Da oggi la Calabria torna in zona rossa. Cosa è permesso e cosa è vietato? Ecco un utile memorandum per i cittadini calabresi:
È vietato consumare cibi e bevande all’interno dei ristoranti e delle altre attività di ristorazione (compresi bar, pasticcerie, gelaterie etc.) e nelle loro adiacenze.
Dalle 5.00 alle 22.00 è consentita la vendita con asporto di cibi e bevande, come segue:
– dalle 5.00 alle 18.00, senza restrizioni;
– dalle 18.00 alle 22.00, è vietata ai soggetti che svolgono come attività prevalente quella di bar senza cucina (e altri esercizi simili – codice ATECO 56.3).
La consegna a domicilio è consentita senza limiti di orario, ma deve comunque avvenire nel rispetto delle norme sul confezionamento e sulla consegna dei prodotti.
È consentita, senza limiti di orario, anche la consumazione di cibi e bevande all’interno degli alberghi e delle altre attività ricettive, per i soli clienti ivi alloggiati.
Nelle aree o negli orari in cui è sospeso il consumo di cibi e bevande all’interno dei locali, l’ingresso e la permanenza negli stessi da parte dei clienti sono consentiti esclusivamente per il tempo strettamente necessario ad acquistare i prodotti per asporto e sempre nel rispetto delle misure di prevenzione del contagio. Non sono comunque consentiti gli assembramenti né il consumo in prossimità dei locali. Non è consentito l’uso dei servizi igienici all’interno di bar e ristoranti, salvo casi di assoluta necessità.
Sospeso tutte le aperture di musei e altri luoghi di cultura, ad esclusione delle biblioteche, previa prenotazione. Sospesi gli spettacoli dal vivo, possibile organizzare spettacoli senza pubblico da trasmettere in streaming. Le funzioni religiose continuano a svolgersi, ma nel rispetto delle indicazioni del distanziamento tra i fedeli.
Fino al 6 aprile 2021, in zona rossa sono consentiti esclusivamente i seguenti spostamenti:
– per comprovati motivi di lavoro, salute o necessità (anche verso un’altra Regione o Provincia autonoma);
– il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, compreso il rientro nelle “seconde case” ubicate dentro e fuori regione (si veda la FAQ specifica).
Gli spostamenti per far visita ad amici o parenti autosufficienti e, in generale, tutti gli spostamenti verso abitazioni private abitate diverse dalla propria non dovuti a motivi di lavoro, necessità o salute sono invece vietati fino al 2 aprile e nella giornata del 6 aprile 2021.
Nei giorni 3, 4 e 5 aprile 2021 sarà consentito una sola volta al giorno, spostarsi verso un’altra abitazione privata abitata della stessa Regione, tra le ore 5.00 e le 22.00, a un massimo di due persone, oltre a quelle già conviventi nell’abitazione di destinazione. La persona o le due persone che si spostano potranno comunque portare con sé i figli minori di 14 anni (o altri minori di 14 anni sui quali le stesse persone esercitino la potestà genitoriale) e le persone disabili o non autosufficienti che convivono con loro. Ricordarsi di portare sempre un’autocertificazione che attesti che lo spostamenti è di quelli consentiti.
