LUNGRO (CS) – La Notte dei Fuochi Arberësh

Domani sera, a Lungro, è in programma La notte dei Fuochi Arberësh, la manifestazione che celebra  il mondo delle comunità albanofone e della loro relazione con la terra di Calabria organizzata dall’Amministrazione comunale in collaborazione con la Pro Loco Arberia e la Compagnia Teatrale Ba17.

La manifestazione, con la direzione artistica di Luigi Ricetta, avrà inizio alle ore 20 con l’accensione dei fuochi, per inoltrarsi in una serata che afferra tutti i sensi: la degustazione della Shtridhëla, il piatto tipico offerto dalla “Locanda di traliccio”, anticiperà la Musica d’urgenza di Dalen, il musicista calabrese che porta a Lungro le sue sonorità straordinarie e l’urgenza, appunto, del suo canto in un percorso di innovazione musicale che delinea una finestra essenziale di questo nuovo format culturale.

A far da cornice, insieme ai versi in lingua arberësh e in italiano, il Corale Greco-Albanese“I Paràdosis G.B. Rennis, che chiuderà la prima parte della serata con una esibizione in grado di raccontare l’anima del popolo italo-albanese che da secoli abita e promuove la Calabria, una terra ancora misteriosa, dominata da lingue, culture, identità che si intrecciano tra di loro.

Conclude la manifestazione il travolgente spettacolo Prometeus. Dalla terra il fuoco della Compagnia Teatrale BA17,  diretto da Angelica Artemisia Pedatella, che porta in scena le rivolte dei contadini calabresi.

La Calabria contemporanea deve molto alle lotte contadine che risvegliarono le coscienze e determinarono un importante avanzamento civile di una terra che era stata abbandonata e dimenticata nonostante il valore in termini materiali e umani che essa ha sempre prodotto. La narrazione incalzante di Claudio Cavaliere, che ha già rapito le piazze in cui lo spettacolo ha fatto irruzione, stavolta toccherà note importanti, poiché è proprio dai paesi dell’Arbëria che partirono quelle lotte.

«Quando ho parlato con la regista – ha sottolineato il direttore artistico dell’evento Luigi Ricetta – e abbiamo creato il format, tutta la costruzione è partita proprio dalla presa di coscienza che le lotte dei contadini, così importanti dal punto di vista storico e sociale, non potevano non essere celebrate. Dovevano diventare parte di una ricorrenza che descriva una identità anche contemporanea del popolo arberësh».

Ad accogliere e contribuire alla costruzione del format, con l’obiettivo di creare un appuntamento annuale dai presupposti forti è il sindaco di Lungro, Carmine Ferraro, che ha fortemente voluto l’evento: «Questa amministrazione ha intenzione di rilanciare un nuovo modo di fare cultura, che unisca il piacere del godimento artistico all’identità di contenuti forti. La notte dei fuochi arberësh è una idea che sposa in pieno i nostri ideali, che rappresenta anche la passione che mettiamo nel nostro “fare” e che dovrà diventare un momento di incontro delle comunità in cui Lungro ci mette la faccia».

La Festa delle comunità agricole dell’Arbëria inizia dunque il suo percorso e aspetta numerosi ospiti, sulla scia di percussioni, musica, profumi e sapori che raccontano una sera d’estate da non perdere. (rcs)

L’Associazione Città Visibili di Lamezia alla scoperta di Lungro

Suggestiva, la visita che l’Associazione Città Visibili di Lamezia Terme, guidata da Anna Misuraca, ha fatto a Lungro, uno degli otto paesi arbëreshë del Parco del Pollino, fondato da profughi albanesi giunti in Italia a causa dell’invasione turca in Albania nella seconda metà del XV secolo.

La guida, Mariella Rose, insieme alla signora Maria De Filippo, lungrese doc, hanno raccontato di come «i primi albanesi si stanziarono in questi territori perché erano stati concessi loro da Carlo V e dai nobili della zona per ringraziarli dei servizi che avevano reso all’Italia, dando così origine ad uno dei borghi più solidi e importanti che mantengono tuttora intatto il loro patrimonio religioso e culturale».

