M5S Calabria: Saremo in piazza a Cosenza per la sanità pubblica e la violenza di genere

I portavoce calabresi del Movimento 5 stelle ha annunciato la loro partecipazione ai due importanti eventi ospitati a Cosenza sabato 9 novembre, riguardanti la sanità pubblica e l’altro la violenza di genere.

«Al mattino – hanno spiegato – avrà luogo la mobilitazione popolare promossa dal Comitato per la sanità pubblica, cui il M5S ha aderito, che, partendo da piazza Loreto alle 09:00, attraverserà le strade della città per rivendicare il diritto dei calabresi a poter essere curati dignitosamente in strutture pubbliche e dunque per denunciare al contempo l’operazione di smantellamento dei servizi socio-sanitari pubblici a favore di quelli privati. In Calabria, a dispetto degli annunci roboanti del nostro governatore, non c’è traccia né delle case della salute né degli ospedali di comunità che bisognerebbe realizzare con i fondi del Pnrr entro il 2026. E le famiglie, il 7,3%, hanno rinunciato a curarsi perché non ce la fanno. Aggiungiamo altro?».

«Tornando a sabato invece –  hanno proseguito i pentastellati – nel pomeriggio avrà luogo un flash mob alle 18:00, sull’isola pedonale di fianco la casa comunale, organizzato dal Centro Antiviolenza ‘Roberta Lanzino’ che ha aderito alla manifestazione nazionale diffusa della rete ‘Donne in Rete contro la violenza’. È fondamentale, infatti, rafforzare la prevenzione alla violenza di genere e la tutela nei confronti delle donne vittime di violenza».

«Per tutte queste ragioni – conclude la nota – è importante scendere in piazza e farsi sentire, esserci. Viviamo tempi difficili, governati da chi, evidentemente, non condivide appieno i principi costituzionali su cui è stata fondata la nostra Repubblica e che pertanto tralascia la tutela dei più fragili e svuota le prerogative dello Stato sociale». (rcs)

Il M5S: Fusione dei Comuni una scelta calata dall’alto

La deputata Anna Laura Orrico, coordinatrice regionale del M5S, Davide Tavernise, capogruppo pentastellato a Palazzo Campanella, Giuseppe Giorno, coordinatore del Movimento per la provincia di Cosenza e Veronica Buffone, assessore al Welfare del Comune di Cosenza, hanno ribadito la loro contrarietà alla fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero, «perché riteniamo antidemocratico un provvedimento calato dall’alto, passato, letteralmente di notte, all’interno, fra l’altro, di una legge omnibus, e sostenuto da uno studio di fattibilità privo di risposte adeguate e concrete, di una visione».

«Nel merito, innanzitutto perché questa legge – hanno spiegato – prevede un referendum che coinvolge a metà i cittadini e le cittadine in quanto ha valore soltanto consultivo ed in secondo luogo perché non interpella minimamente i rispettivi consigli comunali privati dell’opportunità di esprimere un parere attraverso apposita delibera così come avvenuto, ad esempio, nella fusione dei comuni di Corigliano e Rossano».

«Il Movimento 5 stelle – prosegue la nota – è da sempre schierato per l’ottimizzazione della spesa pubblica come spesso avviene per l’unione dei piccoli comuni ma, a parte che non è questo il caso, non si può mica decidere sopra la testa dei cittadini di tre comunità senza considerare vincolanti né la loro volontà né quella delle istituzioni che li rappresentano proprio come le assise cittadine».

«Non vorremmo che questa corsa verso la ‘città unica’ a cui si è fino ad oggi assistito risponda a logiche che poco hanno a che fare con le reali esigenze dei territori ma piuttosto siano collegate ad interessi particolari orientati, invece, a mettere le mani sulla ‘città unica’», hanno concluso i pentastellati, assicurando che appronfondiranno la questione e «innescare un dibattito aperto e trasparente». (rrm)

Reparto Prevenzione Crimine Rende, Orrico e Tavernise (M5S): Non sopprimere presidi di legalità

La deputata e  coordinatrice regionale del Movimento 5 Stelle, Anna Laura Orrico e il capogruppo nel consiglio regionale della Calabria Davide Tavernise, hanno espresso preoccupazione per la possibile chiusura del Reparto Prevenzione Crimine con sede a Rende e auspicato «un potenziamento dei presidi ed invitiamo chi di competenza ad intraprendere tutte le azioni necessarie al fine di scongiurare un danno all’intera collettività».

