NON CHIAMATEMI EMINENZA: LA CALABRIA
HA UN CARDINALE: DON MIMMO BATTAGLIA

di PINO NANOCommovente. È quasi straziante l’immagine di questo giovane sacerdote di periferia che sta è diventato Cardinale. Don Mimmo Battaglia che è qui, oggi, nel cuore della Basilica Vaticana, ai piedi dell’altare della Confessione nella Cappella di San Sebastiano, appare più solo che mai. Fantasma di sé stesso, la modestia fatta persona, la semplicità dichiarata e quasi irriverente di chi arriva da molto lontano. Lui era qui in attesa del “giudizio universale” della sua vita futura. “Vi prego, non chiamatemi Eminenza”. Lo guardo da lontano. L’uomo avanza lentamente verso il Papa per ricevere da Francesco l’imposizione della berretta, la consegna dell’anello e l’assegnazione del Titolo. Lo vedo commuoversi più volte, ma chi non lo farebbe? Lo sguardo basso, le mani strette in cerca di aiuto, il volto tirato, ma la fierezza di sempre. Deve essere un’emozione forte, e anche difficile da tradurre in parole scritte. Quello che ha ricevuto da Francesco sull’altare di San Pietro è il frutto reale della riconoscenza di Santa Madre Chiesa per tutto quello che lui ha fatto in favore degli ultimi nella sua terra natale, dove gli ultimi sono ancora la stragrande maggioranza, e dove lui ha vissuto da povero come loro. Attorno a lui migliaia di fedeli, tantissimi sono napoletani, perché don Mimmo è anche il loro Arcivescovo, ma tantissimi sono venuti dalla Calabria, Satriano, Catanzaro, Soverato, Chiaravalle, insomma la sua gente di sempre, i suoi vecchi amici di allora, i “poveri di Calabria” che non hanno mai smesso di considerarlo il loro Messia.

«La fragilità non è mai una sconfitta, ma un’opportunità per aprire il nostro cuore all’azione di Dio, per permettere alla sua grazia di entrare e trasformare le nostre vite».

È la fragilità che ci rende più umani, e, allo stesso tempo, più capaci di comprendere e amare gli altri, fino a “sacrificare tutto in nome dell’amore”.

Non è forse questo l’insegnamento del Vangelo? Non è forse questo ciò che il martire Gennaro ha vissuto sacrificando la propria vita per la fede in Cristo e per l’amore verso i suoi fratelli? Non è forse questo il più alto esempio di amore? Un amore che non conosce limiti, che è disposto a dare tutto, anche la vita, per il bene degli altri, un amore che non è solo un sentimento, ma un impegno concreto, una scelta di vita».

Dopo mezzo secolo, la Calabria torna ad essere presente in Concistoro con uno dei suoi figli più illustri. Prima di don Mimmo c’era stato Giuseppe Maria Sensi, originario di Cosenza, nominato cardinale da Paolo VI il 24 maggio del 1976, e morto all’età di 94 anni il 26 luglio 2001, dopo essere stato Nunzio Apostolico in Costa Rica dal 1955 al 1957, delegato apostolico in Palestina dal 1957 al 1962 e, infine, Nunzio Apostolico in Irlanda e in Portogallo fino al 1976.

Non so se posso dirlo, ma questa di don Mimmo Battaglia sembra davvero la trasposizione della favola del brutto anatroccolo che diventa cigno bellissimo del grande lago della vita.

Nel cuore della Basilica, dove questa mattina il nuovo cardinale di Satriano celebrerà messa insieme al Pontefice, risuona forte la sua preghiera, che è una poesia bellissima, scritta credo l’altra notte, la notte “prima degli esami”, e che lo racconta meglio di qualunque altra nota letteraria o giornalistica che si possa immaginare su don Mimmo. Leggiamola insieme.

«Eminenza buongiorno». Guai a chiamarlo “Eminenza”. «Sono semplicemente don Mimmo, ti prego». E tu rimani interdetto, perché da piccolo ti hanno insegnato che un cardinale è un “Ministro di Dio” e come tale va salutato e va trattato. Ma è lui che ha stravolto ogni canone possibile di confronto e di relazione con gli altri. Povero tra i poveri. Figura di un pastore prestato alla società come strumento di redenzione e di dialogo, uno di quei sacerdoti che per tutta la sua vita ha inseguito i più poveri per aiutarli, e per dare loro conforto. Uno di quelli che pareva essere destinato a rimanere per sempre e soltanto, e per tutta la vita, un profeta del dolore e della miseria, lui figlio del Sud del mondo, in una regione lontana come la Calabria e in una città così piena di problemi come Catanzaro. E invece, un giorno per uno strano gioco del destino il profeta dei poveri diventa vescovo. Anzi, diventa Arcivescovo di Napoli-Capitale del Sud. Da oggi anche Cardinale.

Una delle Omelie più intense e più suggestive di quelle pronunciate a Napoli da don Mimmo, nella sua veste di Arcivescovo di Napoli è il discorso recentissimo dedicato ai sacerdoti della sua nuova Curia, “Preti, seminatori, pellegrini e testimoni di speranza”. Era il Plenum del clero diocesano, 5 novembre scorso, e in questa preghiera pubblica don Mimmo racconta nei fatti quella che è stata poi la sua vita vera e la sua straordinaria missione pastorale da sacerdote e da prete di campagna.

«Ha senso la mia vita? Ha ancora un significato essere prete oggi? In questa notte che a volte sembra non finire è utile ancora essere vigili come le sentinelle di Isaia? Ne vale ancora la pena? Fratelli miei sono certo che la mia risposta convinta è anche la vostra: si, ne vale la pena, eccome!».

