RISORGE LA SOCIETÀ STRETTO DI MESSINA
È IL PRIMO PASSO CONCRETO PER IL PONTE

di SANTO STRATI – Non è come l’araba fenice che risorge dalle sue ceneri, ma poco ci manca: la Società Stretto di Messina mandata “al macero” nel 2008 da Prodi e riportata a galla da Salvini è il primo significativo passo verso la realizzazione del Ponte sullo Stretto. È un segnale evidente che, forse, stavolta si fa sul serio ma, al di là delle inevitabili polemiche sui soldi sprecati da una Società ideata nel 1971, nata nel 1981 e rimasta a “galleggiare” per anni dopo la la decisione di cancellarla, non si può fare a meno di pensare a quanto tempo sprecato. Se dieci anni fa ci fosse stata la volontà politica, oggi il Ponte sarebbe una realtà e siciliani e calabresi avrebbero potuto raccontare un’altra storia per quanto riguarda i costi dell’insularità e i collegamenti (reali) dell’Alta Velocità. Ecco perché, pur con le dovute cautele del caso, non si può che essere felici di un provvedimento che esprime coesione tra le forze politiche di governo e rappresenta, come detto prima un punto di partenza.

Intanto perché si potrà cominciare a far piazza pulita del cosiddetto benaltrismo («ci sono altre priorità…») di personaggi che parlano senza cognizione e competenza: è un modo – diciamolo – di riconquistare la scena (irrimediabilmente perduta) e di farsi notare. L’argomento Ponte è sempre stato non solo un punto di attrito, ma soprattutto un elemento di distinzione (tra i pro e i contro) per acchiappare consenso, a seconda di come soffiava il vento. Nei giorni scorsi una seria organizzazione ambientale, FareAmbiente, per bocca del suo presidente ha fatto chiarezza sui dubbi di inquinamento e sui rischi di insostenibilità ambientale: il Mezzogiorno, il Paese, l’Europa, tutti hanno bisogno del Ponte e non si può continuare a pensare (sic) che l’ombra possa disturbare i pesci o i piloni fare strage di uccelli migratori. Il territorio calabrese e siciliano scontano un’arretratezza non solo imbarazzante (per la classe politica degli ultimi 50 anni) ma anche non più sopportabile. E il Ponte rappresenta il volano di una crescita, di uno sviluppo che permetterà, finalmente, di parlare di futuro.

Fino a oggi è mancata, vergognosamente, una visione di futuro e le opere immaginate, progettate e, spesso, mai completate costituivano un contentino per la popolazione e un’opportunità di “visibilità” per il politico di turno. Tutot questo deve finire, i calabresi e i siciliani non sono solo studi, ma sono decisamente incazzati. E il Ponte rappresenta – con buona pace dei quattro gatti che si strappano le vesti in nome dell’«ambiente violato», il “grimaldello” per aprire una cassaforte di proprietà, che in tanti sono riusciti a tenere sigillata, quando si è trattato di investimenti destinati al Sud.

Bisogna dare atto a Matteo Salvini che, una volta tanto, non ha fatto promesse da marinaio. ha detto, anticipato e presentato il suo provvedimento che rilancia l’opera più straordinaria del mondo. Pensate all’attrattiva turistica che potrà costituire, se realizzato:verrebbero da ogni parte del mondo per vederlo, per riempirsi gli. occhi dei colori dello Stretto, ammirare di persona i meravigliosi Bronzi di Riace al Museo di Reggio, scoprire gli incanti di Calabria e Sicilia sotto ogni punto di vista. artistico, culturale, paesaggistico e, non da ultimo, eno-gastronomico. Il Ponte, oltretutto, è anche opportunità di lavoro e occupazione per tutta la durata dei lavori (dai muratori ai progettisti, dai tecnici agli ingegneri, dai ristoratori e albergatori a professionisti specializzati. SI prevede, a spanne che serviranno 25mila addetti nel suo complesso: immaginate cosa significa in termini di indotto per il territorio. E C’è un prima, un durante e un dopo.

Secondo il Presidente Occhiuto, che aveva incontrato col Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, il ministro delle Infrastrutture Salvini prima della presentazione del decreto sulla Società Stretto di Messina, «Il Ponte sarà una grande occasione per il Sud del Paese e un grande attrattore di investimenti infrastrutturali, ma occorrerà parallelamente lavorare per sviluppare al meglio le opere complementari indispensabili per raggiungerlo agevolmente». E l’occasione del decreto ha offerto l’opportunità di evidenziare al ministro «l’urgenza di realizzare una variante di circa 26 km dell’autostrada A2, nel tratto tra Cosenza e Altilia. L’Anas – ha detto Occhiuto – ha già avviato uno studio preliminare, che prevede lotti funzionali per l’avanzamento dell’opera.
Servono dunque stanziamenti da parte del governo nazionale per iniziare i lavori. In tutto occorrono 2,6 miliardi di euro: 400 sono già nelle disponibilità di Anas, sarebbero dunque necessari altri 2,2 miliardi – da reperire nell’Accordo di programma con Anas – per poter procedere alla realizzazione dell’opera.
«Con il ministro Salvini – ha detto ancora Occhiuto – ho parlato anche della Strada Statale 106. Nella scorsa legge di bilancio l’esecutivo ha stanziato 3 miliardi di euro, per la tratta da Sibari a Catanzaro Lido. Occorre adesso avere dei nuovi finanziamenti per il completamento della parte Nord della Ss Jonica e per proseguire a Sud, fino a Reggio Calabria. Ho chiesto, inoltre, al ministro di velocizzare l’impiego delle risorse per alcuni tratti della SS106, per i quali c’è già la progettazione definitiva. Il ministro mi ha assicurato che entro il 31 marzo Anas bandirà il segmento della Strada Statale 106 tra Cutro e Catanzaro».

Ecco cosa significa il decreto varato ieri: si rimette in moto non solo il “sogno” del Ponte ma ripartono le opere infrastrutturali che serviranno a dare massima funzionalità all’opera. E Salvini, giustamente, ha rivendicato il suo impegno. Secondo il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il decreto «consente l’immediato riavvio del percorso di progettazione e realizzazione dell’opera». La “riesumazione” della Società Stretto di Messina lascia immaginare che si ripartirà dal progetto del 2011 che però deve essere adeguato adeguato alle nuove norme tecniche, di sicurezza e ambientali. E il nuovo iter autorizzativo – spiegano al Ministero – dovrà bollinare il ponte strallato più lungo del mondo (3,2 km) «che rappresenterà il fiore all’occhietto dell’arte ingegneristica italiana».

Salvini non ha nascosto l’entusiasmo unito all’orgoglio di avere portato al Consiglio dei Ministri (che l’ha approvato) il decreto di realizzazione del Ponte: «Una giornata storica – ha detto il vicepremier leghista – non solo per la Sicilia e la Calabria ma per tutta l’Italia: dopo 50 anni di chiacchiere questo consiglio dei ministri approva il ponte che unisce la Sicilia al resto d’Italia e all’Europa». Grazie all’opera – ha sottolineato verrà dato «lavoro vero per decine di migliaia di persone per tanti anni». Un’opera «fortemente green» e “sicura”, che verrà certificata dai più qualificati ingegneri delle  migliori università italiane e straniere: L’Italia vanta una competenza ingegneristica che il mondo ci invidia: il Ponte sarà la conferma di una capacità di costruzione che fa scuola a livello internazionale.

