La sua vera passione, mai sopita, da innamorato che non s’arrende mai, è la Calabria: Paolo Bolano, giornalista, regista, autore, nella sua lunghissima carriera ha sempre messo la Calabria al centro dei suoi interessi, e non ha ancora perso il vizio di indagare, provocare, stuzzicare con i suoi interventi, promuovere iniziative per difendere e valorizzare la sua terra e, soprattutto, i giovani che vede, disperatamente, sempre più numerosi andare via. L’ultima sua fatica, ancora in fase preliminare, è un docufilm che farà discutere: ovviamente riguarda la Calabria, e nello specifico si occupa dei figli dei boss, molti degli invisibili che hanno rinnegato la mafia e cambiato il loro nome per ricostruirsi un futuro. «Le colpe dei padri non devono pagarle i figli» è il tema centrale del nuovo lavoro di Bolano che sta raccogliendo materiale inedito sui “figli di mafia” e studiando la documentazione sull’affido forzato (del Tribunale dei minori di Reggio) dei figli dei ‘ndranghetisti. «C’è una storia di sangue, di dolore, di morti, ma c’è anche – dice Paolo Bolano – un filo di speranza che va sostenuto e alimentato. Lontano dal retaggio del malaffare, si forma e cresce la coscienza civica, diventa naturale il rifiuto della violenza, il rigetto di una vita che non si desidera vivere, sulle orme di parenti ‘ndranghetisti».
Bolano non è nuovo ai documentari: nel 1980 rappresentò l’Italia al Festival di Cracovia col suo mediometraggio Violenza (Primo Premio del Ministero del Turismo e dello Spettacolo per regia e sceneggiatura) e il suo ultimo Terroni di periferia (2018) è stato trasmesso da Sky. Ma si perde il conto dei filmati realizzati in Calabria e nel mondo, che vengono trasmessi in più occasioni in Canada e negli Stati Uniti. E pochi sanno che la regia del lunghissimo documentario RAI sul processo di Catanzaro (per la strage di piazza Fontana) porta la sua firma.
Bolano rappresenta una figura di intellettuale che la Calabria non ha mai onorato come dovuto: è stato con Nuccio Fava (poi diventato direttore del TG1) uno dei primi calabresi assunti in RAI, a Roma; ha esordito nel cinema facendo l’aiuto regista nel kolossal Mosè, firmato centinaia di video-inchieste per le più popolari rubriche RAI (A come Agricoltura, QuattroStagioni, AZ, Di Tasca Nostra), lavorando per tutte e tre le testate giornalistiche RAI, per chiudere come caporedattore e coordinatore del TG2 per otto anni prima della pensione. Ma i giornalisti non vanno mai in pensione: sono decine i docufilm dedicati alla Calabria realizzati in questi ultimi anni e non è mancato l’impegno, accanto ad Antonio Salines, col Teatro Belli di Roma a programmare, organizzare e dirigere numerose iniziative di spettacolo di grande respiro nella nostra regione. Attualmente sta lavorando, sempre con Salines, all’adattamento e riduzione teatrale de L’eredità dello zio di Fortunato Seminara, l’indimenticabile scrittore di Maropati. Il teatro è un’altra sua passione: nel 1985, con Santo Strati, ha diretto e prodotto Il Boudoir del Marchese de Sade, nello script originale di Roberto Lerici, proponendo da precursori con uno straordinario tv-film un nuovo e originale modo di “leggere” il teatro attraverso le telecamere: non una ripresa “statica” della scena, ma un attento e partecipato racconto filmico dell’azione teatrale, accentuato da un montaggio-video di valenza cinematografica, quando ancora non c’erano le magie attuali della computer-grafica applicata al video.
Paolo Bolano è anche un formatore in ambito di giornalismo e regia televisiva: ha organizzato e curato numerosi corsi destinati ai giovani, per i quali ha scritto il manuale Operatore Media, un libro che ha tracciato con largo anticipo le figure professionali oggi più richieste: giornalisti in grado di usare tutti i media e operatori multimediali con competenze giornalistiche.
Agli italiani, anzi ai calabresi nel mondo, ha dedicato numerose inchieste giornalistiche e nelle prossime settimane sarà in Portogallo per un docu-film sui tantissimi italiani che hanno scelto (per ragioni fiscali) di andare a soggiornare in quel Paese. Bolano vive tra Roma, Reggio e il mondo: la sua città d’origine gli ha ispirato un pamphlet (L’urlo di Reggio) che costituisce il manifesto di un ideale movimento di popolo che chiede a gran voce che si riapra una nuova “questione meridionale”. «Ma non quella di Giustino Fortunato, dello ‘sfasciume pendulo sul mare’ – avverte Bolano – ma un impegno che tenga conto del Mediterraneo, la vera grande risorsa di tutti i Paesi che vi si affacciano. È nel Mediterraneo la soluzione al sottosviluppo e alla mancata crescita e la Calabria – non dimentichiamolo – è proprio al centro: la posizione ideale da cui far partire iniziative di cultura, conoscenza e lavoro. La Magna Grecia è nata qui, la sua tradizione millenaria è il solco su cui imbastire il processo di rinnovamento e sviluppo di questa terra. Bisogna crederci». (rrm)




Ultimi preparativi, a Reggio, per la 13.ma edizione del Premio Simpatia della Calabria, ideato dall’instancabile Pino Strati con l’associazione da lui presieduta Incontriamoci Sempre. È un premio destinato ai calabresi che onorano con la loro vita, il loro lavoro, il loro impegno, la loro attività, il luogo che li ha visti nascere. È un modo di manifestare il profondo senso di gratitudine dei calabresi ai conterranei che hanno saputo (e sono tanti, in ogni parte del mondo) conquistare un ruolo significativo nelle istituzioni, nella cultura, nella scienza, nel giornalismo, nella gastronomia, nella società, senza mai dimenticare la propria calabresità, anzi facendone importante motivo di orgoglio. Per questo il Premio Simpatia merita attenzione non solo in Calabria, o a Reggio dove si tiene, ma ovunque ci siano calabresi, singoli o comunità, che non dimenticano la propria terra vantano con fierezza le proprie origini.



Sempre quanto alla partecipazione, sotto altro profilo, «abbiamo notato – è stata la riflessione di Falcomatà – che in tanti lamentano la mancanza sulla scena cittadina di una realtà preziosa come quella delle Circoscrizioni. Una realtà utile per un documento, per una segnalazione, per qualsiasi cosa: anche per far capire che non si è abbandonati a se stessi. E utile a un’Amministrazione comunale che, in questi anni, talvolta ha avuto difficoltà anche nell’ordinario. Noi – ha osservato Giuseppe Falcomatà –reintrodurremo uno strumento del tutto analogo alle Circoscrizioni per come le abbiamo conosciute, con un presidente, un Consiglio elettivo e gli uffici, e questo per tre ordini di motivi: per restituire ai cittadini un insostituibile punto di riferimento sul territorio e per le loro istanze, per dare una valvola di sfogo e uno strumento di supporto all’Ente comunale, ma anche per dare ai giovani un luogo in cui formarsi, per ridare loro quell’antica ‘palestra’ politico-istituzionale in cui, in passato, centinaia e e centinaia d’esponenti politici reggini ‘si son fatti le ossa’ nel corso degli anni».