«Dopo la storia dei primi stanziamenti – ha raccontato la presidente – ci dirigiamo verso l’Eparchia di Lungro, istituita il 13 febbraio 1919 da Papa Benedetto XV per gli albanesi di Calabria e dell’Italia continentale. Scrigno del rito greco-bizantino, custodisce gelosamente antichi riti, usanze e lingua di origine. Ci attraggono subito icone di ogni foggia, vangeli, mosaici, croci e medaglioni pettorali (enkolpia) con pietre preziose e raffinate cesellature. L’oro si irradia prepotente dalle aureole, simboleggiando la luce del cielo dove il sole non tramonta mai e la divinità che non si può contenere. La cappella vescovile prelude alla cattedrale che visiteremo dopo poco; grandi figure si stagliano accoglienti per purificare lo spirito dei fedeli che accedono».

«L’iconostasi divide Cielo (l’altare dietro l’ingresso, nascosto da tende purpuree) e Terra e sottolinea la distanza tra vescovo e fedeli a sottolineare che dietro quella tenda della porta regale c’è un Mistero profondo e impenetrabile. Le regole sono assai rigide e l’abbigliamento dei fedeli deve essere dimesso e discreto. Molte delle opere sono state realizzate da Josif Dobroniku, mosaicista e iconografo albanese che negli anni 90 si recò a Lungro e vi si stabilì poco dopo. Divenne famoso in tutto il mondo greco-ortodosso attuale e gli vennero commissionati vari lavori, tra i quali i mosaici della Cattedrale, dove sosteremo successivamente», ha raccontato ancora Muraca. 

«Proseguiamo e ci fermiamo davanti ad una struttura recentemente rinnovata e divenuta Museo Storico della Miniera di Salgemma – si legge nella nota –. La signora Maria sfodera un mazzo di chiavi e apre, solo per noi, questo nuovo luogo della memoria che sarà inaugurato nei prossimi giorni. Abbiamo l’onore di entrarvi per primi, grazie all’amministrazione comunale che in via straordinaria ha concesso l’apertura solo per “Le Città Visibili”. Entriamo con riverenza e ci emozioniamo davanti alle foto dei salinari e ai loro cimeli (le medagliette identificative, una macchina da scrivere americana, un’incredibile macchina da caffè per ufficio, pezzi di salgemma e mortai in sale, vecchie insegne), leggiamo i pannelli illustrativi che spiegano le varie mansioni dei salinari e la storia della salina e dei nomi storici che vi ebbero a che fare, da Plinio il Vecchio, che la visitò e ne scrisse, alla regina Margherita di Savoia, che fece dono di un gruppo elettrogeno utile a fornire un minimo di illuminazione alle gallerie».

«La cattedrale di San Nicola di Mira – viene raccontato – si distingue per la sua vastità rispetto alle altre chiese del circondario. Entriamo e la luce dorata del mosaico del Pantocrator della cupola centrale ci avvolge. Siamo quasi abbagliati dalla rifrazione aurea dei mosaici (opera di Josif Dobroniku) mentre ammiriamo l’interno della chiesa, ma veniamo distratti da un gradito fuoriprogramma: assistiamo al rito della presentazione al Tempio che celebra la prima uscita del neonato insieme alla madre e che sarà seguita, in una data successiva, dal battesimo. Il piccolo Federico rimane tranquillo mentre la voce solenne di padre Arcangelo, che solleva il bimbo verso l’alto, recita le preghiere e ci trasporta in Oriente. È un momento davvero particolare, ma non sarà il solo di questa giornata. Padre Arcangelo si ferma a chiacchierare amabilmente con il nostro gruppo e risponde alle curiosità di alcuni di noi. Dopo una simpatica foto ricordo, usciamo nella pioggia per raggiungere la Casamuseo del Risorgimento, dove pranzeremo (piatti tipici preparati dall’eclettica e appassionata padrona di casa, Anna Stratigò) respirando Storia, tradizioni e ricordi. Anna ci accoglie con entusiasmo e ci racconta della sua famiglia che abita quelle stanze da diverse generazioni e che è parte integrante della storia del Risorgimento italiano: qui vissero il poeta e patriota Vincenzo Stratigò e sua madre Matilde Mantile oltre a musicisti, medici e uomini di Legge».