Certo, non entusiasmiamoci per un “semplice” decreto: l’approvazione del progetto esecutivo richiede tempo (8si parla di luglio 2024 per far partire i lavori), ma ribadiamo è un importante segnale che sta cambiando l’aria. Il decreto revoca. lo stato di liquidazione della Società Stretto di Messina e la rimette in pista consentendo, soprattutto, di chiudere il pesante contenzione con l’ex Impregilo (oggi Webuild) e la Parson per  le penali scaturite dall’annullamento della realizzazione dell’opera. Il nuovo Consiglio di Amministrazione sarà composto da cinque membri, di cui due designati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), a cui spetterà rispettivamente la carica di presidente e di amministratore delegato, un membro designato dalla Regione Calabria, un membro designato dalla Regione Sicilia e un membro designato da Rfi Spa e Anas Spa. Il Collegio sindacale è composto da cinque membri, di cui tre membri effettivi e due supplenti. Un CDA così composto, con la solida partecipazione di Mef e Mit, è la conferma che il Governo attribuisce una importanza strategica all’opera: il nuovo Consiglio della Stretto di Messina avrà un bel daffare per riprendere da dove si era tutto fermato. Sia chiaro: non è una tiepida speranza, potrebbe davvero essere una magnifica (e monumentale) realtà. (s)

QUEL NORD CHE ANCORA DISPREZZA IL SUD
PER COLPA DI VILI E IGNOBILI PREGIUDIZI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Una tempesta tropicale. La si potrebbe definire così la polemica che ha visto protagonisti Pierfrancesco Majorino, candidato presidente alle Regionali in Lombardia per il PD e il M5S e il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto. Causa scatenante, le dichiarazioni rilasciate dal candidato che avrebbe detto: «Regione Lombardia non è la Calabria, è una Regione che ha grandi potenzialità, un sacco di gente che si dà da fare, ha tante persone sul territorio impegnate in progetti sociali, culturali».

Dichiarazioni che non sono sfuggite al Governatore, tanto da averlo definito «scemo», sottolineando come «simili personaggi disprezzano il Sud».

Un «cretino – ha detto ancora Occhiuto in un video su Facebook – perché non sa che anche la Calabria, come la Lombardia, ha tante opportunità, tante possibilità, e ha tante persone che vanno a lavorare e che meritano rispetto. Meritano anche il suo rispetto, lui non lo sa perché evidentemente è proprio un cretino. Quindi, Majorino, come dicono i miei amici lombardi, lascia stare la politica, va a lavurà».

Una polemica che si è spenta quasi subito, con le scuse da parte del candidato lombardo: «volevo chiedere scusa per una espressione che mi è uscita un po’ infelice, questa mattina, in una trasmissione televisiva, in cui parlavamo delle difficoltà della Regione Lombardia. Ho detto che la ‘Lombardia non è come la Calabria’. Ed è sembrato quasi che mi potessi riferire ai cittadini calabresi, alla loro voglia di fare, ai loro talenti. Amici calabresi, davvero, scusate. Non intendevo assolutamente offendere la vostra creatività e forza. Anzi, credo che Lombardia e Calabria debbano collaborare ancora di più per buone politiche di sviluppo, buone politiche culturali, buone politiche sulla sanità per tutti. Detto questo, ho sbagliato e, quindi, chiedo scusa».

Scuse che sono state accettate dal Governatore, sottolineando che «per me la polemica si ferma qui».

«Certo – ha chiosato – non so se le scuse di Majorino saranno accettate anche dai tantissimi calabresi che vivono e votano in Lombardia».

Polemica finita? Forse, ma bisogna fare i conti dei danni dopo la tempesta. A ricordare a Majorino che in Lombardia ci sono «tantissimi Calabresi, tantissimi meridionali, che hanno fatto grande la nostra terra», è Licia Ronzulli, presidente dei Senatori di Forza Italia, sottolineando come «se oggi  la Lombardia è la regione più produttiva del Paese, la locomotiva d’Italia, è anche grazie a chi ha lasciato la sua terra, i suoi affetti, le sue radici, per venire qui a dare una mano e a renderci orgogliosi di ciò che siamo e di ciò che possiamo esibire anche all’estero».

Non ci va leggero nemmeno Giuseppe Mangialavori, presidente della commissione Bilancio alla Camera e coordinatore Fi della regione Calabria, evidenziando come «il candidato Majorino ha perso una ottima occasione per tacere. Il suo paragone è infausto, vergognoso ed offende non solo i calabresi ma tutti gli italiani».

«Majorino – ha detto Mangialavori – mostra di non conoscere la splendida realtà della regione Calabria, che non solo vanta un patrimonio artistico e culturale che tutto il mondo ci invidia, ma un tessuto imprenditoriale di tutto rispetto, menti capaci, lavoratori dediti e laboriosi che hanno fatto grande anche la regione Lombardia e non solo. Non basta ora chiedere scusa e dire ho sbagliato, troppo facile. Così come è troppo facile stracciarsi le vesti contro l’autonomia differenziata, in nome di una Italia unica e indivisibile, e poi lanciarsi in paragoni che di fatto svelano il vero pensiero della sinistra».

«La regione Calabria – ha concluso Mangialavori – ha grandi potenzialità, così come molte regioni del Sud. Con il progetto di autonomia differenziata che il centrodestra vuole mettere in atto, avrà risorse e mezzi per esprimerle appieno. Questa è la differenza tra noi e loro».

Non si sprecano nemmeno i commenti sotto ai video del Governatore e del candidato lombardo di tanti calabresi. Un utente commenta: «siamo stanchi, come meridionali, di essere in continuazione insultati ed offesi nei vari programmi televisivi!». Un altro ancora, dicendo di essere un calabrese che vive in Lombardia, scrive: «più che la boutade di majorino mi sconvolge il pattume per le strade quando torno in Calabria. Ma quando andare alla cittadella non vedete lo schifo sulla due mari? C’e tanto di cui vergognarsi nella nostra bistrattata terra».

Francesco Filippo, rivolgendosi al presidente Occhiuto, pone una riflessione: «Majorino poteva evitare di dire certe cose e magari perderà dei voti per questo perché ha offeso la Calabria e i Calabresi e tanti vivono in Lombardia ma il punto secondo me è proprio questo, perché tanti calabresi vivono o si curano al Nord, purtroppo devo dire che quello che ha detto Majorino lo pensano in tanti, ma lui l’ha detto. Bisogna invertire la rotta far cambiare idea a queste persone con i fatti, mi auguro che lei Presidente possa riuscire in questo faccia in modo che i calabresi siano orgogliosi della Calabria ovunque essi siano».

Antonietta Pastore, dal Piemonte, scrive: «Quel “signore” non sa che il motore della Lombardia sono i tantissimi e bravissimi uomini e donne del sud che hanno lasciato il cuore a casa loro e portato braccia e cervello al Nord. Quanti lombardi originari del posto vivono e producono lì e quanti i meridionali di varie generazioni? Il PD continua a fare bellissimi regali agli altri partiti, anche a quello dei non votanti. Abbiamo capito in tanti che devi essere “speciale” per stare nel PD, sebbene con qualche sparuta eccezione».

