La situazione della Calabria, dal punto di vista dell’abbandono scolastico e della povertà educativa, è tra le peggiori in Italia: Nella regione, quasi 1 giovane su 5 (19%) abbandona la scuola prima del tempo, e il 35,1% dei giovani non studia, non lavora e non investe nella formazione professionale. È quanto è emerso da uno studio condotto da Save the Children nel 2020, che fotografa una situazione che, purtroppo, in Calabria c’è da anni, e a cui, ancora, non è stata trovata una soluzione.
«Non sono solo i dati di partenza diversi tra la Calabria e le altre regioni su diversi fattori – ha spiegato il vicepresidente del Consiglio regionale e consigliere dem, Nicola Irto – ma c’è anche lo stato di salute di partenza delle amministrazioni locali che sono profondamente differenti. In Calabria hanno condizioni drammatiche che ne impediscono l’attività quotidiana, come lo sviluppo di politiche sociali e scolastiche efficaci. Serve dunque un rafforzamento della Pubblica Amministrazione calabrese anche per far fronte all’isolamento sociale di alcune grosse fette di popolazione».
Di queste problematiche, quindi abbandono scolastico, ma anche criticità della rete della formazione, difficoltà logistiche nei trasporti scolastici che rendono complessa la vita delle famiglie e degli studenti, è stato al centro di un webinar dal titolo Povertà educativa, ospitato sui canali social del consigliere regionale Nicola Irto e che ha visto la partecipazione di Domenico Capomolla, referente regionale dell’Associazione Culturale Pediatri, e i contributi di Eliana Ciappina, Assessore alle Politiche sociali del Comune di Palmi, di Carmen Moliterno, vicesindaco del Comune di Gioia Tauro; di Vito Pirruccio, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo “Siderno-Agnana” e Pino Boero, già docente ordinario di Letteratura per l’Infanzia dell’Università di Genova.
Particolare attenzione è stata riservata, negli interventi, all’esigenza della riorganizzazione della rete scolastica territoriale. A segnare difficoltà quotidiane per l’80% dell’utenza scolastica, infatti, è la distribuzione degli istituti a cui si associa un’endemica mancanza di un sistema di trasporti pubblici che sia strutturato e realmente rispondente alle esigenze della popolazione.
«L’incontro odierno – ha detto Irto nel suo intervento conclusivo – è stato un momento significativo, perché ci ha permesso di confrontarci e approfondire l’analisi su temi certamente noti ma che devono essere affrontati con un approccio aperto. Che senso ha decidere burocraticamente l’organizzazione della rete e dell’offerta scolastica regionale, se poi non si conoscono le reali esigenze del territorio, dei docenti, delle famiglie, degli studenti, delle associazioni il cui lavoro è fondamentale per la messa in atto di politiche sociali determinanti per il contesto calabrese?».
«C’è un argomento sul quale saremo chiamati a intervenire presto, e che oggi non siamo ancora in grado di inquadrare pienamente: quanto peserà sul futuro degli studenti più piccoli l’anno della pandemia in cui si sono persi contatti, relazioni, confronti e occasioni di crescita collettiva? Prima della Covid-19, i dati Istat ci dicevano che in Calabria, solo il 25% dei bambini sopra i 6 anni di età leggeva almeno un libro all’anno, oltre a quelli inquadrati nel percorso scolastico. Dopo la pandemia, temo che questo dato già drammatico sarà peggiorato: dobbiamo intervenire al più presto e concertando le attività tra diversi soggetti che possono fare qualcosa di concreto».
«Nessuno da solo può farcela – ha aggiunto il consigliere regionale – sembrerà una banalità, ma è la realtà: per mettere in campo un’azione aggressiva verso la povertà educativa, bisogna avere la capacità di fare qualcosa di concreto, partendo proprio dalla Legge Regionale per la promozione della lettura nella fascia tra 0 e 6 anni (di cui Irto è stato promotore e primo firmatario in Consiglio regionale, ndr) che già abbiamo approvato: non basta che sia una stella al merito della Regione, ma deve trovare concreta applicazione».