«La casa – viene spiegato – mantiene intatto il fascino originario e custodisce libri antichi, abiti originali ottocenteschi o appartenenti alla tradizione locale. Come sottolinea la padrona di casa, sia le tradizioni che la lingua vanno mantenute e tramandate, custodite e diffuse, non per fanatismo ma per un forte e fiero senso di appartenenza. Ci accomodiamo per pranzare, distribuiti in vari ambienti; un gruppetto di fortunati occupa la stanza col caminetto in cui si trova una credenza a muro che mimetizza un rifugio in cui si nascondeva il poeta per sfuggire ai Borboni. Le sorprese continuano… Anna, oltre ad essere un’ottima cuoca, si rivelerà un’impeccabile intrattenitrice: compone, canta, suona, insegna, dirige un coro (i canti spaziano dall’ arbëreshë al castigliano all’italiano) con cui svolge tournée e gestisce il suo piccolo museo del mate, bevanda ricavata dalle foglie di “yerba mate” tipica del Sud America, che si sorseggia per ore chiacchierando e godendo delle gioie della convivialità (“riti matit”, a cui Anna ha dedicato una canzone)».

«Come avrà attecchito a Lungro – conclude il racconto – per averle addirittura dedicato un museo? Varie sono le congetture…qualche emigrato che lo ha fatto scoprire al suo rientro a Lungro, un omaggio a Garibaldi o semplicemente un rituale condiviso per fare ed essere comunità e rinsaldare i rapporti…  Il pomeriggio trascorre intenso e veloce, la pioggia, fuori, è sempre più fitta…torniamo a casa». (rcs)

 

Tavernise (M5S): Rendere covid hospital strutture di Cariati, Lungro, Mormanno, Mesoraca e Scilla

Il capogruppo in Consiglio regionale del Movimento 5 StelleDavide Tavernise, ha proposto di riaprire gli ospedali, oggi dismessi, di Cariati, Lungro, Mormanno, Mesoraca e Scilla, perché vengano adibiti a Covid hospital».

«La crescita esponenziale del numero dei contagiati – ha spiegato – con il consequenziale aumento della domanda di assistenza sanitaria, impone, come annunciato dallo stesso Presidente di Regione, Roberto Occhiuto, una tempestiva e decisa risposta. Risposta che, però, notoriamente deve fare i conti con la strutturale fragilità del sistema sanitario calabrese. A tanto, fanno il passo i rilievi mossi dalla Corte dei Conti recentemente, per cui in Calabria dei 134 nuovi posti letto in terapia intensiva, da aggiungersi agli esistenti 146 già attivi, e alla riconversione in posti di terapia semi-intensiva per 136 postazioni, ci ritroviamo solo 4 nuovi posti di terapia intensiva».

«Tutti gli altri interventi – ha detto ancora – risulterebbero ancora da avviare. Non bastasse, il contributo dei privati alla gestione dell’emergenza sanitaria è stato minimo. Valutata, dunque, nel complesso la rete territoriale calabrese, con interventi solo pianificati, previsti, ma da realizzarsi probabilmente, nel 2022 inoltrato, la riapertura dei nosocomi di Cariati, Lungro, Mormanno, Mesoraca e Scilla, strutture in parte già operative, perché vengano adibiti a Covid hospital risulta essere la risposta più veloce, efficiente ed efficace, all’aumento dei contagi e dei ricoveri. La stessa soluzione a più riprese, nel corso dell’emergenza sanitaria, è stata sollecitata dalle stesse amministrazioni comunali».

«Il Vittorio Cosentino di Cariati – ha detto ancora Tavernise – in attesa di essere riconvertito in ospedale di zona disagiata, offre le adeguate caratteristiche per entrare in funzione in tempi brevissimi a questo scopo. Lo stesso si può dire della struttura sanitaria del Capt di Lungro, con piani interamente ristrutturati ed arredati, nonché delle strutture di Mormanno, di Mesoraca e di Scilla, che presentano ambienti nuovissimi e ampli».

«Le strutture indicate, che in una situazione sanitaria ordinaria, potrebbero, dunque – ha spiegato ancora – garantire oltre 200 posti letto, oggi si presentano come idonee, tanto negli spazi a disposizione, per ogni misura di sicurezza, quanto per impiantistica presente, ma inutilizzata, come la Tac del Capt di Lungro, per essere adibiti a Covid hospital dedicati a ricoveri non intensivi. Strutture che vedrebbero il personale sanitario, in via di assunzione, addestrato a gestire i pazienti in ingresso secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e le linee guida emanate dai Centri di riferimento».