Questa bagarre tra Majorino e Occhiuto ha acceso, ancora una volta, i riflettori sui temi più critici della Calabria: l’emigrazione, la sanità in frantumi, il poco lavoro e una pessima reputazione.

Proprio nei giorni scorsi, all’insediamento della Giunta dei Calabresi nel mondo, il prof. Mauro Alvisi ha relazionato sul tema La tutela reputazione della Calabria.

«Per troppo tempo si è raccontata una narrazione distorsiva e lesiva di questa straordinaria e antichissima terra. Tanto da farne un clichè disforico, di luoghi comuni tendenti al vilipendio del popolo calabrese in Italia e nel mondo», ha detto Alvisi, focalizzandosi, poi, sulle «fascettature che influiscono negativamente sulla reputazione della nostra regione: La Calabria è ultima in Italia per alcuni indicatori quali, ad esempio, le infrastrutture. Sarebbe più semplice ovviare ai problemi collegando la viabilità interna, senza abbandonare il progetto cardinale del ponte sullo Stretto».

«Per non parlare, poi, del fuoco amico – ha rilevato Alvisi – cioè tutti i conterranei che purtroppo cadono nel gossip facile del discredito della terra d’origine, diffondendo leggende lesive sulla Calabria. I media, in particolare, internazionali, nazionali e perfino locali drammatizzano spesso morbosamente e in modo eccessivo sui problemi locali».

Ma non sono solo questi il problema. L’esempio lo ha dato proprio il candidato Majorino, con la sua infelice uscita. E non importa che abbia chiesto scusa, perché le sue parole sono la rappresentazione perfetta del pensiero lombardo, della maggior parte del Nord, che vede il Meridione come una colonia da sfruttare, un frutto da cui spremere fino all’ultima goccia per poi buttarlo via. Bisogna smetterla con questo pensiero. Bisogna smetterla con la narrazione sbagliata di un Sud che non lavora e che non è laborioso. Tanti politici ed esponenti hanno detto, tante volte, che «il Sud può fare da traino all’economia del Paese». E poi uno ci crede. Ma poi arrivano queste dichiarazioni e tutto scoppia come una bolla di sapone.

Prendendo in prestito le parole dello scrittore e giornalista Pino Aprile, «io mi sono stufato di sentir parlare colpe e dei demeriti del Sud». (ams)


NESSUNA INDULGENZA, SCUSE DA RINVIARE AL MITTENTE

Gran parte dei nostri attuali politici (si fa per dire…) non manca ogni giorno di deliziarci di “perle” che ispirirerebbero almeno un sorriso, se non fossero terribilmente il segnale di un decadimento totale della classe politica. Lo scivolone di Majorino non si può cancellare con le pronte scuse offerte dall’insensato (e dilettantesco) politicante di turno, perché è ora di pretendere dalla classe dirigente un minimo di serietà e di sobrietà nei discorsi, a qualunque titolo e su qualsiasi tema. È facile parlare a vanvera sapendo poi di potersene uscire con “scusate, n’è scappato”. No ,questa volta ci permettiamo di suggerire nessuna indulgenza perché prendano nota tutti gli oppositori del Sud (purtroppo ce ne sono a valanga) che la Calabria, i calabresi, ma tutto il Mezzogiorno, non ci stanno più a subire e sopportare insulti frutto di preconcetti che si pensavano superati e sepolti dall’intelligenza dei cugini del Nord. Invece, la mamma dei cretini è sempre incinta. E se ne renderà conto Pierfrancesco Majorino, alias signor “perdifacile alle elezioni”, quando farà i conti, in Lombardia, con un milione e ottocentomila calabresi che vivono lì e hanno portato ricchezza e prosperità alla “sua” terra e che si sono sentiti umiliati e offesi da un signor nessuno. (s)

Il commosso ricordo di Riccardo Misasi con l’ex presidente Nisticò in Senato

Commosso e sentito ricordo in Senato per Riccardo Misasi: una testimonianza voluta dell’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Nisticò, che ha dedicato allo statista calabrese un importante tributo con un libro edito da Rubbettino. Nisticò ha chiamato nella Sala Nassiriya a testimoniare la loro ammirazione per una personalità straordinaria come quella di Misasi numerosi esponenti del mondo della politica e della cultura. All’evento hanno partecipato i familiari di Misasi, la sorella Gianna, i figli Titina e Maurizio e diversi nipoti del politico calabrese.

Nisticò, nella sua introduzione, ha spiegato le ragioni per cui è rimasto sempre affascinato da Misasi che ha definito da neuroscienziato come a “beautyful mind” al pari del premio Nobel John Nash e di altri Premi Nobel come Renato Dulbecco. «Questa sua intelligenza superiore – ha detto Nisticò – è da considerare un dono di Dio».

Accanto alla genialità come pensatore, filosofo, storico, politico ed economista, secondo Nisticò, Misasi è stato l’erede della dottrina etica di Pitagora di cui era letteralmente impregnato perché ha sempre tenuto in alta considerazione nella sua vita i principi di tale scuola e di quella civiltà italica di circa tremila anni a.C. e cioè la dignità della persona, l’amicizia, la solidarietà verso le persone più deboli e più fragili e il senso della libertà intesa come mancanza di dipendenza da valori effimeri e materiali come il dio denaro, la moda, il potere.

Nisticò ha voluto anche ricordare il contributo fondamentale – da protagonista – di Misasi per la nascita dell’Università della Calabria e, in seguito, negli anni 90 delle due Facoltà di Farmacia, una a Catanzaro e l’altra a Cosenza. Così oggi – ha detto Nisticò – non mi rendo conto di queste lotte sterili e inutili per la nascita della Facoltà di Medicina a Cosenza. La nostra visione pionieristica, quella di Misasi e la mia, oltre trent’anni fa, si è dimostrata ampia e strategica nel rispetto delle esigenze della gente comune e, in particolare, dei pazienti e dei loro familiari nonché dei giovani, la valorizzazione del vero patrimonio di talenti di cui la Calabria è ricca, i quali potranno dare un contributo alla qualità della vita dei calabresi ma anche di quelli che hanno bisogno in Italia e in tutto il mondo dal momento che c’è una carenza di personale medico».

Infine, Nisticò è rimasto sempre ammirato dalle doti profetiche alla Gioacchino da Fiore di Riccardo Misasi, il quale aveva lucidamente previsto che dopo la diaspora della DC, a seguito di un ventennio di dominio berlusconiano, questa si sarebbe riunificata mettendo al centro la politica con la P maiuscola: cioè di qualità, ricca di contenuti, aperta al confronto nel rispetto delle diverse idee.

Al tavolo della presidenza, oltre a Nisticò, il sen. Mario Occhiuto – che ha moderato con sobrietà ed eleganza il dibattito come sarebbe piaciuto allo stesso Misasi – il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli, lo scrittore Franco Cimino, il quale ha tenuto un’apprezzatissima lectio sul pensiero politico di Riccardo Misasi, e il direttore di Calabria.Live, media partner dell’evento promosso da Pericles International Academy.

