di MARIA CRISTINA GULLÌ – La triste odissea dei disperati in fuga nel Mediterraneo non si è mai arrestata e le coste dello Jonio stanno diventando sempre più un punto di approdo per centinaia di profughi in cerca di aiuto e di salvezza. Anche Catanzaro è diventata meta di sbarchi e, naturalmente, tutta la città è stata pronta ad accogliere, presente anche il neo sindaco Fiorita sul molo del porto di Lido, a sottolineare – ma non ce n’era bisogno – il grande senso di solidarietà e di fraternità che caratterizza il popolo calabrese. Ma accanto all’appassionata gara di aiuti e solidarietà nei confronti dei profughi non si può ignorare l’assoluta assenza di coordinamento e di organizzazione da parte delle istituzioni. Lo aveva sottolineato il sindaco di Roccella Vittorio Zito alla ministra Lamorgese lo scorso maggio, dopo l’ennesimo sbarco: «da ormai un anno chiediamo che gli organi politici del Ministero dell’Interno assumano la specificità di Roccella Jonica, unico caso in Italia nel quale un ente locale debba assumere su di sé la responsabilità della assistenza ai migranti che sbarcano in porto con questa intensità di numeri. Con i numeri registrati nel 2022, «significa – ha rilevato Zito alla ministra – che dovremmo prepararci a dover gestire numeri 5 volte più grandi del 2021. Significa prepararsi a gestire il soccorso a oltre 25.000 migranti. Possiamo farlo con una organizzazione che non ha gli strumenti, gli uomini, le professionalità adeguate? Possiamo continuare a pensare che l’enorme impegno che deriva dalle operazioni di assistenza possa essere considerato come un ordinario compito istituzionale delle componenti del sistema di soccorso?».
Una situazione che richiede la massima attenzione, come ha stigmatizzato anche il presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso, in un messaggio che esprime la vicinanza e la nobiltà d’animo del popolo calabrese. «Gli sbarchi – ha scritto Mancuso – di donne, uomini e minori al porto di Catanzaro Lido, con diverse centinaia di persone provate, disidratate e stremate che si aggiungono ai migranti che, a ritmo sostenuto, arrivano sulle coste della Calabria, senza dubbio esigono solidarietà e accoglienza umanitaria. Dall’altro lato, però, gli sbarchi a ritmo incessante, continuano a segnalare l’acutizzarsi delle ingiustificabili criticità delle politiche nazionali ed europee di contenimento degli arrivi. E l’urgenza che si intervenga, non più con impegni evanescenti come fin qui accaduto, per evitare che una situazione così difficile, destinata, come tutto lascia intuire, a complicarsi ulteriormente, sfugga di mano».
Secondo il Presidente del Consiglio regionale: «L’accoglienza fa parte della cultura della solidarietà in cui i calabresi eccellono, ma per fronteggiare i tanti problemi logistici che ne discendono, bisogna approntare i mezzi, gli strumenti e le risorse necessarie. Gli arrivi sulle nostre coste, anche per l’incessante pressione migratoria dal Nordafrica, stanno caricando sui Comuni calabresi e sui soggetti preposti ad occuparsene, una responsabilità che da soli, per le difficoltà che fenomeno implica, non possono reggere. Ho già avuto modo di denunciare l’insostenibilità di situazioni così drammatiche che coinvolgono le vite di uomini, donne e bambini, ma ogni volta siamo punto a capo. Amministratori comunali, Prefetture, Guardia costiera, volontari e vigili del fuoco affrontano le operazioni di salvataggio con coraggio e abnegazione. Tuttavia, visto che l’Europa sfugge alle proprie responsabilità, è necessario che lo Stato italiano si doti di un’efficace strategia di contenimento della fuga dalle aree svantaggiate. E al contempo che garantisca un controllo capillare di chi giunge in Italia e finisce in centri d’accoglienza che oggettivamente non possono garantire neppure i diritti primari».
Sul come fare e cosa fare spetta al Ministero dell’Interno dirlo, ma le varie esperienze fin qui vissute negli ultimi anni, evidentemente, non hanno maturato buoni frutti: è il criterio di assistenza che va necessariamente rivisto, soprattutto offrendo a chi scappa dalla guerra e da situazioni di grave pericolo per sé e la sua famiglia, ha diritto di avere aperta qualche prospettiva di vita degna di essere vissuta. L’esperienza di Mimmo Lucano ha insegnato che è possibile pensare in termini di comunità per offrire possibilità di lavoro. che non è solo sussistenza, ma anche dignità di vita e prospettiva di futuro. È difficile, è vero, individuare il percorso ideale perché l’accoglienza si traduca non in una sopportata e sofferta convivenza, ma in un positivo e proficuo rapporto con i residenti. I calabresi hanno nel proprio dna il senso dell’ospitalità e dell’accoglienza e per questa ragione occorre individuare gli strumenti adatti per aiutare e sostenere tutti coloro che vogliono aiutare e sostenere chi cerca asilo nel nostro Paese. Il nostro territorio è arido di opportunità e di occasioni di lavoro, ma ci sono campi incolti, spazi estesi per l’agricoltura, dove sarebbe possibile, con il coordinamento di onlus e associazioni di volontariato, avviare comunità di lavoro e coinvolgere gran parte dei profughi richiedenti asilo. (mcg)