«Essere prete in questo tempo e in questo spazio vale la pena perché il nostro servizio diventa ancora più prezioso, come una fiamma che resiste al vento e continua ad illuminare la strada e a scaldare i cuori di chi non resiste al freddo. In un mondo che spesso assume uno sguardo superficiale, dimenticando il desiderio profondo che abita nell’uomo, e la sete immensa di un amore eterno che lo abita, il prete è colui che si gioca la vita per annunciare la fedeltà di un Amore più forte perfino della morte e di un’eternità che inizia già qui, su questa terra, nella misura in cui viviamo secondo il comandamento nuovo di Gesù, il comandamento dell’amore».

«Essere prete in questo tempo vale la pena perché significa costruire la pace non solo in un mondo lacerato da guerre e dilaniato dai conflitti ma nel cuore dell’uomo, che oggi sappiamo essere così complesso, ferito, affamato, da vivere una continua sofferenza, indecisione, che solo una Parola ferma e certa può donare».

«Sì, vale la pena essere prete perché questo tempo, questa nostra terra ha bisogno più che mai di servi della Parola, persone capaci di camminare sulle strade polverose dell’umanità, portando con sé il mistero di un Dio che si fa vicino, in ogni respiro, in ogni sguardo. Ed è lì, nel donarsi silenzioso del presbitero, che la Parola non sdegna di prendere corpo, fino a diventare pane spezzato, capace di nutrire e ridestare la vita in coloro che se ne nutrono».

Grazie don Mimmo. Grazie Eminenza. (pn)

Dal Santuario della Madonna dello Scoglio mons. Oliva ringrazia Papa Francesco

di PINO NANO – «Il riconoscimento ufficiale di questo luogo mariano fa onore a tutta la Regione. Lo Scoglio è destinato ad essere centro di spiritualità aperto a tutti, anche a quanti provengono da altre regioni e nazionalità. Sono presenti gruppi di preghiera in Polonia, in Ucraina, in Germania ed in altri paesi. Dallo Scoglio può riflettersi l’immagine positiva di una Calabria accogliente, capace di far tesoro delle risorse e bellezze del suo territorio. Sono certo che d’ora in avanti si farà attenzione ad esso, rendendolo meglio accessibile attraverso scelte infrastrutturali e recettive, di largo respiro». 

Il vescovo di Locri, mons. Francesco Oliva torna al santuario della Madonna dello Scoglio di Placanica per ringraziare Papa Francesco che ha di fatto riconosciuto lo Scoglio di Placanica luogo sacro di preghiera.

«Siamo qui pellegrini riuniti sotto lo sguardo della Vergine Immacolata nostra Signora dello Scoglio. È il primo pellegrinaggio che facciamo come chiesa diocesana, dopo il riconoscimento ufficiale di questo luogo mariano da parte del Santo Padre. Questo incontro di preghiera è stato programmato di concerto con la santa Sede per ringraziare il Signore del dono ricevuto. Grandi cose ha fatto il Signore per noi, ha fatto germogliare i fiori tra le rocce, in un deserto ha fatto sgorgare acqua pura, ha dispensato tante grazie spirituali, manifestando attraverso Maria la sua infinita misericordia. Tutta la nostra chiesa diocesana ringrazia papa Francesco per questo momento di grazia e di festa». 

Dall’altare di Placanica, davanti ad una folla strabordante e incontenibile il vecchio pastore di Locri si rivolge direttamente a Fratel Cosimo Fragomeni, l’uomo che viene ormai indicato dai media come il padre Pio di Calabria, e dice: «Oggi, forse come mai fatto prima, esprimiamo come chiesa diocesana la nostra gratitudine e vicinanza spirituale a Fratel Cosimo, che ha consacrato tutta la sua vita alla missione che Maria gli ha affidato. Siamo particolarmente uniti ai volontari del Santuario, alla Fondazione Madonna dello Scoglio, ai Testimoni del Rosario, a tutta la famiglia dello Scoglio ed al numeroso popolo dei devoti. Ci sentiamo tutti popolo mariano che davanti all’immagine della Vergine in questo santuario ed in tutti gli altri santuari loda il Signore per le meraviglie operate attraverso questa donna, che ha portato in grembo il Figlio dell’Eterno Padre».

Commovente l’abbraccio che Fratel Cosimo dedica al suo Vescovo, che nella sua omelia spiega in maniera chiarissima il mistero di Placanica: «In seguito al decreto di nulla osta approvato da papa Francesco, la chiesa ha riconosciuto che anche nell’esperienza mariana dello Scoglio c’è stata tanta ricchezza di vita e di grazia dispensata dallo Spirito Santo. Molti fedeli venuti allo Scoglio attraverso lettere, email, testimonianze dirette raccontano delle loro esperienze di conversioni dopo essersi allontanati dalla pratica religiosa, di riscoperta della vita sacramentale, del dono di una guarigione insperata. Il tutto grazie all’intercessione della Vergine Immacolata ed alle preghiere di Fratel Cosimo».

 Ma chi è oggi Fratel Cosimo per la Chiesa ufficiale?

Lo spiega davanti a tutti mons. Francesco Oliva: «Nel “poco” che abbiamo possiamo riconoscere l’esperienza dello Scoglio, l’umile e generosa testimonianza di Fratel Cosimo e di tanti uomini e donne, che frequentano lo Scoglio e qui hanno ritrovato conforto e pace. La Chiesa, dopo un lungo tempo di discernimento, ha confermato che in questo “poco”, allo Scoglio, s’è manifestata la grazia e la benevolenza di Dio. La nostra Chiesa diocesana gioisce per questo e ringrazia Dio che sceglie come interlocutori privilegiati i poveri e gli umili, le periferie esistenziali, i luoghi sperduti e solitari».