Quello di Rende, infatti, è un importante «presidio di legalità che ha competenza sull’intera provincia di Cosenza. Siamo a dir poco stupefatti che si possa materializzare un rischio del genere, peraltro in una realtà territoriale ferita da un commissariamento per infiltrazioni mafiose», hanno psiegato i pentastellati, sottolineando come sia «inspiegabile che un governo che declama in ogni sede la vicinanza alle forze dell’ordine, di contro, consenta la chiusura di un presidio permanente che svolge importanti funzioni in tema di sicurezza. È utile ricordare lo stato di ‘guerra’ contro le organizzazioni mafiose che dal tirreno alla sibaritide stanno terrorizzando intere comunità».

«Mantenere attivo il Reparto Prevenzione Crimine sarebbe, invece, un segnale importante per i cittadini per la sicurezza regionale e alla sua gestione efficiente attraverso l’ubicazione di infrastrutture strategiche in luoghi chiave», hanno detto Orrico e Tavernise, ricordando come «affrontare le infiltrazioni mafiose è una sfida complessa e a lungo termine ma, con impegno, determinazione e una strategia ben definita è possibile contrastare e debellare tali fenomeni criminali”». (rrc)

Dl Ponte, il M5S: Governo ha deciso di proseguire con scellerato progetto

I parlamentari del Movimento 5 stelle Riccardo Tucci, Anna Laura Orrico e Elisa Scutellà, dopo il via libera della Camera al DL Ponte, hanno evidenziato come «il Governo Meloni ha deciso di perseverare nel suo scellerato progetto».

In una lettera, hanno reso noto che «in sede di esame conversione del decreto-legge relativo al “Ponte sullo Stretto”, abbiamo presentato un ordine del giorno, in cui chiedevamo di dirottare i 15 miliardi di euro attualmente previsti per la realizzazione dell’opera alla programmazione e all’attivazione con urgenza di interventi utili ad efficientare e migliorare il sistema delle infrastrutture e dei collegamenti viari, autostradali, ferroviari, aeroportuali e portuali calabresi».

«Risultato? L’ordine del giorno ci è stato bocciato», hanno detto i parlamentari, ricordando come «nonostante diversi studi di fattibilità abbiano evidenziato numerose criticità ambientali, geologiche, sociali ed economiche tali da rendere non fattibile la realizzazione del Ponte, il Governo Meloni ha deciso di perseverare nel suo scellerato progetto».

«Lo ha fatto – hanno aggiunto – non tenendo conto del livello deficitario delle infrastrutture calabresi, condizione che finisce per ripercuotersi sulla qualità della vita dei cittadini, sulle attività delle imprese e, di conseguenza, sulle possibilità reali di sviluppo economico e sociale».

«Il Governo Meloni – conclude la nota dei parlamentari  – con questo atteggiamento dimostra di non tenere in debita considerazione le reali esigenze dei cittadini calabresi e il loro sacrosanto diritto alla mobilità. In più, con il perseguimento della riforma sull’autonomia differenziata dimostra di non voler in alcun modo sanare i ritardi esistenti tra le diverse aree del paese, condannando così al sottosviluppo eterno quello che l’Istat ha definito “il territorio arretrato più esteso dell’area euro”». (rrm)

Al via il tour “Insidie e pericoli dell’autonomia differenziata di Roberto Fico e del M5S

di MARIACHIARA MONACOInsidie e pericoli dell’autonomia differenziata, questo è il nome del tour calabrese dell’ex presidente della Camera, Roberto Fico, che insieme ai colleghi parlamentari del Movimento 5 Stelle, arriverà a Cosenza il 3 marzo (presso Villa Rendano, dalle ore 17), per poi fare tappa a Roccella Jonica e a Vibo Valentia, e proseguirà con la seconda parte del tour, il mese prossimo, incontrando le comunità di Corigliano Rossano e Catanzaro, rispettivamente il 14 ed il 15 aprile.

L’argomento centrale del dibattito sarà l’autonomia differenziata, misura che secondo i grillini e una vasta parte del centro – sinistra, comporterebbe rischi e pericoli, soprattutto per il Mezzogiorno.

Ad aspettare l’ex Presidente della Camera ci saranno molti amministratori locali, provinciali e regionali, nell’attesa che il presidente Giuseppe Conte, nomini il responsabile regionale, e quelli provinciali, così da rigenerare la macchina a cinque stelle.

Ma soprattutto, quello a Roberto Fico, è stato un invito rivolto da noti parlamentari calabresi, come Annalaura Orrico, Elisa Scutellà, Vittoria Baldino, Riccardo Tucci, i quali hanno espresso la loro soddisfazione: «Siamo felici che Roberto Fico abbia raccolto il nostro invito e partecipi ad una serie di incontri per discutere in termini pratici, quanto influirà sulle nostre vite l’autonomia differenziata».