Tra il pubblico, il sen. Nicola Irto, l’on. Marco Folini, il prof. Luigi Frati (già Rettore della Sapienza e pupillo di Misasi in campo universitario), il Presidente della Fondazione La Sapienza Eugenio Gaudio (già Rettore della stessa), Luca Marcora, l’on. Mario Tassone, l’on. Ettore Rosato, l’on. Angelo Sanza, l’on. Peppino Gargani, l’on. Bruno Tabacci, l’avv. Anna Falcone, il direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda, il prof Steven Nisticò, Francesco Trebisonda e il nuovo dirigente della Sicurezza del Senato Luigi Carnevale.

La Rettrice della Sapienza, impossibilitata a partecipare, ha fatto pervenire un messaggio in cui ha voluto sottolineare il ruolo significativo di Riccardo Misasi: «Uomo colto e di cultura, economista e servitore dello Stato, è stato una persona sensibile e attenta ai più deboli, importante per l’Università italiana e per il nostro Paese.

Ministro del Commercio con l’estero dal 1969 al 1970 e per due volte Ministro della Pubblica Istruzione prima dal 1970 al 1972 e poi dal 1991 al 1992, nel corso dei suoi mandati ha favorito l’accesso all’Università delle Studentesse e degli Studenti dei ceti meno abbienti, anche consentendo ai diplomati degli Istituti tecnici l’iscrizione ai corsi universitari. Il suo impegno a servizio delle Istituzioni è continuato durante il periodo 1988-1989, in cui è stato Sottosegretario alla Presidenza del Governo De Mita, a beneficio dell’Università, della Ricerca Scientifica e dei giovani.

Riccardo Misasi – ha ricordato la Rettrice Polimeni – è stato tra i padri fondatori dell’Università della Calabria (UNICAL), contribuendo dapprima alla sua creazione negli anni ‘70, e poi dando un contributo all’istituzione delle due Facoltà di Farmacia a Catanzaro e Cosenza negli anni Novanta».

Numerosi i messaggi di saluto, tra cui quello del ministro della Salute Orazio Schillaci e dell’Università e della Ricerca Scientifica Anna Maria Bernini, nonché quello di Gianni Letta, e Paolo Cirino Pomicino, impossibilitati a partecipare all’incontro.

La sottosegretaria all’Interno on. Wanda Ferro, invece, ha seguito in streaming tutto il dibattito e ha voluto far sapere di essere rimasta ammirata dalla qualità degli interventi che hanno tracciato con spessore e grande onestà intellettuale la figura di un vero statista, straordinario faro della politica non solo calabrese ma nazionale.

Nell’incontro si è parlato di Misasi prendendo spunto dal libro curato da Nisticò e pubblicato da Rubbettino, dove figurano, oltre agli scritti di Nisticò, ben 16 contributi che tracciano un ritratto eccellente di uno straordinario protagonista della politica italiana. Molto apprezzato il capitolo a firma dell’on. Gino Pagliuso (che non ha potuto presenziare per motivi di salute), il quale, nel ricordare la sua amicizia con Misasi durata tutta la vita ha rivelato alcuni particolari inediti del caso Moro. Come raccontato dal figlio Maurizio, Misasi si era proposto per uno scambio di persona per riportare in libertà Aldo Moro, dimostrando una generosità veramente unica ed eccezionale.

Particolarmente apprezzato il ricordo fatto dal vicepresidente Gasparri il quale ha sottolineato l’esigenza di superare steccati ideologici quando il confronto appare la via migliore per un dialogo tra parti opposte. Ha considerato e ricordato, pertanto, Misasi come statista e non come esponente della sinistra di base, il cui operato rimane tangibile nel tempo.

Un discorso ripreso con una certa commozione dal presidente Roberto Occhiuto, il quale, nel ricordare i suoi primi passi in politica guardando come esempio Misasi, che allora era ai vertici della politica in Italia, e forte dei suoi insegnamenti, ha indicato nello statista calabrese un modello cui si devono ispirare le nuove generazioni.

Il prof. Cimino ha ripercorso il cammino politico di Misasi, soffermandosi sulla qualità dell’uomo che prevaleva su quella del politico, l’attenzione verso i più deboli, la cura dei rapporti personali della stessa valenza sia nelle sedi istituzionali sia nei piccoli centri dove i suoi comizi incantavano i presenti.

Anche il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli si è soffermato sulle qualità dell’uomo che hanno forgiato egregiamente un grande politico e intellettuale al quale il Paese deve molto.

Di grande suggestione i ricordi del prof. Luigi Frati, dell’on. Tassone, dell’on. Tabacci, dell’on. Gargani. Il dibattito è stato chiuso da una prolusione intensa e apprezzatissima del figlio Maurizio che ha parlato della dialettica della diversità e di quanto abbiano inciso alcune “assenze” durante gli immeritati attacchi subiti dal padre nell’ultimo periodo della sua intensa vita.

Una grande emozione, dunque, per ricordare un figlio illustre della Calabria, la cui memoria rimane solida e dovrà essere oggetto di ulteriori approfondimenti perché indichi una traccia significativa e ricca di spunti per le generazioni future. ν

Lettera aperta al presidente Occhiuto: Chiarisca le sue intenzioni su Azienda Dulbecco

Di VALERIO DONATO – On. Presidente

Nei giorni scorsi ha ripetutamente affermato, al fine di salvaguardare la decisione di istituire un nuovo corso di studi in Medicina a Cosenza, che avrebbe preservato e supportato, nelle Sue qualità di Commissario ad acta, l’Università di Catanzaro e che non ci sarebbero state esitazioni nell’avvio dell’integrazione delle Aziende Ospedaliere di Catanzaro [Azienda Pugliese-Ciaccio ed Azienda Mater Domini].

In realtà, come da tempo denunziato, le attività e gli atti da Lei posti in essere sembrano piuttosto protesi a “rallentare” e “allontanare nel tempo” la istituzione della Azienda Ospedaliera integrata di Catanzaro. A tal fine sono impiegate “conclusioni” giuridiche assolutamente infondate, con le quali si tenta di non far partire un’Azienda Ospedaliera con circa 850 posti letto, con un danno gravissimo al sistema sanitario regionale, all’economia della Città di Catanzaro, oltre che in modo contrastante con la volontà espressa dal Consiglio regionale, mediante la Legge regionale che istituisce la Azienda “Dulbecco”. 

Ed infatti, la “costruzione” esposta nel Dca 162/2022, per l’avvio della Azienda Dulbecco, è fondata su due presupposti: 1: Il Provvedimento di costituzione dell’Azienda Mater Domini del 1995 [Decreto del Presidente della Regione Calabria, 8 febbraio 1995, n. 170], sarebbe nullo. Tale decreto sarebbe stato adottato in virtù di una norma [art. 4, comma 4, d. lgs. 502/1992], dichiarata incostituzionale [Corte costituzionale, 28 luglio 1993, n. 355]. Sì che sarebbe necessario che l’attuale Governo della Repubblica adottasse un provvedimento per “sanare” questa illegittimità, mediante una “conversione”.

2. L’Azienda Dulbecco, scaturente dalla fusione per incorporazione dell’Azienda Pugliese-Ciaccio nella Azienda Mater Domini – come previsto dalla Legge Regionale 33/2021 – costituirebbe unaazienda nuova”, per la quale sarebbe necessaria una procedura particolarmente complessa e lunga, secondo la disciplina allo stato vigente.