E il riferimento di Mons. Oliva va dritto a Fratel Cosimo: «Scopriamo che in questo luogo, a partire dall’11 maggio 1968 un umile figlio di questa terra, fratel Cosimo, s’è trovato al centro della benevolenza del Padre. Sulla grande pietra di calcare scuro (lo scoglio), s’è sentito avvolto in una luce folgorante. Come racconta egli stesso, “in quel momento ho sentito come un brivido attraversare il mio corpo, fui preso da un forte senso di paura e stavo per scappare, perché ho pensato si trattasse di qualche spirito, anche se dall’aspetto sembrava la Madonna…. Mi sono sentito come sconvolto, profondamente turbato, assalito dal dubbio se era veramente la Madonna oppure no. Quando improvvisamente mi vidi abbagliato da una luce accecante…».

Il santuario esplode in un applauso corale. Si coglie con mano una sensazione molto netta, e cioè che mons. Oliva sia davvero uno dei primi fedeli dello Scoglio.

«Tutto ha avuto origine – dice il vescovo – in una esperienza di fede semplice e spontanea. È una fede che esalta la relazione e il legame con Dio. Questa è la fede che Fratel Cosimo cerca di vivere nella Chiesa e con la chiesa, in piena sintonia col papa Francesco ed il vescovo. Questa fede possibile continuerà ad essere annunciata in questo luogo. Con l’avallo ufficiale della Chiesa sarà proposta a quanti qui cercano per sé e per gli altri, cose concrete, bisogni essenziali: il lavoro, l’amore, il perdono, il figlio che non arriva, la guarigione dalle influenze malvagie e dalle cattiverie. A questi bisogni e umane richieste Fratel Cosimo risponde con la preghiera, non illude né indica formule magiche, invita ad aver fede».

Ma dice molto di più il pastore di Locri: «La missione che Maria affida attraverso l’opera fondata da Fratel Cosimo è rendere questo luogo “una finestra verso il cielo”, un luogo dove attraverso la mediazione di Maria s’incontra la misericordia del Padre. Qui la Vergine Immacolata s’è resa vicina, ci ricorda che Dio non si è dimenticato di noi e che la nostra è benedetta da Lui. Chiede a tutti un sussulto di umanità, che lasci dietro di sé ogni rassegnazione, tristezza e scoraggiamento. Fratel Cosimo ci ha sempre ricordato che lo Scoglio ci appartiene, rendendoci partecipi della missione ricevuta da Maria».

«Non ci resta che farla nostra e impegnarci in questa opera mariana. Ce lo chiede non solo Fratel Cosimo, ma tutta la Chiesa dopo il riconoscimento ufficiale. Lo chiede a tutti i sacerdoti, al rettore del santuario ed ai confessori, chiamati ad esercitare in questo luogo il sacramento del perdono ed a spezzare e condividere il pane della vita. Lo chiede per il bene nostro e della nostra terra a tutti gli uomini e alle donne devoti dello Scoglio». 

 

Papa Francesco riconosce la spiritualità della Madonna dello Scoglio

di PINO NANOIn Calabria si parla di Fratel Cosimo Fragomeni da almeno 50 anni, e si parla di lui come di un santo moderno, di un pellegrino di fede che ha scelto di dedicare la sua vita al silenzio e alla preghiera, al servizio verso gli altri, e alla rinuncia di ogni forma di bene materiale per la contemplazione nel Signore Dio Nostro. Nella Locride, la prima volta che andai a cercarlo per intervistarlo, io ero allora ancora giovanissimo cronista in erba, i contadini del luogo mi parlarono di lui come di un novello san Francesco di Paola. 

Bene, oggi a distanza di 50 anni da allora «La Chiesa riconosce ufficialmente il valore spirituale dello Scoglio» che è appunto il luogo di preghiera dove Fratel Cosimo ogni anno riceve migliaia e migliaia di fedeli che arrivano da lui da ogni parte d’Italia e del mondo. Quello che insomma, capitava, quando lei era ancora in vita, a Paravati per Natuzza Evolo. Lo stesso respiro religioso, la stessa voglia di preghiera e di meditazione, gli stessi segni evangelici, o se preferite gli stessi “frutti” cristiani.

A dare l’annuncio ufficiale di questa decisione, che giunge a Locri direttamente dal Vaticano è mons. Francesco Oliva, uno dei vescovi più illuminati di Calabria, un intellettuale della Chiesa moderna al di sopra di ogni sospetto, e che nel corso della sua missione evangelica è riuscito a dare alla Locride il senso vero del messaggio cristiano. Un vescovo alla vecchia maniera, dove l’animo umano conta più di tutto il resto, e dove il rapporto quasi familiare e filiale con il suo popolo ha fatto di lui un testimone amatissimo del suo tempo e del suo territorio.

«Nel giorno dedicato alla memoria della Beata Vergine Maria del Carmelo – dice mons. Oliva – alla luce delle “Norme per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali”, la Chiesa riconosce ufficialmente il valore spirituale e pastorale dell’esperienza dello Scoglio. Con decreto del 5 luglio 2024, emesso dal Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, S.E. Card. Víctor Manuel Fernández, approvato direttamente da papa Francesco, viene infatti concesso il Nihil obstat, che rappresenta il livello più alto di riconoscimento di un fenomeno religioso».

Il Nihil obstat – spiega Mons. Oliva nella sua nota ufficiale – consente di «apprezzare il valore pastorale e promuovere pure la diffusione di questa proposta spirituale, anche mediante eventuali pellegrinaggi», quindi raduni ed incontri di preghiera. I fedeli «sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione».