«È giunto il momento di accelerare fortemente – ha concluso Tavernise – perché la Calabria è in grave ritardo rispetto all’emergenza, scaturita dalla quarta ondata della pandemia, e mi rivolgo a voi tutti, perché non ho dubbi di trovarvi sulle mie stesse posizioni. Pertanto, sollecito, altresì, l’inserimento degli ospedali di Trebisacce e Praia a Mare nella rete ospedaliera, nel nuovo piano operativo regionale, riaprendo i reparti per come le sentenze del Consiglio di Stato impongono». (rrm)

FRASCINETO (CS) – Celebrata la Madonna del Carmelo con l’Eparca di Lungro Oliverio

A Frascineto si è celebrata la Madonna del Carmelo e, per l’occasione, il vescovo della Diocesi di Lungro, l’Eparca Donato Oliverio, ha celebrato la Santa messa nella Chiesa dedicata a “San Basilio” in Eianina.

Presenti tra gli altri, in rappresentanza della locale amministrazione comunale, il sindaco Angelo Catapano e il suo vice, Angelo Prioli.

Nel corso dell’omelia, Mons. Oliverio ha esortato tutti a vivere questo particolare momento, con la speranza e la necessaria fiducia per superare la grave crisi dettata dalla pandemia da covid -19. Ha, poi, evidenziato come questo tempo «stia facendo sperimentare la fratellanza umana e universale come mai ci saremmo aspettati, così all’unisono confinati, nei mesi scorsi, isolati, soli, nella famiglia, in comunità, in piccoli gruppi».

«Un’emozione comune ci rende vicini l’uno l’altro – ha sottolineato Mons. Oliverio –. La nostra sofferenza, quella dei no-stri vicini, ci fanno provare una vera compassione verso tutti coloro di cui ascoltiamo la fragilità delle nostre comune umanità».

Il pastore dell’Eparchia di Lungro ha posto l’accento sulle tante testimonianze di solidarietà che in tutto il mondo stanno emergendo: “Buoni samaritani, volontari e di persone anonime di cui nessuno parlerà e che sono numerosi. «Ma – ha avvertito il presule – certamente non mancano l’egoismo e la codardia e tuttavia è bello vedere che l’attenzione fraterna senza confini ha preso il sopravvento».

Trasformazione e cambiamento per Mons. Oliverio, le situazioni di crisi come l’attuale, possono essere viste come un’opportunità per rinsaldare i rapporti con il prossimo, per sentirci parte di un’umanità che è sempre più globalizzata, ma sempre pronta a creare tutte le condizioni per un nuovo umanenismo. (rcs)

In copertina, foto di Francesco Garofalo

Oggi il vescovo dell’Eparchia di Lungro Mons. Oliverio dagli Arbëreshë di Roma

Oggi, domenica 9 febbraio il vescovo mons. Donato Oliverio, il capo dell’Eparchia di Lungo, farà visita alla comunità Arbëreshë di Roma. La solennità dell’incontro sarà segnata dalla Divina Liturgia Pontificale alle 10.30 tenuta da mons. Oliverio alla Chiesa di Sant’Atanasio il Grande di rito Greco Bizantino, nel centro di Roma, in via del Babuino 149. Sarà un momento di grande e intensa partecipazione. L’Eparchia di Lungro – che ha celebrato lo scorso anno i 100 anni – è una piccola diocesi cattolica di rito bizantino che raccoglie i fedeli italo-albanesi che vivono nell’enclave arbëreshe del Cosentino, mantenendo in vita una realtà che ha saputo non disperdere il prezioso e variegato patrimonio della tradizione bizantina nel culto della Chiesa Cattolica.