Tutto ciò non è vero! 1. L’interpretazione esposta nel DCA 162/2022 trascura, infatti, di considerare che la norma dell’art. 4, comma 4, del d. lgs. 502/1992, dichiarata incostituzionale nel luglio del 1993, è stata “sostituita” dall’art. 5, del d. lgs. 517/1993, adottato ed entrato in vigore nel dicembre 1993. La nuova disposizione derivante dal suddetto D.Lgs. 517/93 prevedeva espressamente che Le regioni possono altresì costituire in azienda i presìdi ospedalieri in cui insiste la prevalenza del percorso formativo del triennio clinico delle facoltà di medicina e chirurgia, i presìdi ospedalieri che operano in strutture di pertinenza dell’università. In virtù di tale norma, la Regione Calabria ha adottato la Legge Regionale 26/1994, nella quale si prevedeva che il Presidio Ospedaliero Mater Domini è costituito in Azienda Ospedaliera con decreto del Presidente della Regione. In applicazione della Legge Regionale 26/1994, l’allora Presidente della Regione ha costituito l’Azienda Mater Domini, con atto 8 febbraio 1995, n. 170. Dunque nessun vizio di nullità. Nessun atto governativo è dunque necessario per sanare e/o convertire alcunché.

Le opinioni diverse, pur rintracciabili in dottrina [E. Caterini, E. Jorio, Quelle Aziende ospedaliere universitarie italiane “fantasma”, in https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=110020, 31 dicembre 2022, secondo i quali il DRGR 170/1995, con cui è stata costituita l’Azienda Mater Domini, sarebbe nullo in quanto lo stesso rintracciava il suo presupposto giuridico in una norma dichiarata incostituzionale 18 mesi prima dalla consulta depositata il 28 luglio 1993] hanno probabilmente trascurato la disposizione [art. 5, d. lgs. 517/1993, intervenuta dopo la sentenza della Corte costituzionale], per la quale, giova ribadire, le Regioni potevano costituire in Azienda i Presidi in cui insisteva il la prevalenza del percorso formativo del triennio clinico delle Facoltà di medicina.

2. La Legge Regionale che istituisce l’Azienda Ospedaliera Dulbecco [Legge regionale, 16 dicembre 2021, n. 33] prevede che questa sorga per effetto della fusione per incorporazione dell’Azienda Pugliese Ciaccio nell’Azienda Mater Domini, secondo un percorso ed un meccanismo persino suggerito dalla Corte Costituzionale. Dalla fusione per incorporazione non può nascere una «nuova» azienda. Giuridicamente, con l’atto di fusione una società – che “conserva” la propria individualità e autonomia e prosegue la propria esistenza senza soluzioni di continuità – ne assorbe una o più, le quali si estinguono. Né d’altronde l’Azienda si potrebbe considerare «nuova» perché connotata solo da una diversa denominazione [nella specie Azienda “Dulbecco” in luogo di Azienda “Mater Domini”]. La modificazione della denominazione non produce l’estinzione della società incorporante [vale a dire della “Mater Domini”], quanto una mera modificazione dell’atto costitutivo [così per tutti, Corte d’Appello Lecce-Taranto, 29.05.2014]. In ogni caso, qualora l’effetto del cambio di denominazione fosse ritenuto controverso, il legislatore regionale potrebbe modificare comunque la legge 33/2021 per “mantenere” all’attuale azienda ospedaliero-universitaria, la denominazione “Mater Domini” e/o legittimare la modifica della denominazione in un tempo immediatamente successivo e ogni problema sarebbe risolto.

Né ben inteso la procedura potrebbe essere gravata da preventivi pareri da parte della Corte dei conti, come affermato da una prospettiva dottrinale [E. Caterini, E. Jorio, Le fusioni nella sanità, in Astrid, 18, 2022, p.4 e s.], poiché, come attestato dalla Corte dei Conti, Sezioni Riunite, N. 19/SSRRCO/QMIG/2022] è da escludere l’operazione di fusione per incorporazione, sia per gli enti soci dell’incorporante che per quelli dell’incorporata, dal campo di applicazione della rinnovata funzione assegnata alla Corte dei Conti dall’art. 5, commi 3 e 4, , TUSP, in quanto tale vicenda non risulta equiparabile né alla costituzione di una società nell’acquisto di una nuova partecipazione in società già esistente.

È dunque evidente che le interpretazioni esposte nel Dca 162/2022 siano protese a ritardare quanto più possibile la istituzione della Azienda Ospedaliera Dulbecco, per criticità che [pur inesistenti] avrebbero potuto essere affrontate tempestivamente nell’anno trascorso dalla approvazione della Legge Regionale 33/2021; nel mentre è stato repentinamente [ed in modo non conforme alla legge] sottoscritto il Protocollo d’Intesa tra la Regione e l’Unical per l’attivazione del corso di Medicina a Cosenza.

On. Presidente sembra indispensabile, dunque, un chiarimento. Se, come da Lei dichiarato, Ella ha davvero la volontà politica di a) preservare il sistema sanitario “regionale”, implementarlo e svilupparlo al fine di dare alla sanità calabrese strutture adeguate; b) supportare le strutture sanitarie di Catanzaro e di c) mantenere fede alla volontà espressa dal Consiglio regionale con l’integrazione delle Aziende Pugliese-Ciaccio e Mater Domini, non dovrebbe esitare a rettificare il DCA 162/2022 e avviare con decisione la istituzione della Azienda Dulbecco. Altrimenti la Sua esposizione non potrebbe che essere interpretata alla stregua di mero esercizio retorico, utilizzato al fine di convincere tutti i calabresi che così si perseguirebbe il bene di tutta la collettività regionale, mentre in verità si consegue soltanto la cura del proprio territorio di elezione. (vd)

Fondazione Terina: il nuovo Commissario è Antonella Cauteruccio

Con la nomina del nuovo commissario della Fondazione Mediterranea Terina finalmente il presidente della Regione Roberto Occhiuto ha posto fine alla lunga telenovela che riguarda la concessione dei locali della Terina per la realizzazione dell’Istituto Renato Dulbecco a Lamezia.

La nuova commissaria è la dottoressa Antonella Cauteruccio, funzionario regionale, molto esperta e che conosce bene le vicende della Fondazione Terina, essendo stata lei stessa già commissario Straordinario tra il 2017 e il 2018.

Al nuovo commissario sono andati gli auguri più vivi per un pieno successo del prof. Giuseppe Nisticò direttore generale della Fondazione Renato Dulbecco, auspicando si possa chiudere presto l’ormai annosa questione del Renato Dulbecco Institute, facendo approvare in tempi rapidi la convenzione con la quale sono concessi i locali, come da delibera della Giunta regionale, per la realizzazione dei laboratori scientifici del Renato Dulbecco Institute di Lamezia Terme.