«Questo riconoscimento – ripete il vecchio vescovo – avviene dopo anni di discernimento e di accompagnamento pastorale della realtà dello Scoglio, in seguito alla mia richiesta al Dicastero per la Dottrina della Fede del 5 giugno 2024. La Chiesa riconosce ufficialmente dunque che l’esperienza spirituale dello Scoglio in Santa Domenica di Placanica, nel corso della sua storia, non ha evidenziato elementi critici o rischiosi né tanto meno problematici di evidente gravità o elementi che contraddicono direttamente l’insegnamento della Chiesa cattolica sulla fede e la morale, che avrebbero potuto provocare scandali e minare la credibilità della Chiesa, ma ha offerto tanti segni di grazia e di conversione».

Per la Chiesa locale è un trionfo, una vittoria per nulla scontata, una scommessa vinta, ma già 50 anni fa la Chiesa locale si era schierata dalla parte di fratel Cosimo, e già allora erano tanti i sacerdoti che arrivavano a Santa Domenica di Placanica per pregare, per concelebrare con lui e per parlare direttamente con il “frate dei poveri”. 

Mons. Oliva porta a casa al suo popolo un regalo che il suo popolo aspettava da anni: «Finalmente – dice – la Chiesa riconosce con atto ufficiale a firma del Dicastero della Dottrina della Fede approvato dal Santo Padre la presenza dell’azione dello Spirito Santo in mezzo a quest’esperienza spirituale di ispirazione mariana, per il bene di tutti i fedeli che vogliono liberamente prestare il loro assenso. Questo riconoscimento che è stato dato alla devozione alla Madonna dello Scoglio è per noi motivo di grande gioia e di viva soddisfazione».

Ma dice molto di più il Vescovo di Locri: «È un segno speciale che lo Spirito Santo vuole dare ai fedeli della nostra chiesa e a quanti frequentano da anni questa realtà mariana: d’ora in avanti possono guardare a Maria più da vicino, avvertendo la sua presenza e l’incoraggiamento a seguire Gesù, anche quando le prove e difficoltà della vita ne rendono più difficile il loro cammino. Adesso tutti, anche coloro i più dubbiosi e scettici, possiamo guardare allo Scoglio liberi di pregiudizi con la consapevolezza che siamo davanti a un dono prezioso fatto alla nostra diocesi e, direi, all’intera Chiesa universale».

Dio solo sa quanti sforzi e quanti sacrifici, e quante delusioni, il vescovo di Locri ha dovuto sopportare e vivere in prima persona in tutti questi anni per raggiungere questo risultato, ma lui è un uomo forte, piccolino di statura, ma pieno di fede e di spiritualità, e con il suo carisma e la sua autorità morale non poteva non vincere.

Aggiunge: «Tale riconoscimento ha un grande significato ecclesiale e dà più serenità a quanti pellegrini da anni frequentano la realtà dello Scoglio. Qui possono continuare a vivere la devozione mariana ed a svolgervi attività religiose e di culto. Invito tutta la Comunità diocesana a rendere grazie a Dio ed a pregare per il Santo Padre Francesco, che attraverso l’approfondita azione di discernimento del Dicastero per la Dottrina della Fede ha accolto la richiesta di nulla osta apprezzando il valore ed il significato della vicenda spirituale dello Scoglio. La storia dello Scoglio è stata scritta e raccontata a lungo. Fratel Cosimo s’è lasciato illuminare dallo Spirito e in collaborazione ed obbedienza ai Vescovi che si sono succeduti nel tempo s’è fatto strumento di Dio in una missione di ascolto delle umane sofferenze che ha presentato al Signore per le mani di Maria. D’ora in poi possiamo frequentare lo Scoglio con la certezza di essere in un luogo sacro toccato dalla Grazia di Dio».

Quanto basta per gridare al miracolo, che è il vero miracolo della fede, della perseveranza, del rigore, della serietà e della trasparenza evangelica. Per la Locride oggi, ma direi per la Chiesa di Francesco oggi è un giorno di gloria. (pn)

Papa Francesco cita Gioacchino da Fiore nel “Messaggio per la giornata mondiale di preghiera per la cura del creato

«Mi piace ricordare quel grande visionario credente che fu Gioacchino da Fiore, l’abate calabrese “di spirito profetico dotato”, secondo Dante Alighieri: in un tempo di lotte sanguinose, di conflitti tra Papato e Impero, di Crociate, di eresie e di mondanizzazione della Chiesa, seppe indicare l’ideale di un nuovo spirito di convivenza tra gli uomini, improntata alla fraternità universale e alla pace cristiana, frutto di Vangelo vissuto». È il passaggio in cui Papa Francesco ha citato Gioacchino da Fiore, nel messaggio per la giornata mondiale di preghiera per la cura del creato”.

Riconoscenza è stata espressa dal presidente del Centro Internazionale di Studi GioachimitiRiccardo Succurro che ha più volte incontrato donandogli la “Concordia del Nuovo e dell’Antico Testamento ” ed Il Libro delle Figure.

In una lettera indirizzata a Riccardo Succurro, infatti, il Sommo Pontefice «assicura un ricordo nella preghiera per tutti i collaboratori del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti affinché possano vedere coronati di frutti positivi gli sforzi dispiegati in favore della diffusione del pensiero di Gioacchino da Fiore».