«Abbiamo chiamato questo piccolo tour che si articolerà in due fasi – continuano – “Verso sud, la strada per crescere non è l’autonomia differenziata”, poiché riteniamo che il percorso intrapreso dal governo Meloni con la forzatura di una riforma così complessa e così poco condivisa, possa condurre verso condizioni di svantaggio per il meridione e non sia positiva per la coesione del Paese».

L’obiettivo del Governo in carica, attraverso questa misura, è quello di concedere maggiori poteri alle regioni su determinate competenze, attuando quanto previsto dall’articolo 116 della Costituzione. Le regioni che ne fanno richiesta possono ricevere «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia», ma per ottenerle devono raggiungere un’intesa particolare con lo Stato, i cui dettagli devono essere contenuti in una legge approvata a maggioranza assoluta dai membri delle due Camere.

I primi passi iniziarono a muoversi nel non lontano 2017, quando le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, chiesero l’attivazione della procedura per una maggiore autonomia. Dopo alcuni accordi preliminari siglati dal Governo Gentiloni, l’iter si arenò, per poi essere quasi “dimenticato” durante il lungo periodo, che vide il nostro paese in ginocchio a causa della pandemia, nel quale paradossalmente si parlava di unità.

Adesso le condizioni sono cambiate, ed il governo di centrodestra, ha promosso l’intenzione di riattivare la procedura per l’autonomia differenziata. E proprio Calderoli, il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, in quota Lega, nelle scorse settimane ha presentato una bozza del disegno di legge, molto criticata dagli esponenti Grillini e non solo.

«La proposta di legge leghista non è altro che una secessione mascherata che allarga ulteriormente il divario oggi esistente tra le regioni ricche del Nord, e quelle povere del Sud. Per la scuola, i trasporti, la sanità e le infrastrutture attualmente lo Stato spende per un cittadino del Centro-Nord più di 17 mila euro pro capite, mentre per un cittadino del Mezzogiorno mediamente 13 mila euro – sottolinea Tucci – per pareggiare le condizioni tra le due aree del Paese, lo Stato dovrebbe stanziare un fondo perequativo di 80 miliardi all’anno a favore del Mezzogiorno. Risorse che lo Stato non ha e/o si guarda bene dal mettere a disposizione del Sud».

«In più – continua il parlamentare – qualora passasse la riforma Calderoli all’erario nazionale verrebbero a mancare 190 miliardi di euro che le tre regioni più ricche d’Italia, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, tratterrebbero per sé e non verserebbero più allo stato centrale. Un ammanco che bloccherebbe il sistema paese, spaccando l’Italia in due con cittadini di serie A e serie B».

Si tratta dunque di un argomento tutto da approfondire, ed il tour a Cinque stelle, è un’ottima occasione, per toccare con mano ipotesi, soluzioni, proposte. (mm)

Il Movimento 5 Stelle calabrese: Il ddl Calderoli presenta elementi di incostituzionalità

I parlamentari M5S Vittoria BaldinoAnna Laura OrricoElisa Scutellà, Riccardo Tucci e i consiglieri regionali Francesco Afflitto e Davide Tavernise hanno evidenziato come il «ddl Calderoli presenta elementi di incostituzionalità». Un appello, poi, rivolto al centrodestra: «ascolti l’appello dei sindaci».

Anci Calabria nel documento inoltrato a tutti i rappresentanti istituzionali calabresi, ha chiesto la convocazione di un Consiglio regionale aperto sull’autonomia differenziata.

«Da un lato rileva, infatti – hanno detto i 5Stelle – che già la riforma del titolo V della costituzione prevedeva l’istituzione dei Livelli essenziali di prestazione. La loro mancata individuazione ha rappresentato, in questi anni, una delle cause del divario tra le prestazioni offerte nelle regioni del nord e quelle offerte nelle regioni del sud. A tanto corrispondono, infatti, minori trasferimenti erariali a titolo di fondo di solidarietà comunale, per effetto del meccanismo di riparto basato sul criterio della spesa storica, a tutto favore di comuni collocati in aree del Paese più forti».

«A risultarne pregiudicati sono i diritti sociali – vanno avanti i pentastellati – come per esempio la sanità e l’istruzione. Regionalizzare la scuola significherebbe creare 21 sistemi diversi di reclutamento, retribuzione, organizzazione, contrattualistica, quindi didattica. Il progetto di autonomia differenziata dovrebbe, pertanto, partire dalla definizione precisa dei costi necessari per attuare i Lep, iniziando così a dare attuazione all’art. 119 della cost. che prevede, tra le altre cose, un fondo di perequazione per le regioni più svantaggiate».