Ciò permetterà di poter avviare l’appalto dei lavori di ristrutturazione e adeguamento e realizzare laboratori in GMP e GLP secondo standard europei per ricerche di biotecnologie mediche volte allo studio di nanoanticorpi (prodotti biotecnologici innovativi il cui brevetto è di proprietà della stessa Fondazione Dulbecco) per il trattamento di forme di cancro resistenti alle terapie attuali, nonché per la certificazione della qualità e sicurezza dei prodotti agroalimentari della Calabria. Quest’ultima mission è stata più volte indicata fondamentale e inderogabile dall’assessore regionale all’ Agricoltura Gianluca Gallo per favorire e incrementare la messa in commercio e la distribuzione nel mercato globale delle tipicità calabresi.

Il presidente Occhiuto sta seguendo personalmente l’iter burocratico e amministrativo per far diventare realtà questa importante infrastruttura di eccellenza della Ricerca Scientifica in Calabria, come si era già impegnato negli incontri avuti con il premio Nobel israeliano Aaron Ciechanover e con il prof. Roberto Crea, direttore scientifico del Renato Dulbecco Institute.

Nei prossimi giorni il presidente Occhiuto insieme con il prof. Giuseppe Nisticò, commissario della Fondazione Renato Dulbecco, beneficiaria del contributo a valere sui fondi del PNRR, dovranno incontrarsi con il ministro degli Affari europei e per il Sud Raffaele Fitto per definire i dettagli della negoziazione in atto con l’Agenzia per la Coesione Territoriale del Ministero e anche per ottenere una proroga fino a fine giugno 2023 per l’avvio dei lavori di ristrutturazione.

Il prof. Nisticò ha colto questa occasione per ringraziare il prof. Vincenzo Mollace dell’Università Magna Graecia di Catanzaro per il ruolo fondamentale che sta svolgendo in qualità di vicepresidente della Fondazione stessa nella preparazione della documentazione per la concessione dei locali, la loro ristrutturazione e i progetti da portare avanti in sinergia con la Regione Calabria. (rcz)

L’OPINIONE / Santo Gioffrè: Occhiuto spieghi perché la Calabria non è uscita dal Piano di Rientro

di SANTO GIOFFRÈ – Sono, oramai, tre anni che la destra governa la Regione Calabria, avuta in regalo! Da un anno, Occhiuto, è padrone assoluto della sanità. Ha accentrato, nelle sue mani, il potere economico e il potere politico che negli ultimi 9 anni aveva gestione separata.

Il Commissario di Governo al Piano di Rientro governava il pianeta sanità, il Presidente della Regione, non toccava palla e si scialava facendo aeroplanini con la mani. Occhiuto, cogliendo la palla al balzo, predicando che era stata la diarchia a causare lo stato di collasso e di totale smantellamento della sanità pubblica calabrese, aiutato dall’enorme disinformazione che domina quel mercato delle notizie, si è fatto nominare padrone assoluto, da Speranza… già, dall’ex ministro Speranza, accentrando, tutto, nelle sue mani.

Dopo un anno, dove ha dominato in assenza di alcuna opposizione e di altri problemi, endemici in tanti altri poveri sciancati, capitati per caso, Occhiuto, non avendo ricavato nulla se non i benefici dell’esercizio del dominio, scarica le sue incapacità sul cosiddetto tavolo romano”Adduce”; Roma delenda est! Io capisco che, in ambiente dove il più convinto sapientone di giornata, pensa che, per es., l’Azienda Zero sia il prodigio che mancava per far apparire la Fata Morgana a cavallo del Ponte di Messina finito, e non un’altra Dbe, con più poteri, l’indicare il “Tavolo Adduce” come Belfagor, il Fantasma del Busento, lasciatemelo dire, è disarmante. Se fossimo nella bassa Calabria, diremmo: mi catturu i c… per terra e se li sono mangiati i cani.

Occhiuto sa che il cosiddetto “Tavolo Adduce” esiste da sempre. Fin dal momento che la Calabria, come le altre 9 Regioni, è entrata dentro i rigori del Piano di Rientro ed è formato da funzionari del Mef e del Ministero della Salute. E non è composto di uomini, ma di macchine calcolatrici. Ogni sei mesi, in quel tavolo, si ragiona non dei bisogni sanitari delle persone, ma di numeri: come procede la regolarizzazione dei pagamenti, quanti ospedali e servizi sono stati chiusi per far quadrare i conti’, qual è lo stato debitorio delle Asp, come si sta procedendo alla regolarizzazione dei bilanci, come sono i Lea… E altre cose, legate, tutte ai conti economici. Il resto, cioè i cosidetti piani sanitari e similari, non contano se, prima, non quadrano quei conti.

E, mentre per ben 9 Regioni, quei conti hanno travato curmu e quadratura, per la Calabria, dopo 13 anni, questo non è avvenuto. Ora, dopo 3 anni che la destra governa la Calabria e da un anno, il super governatore è padrone assoluto della sanità, invece di andare a cercare “capri” espiatori da arrostire su na carcara i focu, visto che ha avuto tutti i mezzi e i poteri per sapere, compreso il decreto Calabria della commaruccia nostra, che dica perché tutte le altre Regioni sono uscite dal Piano di Rientro e la Calabria non uscirà mai. Già, perché?  E non vada a raccontare a dx e pure a manca, stancando le già usurate Sirene, che entro la fine dell’anno si saprà l’entità del debito…perché, poi, mi troverò costretto a chiedere un’altra cosa… (sg)

Occhiuto: Rigassificatore di Gioia Tauro strategico per Paese e la Calabria

«Spero che il rigassificatore di Gioia Tauro si faccia». È quanto ha dichiarato il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, nel corso del suo intervento a 24 Mattino su Radio 24.

«La presidente Meloni –  ha aggiunto – ne ha fatto riferimento anche al Senato in sede di replica nel dibattito sulla fiducia. Io ne sto parlando da più di un anno, prima ancora che ci fosse la crisi energetica. Il rigassificatore di Gioia Tauro ha tutte le autorizzazioni valide, manca solo la dichiarazione del governo che lo qualifichi come opera strategica, dopodiché i lavori possono cominciare».

«Le risorse ci sono, si tratta di fondi privati che metterebbero in campo le società Iren e Sorgenia – ha proseguito – circa 1 miliardo e mezzo utile a costruire una infrastruttura strategica, perché il rigassificatore avrebbe una capacità tale da poter produrre un terzo del gas che prima importavamo dalla Russia. E non è detto che debba funzionare sempre a pieno regime. Io mi auguro che ci sia un investimento sulle rinnovabili tale da portare il nostro Paese a produrre tutta l’energia necessaria, ma se così non fosse il rigassificatore può funzionare, per così dire, a fisarmonica, in maniera tale da rendere l’Italia energeticamente indipendente».

«Lo voglio anche perché connesso al rigassificatore c’è l’investimento della piastra del freddo che serve a rigassificare ma anche a surgelare i prodotti – ha proseguito Occhiuto –. Quindi si potrebbe costituire nell’area retroportuale di Gioia Tauro un grande distretto dell’agroalimentare e potremmo surgelare la metà dei prodotti che oggi si consumano in Europa. Il porto di Gioia Tauro, il primo porto d’Italia, il terzo d’Europa, al momento produce ricchezza soltanto per i terminalisti perché è un porto di transhipment, se invece ci fosse il rigassificatore sarebbe importante per il Paese e strategicamente importante per la mia Regione perché potrei far vivere anche l’area retroportuale».