Gioacchino da Fiore è un monaco-teologo che ha elaborato nel XII secolo un complesso ed originale pensiero profetico basato sulla esegesi concordistica della Bibbia e sulla teologia trinitaria della storia.
Gioacchino da Fiore è l’apocalittico che più ha influito su tendenze e movimenti profetici e millenaristici dell’ Occidente medievale e moderno. La sua visione della storia si fissa nelle immagini e nei calcoli di una rigorosa teologia simbolica e, nella
Storia della salvezza, l’Età dello Spirito rappresenta la piena realizzazione dell’Età del Figlio.
Nelle sue opere Gioacchino da Fiore introdusse un concetto nuovo rispetto al precedente millennio cristiano:
Cristo è l’ asse dei tempi, è il centro della storia.

La storia dell’umanità per Gioacchino è storia della salvezza; sull’intero corso dei tempi del Vecchio e del Nuovo Testamento domina la Trinità: il Padre, autore di tutte le cose; il Figlio che si è degnato di condividere il nostro fango; lo Spirito Santo, di cui dice l’Apostolo “Dove c’è lo Spirito Santo ivi è la libertà”.

Per Gioacchino da Fiore l’Età dello Spirito Santo non rimpiazza l’Età del Figlio, ma la porta a compimento dall’interno. L’abate florense è “lo storiografo dello spirito” che legge una visione adeguata del presente e prospetta l’ordito provvidenziale della prossima età salvifica. (rrm)

IL RICORDO / Gianni Papasso: Dieci anni fa la visita di Papa Francesco a Cassano allo Ionio

di GIANNI PAPASSO – Ricorre il X anniversario della venuta di Papa Francesco a Cassano All’Ionio. onostante lo scorrere del tempo, la data del 21 giugno 2014 è rimasta scolpita nella memoria e nel cuore della gente di Cassano All’Ionio.

Ricevere l’abbraccio e la paterna benedizione di Papa Francesco è stato per tutti un onore ed un privilegio.

Sono ancora vive le immagini e le emozioni di quella giornata particolare ed irripetibile, che resterà incisa in maniera profonda ed indelebile nella storia di Cassano All’Ionio e della Calabria intera.

La gioia ha illuminato gli occhi di ogni singolo cittadino, nel mentre le strade di Cassano e la spianata di Sibari erano stracolme di gente venuta da ogni dove. Ad abbracciare il Santo Padre, quel giorno, è stata una folla immensa, commossa ed allo stesso tempo composta e tranquilla.

Nessun evento negativo e nessun disordine, difatti, hanno turbato lo svolgersi di quella giornata tanto particolare.

Nella giornata in cui si celebra il X anniversario avvertiamo il dovere di esprimere sentimenti di profonda riconoscenza nei confronti di Mons. Nunzio Galantino, per l’Instancabile ed appassionato impegno profuso perché Cassano potesse ricevere l’immenso dono della venuta di Papa Francesco.

Allo stesso tempo, per lasciare un segno tangibile e duraturo nel tempo, insieme al Vescovo Mons. Francesco Savino e al M° Gerardo Sacco stiamo pensando alla realizzazione di un’opera d’arte a ricordo del memorabile evento.

È Innegabile che il passaggio di Papa Francesco nella nostra terra, il suo benevole sorriso e, in particolare, le sue parole hanno acceso una luce di speranza nuova nel cuore di tutti, tanto che il 21 giugno 2014 segna la data di inizio di quel cambiamento di cui si aveva grande ed urgente bisogno.

Le sue parole di condanna alla mafia ed alla criminalità organizzata, culminate con la scomunica, hanno assunto la sembianza di un forte vortice che dalla Spianata di Sibari si è propagandato fino a raggiungere le coscienze di tutti i calabresi e dei cittadini del mondo intero.

Soprattutto, quelle parole   hanno  rinvigorito  l’animo  di noi amministratori, che ci siamo sentiti più motivati e forti, più predisposti a lavorare per costruire  una società migliore, più giusta e  solidale e, specialmente, libera dalla violenza e dalla prepotenza  di quei poteri occulti,  che condizionano la vita degli onesti e pregiudicano  il futuro di questa  nostra terra ricca e bella, che vuole reagire e progredire nella tranquillità dell’ordine sociale, scrollandosi  di dosso definitivamente l’etichetta di “terra amara”.

Dopo quella giornata ci siamo sentiti più predisposti a “proteggere la casa comune”, a custodire l’ambiente ed il bellissimo paesaggio naturale, che il Creatore ha voluto regalare a questo bellissimo lembo di terra di Calabria; soprattutto a lavorare per il benessere collettivo, rivolgendo lo sguardo, in primis, ai bisogni degli ultimi e degli svantaggiati.

La venuta di Papa Francesco è rimasta incisa in maniera indelebile soprattutto nell’animo dei nostri giovani: l’esortazione del Santo Padre a “non lasciarsi rubare la speranza” continua ad essere un faro che  illumina il loro cammino; parole che li guideranno nella costruzione del futuro; che li incoraggeranno  a “pensare alla grande” e  a  “fare rumore”  per cambiare  il destino di questa nostra terra che  per  le potenzialità,  le  ricchezze naturali e culturali che esprime e per la gente onesta, laboriosa  ed ospitale che la abita, può coltivare il sogno di  un domani diverso e migliore. (gp)

[Gianni Papasso è sindaco di Cassano allo Ionio]

A Papa Francesco donato il cedro di Santa Maria del Cedro

di ANGELO ADDUCIEsprimo la mia profonda gratitudine a don Augusto Porso per il significativo gesto di donare a Papa Francesco il Cedro di Santa Maria del Cedro. Questo atto simbolico rappresenta non solo un omaggio alla Santità del Pontefice, ma anche un riconoscimento del valore culturale e spirituale del nostro territorio, ed una conferma dell’efficacia del lavoro svolto dal Consorzio del Cedro di Calabria, che da oltre vent’anni si dedica alla promozione, tutela e valorizzazione di questo prezioso frutto, affermandone in ogni contesto l’universalità e l’unicità.