«Una volta redistribuite le risorse a favore delle regioni più povere – hanno proseguito – allora si può pensare di come distribuire in modo più efficace anche le competenze. Vero è che la costituzione all’art. 5 promuove le autonomie locali, ma a condizione che sia garantita l’unità e l’indivisibilità della Repubblica. Il regionalismo per la nostra costituzione deve essere solidale, senza lasciare indietro nessuno».

«Dall’altro lato, del tutto anacronistico appare, poi – hanno spiegato ancora – la definizione dei Lep attraverso un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, cioè un atto amministrativo generale. La costituzione, infatti, prevede una riserva di legge, secondo autorevoli costituzionalisti, di tipo assoluta: questo vorrebbe dire che sui livelli essenziali delle prestazioni è solo il parlamento a potersi esprimere, non il governo con il supporto di organi tecnici».

«Come può una riforma che tocca i diritti sociali, come salute e scuola – hanno chiesto –, essere relegata ad un intervento tecnico privando della discussione i rappresentanti politici in parlamento? Sulla definizione dei Lep, attraverso Dpcm, infatti dovrebbe, poi, esprimersi il Tar piuttosto che la Corte Costituzionale, pur investendo la riforma i diritti fondamentali dei cittadini».

Garantire quell’uguaglianza sancita dall’art. 3 della costituzione, comporta, dunque, anzitutto definire i fabbisogni standard, per garantire i Livelli essenziali delle prestazioni a tutela dei diritti fondamentali di tutti i cittadini – hanno concluso Baldino, Orrico, Scutellà, Tucci, Afflitto e Tavernise – specie in settori quali sanità, istruzione e mobilità, prevedendo, così, un fondo perequativo a copertura totale delle regioni più deboli. Se Calderoli non intende spaccare il Paese parta, dunque, dalle priorità del sud e abbandoni le mire secessioniste del suo partito». (rrm)

I 5 stelle calabresi: Basta discriminare l’Aeroporto di Crotone

«Basta discriminare lo scalo pitagorico. Merita lo stesso trattamento degli altri aeroporti calabresi». È quanto hanno dichiarato i consiglieri pentastellati Francesco Afflitto e Davide Tavernise con il supporto e la condivisione della deputata uscente Maria Elisabetta Barbuto e la confermata deputata Vittoria Baldino.

Proprio a proposito dello scalo pitagorico, i pentastellati hanno depositato in Consiglio regionale una interrogazione in cui è stato chiesto «quali sono  le ragioni per le quali all’aeroporto di Crotone vengono sempre destinate somme inferiori rispetto agli altri scali calabresi, nonostante le sue potenzialità e la necessità di utilizzare l’infrastruttura per togliere dall’isolamento l’intera fascia jonica calabrese? Quali iniziative urgenti e necessarie, intende assumere la Regione per attivare il sistema ILS e perché non è stato inserito nelle opere da realizzare? Quali motivi impediscono alla Regione Calabria di stanziare per l’aeroporto di Crotone, così come fatto per quello di Reggio Calabria, ulteriori somme per sostenerne i voli? Quale lo stato della conferenza dei servizi per l’imposizione degli oneri di servizio pubblico per il volo Crotone/Roma».

«Sin dall’inizio la Sacal ha manifestato scarso interesse per lo scalo crotonese – hanno detto Afflitto, Tavernise, Barbuto e Baldino –  nonostante lo stesso abbia fatto registrare numeri sempre in crescita e malgrado i pochi voli operati, che pur presentano una media di passeggeri e coefficienti di riempimento per aeromobile superiori agli altri scali. I dati fanno emergere in maniera inoppugnabile che l’aeroporto di Crotone, con meno di un terzo dei movimenti rispetto a quelli di Reggio Calabria, ha avuto un numero di passeggeri pressoché identico. La presentazione del Cis “Volare”, con le decise esigue minori risorse, destinate a Crotone, rispetto agli altri scali calabresi, è solo la riprova dello scarso interesse».

«I 20 milioni di euro del Cis, destinati alla realizzazione della base aerea della protezione civile, nulla hanno a che vedere con lo sviluppo del traffico passeggeri dello scalo – hanno proseguito i pentastellati. Le opere che dovrebbero portare ad una svolta epocale dell’aeroporto di Crotone, in realtà, sono già state annunciate più volte nel corso degli ultimi anni e riguardano prevalentemente interventi di messa in sicurezza del sedime aeroportuale, ne manca il collaudo però, e l’attivazione del sistema ILS, già installato da diversi anni. A Tal proposito nel mese di marzo il Tar Calabria ha accertato però l’illegittima occupazione d’urgenza dei suoli, dove sono state installate parte delle apparecchiature, condannando tra l’altro alla restituzione del bene e ripristino dello stato dei luoghi».

