di FRANCO CIMINO – C’è il Presidente. Meno male che il Presidente c’è! E c’è la Calabria. Meno male che la Calabria c’è! C’è questo presidente che assomma su di sé i due più alti valori della Repubblica. La Costituzione, di cui egli è primo garante. E la sua persona, di uomo della Repubblica, fondata sulla Costituzione. Costituzione e Presidente, sono la rappresentazione plastica di due valori irrinunciabili. Immodificabili. Irriducibili. L’unità della Nazione in quanto popolo rivestito di indissolubile identità patria.
È il primo. La Democrazia, quale unione di Progresso e Libertà, della ricchezza materiale e di quella culturale. Della storia nazionale e delle storie locali. Il secondo. C’è la Calabria, che si rappresenta come capitale del Mezzogiorno d’Europa e capoluogo del Mediterraneo. E quale risorsa feconda per riscattare sé stessa e l’intera area del Sud dall’arretratezza e dalla povertà. E dallo stato di debolezza in cui ancora si trova. Per il Presidente, il nostro Presidente, duramente e “felicemente”, l’Europa vera tarderà a realizzarsi se il suo Mezzogiorno non diventerà lo strumento della crescita economica e del Progresso. Qui non si tratta più di ridurre le ingiustizie perpetrate. E neppure di riparare, con interventi produttivi, i danni di un passato secolare. Ovvero, di fare compensazioni di sorta. Si tratta, piuttosto, di praticare la Democrazia che è anima del nostro Paese e dell’Europa che noi vogliamo.
L’Europa quale la nostra Costituzione ha immaginato e ispirato, da De Gasperi a Moro. Sergio, il Sergio Nazionale, per il quale se non avesse un cognome bagnato dal sangue dei nemici della Democrazia, basterebbe davvero solo il nome di battesimo, è tornato in Calabria per la quarta volta, perché crede in questa Europa, in questo Mezzogiorno. In questa Italia. In questa regione. É venuto e ci ha detto parole di incoraggiamento. Parole di riconoscimento. Della nostra buona storia. Dei valori in essa custoditi, quali il coraggio, la perseveranza, la non arrendevolezza, la costanza della speranza. E quell’ottimismo, che spazza via delusioni, amarezze, dolore. Senso della sconfitta. E l’attribuitoci complesso di inferiorità sul nostro essere, invece, umili e generosi. E quello spirito indomito di avventura che ha fatto dell’estremo bisogno e della dura necessità, il nostro viaggio per il mondo. Il nostro solcare gli oceani. Il nostro scoprire “Lamerica”. L’amore per il Paese. C’è sempre per i calabresi un giorno nuovo. Ed è sempre il più bello. Quello che verrà dalla lunga attesa.
È venuto Sergio. Per festeggiare il Primo Maggio. É lui che ha scelto, nella terra affamata di posti di lavoro, quella in cui il lavoro é sfruttato nei nuovi schiavi( dei senza diritti, senza paga, senza dimora, senza famiglia, senza patria, gli scampati alle traversata in mare i stipati nei vani nascosti degli autotreni) due lontane periferie in cui eccelle, invece, la buona imprenditoria, in particolare femminile. Due fabbriche della buona occupazione, che significa buona paga, buona qualità del lavoro, buona produttività, buona produzione della ricchezza e partecipazione di tutti i componenti la stessa, lavoratori e consumatori in primis, alla più giusta redistribuzione. Quella che ne impiega buona parte nella creazione di nuovi posti di lavoro e delle migliori condizioni degli ambienti della fabbrica. Le fabbriche che concorrono a costruire ciò che ci è sempre mancato, anche per colpa della Politica e delle forze sociali.
E cioè, un sistema produttivo organico, operante su un chiaro e moderno progetto di sviluppo complessivo della Calabria nel Nuovo Mezzogiorno. Sergio, il Presidente, ci ha parlato di questo. E del lavoro quale strumento della Democrazia oltre che della valorizzazione della Persona. Nella sua integralità. Il lavoro non più come diritto, ma come forma della Costituzione. Come ragione della Repubblica. Ascoltando le sue parole, mi sono tornate in mente quelle di Aldo Moro e di Giorgio La Pira, due principi della Magna Carta, i quali con questa parola, lavoro, hanno contribuito a superare il lungo stallo sulla richiesta insistita del Pci, che la Repubblica voleva fosse fondata sui lavoratori. É sull’altro valore della Costituzione che il Presidente oggi, ha, con il coraggio della schiettezza, ammonito la politica per i rischi in corso prodotti da una nuova rafforzata istituzionalizzata divisione del Paese.
Divisione della quale l’Autonomia Differenziata rappresenta lo spirito antico non più tanto nascosto. L’egoismo dei già forti nei confronti degli antichi deboli. L’arroganza dei ricchi, che con una mano rapinano le ricchezze dei poveri e con l’altra elargiscono le mance per trasformare la loro stanchezza in rassegnazione.E sarà così che la Costituzione, legge sul premierato alle sue porte, non sarà che bella e cancellata. Per l’avanzata della terza Repubblica, che avrà già trovato cambiati i connotati della Democrazia.
Ma per fortuna Sergio c’è. E con lui gli italiani in quella parte, ancora maggioritaria, che crede nella Repubblica democratica e antifascista, fondata sul lavoro e sulla Persona, mezzo del divenire della Libertà. E, allora, viva questa Italia, viva l’Europa. Viva il Primo Maggio. E viva Sergio, l’uomo a cui davvero basterebbe solo il nome per essere colui che è. (fc)