La storia dell’Eparchia di Lungro risale al 13 febbraio 1919, quando con la costituzione apostolica Chatolici fideles papa Benedetto XV univa in un unico corpo ecclesiale e giuridico i discendenti dei profughi albanesi e greci dei secoli XV-XVIII. «I fedeli cattolici di rito greco – si legge nella Catholici fideles –, che abitavano l’Epiro e l’Albania, fuggiti a più riprese dalla dominazione dei turchi, […] accolti con generosa liberalità […] nelle terre della Calabria e della Sicilia, conservando, come del resto era giusto, i costumi e le tradizioni del popolo greco, in modo particolare i riti della loro Chiesa, insieme a tutte le leggi e consuetudini che essi avevano ricevute dai loro padri ed avevano con somma cura ed amore conservate per lungo corso di secoli. Questo modo di vivere dei profughi albanesi fu ben volentieri approvato e permesso dall’autorità pontificia, di modo che essi, al di là del proprio ciel, quasi ritrovarono la loro patria in suolo italiano».

A Roma l'Eparchia di Lungro

La Catholici fideles era la risposta della Santa Sede alle pressanti richieste di tutela avanzate per lungo tempo dai discendenti del condottiero-eroe albanese Giorgio Castriota Skanderberg, a suo tempo insignito del titolo di “Atleta di Cristo” per l’impegno profuso coi suoi valorosi soldati a difesa, per un quarto di secolo, della libertà e dell’autonomia del proprio popolo e della cristianità europea. L’esodo dei greco-albanesi in Italia si fa risalire a dopo il Concilio di Firenze del 1439, la caduta di Costantinopoli del 1453 e la morte di Skanderberg nel 1468. A spostarsi era un popolo con un proprio patrimonio linguistico ed ecclesiale, orgogliosa della sua libertà e della sua cristianità.

L’Eparchia di Lungro, dalla sua istituzione, ha contato quattro vescovi. Il primo fu mons. Giovanni Mele, eletto ad appena 34 anni che resse l’Eparchia dal 1919 al 1979, cui successe mons. Giovanni Stamati (già coadiuvatore di Mele a partire dal 1967), e, prima di Oliverio, mons. Ercole Lupinacci dal 1988 al 2010. L’attuale vescovo Donato Oliverio ha ereditato una diocesi, saldamente piantata in Occidente dove rende visibile con estrema chiarezza le ricchezze della tradizione bizantina e la bellezza della possibile unità tra i cristiani di Occidente e di Oriente nella differenza delle tradizioni e nella diversità delle lingue.

Mons. Oliverio regge l’Eparchia dalla sede di Lungro, una bella cittadina calabrese di circa 3.000 abitanti, posta sul versante Sud-Ovest della Catena montuosa del Pollino, ai piedi del Monte Petrosa, a un’altitudine di 600 metri sul livello del mare. Il suo trono si trova nella Chiesa Madre di tutte le Chiese dell’Eparchia, la Cattedrale di San Nicola di Mira, costruita tra il 1721 e il 1825. Maestosa nella sua pianta romanico-barocca a croce latina, negli ultimi decenni è stata impreziosita da pregevoli mosaici e affreschi, che la rendono un luogo unico in cui arte bizantina e spiritualità orientale si coniugano felicemente, tanto da portarla ad essere considerata la Chiesa più importante del cattolicesimo bizantino arbëreshë in Italia. Nella sua cupola domina il maestoso Cristo Pantocratore, volto della misericordia del Padre. (rrm)

LUNGRO (CS) – Si riunisce la Conferenza episcopale calabrese

Da oggi, fino al 2 ottobre, a Lungro, si riunisce la Conferenza episcopale calabrese.

L’Eparchia di Lungro, infatti, dopo la storica visita del patriarca Bartolomeo I, è stata scelta come luogo in cui svolgere la riunione autunnale, convocata da Mons. Vincenzo Bertolone, presidente della Cec e Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, dove i vescovi e i presuli calabresi si riuniranno per continuare a lavorare nel solco «di quell’esperienza di ecumenismo sincero, bello, che va nella direzione voluta dai Papi e dal Santo Padre, Papa Francesco, in particolare, negli ultimi tempi».

Martedì prossimo, alle 8.00, i presuli della Conferenza episcopale calabrese celebreranno la divina liturgia nella Chiesa di Santa Maria Assunta di Civita. (rcs)

 

LUNGRO (CS) – La storica visita del patriarca Bartolomeo I

Nei giorni scorsi, a Lungro, a San Demetrio Corone e a Rossano è venuto in visita il patriarca Bartolomeo I, in occasione dei 100 anni dall’istituzione dell’Eparchia di Lungro.