«La Regione Calabria – hanno detto ancora – detiene, poi, l’intero capitale sociale di Sacal e nel mese di settembre ha confermato l’impegno per 13 milioni di euro finalizzati a finanziare gli oneri di servizio dall’aeroporto di Reggio Calabria. Non ha fatto altrettanto però per lo scalo crotonese, l’unica infrastruttura al momento efficiente per togliere dall’isolamento l’intera fascia jonica calabrese ed il suo entroterra, attesa la mancanza di collegamenti alternativi adeguati. Al momento la fascia ionica è infatti alle prese ancora con una linea ferroviaria, non elettrificata, ad unico binario e una statale 106 ad unica carreggiata e un altissimo tasso di incidentalità. A poco serve l’annunciata tratta Crotone/Treviso operata da Ryanair lontana, in realtà, dalle necessità dei cittadini dell’intera fascia jonica».

«L’individuazione delle nuove rotte, da e per Crotone – hanno concluso – richiede una seria valutazione delle esigenze del territorio e il riconoscimento del diritto alla mobilità di tutti i cittadini calabresi che non faccia emergere differenza di trattamento». (rkr)

Misiti (M5S): Successo in Calabria non deve vincolare 5S come “Partito del Sud”

A due giorni dai risultati elettorali, Massimo Misiti, coordinatore regionale del Movimento 5 Stelle, ai microfoni di QuiCosenza ha evidenziato come «successo ottenuto in Calabria non deve incasellare il movimento come ‘partito del Sud».

«Mi piace sottolineare – ha detto Misiti – che il M5S per quanto abbia preso più voti al sud, intende identificarsi in un quadro a caratura nazionale. Questo è l’obiettivo e lo dimostra anche il seggio preso in Lombardia. Certo, la Calabria ha dato un grosso contributo, quasi il 30% dei votanti ha dato fiducia al Movimento 5 Stelle e questa è opera delle iniziative parlamentari che hanno visto il sud e la Calabria gratificata. Abbiamo avuto e sono state fatte determinate operazioni politiche hanno coinvolto tutto il meridione».

Per Misiti, infatti, «c’è già l’impostazione con le aree provinciali, i coordinatori territoriali; ci saranno le aree e i forum tematici che saranno ben distinti e avranno la partecipazione di quelle persone che vogliono far parte del Movimento e che non devono essere necessariamente attivisti».

«Ognuno potrà dare dei contributi – ha spiegato ancora Misiti – con la proposta di valutazione di alcune criticità e le possibili soluzioni. Quindi l’impostazione, lo scheletro, c’è già». 

«Manca l’accensione delle lampadine su chi saranno i responsabili territoriali, provinciali. Si sta solo aspettando la proclamazione degli eletti affinché si possa procedere ad un’assemblea regionale per ratificare quelle che sono delle indicazioni ben definite». (rrm)

LA SCARSA PRODUTTIVITÀ IN PARLAMENTO
SONO DELUDENTI I NUMERI DEI CALABRESI

di FABIO PUGLIESE – La 18esima legislatura della Repubblica Italiana, iniziata il 4 marzo 2018, volge ormai al termine ed il prossimo 25 settembre nascerà un nuovo Governo. Molti dei parlamentari uscenti, in totale sono 30, non sono stati ricandidati e solo per alcuni vi è stata la possibilità di una ricandidatura che potrebbe rivederli tra i 19 parlamentari che la Calabria eleggerà, a seguito del taglio dei parlamentari, appunto il prossimo 25 settembre.

Come hanno lavorato i parlamentari uscenti che aspirano ad essere rieletti? Per capirlo basta andare sul sito web Open Parlamento all’interno del quale è riportato minuziosamente e nel dettaglio tutta l’attività che ogni singolo parlamentare calabrese ricandidato per la prossima legislatura ha svolto negli ultimi 5 anni.

Il bilancio è netto e concorre a farci comprendere quale sia la dimensione di una incapacità politica che la Calabria, negli ultimi anni, ha pagato molto caro anche e soprattutto per merito di una classe politica parlamentare letteralmente miracolata, inetta ed incapace Nel collegio uninominale Cosenza – Tirreno per il Movimento 5 Stelle è candidata Anna Laura Orrico che è anche candidata nel plurinominale insieme ad Enza Bruno Bossio del Partito Democratico. Il confronto tra queste due parlamentari è praticamente inesistente. La Orrico in 5 anni produce davvero molto poco: 2 disegni di legge (di cui nessuno approvato), 1 mozione, 14 interrogazioni a risposta scritta, 2 interrogazioni in commissione, 4 ordini del giorno in assemblea e 3 emendamenti. Enza Bruno Bossio in 5 anni ha presentato ben 16 disegni di legge di cui 6 approvati, una mozione, 3 interpellanze, 10 interrogazioni a risposta orale, 17 a risposta scritta e 32 in commissione. Sono 2 le risoluzioni in commissione, una risoluzione conclusiva, 28 ordini del giorno in assemblea e 158 emendamenti.