Vorrei cogliere questa occasione per ricordare e onorare il lavoro di don Francesco Gatto, precursore della cultura del Cedro e figura ispiratrice per la promozione di questo frutto. Don Gatto, già parroco della nostra cittadina e presidente della prima cooperativa del Cedro, ha dedicato la sua vita a far conoscere l’importanza del Cedro non solo come prodotto agricolo, ma anche come simbolo di dialogo e confronto interreligioso e interculturale.

Un ringraziamento particolare va anche al compianto Prof. Franco Galiano, la cui opera meritoria ha contribuito in maniera determinante alla diffusione della cultura del Cedro a livello internazionale. La sua dedizione e il suo impegno rimangono una fonte di ispirazione per tutti noi.

A nome del Consorzio del Cedro di Calabria e di tutta la filiera cedricola calabrese, esprimo la più sincera gratitudine per questo gesto che ha portato il nostro Cedro fino al cuore della cristianità. Questo frutto non è solo un prodotto agricolo, ma un simbolo di pace, di riconciliazione con Dio e di tradizione, valori che Papa Francesco ha saputo apprezzare.

Con questo gesto, la nostra comunità ha avuto l’onore di rappresentare la Calabria e la sua ricca tradizione culturale in un contesto prestigioso. L’augurio è che il Cedro di Santa Maria del Cedro continui ad essere un simbolo di identità, unione e rispetto tra le diverse comunità e culture del mondo. (aa)

[Angelo Adduci è presidente del Consorzio del Cedro di Calabria]

I Vescovi calabresi hanno incontrato Papa Francesco

«È stato un incontro cordialissimo nel quale il Papa ci ha accolto, ci ha ascoltato e ci ha raccomandato prossimità e attenzione alle problematiche del nostro territorio», quello avvenuto tra i Vescovi Calabresi e Papa Francesco, ha raccontato mons. Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio Calabria e presidente della Conferenza Episcopale Calabra a Radio VaticanaVatican News.

Un incontro – dove i vescovi hanno parlato della vita delle loro Diocesi e ripercorrendo temi cari al territorio e anche al Papa: migrazioni, giovani, lavoro e prossimità della Chiesa – avvenuto nell’ambito della Visita ad limina Apostolorium, che si articola in tre momenti: il pellegrinaggio ai sepolcri degli Apostoli Pietro e Paolo, l’incontro con il Pontefice e con i responsabili dei singoli Dicasteri della Curia Romana.

«Col Papa abbiamo potuto mettere in evidenza innanzitutto l’accoglienza, che non è un concetto ‘campato in aria’, è un’accoglienza puntuale – ha detto Morrone – pensiamo soltanto alla problematica degli immigrati. Parliamo di tutta la costa di questa regione: la costa jonica, poi quella tirrenica da Reggio Calabria fino a Crotone, dove un anno fa – ricordiamo – davanti alle coste di Cutro, un barcone pieno di migranti partito dalla Turchia si è ribaltato causando la morte di 94 persone, tra cui 35 minori».

«Ma “la Chiesa c’è – ha rimarcato monsignor Morrone a Vatican News – e seppur, in situazione di affanno e di difficoltà, le nostre Caritas ci sono state in quei momenti drammatici, e se non ci fossero state, penso che le nostre istituzioni avrebbero fatto acqua, diciamo così».

«In due ore intense – ha spiegato Morrone – abbiamo raccontato al Papa che come Chiesa stiamo lavorando nelle nostre realtà diocesane non per trattenere i giovani, perché i giovani devono essere liberi di fare esperienze, ma per riportare le tante eccellenze che sono fuori e che non hanno trovato spazio in Calabria». «Il nostro sforzo, continua l’arcivescovo di Reggio Calabria, consiste nel cercare di sostenere i progetti dei ragazzi, dare “loro gambe”: pensare globalmente e agire localmente».

«Il Papa l’ha fiutato!», ha detto monsignor Morrone, rivelando quanto «l’attenzione del Papa sia stata puntuale nel mettere in evidenza una particolare “fraternità” che c’è tra i pastori della Regione. Una “bella sintonia” che non significa assenza di problemi, ma camminare insieme, un aspetto “tra i più belli».

«Insomma – ha sottolineato il presidente della Cec – il Papa ci ha incoraggiati in questo cammino di fraternità, in questa unità da cui emerge la nostra unicità». Nel confermare nella fede la Conferenza Episcopale della Calabria, il Pontefice ha ribadito anche alcuni pilastri del suo magistero: la missione e la Chiesa in uscita.

«E su questo, noi, grazie a Dio – ha concluso – anche con il percorso sinodale stiamo camminando: ci sono tantissime belle realtà e soprattutto un’umanità che si palpa. Tra le parole che i vescovi calabresi riporteranno nelle loro comunità al termine della visita ad limina, sicuramente il “coraggio”. “Ecco, il Papa ci dice ‘coraggio, procediamo, andiamo avanti’. E questa sua forza ci sostiene: il Papa ci è vicino».

Sull’incontro è intervenuto anche mons. Claudio Maniago, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, sottolineando come il colloquio con Papa Francesco sia stato «raterno per certi aspetti, paterno per altri. Il Papa ci ha messi a nostro agio, ci ha accolti davvero come fratelli che condividono con lui l’importanza e il peso del cammino pastorale delle nostre diocesi, della Chiesa tutta».