«Ho dato l’avvio – ha ricordato – alle procedure per il raddoppio del termovalorizzatore appena insediato alla guida della Regione. Ho chiesto anche il rigassificatore. A volte le popolazioni hanno protestato. Ho parlato con loro, ma ho spiegato che sarei andato comunque avanti, perché quando si governa bisogna fare quello che si ritiene giusto anche se impopolare, perché siccome è giusto poi diventerà popolare».

«Spesso le proteste sono animate anche dall’atteggiamento dei decisori politici locali che le assecondano, perdendo di vista quello che è importante per il Paese e per il territorio che governano», ha sottolineato il presidente Occhiuto.

Per quanto riguarda Ponte sullo Stretto, Occhiuto ha ribadito quanto sia «strategico per fare del Sud l’hub dell’Europa sul Mediterraneo».

«Spero che sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto sia la volta buona – ha evidenziato –. Il Mediterraneo, lo sto vedendo con i miei occhi perché governo la Regione che ha il porto di Gioia Tauro, sta diventando sempre più importante. Parliamo di uno spazio dove si scambiano merci in quantità crescenti e in cui acquisteremo sempre di più l’energia nei prossimi anni. È il luogo nel quale si affacciano Paesi di un continente che moltiplicherà la sua popolazione e da cui dovremo importare probabilmente anche manodopera».

«Il Mediterraneo quindi è davvero strategico, e credo che un’infrastruttura come il Ponte sullo Stretto – ha continuato – sarebbe la dimostrazione di quanto il governo voglia investirci. Le Regioni del Sud, la Calabria in primo luogo, potrebbero essere veramente l’hub dell’Europa su questo bacino, per questo credo che il Ponte sia strategico».

«Certo, non serve solo il Ponte alla Calabria e alla Sicilia, ma anche altre infrastrutture strategiche – ha concluso –. Nella mia Regione c’è un’unica strada di collegamento che è l’autostrada, e poi abbiamo soltanto un’altra strada che è definita da trent’anni la strada della morte, una cosa intollerabile in una Regione civile». (rrm)

PONTE, SI RIPARTE DA MESSINA: INCONTRO
SICILIA-CALABRIA COL MINISTRO SALVINI

Di ROBERTO DI MARIA – “Si riparte”: è tutto un programma il titolo della tavola rotonda in programma oggi a Messina, al Dipartimento di Economia dell’Università. Ovviamente si parla del Ponte sullo Stretto e si discuterà dell’iter progettuale e del ruolo delle infrastrutture per la competitività al Sud, mettendo insieme non solo alte professionalità e competenze specifiche, ma anche i due governatori di Calabria e Sicilia, Roberto Occhiuto e Renato Schifani a confronto con il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini. È una premessa o una promessa quella del titolo? Il convegno servirà proprio a chiarire se finalmente si può passare dalle parole ai fatti, mettendo una volta per tutti a tacere presunti esperti e “abituali incompetenti” che sul Ponte hanno detto e continuano a dire tutto e il contrario di tutto.

La tavola rotonda (ore 14) sarà coordinata dal direttore di StrettoWeb, il giornalista Peppe Caridi, e vedrà la partecipazione del sottosegretario Matilde Siracusano, del vicepresidente della Regione Calabria Giusy Princi, del prof. Daniele Schilirò, dell’avv. Giuseppe Giuffrè, dei professori Michele Limosani, Claudio Borrì, Piero D’Asdia, Giuseppe Muscolino e Alberto Prestininzi, dell’ing. Fabrizio Averardi Ripari, dell’architetto Anna Carulli, del vicesindaco di Messina arch. Salvatore Mondello e dell’ing. Mimma Catalfamo. Introduce il prof. Bruno S. Sergi, concluderà i lavori il prof. Enzo Siviero, rettore dell’Università eCampus, che con l’architetto Patrizia Bernadette Berardi anticiperà l’uscita del numero speciale della rivista Galileo dedicato al Ponte.

Da questa tavola rotonda potrebbe, forse, venir fuori un protocollo programmatico che possa dare esecuzione al progetto approvato nel 2001 e, realisticamente, immediatamente cantierabile. Chiunque conosca il progetto del Ponte sullo Stretto e gli studi allegati, che occupano un volume di circa 10 metri cubi, sa che gli studi geologici in esso contenuto hanno già analizzato oltre 20 anni fa tutta l’aera dello stretto. Hanno praticamente rivoltato come un calzino tutti il territorio compreso tra Sicilia e Calabria, ricostruendo, nei minimi dettagli, i complessi movimenti reciproci fra le due sponde sin da diverse decine di milioni di anni fa. È grazie a questo studio che sono state individuate le cause del sisma del 1908, tracciando una mappa estremamente precisa delle faglie sui fondali dello Stretto e sulla terraferma. E da questi studi deriva il posizionamento dei piloni del Ponte a campata unica, individuato in due aree prive di faglie e relativamente stabili.

Ad ogni modo, come sa anche il più svogliato degli studenti di qualsiasi corso di Scienza delle costruzioni, quello del sisma, per un ponte sospeso, è un problema del tutto secondario: un ponte sospeso, normalmente, è il luogo più sicuro dove trovarsi in caso di sisma. Proprio la tipologia della struttura dell’impalcato, libera da vincoli appoggiati direttamente al terreno, la rende capace di assorbire il più distruttivo dei movimenti sismici. Per quanto concerne i piloni, una robusta fondazione ed un baricentro relativamente basso sono requisiti più che sufficienti a garantirne l’incolumità dalle scosse sismiche: per quanto concerne il Ponte sullo Stretto, la struttura è stata progettata in maniera tale da non subire alcun danno neanche se si verificasse un terremoto di magnitudo 8.5 sulla scala Richter, di gran lunga più potente di quello verificatosi nel dicembre del 1908.

D’altronde, non mancano al mondo esempi di ponti sospesi realizzati in aree ben più problematiche dello Stretto, per quanto riguarda la sismicità: si pensi al Giappone, che conta decine di ponti simili, fra cui l’Akashi-Kaikyo, lungo 3.911 metri, con campata centrale di quasi 2 km,  che ha resistito a un terremoto di intensità 6,8 della scala Richter.

Per quanto concerne l’ipotesi del ponte a tre campate, tirata fuori dalla Commissione di esperti nominata nell’agosto del 2021 dall’allora ministra alle Infrastrutture De Micheli, che ha giustificato la scelta affermando che “costerebbe presumibilmente meno”, verrebbe da sorridere, se non ci fossero in ballo diversi miliardi di euro ed il futuro di una parte consistente d’Italia.

Ancor più ridicolo è il riferimento alle “antenne” da piantare in pieno Stretto di Messina: non si sono mai viste “antenne” in mare con fondazioni grandi come un campo di calcio, e per giunta a 150 metri di profondità. Queste sarebbero, infatti, le caratteristiche dei piloni in mare di un eventuale ponte a più campate, improvvidamente chiamati “antenne”.

Se consideriamo che le fondazioni in alveo più profonde ad oggi realizzate sono quelle del ponte Rion Antirion in Grecia, possiamo comprendere come queste “antenne” siano del tutto particolari… E come l’affermazione della commissione De Micheli sui costi di un ponte a più campate debba “presumibilmente” essere riconsiderata.