Nel Collegio Catanzaro i parlamentari uscenti che aspirano ad essere rieletti sono Wanda Ferro (Fratelli d’Italia – Lega – Forza Italia), ed Elisa Scutellà (Movimento 5 Stelle). Anche qui il confronto è imbarazzante. La Ferro in 5 anni di opposizione al Governo presenta 5 proposte di legge cui una approvata “in materia di compensazione dei crediti maturati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione”. Elisa Scutellà 2 e nessuna approvata. La Ferro presenta 208 interrogazioni a risposta scritta e 29 in commissione. La Scutellà appena 8 interrogazioni a risposta scritta e nessuna interrogazione in commissione. Sono 80 gli ordini del giorno presentate in assemblea dalla Ferro contro le 8 della Scutellà. In 5 anni la Ferro presenta 376 emendamenti contro i 5 della Scutellà…

Nel Collegio Vibo Valentia – Reggio Tirrenica i parlamentari uscenti che ambiscono ad essere rieletti sono la ex “grillina” Dalila Nesci sostenuta dalla coalizione che comprende anche il PD e Riccardo Tucci (Movimento 5 Stelle).  Nesci, che oggi è espressione del partito di Di Maio, in 5 anni presenta 11 disegni di legge di cui 5 approvati. Tucci, invece, niente… Proprio niente. Incredibile ma vero: proprio niente…

Al fine di favorire una buona analisi i è ritenuto opportuno dare rilevanza a tutto ciò che i parlamentari hanno prodotto come primi firmatari. Ciò è importante poiché molto spesso i parlamentari sono co-firmatari di atti su cui non hanno lavorato ma che firmano solo per favorire il collega di partito primo firmatario che coglie l’opportunità di dare peso al proprio lavoro raccogliendo più firme di parlamentari.

Eclatante, infine, il caso di Corigliano-Rossano. Ho voluto approfondire l’analisi per capire anche qual è il risultato prodotto in questi ultimi 5 anni dai quattro parlamentari nella terza città della Calabria dai parlamentari Abate, Forciniti, Sapia e Scutellà. Quest’ultima è la sola ad essere stata ricandidata (peraltro nel collegio di Catanzaro…). Mentre l’Abate, Forciniti e Sapia come è noto non sono stati ricandidati.

In pratica la somma di tutto ciò che in 5 anni è stato prodotto da tutti e 4 i parlamentari del Movimento 5 Stelle eletti a Corigliano-Rossano nell’ultima legislatura è al di sotto di ciò che il solo Giovanni Dima, da onorevole eletto alla Camera dei Deputati della Repubblica Italiana nella 16esima legislatura, ha prodotto da solo nei 5 anni che vanno dal 2008 al 2013. La scelta del confronto con l’on. Dima è dovuta al fatto che Corigliano-Rossano nella 17esima legislatura non ha eletto parlamentari. Quindi, andando a ritroso nel tempo, il primo confronto utile è con l’on. Dima eletto, appunto, nella 16esima legislatura.

Ciò che è emerso lascia davvero senza parole.

Negli ultimi 5 anni l’on. Rosa Silvana Abate ha presentato al Senato della Repubblica italiana solo 2 disegni di legge. I colleghi eletti alla Camera dei Deputati on. Scutellà solo 2, l’on. Forciniti solo 2 e l’on. Sapia 5. In totale, tutti e 4, hanno presentati 11 disegni di legge. L’on. Giovanni Dima da solo, in 5 anni, presentò 12 disegni di legge.

L’on. Abate e l’on. Scutellà in 5 anni non hanno presentato neanche una mozione. L’on. Forcini solo una mentre l’on. Sapia ne presenta 2. In totale 3. Dima, in 5 anni, ne presentò 2.

L’on. Forciniti in 5 anni non presenta neanche una interpellanza. L’Abate e la Scutellà una a testa mentre Sapia ne presenta 7. Tutti e 4 ne presentano in totale 9. Dima, in 5 anni, ne presentò solo 2.

La senatrice Abate in 5 anni ha presentato 8 interrogazioni a risposta orale e 3 a risposta scritta. La deputata Scutellà ne presenta 2 a risposta orale e 8 a risposta scritta, il collega Forciniti solo 1 a risposta orale e solo una a risposta scritta mentre Sapia ne presenta 2 a risposta orale e 90 a risposta scritta. In totale, i 4 parlamentari eletti a Corigliano-Rossano hanno presentato 115 interrogazioni. L’on. Dima da solo, in 5 anni, non presenta neanche una interrogazione a risposta orale ma sono ben 129 quelle a risposta scritta!