Una storica visita, che ha visto la partecipazione di molte autorità civili e religiose, tra cui Mario Oliverio, presidente della Regione Calabria, Maria Francesca Corigliano, Assessore regionale alla Cultura, Paola Galeone, prefetto di Cosenza, Giovanna Petrocca, questore di Cosenza, Domenico Pappaterra, presidente della Arpacal, Giuseppino Santoianni, sindaco di Lungro e i sindaci arbëreshë e che ha rafforzato il ruolo della Chiese arbëreshë quale ponte del dialogo ecumenico tra Roma e Costantinopoli.

Al patriarca, nel corso della sua visita, sono state consegnate le chiavi della città di Lungro dal vescovo, mons. Donato Oliverio.

Sempre a Lungro, nella Cattedrale di San Nicola di Mira, Bartolomeo I ha parlato del rapporto con Papa Francesco «che vive e si comporta in modo degno del nome che porta, e con il quale ci unisce un amore fraterno stretto e universale dall’amicizia che, entrambi, desideriamo vedere estesa tra il clero e i fedeli delle nostre Chiese sorelle e col quale ho avuto un caloroso colloquio sempre con la piena unione della fede». (rcs)

La foto in copertina è di Ambrogio Frascini.

Il patriarca Bartolomeo I nella città arbëreshë di Lungro

Grande attesa per la comunità arbëreshë di Lungro per l’arrivo, previsto per oggi, del patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I.

Il patriarca, il più insigne rappresentante mondiale delle Chiese ortodosse, sarà accolto dal vescovo di Lungro, Donato Oliverio e dai rappresentanti delle Istituzioni ecclesiali, amministrative e militari calabresi. Prevista la presenza del vescovo di Lamezia Terme, Mons. Giuseppe Schillaci, e di Mario Oliverio, presidente della Regione Calabria.

Alle 18.00, il patriarca Bartolomeo I presenzierà alla preghiera del Vespro nella Cattedrale di San Nicola di Mira e, al suo termine, si rivolgerà ai convenuti.

Nella giornata di giovedì 19 settembre, il patriarca, accompagnato dal vescovo di Lamezia Terme, visiterà la Cattedrale di Rossano, dove si incontrerà con mons. Giuseppe Satriano e il clero della diocesi. Prevista la visita al Museo del Codex.

Nel pomeriggio, infine, il patriarca visiterà San Demetrio Corone, dove inaugurerà, nel complesso della Chiesa di Sant’Adriano, una mostra di icone.

«L’Eparchia di Lungro – ha commentato il protopresbitero e vicario generale della diocesi lungrese, Pietro Lanza – dopo la visita al Quirinale dal Presidente Mattarella il 24 maggio e l’udienza speciale con Papa Francesco il 25 maggio, si prepara per quest’altro grandioso e storico evento, che apporterà benefici al processo di riavvicinamento fraterno dei cristiani, dalla nostra Calabria, terra di santità, di accoglienza e di incontri costruttivi». (zc)

LUNGRO (CS) – Il Premio Cassiodoro

Questa sera, a Lungro, alle 21.30, alla Casa della Musica, la 17esima edizione del Premio Cassiodoro.

Il premio, istituito dall’Universitas Vivariensis e ideato da Demetrio Guzzardi, viene assegnato a quelle personalità che operano e risiedono in Calabria e che si sono distinte nella ricerca e nell’elaborazione culturale, economica e sociale.

Un Premio, dal sottotitolo Memoria e Bellezza, che  è «un’altra vetrina di quanto di buono e di bello possiamo proporre come Calabria, soprattutto come persone. Delle persone che hanno lavorato e che hanno dato molto alla Calabria rappresentandola positivamente, nella nostra Regione, in Italia e nel mondo».

Nel corso della serata, saranno premiati Andrea Monda, direttore “L’Osservatorio Romano”, Josif Droboniku, artista e iconografo, papàs Antonio Bellusci, fondatore Biblioteca Internazionale, Antonio Lotito, cantante lirico, Gaetano Gianzi, “Corigliano per la fotografia”, Lucia Martino, animatrice culturale, Mimmo Sancineto, editore “Il Coscile”, don Dante Bruno, fondatore “Regina Pacis”, e il Coro Polifonico della Cattedrale di Lungro. (rcs)