Di povertà educative aveva già parlato ampiamente su Calabria.Live il sociologo Francesco Rao, sottolineando come «il nostro sistema scolastico ancora oggi è invaso da molte sacche di esclusione, soprattutto nelle scuole delle aree interne che definirei come uno tra i pochissimi presidi dello Stato e simbolo della legalità. L’emergenza sanitaria e la protratta chiusura delle scuole hanno fatto sparire dal radar molti studenti a rischio seppur vi sia stato un costante impegno svolto da insegnanti e dirigenti scolastici e dalle associazioni impegnate ad affiancare le scuole e i loro alunni per garantire quel supporto al conseguimento degli obiettivi che caratterizzano le Comunità educanti».
«La dispersione scolastica, implicita ed esplicita, oggi più che mai – ha proseguito Rao – sembra essere inarrestabile anche perché alla crescente affermazione del learning loss, ossia la perdita dell’apprendimento, registratosi nel periodo estivo e consistente nella perdita di competenze e conoscenze accademiche rilevabili alla conclusione delle vacanze estive nei paesi che hanno pause lunghe durante l’anno scolastico si aggiunge quest’ennesima fase di sospensione delle attività didattiche che potrebbe trasformarsi in un altro lockdown nazionale».
Tuttavia, per poter vincere la battaglia contro la povertà educativa, ci si deve concentrare su altri temi, come ad esempio la questione della digital divide, che «colpisce molti studenti, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia»: «il 12,3% degli studenti Italiani tra 6 e 17 anni, a marzo dell’anno scorso, non possedeva un computer o un tablet presso la propria abitazione (850 mila in termini assoluti), la quota raggiunge quasi il 20% nel Mezzogiorno. Il 57% degli studenti che possiede un computer lo deve condividere con altri componenti della famiglia e solo il 6,1% vive in famiglie dove è disponibile almeno un computer per ogni componente. Tra le famiglie con minori (0-17 anni) circa 1 su 7 non ha un computer o un tablet a casa (il 14,3%), con differenze geografiche nette: al Sud sono il 21,4%, mentre sono l’8,1% nel Nord-Ovest. Quindi, anche se quasi tutte le famiglie con figli hanno accesso ad internet, magari attraverso il cellulare di un genitore, risulta molto difficile seguire le lezioni online e svolgere bene i compiti a distanza. Diventa invece difficilissimo, per i segmenti sociali più fragili, stampare e scansionare le schede da inviare ai docenti quale attività di restituzione per gli studi compiuti».
«Un’altra criticità riscontrata in passato, divenuta più evidente nella prima fase della pandemia – ha spiegato ancora Rao – afferisce alle competenze in ambito informatico tanto dei discenti quanto dei familiari. L’Istat stima che tra gli adolescenti (14-17enni), impegnati in questa fase con la didattica a distanza in varie forme e livelli di complessità, solo il 30,2% presenta alte competenze digitali, mentre il 3% non ha alcuna competenza digitale e la rimanente parte presentano competenze digitali basse o di base. È particolarmente interessante notare come le ragazze, mediamente con rendimenti scolastici più elevati ed esposte a minor rischio di fallimento formativo rispetto ai ragazzi, presentano complessivamente livelli più elevati per le competenze digitali. In questo caso, il 32% dichiara alte competenze digitali contro il 28,7% dei coetanei maschi».
Il mancato adeguamento tecnologico e la lenta risposta delle Istituzioni, in buona parte ha amplificato le numerose difficoltà strutturali: nelle aree interne della Calabria, ancora oggi la qualità della rete internet è identificabile più come un ostacolo che un valido alleato. A ciò si aggiunge la qualità della dotazione informatica da parte di moltissime famiglie. (rrm)