La senatrice Abate in 5 anni presenta in tutto 4 risoluzioni. Neanche una per Scutellà, Forciniti e Sapia. L’on Dima in 5 anni da solo ne presenta in tutto 6.

Dima viene superato solo per ordini del giorno (ne presenta 5), contro i 15 dell’Abate, gli 8 della Scutellà, i 28 di Forciniti ed i 25 di Sapia. E per emendamenti poiché Dima ne presenta 14 contro i 200 dell’Abate, i 5 della Scutellà, i 2 di Forciniti ed i 7 di Sapia.

In definitiva, stupisce il dato sull’indice di produttività. Questo prende in esame il numero, la tipologia, il consenso e l’iter degli atti presentati dai parlamentari in modo da poterli confrontare tra di loro. In pratica valuta, in parole povere, la qualità del loro operato svolto nella legislatura.

All’on. Giovanni Dima viene attribuito un voto pari a 179,6. L’on. Francesco Sapia 58,1, l’on. Abate 34,0, l’on. Forciniti 27,5 e l’on. Scutellà 21,9.

Tutti i 4 parlamentari eletti nel Movimento 5 Stelle nella 18esima legislatura a Corigliano-Rossano in totale ottengono un indice di produttività sommato pari a 141,5 che è inferiore a quello ottenuto dal solo on. Dima nella 16esima legislatura (pari, appunto, a 179,6).

Tutti questi parlamentari sono stati – come direbbe Beppe Grillo – “pagati con i soldi dei cittadini” in quanto sono di fatto “dei nostri dipendenti”. È evidente, tuttavia, che mentre alcuni hanno svolto un lavoro tutto sommato accettabile altri, invece, hanno lavorato poco o nulla. Quest’ultimi, il dato lo conferma in modo inconfutabile, sono soltanto i parlamentari ricandidati nel M5S… (fp)

CALABRIA, LA DÉBACLE DEI CINQUE STELLE
SPECCHIO DI UN CROLLO SENZA PIÚ SCAMPO

di SANTO STRATI – Gli intenti di Luigi di Maio appaiono lodevoli, a partire già dal nome scelto per la sua nuova forza politica, “Insieme per i futuro”. Il problema è che risulta inevitabile una domanda cattiva assai: quale futuro? C’è un futuro per gli ex “uno vale uno” che hanno bruciato in poco più di quattro anni un incredibile e straordinario consenso? Frutto, per la verità, più dell’incazzatura degli italiani verso la politica che per meriti reali. 

In Calabria, addirittura, il Movimento 5 Stelle aveva conquistato il 43,36 % dei seggi (18 parlamentari tra Camera e Senato): una valanga inaspettata e inimmaginabile per qualsiasi osservatore politico. Eppure, l’incompetenza, la litigiosità e l’immaturità politica hanno gettato nella acque dello Jonio e del Tirreno un valore aggiunto che aveva sedotto, in modo irruento, gli elettori calabresi.

Basta guardare la “divisione” di un’eredità già di per sé dissipata in modo sciocco, per capire che parlare di futuro per i Cinque Stelle diventa un’improvvida avventura. 

Già c’era stato il primo “terremoto” con la nascita di “Alternativa c’è”, alla nascita del Governo Draghi, poi è comparsa l’altra sigla, dal 9 maggio scorso, cui hanno aderito Bianca Laura Granato, Rosa Silvana Abate e Margherita Corrado, C.A.L. (Costituzione, Ambiente, Lavoro -Pc-Idv) al Senato, dopo l’abbandono dei Cinque Stelle per il gruppo misto il 19 febbraio 2021. Il sen. Morra è un altro che ha abbandonato i 5 Stelle per il gruppo Misto (e non si capisce come abbia potuto mantenere la presidenza della Commissione Antimafia che toccava al M5S). Invece, il sen. Giuseppe Auddino (per la verità uno dei parlamentari calabresi più attivi dei Cinque Stelle) è rimasto al suo posto dopo un serio momento di perplessità. 

Si consideri che dopo tre governi (i pentastellati hanno partecipato ai due esecutivi guidati da Conte e a quello attuale guidato da Draghi) la “consistenza” di quello che fu il “glorioso” MoVimento si è praticamente svaporata. Solo una grande inesistente coesione con la quasi certezza di dire addio per sempre alle aule di Montecitorio o di Palazzo Madama. Della serie, per dirla tutta, “e quando gli ricapita?”.