L’ultima precisazione riguarda il “un nuovo studio di fattibilità” che sarebbe stato affidato alle Ferrovie dello Stato. Uno studio non soltanto inesistente, ma che, a quanto sembra, non è mai stato affidato a chicchessia. Smentendo clamorosamente una fonte piuttosto autorevole: l’ex ministro Giovannini. Fu proprio lui ad affermare l’intenzione di affidare lo studio ad FS lo scorso anno, garantendone la presentazione entro la primavera del corrente 2022, come riporta la Gazzetta del sud del 5 agosto 2021. Tutto saltato, a quanto pare, a causa delle lungaggini burocratiche che non hanno consentito neanche la formalizzazione del finanziamento dello “studio” per la modica cifra di 50 milioni di euro.

Poco male, potremmo dire. Il nuovo governo, senza dover revocare alcun atto, avrà modo di sgomberare finalmente il campo dall’idea, a dir poco balzana, di allungare con un altro inutile studio di fattibilità la lunga serie di atti relativi al Ponte sullo Stretto. Il quale, anche se molti sembrano esserselo dimenticato, è dotato di un progetto definitivo: un corposissimo ed esaustivo elaborato, frutto di una scelta già fatta nei primi anni Novanta, proprio a favore del ponte a campata unica.

 

Fim, Fiom.Uilm Hitachi RC: Occhiuto venga a far visita al nostro stabilimento

Le organizzazioni sindacati Fim CislFiom Cgil, e Uil Hitachi Reggio Calabria, hanno invitato il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, a fare visita allo stabilimento Hitachi.

«Saremmo, pertanto – si legge – lieti di far conoscere al presidente Occhiuto una realtà all’avanguardia  che produce treni ad alta tecnologia come i treni di Ferrovie Nord Milano, (attualmente in  produzione con altre commesse estere), e che produrrà ancora una volta metropolitane per  la regione Lombardia, con i nuovi convogli destinati alla linea M1, dopo aver già prodotto,  negli anni Metro Brescia, Meneghino, Milano Linea 5, la bellissima Expo “Leonardo” e la  recentissima Milano linea 4».

«Mai come quest’anno, le scriventi organizzazioni sindacali – continua la nota – sentono il dovere di trasmettere,  attraverso questo comunicato, un particolare ringraziamento a tutte le lavoratrici, ed i  lavoratori che in questo ultimo anno, hanno contribuito, grazie principalmente ad  un’azienda solida e lungimirante come Hitachi, al raggiungimento di traguardi importanti, seppur il momento storico che il mondo sta attraversando, non ha fatto sconti  a nessuno».  

«Molte sono state “le piccole e medie imprese”, costrette a chiudere a causa dei rincari – spiega la nota – che  hanno gravato in maniera pesantissima sui bilanci delle singole realtà. Anche grosse  aziende hanno subito il contraccolpo, considerato anche il periodo pandemico del  precedente anno che aveva già inciso in maniera negativa su tutti i settori». 

«L’attuale conflitto tra Russa ed Ucraina ha ulteriormente acutizzato la situazione – continua ancora la nota – esponendo tutti a rischi economi e non solo, a volte anche con speculazioni  ingiustificate, ma grazie ad Hitachi si è garantita una continuità che in molte altre realtà  non è stato possibile, salvaguardando così non solo l’industria in sé, ma soprattutto noi e  le nostre famiglie». 

«Il sito reggino con le proprie competenze – si legge ancora – ha dimostrato di essere all’altezza nell’affrontate tutte ciò che gli venisse posto come obiettivo, riuscendo, sia a livello nazionale che  internazionale, ad accreditarsi come sito d’eccellenza. Eccellenza la nostra, alla stessa stregua di altre che, in tutta la Regione Calabria, ci rendono  orgogliosi di appartenere a questa terra».  

«Ultimante, molte testate giornalistiche hanno riportato le dichiarazioni del presidente della  Regione Calabria, Roberto Occhiuto in riferimento a tutte le opportunità che il nostro  territorio offre e le politiche di attrazione degli investimenti che la Regione mette a  disposizione di coloro che decidono di venire a fare impresa in Calabria». Da qui la richiesta di una visita da parte del Governatore. (rrc)

Il 10 novembre scade il decreto Sanità: chiesti 6 mesi di proroga

Il prossimo 10 novembre scade il cosiddetto decreto Calabria. Il Presidente Occhiuto chiede una proroga: «Il governo – ha detto – proroghi questo provvedimento per 6 mesi, ci servono per completare il consolidamento della struttura manageriale della sanità che ho costruito in questi mesi e per continuare con le manovre che abbiamo avviato sulle risorse umane, sull’eliminazione del precariato, e con l’opera di ricostruzione della contabilità e del debito.

Abbiamo ancora bisogno di qualche mese per far partire a pieno regime Azienda Zero, ed avere così operativa la struttura di governance della sanità regionale.

Lo stesso tempo ci serve per chiarire lo scenario economico-finanziario nel quale si muoveranno le Asp e le Ao alla fine del commissariamento, e per farlo entro il 31 dicembre completeremo la circolarizzazione come previsto dalla legge e immediatamente nei mesi successivi ne analizzeremo gli esiti anche con il contributo di altre istituzioni come la Guarda di Finanza.

Vogliamo poter chiudere bene questo scrupoloso lavoro che rappresenterà il punto di partenza della nuova stagione della sanità calabrese». 

Anche il responsabile Pd della Sanità per il Mezzogiorno, Carlo Guccione, concorda con il presidente Occhiuto sulla necessità di prorogare di almeno sei mesi il decreto Calabria. 

Secondo Guccione, «È giusto che i calabresi non paghino, ancora una volta, il prezzo della malagestione della sanità calabrese visto che fino ad oggi non si è riusciti ad attivare tutte le norme previste dal Decreto Calabria. Ecco perché è giusto prorogare di ulteriori sei mesi questo provvedimento: non possiamo privare il comparto sanità della possibilità di avere il contributo di solidarietà di 60 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023, e un Piano straordinario delle assunzioni. 

L’erogazione delle risorse è condizionata al programma operativo di prosecuzione del Piano di rientro che al momento non è stato approvato, né adottato. 

Ci auguriamo che il nuovo Governo possa trovare il modo di prorogare il Decreto Calabria prima della scadenza, prevista il 10 novembre. Ottenuto il prolungamento si vigili sul rispetto dei tempi e si faccia in modo che venga approvato il nuovo Piano operativo 2022-2024 per poter usufruire dei fondi. 

Ricordo, inoltre, che abbiamo a disposizione circa 1,5 miliardi di finanziamenti Inail ed ex articolo 20 legge 67/88 per l’edilizia sanitaria (costruire nuovi ospedali e ristrutturare presidi ospedalieri degli anni 70-80). Pur in presenza di ingenti finanziamenti è venuta meno la capacità di utilizzarli, in tempi ragionevoli, nella realizzazione delle opere previste: i tre nuovi ospedali, il cui iter di realizzazione è partito nel 2007, a distanza di 15 anni ancora non sono stati costruiti. Bisogna chiudere questa brutta pagina, la vera sfida oggi si gioca sulla capacità di mettere in campo tutte le azioni necessarie per realizzare le opere previste in tempi rapidi e con procedure chiare e trasparenti». (rrm)