«Abbiamo affrontato anche tematiche di tipo sociale – ha detto mons. Maniago – perché la nostra diocesi, le nostre diocesi e anche la nostra terra di Calabria vivono di sofferenze. Il Papa ha chiesto di avere una grande attenzione verso i giovani, per aiutarli in tutto e per tutto, perché possano rimanere o ritornare in questa terra, per non impoverirla ulteriormente, ma anzi per aiutarla ad avere futuro». (rrm)

Gli onori di Papa Francesco a don Salvatore Nunnari

di PINO NANO – «All’ Arcivescovo emerito di Cosenza-Bisignano: “Celebrando il giubileo d’argento dell’ordinazione episcopale, ci congratuliamo con te per il tuo fedele Presepe Apostolico, prima presso la comunità ecclesiale di Sant’ Angelo dei Lombardi, e poi presso la Curia Arcivescovile di Cosenza-Bisignano, con la diligente perseveranza e la provata sollecitudine con cui ha sempre predicato. La verità del Signore nella carità. e per come hai servito Dio in mezzo al popolo, con una testimonianza fedele, e per come hai riempito il suo cuore della consolazione del Signore. Mentre ti manifestiamo il nostro amore con il meglio di tutto quello che si può immaginare, ti impartiamo la nostra benedizione, a te e ai tuoi parenti, chiedendo preghiere per il nostro Ministero Petrino. Firmato, Francesco. Dato a Roma, Laterano, il 4 marzo 2014». 

Questo il testo ufficiale tradotto in italiano, ma scritto in latino, della lettera personale che Papa Francesco ha fatto recapitare a don Salvatore Nunnari, da 25 anni vescovo di Santa Romana Chiesa, nel giorno in cui la Chiesa cosentina ha celebrato in onore di don Nunnari il venticinquesimo anniversario della sua ordinazione vescovile. 

Ma ad anticipare questa lettera autografa del Santo Padre era già stato qualche ora prima l’annuncio ufficiale del Nunzio Apostolico, il Cardinale Emil Paual Tscherrig, che in una lettera indirizzata a don Nunnari sottolinea testualmente di “unirsi ai sentimenti di Sua Santità Papa Francesco”, di volergli formulare “i più fervidi voti augurali”, di voler invocare al Signore “abbondanti benedizioni celesti”, e di volergli manifestare una stima infinita.  

In cattedrale a Cosenza la cerimonia è solenne, corale, autenticamente popolare, una Chiesa strapiena di fedeli come non mai, per questo importante compleanno con la “gente di Cosenza”, cerimonia fortemente voluta dall’arcivescovo di Cosenza mons. Giovanni Checchinato che presiede la concelebrazione, serata intensa e particolare, che nei fatti è poi un “percorso indimenticabile” della vita privata di qualunque sacerdote. Piena di affetto privato è la bellissima l’omelia che gli dedica Padre Giuseppe Morosini, Arcivescovo Emerito della diocesi di Reggio-Bova, e che parla di lui come di un pastore illuminato ed eternamente presente sulle barricate della fede. Non poteva mancare una folta delegazione reggina, vecchi diocesani di don Salvatore che non hanno mai smesso di seguirlo.

59 anni di sacerdozio, 25 da vescovo, Arcivescovo metropolita emerito di Cosenza-Bisignano, Amministratore Apostolico dell’Eparchia di Lungro dal 2010 al 2012, Presidente della Conferenza Episcopale Calabra dal 2013 al 2015, grande devoto della Madonna della Consolazione, storica guida spirituale dei portatori della vara della Madonna della Consolazione, Terziario dell’ordine dei Cappuccini, viene ordinato presbitero da monsignor Giovanni Ferro il 12 luglio del 1964. Un prete di grande carisma e di grande coraggio, un uomo passionale a volte istintivo e determinato, ma che va sempre “là dove lo porta il cuore”. E soprattutto, un uomo libero da tutto e da tutti.

«Venticinque anni di episcopato sono un dono – dice il vecchio presule –. Sono un dono ma sono anche una responsabilità. Quando penso al mio episcopato, lo penso con un disegno: la mitria e la croce. La croce non va cercata, va accolta quando arriva. L’episcopato segnato dalla croce è come un giardino irrigato che produce frutto».

Memorabili rimarranno le sue omelie in tutti questi anni contro lo strapotere delle cosche, soprattutto dopo l’ultimo viaggio di Papa Francesco a Cassano, e dopo la scomunica lanciata dal Pontefice dalla spianata di Sibari ai “mafiosi della terra”. Accanto a Papa Francesco e a mons. Nunzio Galantino, straordinario regista di quella giornata, c’era anche lui quel giorno, don Salvatore Nunnari, che a Sibari accoglie il Papa in nome dei vescovi dell’intera regione e porta a lui il saluto di tutti i sacerdoti calabresi. Giornata storica per la Calabria. 

«Le responsabilità di un vescovo- riconosce- sono tante. Per essere uomo di governo c’è bisogno di tanto equilibrio interiore. La pastorale è composta di tre “P”, preghiera – prudenza – pazienza. Un Vescovo, come un parroco, è uomo di armonia. La Chiesa non si guida con le nostre furbizie, ma con queste virtù». 

La sua missione pastorale inizia a Reggio Calabria nel cuore del quartiere popolare del Gebbione, nella parrocchia di Santa Maria del Divin Soccorso dove arriva subito dopo l’ordinazione sacerdotale. Prima vicario cooperatore, poi parroco fino al 1999, e qui diventa una vera icona del quartiere, punta di diamante dei mille problemi della sua gente, ma anche confessore e amico personale dei più deboli. 

«Una delle grazie che ho ricevuto nella mia vita, è di aver avuto dei Vescovi santi, meravigliosi. Monsignor Ferro mi ha accolto in Seminario, mi ha ordinato prete, di cui ero, come mi scrisse – il mio diletto figlio –. Il mio padre spirituale fu San Gaetano Catanoso. Mi additò la strada della santità, avrei dovuto essere un prete santo. Porto sempre dentro la consapevolezza della mia debolezza, ma il Signore mi ha usato grazia».