Di Maio, secondo alcune stime, vale da solo il 2-3% e, tra i calabresi, oltre alla fida Dalila Nesci (nonostante la doppia bocciatura del Movimento alla sua “spontanea” candidatura a presidente della Regione) ha visto dalla sua parte Federica Dieni e Giuseppe d’Ippolito. Non si sa se i deputati che avevano aderito ad Alternativa c’è (Forciniti e Sapia) e le tre senatrici ora “targati” CAL si schiereranno con lui. Di sicuro non con l’ala storica del Movimento che oggi fa capo a Conte, che invece in Calabria può contare sul coordinatore regionale Massimo Misiti, l’ex sottosegretario Maria Laura Orrico, il senatore Auddino e i deputati Parentela, Tucci e Scutellà. Anche il gruppo alla Regione con Afflitto (in guerra con Alessia Bausone per il seggio) e Tavernise, con una dichiarazione all’Ansa ha detto di riconoscere solo Conte.

Cosa significa questa ulteriore dimostrazione di confusione politica? Che la débacle già da tempo iniziata è diventata inarrestabile e vedrà la scomparsa pressoché totale del Movimento. Al quale, peraltro, continua a dare fiducia il segretario del PD Enrico Letta (l’unico forse a crederci ancora), in assenza di proposte politiche dalla sinistra degne di attenzione.

Del resto il ballottaggio di oggi a Catanzaro attesta l’insussistenza politica dei 5 Stelle che pure in Calabria sembravano un drappello che aveva convinto elettori in cerca di nuovi orizzonti. Peccato che, a cominciare dalla (oggi imbarazzante) improvvida dichiarazione di Luigi Di Maio: «oggi abbiamo cancellato la povertà» (a proposito del Reddito di Cittadinanza) per finire alla storiaccia dell’autonomia differenziata che penalizzerà in modo pesante tutto il Mezzogiorno, non si registrano posizioni meritevoli di menzioni tra i pentastellati calabresi.

Si dirà, la vittoria inaspettata ha premiato gente impreparata e politicamente a zero (ma qualcuno si è mai chiesto come sono state scelte le candidature nel 2018?), per cui non ci si poteva aspettare più di tanto. Però da un drappello di 18 parlamentari su 30 era logico attendersi qualche pizzico d’impegno in più. A sfogliare, difatti, gli archivi parlamentari di Camera e Senato non si trovano tracce di grandi iniziative a firma di parlamentari pentastellati a favore del Mezzogiorno e tantomeno della Calabria.

Ci sono state invece polemiche a non finire, litigi sotterranei e posizioni fin troppo personalistiche più per salvaguardare (?) la poltrona alla Camera o in Senato che per risolvere reali problemi della popolazione. Con qualche eccezione, sia ben chiaro (il sen. Auddino si è speso molto per Gioia Tauro), ma – come si dice – una rondine non fa primavera.

Di fatto, la crisi dei grillini è irreversibile, a cominciare dall’Elevato che è sceso troppo a terra per continuare nel suo presunto ruolo celestiale, ma non ci sarà nessun tormento per la continuazione della legislatura. Nessuno (e non solo tra i pentastellati) rinuncerà al cospicuo assegno di parlamentare fintanto che sarà legittimamente dovuto e Draghi potrà chiudere, con fatica – questo sì – una legislatura che  più da governo di salute pubblica appare sempre più di “insofferenza pubblica”.

In Calabria Conte è venuto diverse volte: la prima volta con il Consiglio dei ministri per il decreto sanità, poi con l’allora Ministro per il Sud Provenzano a presentare il magnificato Piano per il Sud. E altre volte, di recente, ha cercato di incantare (senza successo) i calabresi. Però, caduto il Governo  Conte 2, una conquista inaspettata ha premiato i pentastellati con la nomina a sottosegretaria per il Sud della Nesci.  

La ministra per il Sud Mara Carfagna è l’unica alleata del Mezzogiorno contro l’infame progetto del federalismo fiscale e dell’autonomia differenziata che poggia su un altro infame criterio, quello della spesa storica. Per cui – per dirla in breve – chi ha avuto poco avrà ancora di meno, chi ha avuto (e quindi speso) tanto avrà ancora di più. 

In questo scenario dove sono i parlamentari (non solo pentastellati o “futuribili”) calabresi? Stanno a fare i conti sulla riforma (voluta da M5S) che ha tagliato il numero dei parlamentari: un caso di “suicidio assistito” di cui la Repubblica avrebbe fatto volentieri a meno. E tra macerie e rimpianti, sono in molti (grillini) che non hanno mai lavorato che diventeranno, loro malgrado, disoccupati. E non basterà il RdC a risollevarne il morale ed eventualmente riempire (molto parzialmente) il portafogli. (s)