di una teenager che condivideva il suo compleanno con gli amici. Ma chi cura l’immagine dei candidati a Sindaco? Il mago Forest? Ma c’è qualcuno che ancora può pensare che i reggini siano una massa di stupidi che si lasciano abbindolare da un sorriso o da promesse improbabili? Evidentemente, sì. A cominciare da Matteo Salvini. “Capitano”, nello Stretto non è aria, ci pensi bene… (s)