Il 26 febbraio 2005 prende possesso dell’arcidiocesi di Cosenza e il 29 giugno successivo riceve il “pallio”, nella basilica di San Pietro in Vaticano, da Papa Benedetto XVI. Sarà quello il primo riconoscimento ufficiale del suo valore e della immensa considerazione che il Papa e la Santa Sede nutrono nei suoi riguardi.

“I santi hanno segnato il mio episcopato. Penso a madre Elena Aiello, diventata beata, a San Nicola Saggio, al beato Francesco Maria Greco, a Sant’Angelo d’Acri. Adesso speriamo che Arcangela Filippelli, la nostra Maria Goretti, venga presto riconosciuta quale bella testimone della fede in terra di Calabria”.

Era stato Papa Giovanni Paolo II a volerlo e a sceglierlo come arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia. 

Era il 30 gennaio 1999. Della serie, “Siamo ancora qui”. (pn)

Il sindaco di Melissa Falbo: Piccoli comuni cantieri di partecipazione

«A poco più di un mese dall’abbattimento di Palazzo Mangeruca, pagina storica, bella ed emblematica per la Calabria, le parole di Papa Francesco sull’opportunità soprattutto per i piccoli comuni di aprire dei cantieri di partecipazione, assumono per noi un significato ancora più profondo: si può favorire un rinnovamento della democrazia, anche dal basso». È quanto ha dichiarato il sindaco di Melissa, Pietro Falbo, tra i 200 amministratori che hanno partecipato all’udienza del Papa nei giorni scorsi e che ha consegnato al Pontefice una targa con inciso sopra: La comunità di Melissa abbraccia Papa Francesco.

«Non possiamo che accogliere con favore – ha aggiunto – l’invito di Francesco a proseguire nel percorso che ci vede impegnati a costruire reti e collaborazioni tra istituzioni e privato sociale per i nostri territori. Si tratta di sinergie positive, che trovano forza proprio nella carenza di risorse che si registrano a queste latitudini».

«E per questo motivo – ha concluso il sindaco Falbo – la nostra missione dovrà essere lavorare sul valore dell’assenza, trasformando i vuoti da riempire in capitale spirituale ed energie da sprigionare e condividere per lo sviluppo eco-sostenibile e durevole delle nostre comunità locali». (rkr)

 

Il sindaco di Tropea Macrì all’udienza di Papa Francesco: Consegnata targa realizzata da Affidato

Il sindaco di Tropea, Giovanni Macrì, ha partecipato all’udienza di Papa Francesco che ha visto protagonisti 200 amministratori Asmel – Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione a degli Enti Locali. Per l’occasione, inoltre, il primo cittadino ha consegnato al Papa una speciale targa realizzata dal maestro orafo Michele Affidato, con inciso sopra A sua Sanità. Con gratitudine.

Il sindaco Macrì si è detto molto motivato dall’esortazione sul ricorso alle diverse forme di intelligenza artificiale che – queste le parole del Papa – se utilizzata non per la distruzione, ma nella logica della cura, della cura delle persone, cura delle comunità, cura dei territori e cura della casa comune, potrebbe risultare una potenza benefica.

Tra i tanti messaggi e contenuti pregnanti e penetranti, dalle cause dell’abbandono e spopolamento delle aree interne e agli antidoti per arginare la dilagante cultura dello scarto, dalle troppe diseguaglianze nella fruizione dei servizi fondamentali all’interno dello stesso Paese alla connessione tra fragilità delle persone e fragilità dell’ambiente sul quale ci sentiamo in prima linea, dalla ricerca di nuovi rapporti tra pubblico e privato alla preoccupazione per la riduzione delle nascite, il richiamo all’uso sociale delle nuove tecnologie è stato probabilmente quello più impegnativo per il governo dei territori.

«L’iniziativa di Asmel –  ha spiegato il sindaco, ringraziando il Presidente dell’associazione, Giovanni Caggiano – è stata un autentico momento di qualità dell’azione pubblica, forte ed importante per tutte le autonomie locali; è stato – scandisce – il migliore inizio d’anno per i sindaci dei piccoli comuni e per la missione istituzionale, sociale, culturale, economica e costituzionale che ognuno di noi interpreta nell’interesse della propria comunità».

«Siamo di fronte ad una chiave di lettura non ideologica – ha continuato Macrì – che condividiamo soprattutto perché obbliga, le istituzioni in primis, a riflettere necessariamente sul governo consapevole della complessità, dell’innovazione e delle sfide che a tutti i livelli si presentano dinnanzi alle classi dirigenti locali, nazionali ed internazionali».

«E la prima sfida rispetto a fenomeni e novità che vanno sapute trasformare in opportunità anche e soprattutto in soluzioni e benessere nei e per i territori periferici e le aree interne come ha più volte sottolineato il Santo Padre resta – ha aggiunto – quella della consapevolezza. Con questo metodo e con questa prospettiva che è tutta pedagogica, ringraziando il Papa per essersi originalmente soffermato con lucidità e spiritualità anche su questo aspetto – proprio sul presente e sul futuro dell’intelligenza artificiale, sulle questioni etiche e sulla e sulle sfide educative, sulle sue applicazioni e su tutte le sue implicazioni sociali, politiche, psicologiche ed economiche che da essa derivano, Tropea si è candidata da tempi non sospetti ad ospitare, promuovere e sostenere, cosa che continueremo a fare con convinzione, eventi nazionali e seminari di formazione». (rrm)