Chiuse le scuole di ogni ordine e grado. all’Università ammessa solo attività a distanza. Chiusi parrucchieri, centri estetici e tutti i negozi, con esclusione di quelli di generi alimentari e di prima necessità oltre a farmacie, parafarmacie, edicole, tabaccai. È comunque ammessa la consegna a domicilio di prodotti. (rrm)
di SANTO STRATI – Il Consiglio regionale è stato convocato in via straordinaria domani, sabato per votare un ordine del giorno con cui si chiede per la Calabria il declassamento da zona rossa a zona gialla. Il che, se permettete, è una rispettabilissima iniziativa ma che non serve a nulla: rossa o gialla la zona, poco cambia per la nostra regione, visto che la decisione – sicuramente non facile – di un parziale lockdown per la Calabria risponde esclusivamente a una logica di prevenzione e non si basa, ovviamente, sul numero dei contagi, per fortuna molto più bassi che nelle altre tre regioni diventate zona rossa. Il problema principale riguarda la fragilità strutturale della sanità in Calabria: non ci sono, di fatto, le condizioni per affrontare ricoveri di massa in terapia intensiva, ove il contagio dovesse assumere livelli incontrollabili. In altre parole, occorre fermare le possibilità di rischio contagio costringendo i cittadini a evitare situazioni di assembramento e l’unico strumento valido, ad oggi, risulta la chiusura di attività e bloccare le persone a casa. Piaccia o no, la situazione provocata da dieci anni di insensato commissariamento della sanità nella regione ha messo in ginocchio il territorio calabrese, con una feroce (e criminale) politica di tagli economici che hanno guardato solo ai risparmi ottenuti e non al numero delle vittime di malasanità che si sarebbero potute evitare. È questo il vero senso della battaglia che tutti insieme, Consiglio e Giunta regionale, sindaci, amministratori, società civile, devono portare avanti: opporsi con ogni mezzo all’infame decreto Sanità la cui proroga per 24-36 mesi è un’offesa ai calabresi e una mortificazione per le competenze e le capacità locali che, grazie a Dio, non mancano.
Da ogni parte si levano scudi contro la decisione di instaurare una zona rossa (ogni sindaco ha deciso di dire la sua), ma dopo le dichiarazioni del ministro della Salute Roberto Speranza alla Camera c’è poco da contestare: il problema non è il colore della zona, ma ha due aspetti di fondamentale importanza. Il primo riguarda l’organizzazione e l’immediato adeguamento delle strutture sanitarie per fronteggiare la crisi covid (visto che da giugno ad oggi, pur avendo i quattrini, si sono realizzati appena sei posti in più di terapia intensiva a Reggio), così da scongiurare una evitabile quanto odiosa ondata di nuove vittime per mancata assistenza. Il seocndo è rivolto al tessuto imprenditoriale e sociale: se il Governo decide di chiudere, lo faccia, ma prima metta i quattrini per ristorare le perdite nelle tasche di ristoratori, baristi, commercianti, esercenti che vedono sfumare non solo ricavi che già si annunciavano ridotti al 50%, ma anche qualsiasi aspettativa di ripresa economica. È comodo dire chiudiamo e poi paghiamo: il Governo deve prendersi la responsabilità diretta di gestire la crisi sia sanitaria sia economica, lasciando parte le promesse (ci sono svariate migliaia di lavoratori che aspettano ancora la cassa integrazione da aprile e si sono salvati grazie alle generose anticipazioni dei datori di lavoro, quando è stato possibile) e mettendo nero su bianco date e cifre, Soldi veri, non crediti d’imposta. Le serrande sono abbassate ma le spese corrono ugualmente: affitti, utenze, tasse e imposte, contributi, manutenzione e quant’altro serve per tenere in piedi un’azienda. I nostri governanti, probabilmente, non conoscono le dinamiche di spesa per gestire un’attività commerciale, ma non possono più ignorarle, come non possono ignorare le centinaia di migliaia di imprenditori e lavoratori autonomi invisibili ed esclusi, pur facendo capo alla filiera produttiva del Paese. Lo abbiamo scritto e lo ripeteremo fino alla noia: si rischia di provocare una spaventosa crisi di nuova povertà che investe il ceto medio, i piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti. Serve bloccare ogni imposizione fiscale se si vuole salvare il tessuto produttivo, diversamente salta in modo irreversibile l’economia del Paese e sarà troppo difficile arginare la spaventosa massa di nuovi disoccupati (licenziati) di precari senza alcuna possibilità di reimpiego, di padri di famiglia disperati perché privati di qualsiasi reddito. E cosa danno da mangiare ai propri figli? Le promesse del Governo?
Quindi, ben vengano le iniziative di lotta, il rigore – possibilmente trasversale – delle forze politiche calabresi a chiedere di guardare con occhio diverso ai bisogni reali della nostra disgraziata terra. Perché è intollerabile che ancora oggi gli italiani del Nord, ricco e opulento, abbiano in investimenti fissi di sanità 84,4 euro a disposizione, contro i 15,9 degli italiani di Calabria: è qui l’odioso divario su cui – proprio nell’ambito sanitario – bisogna confrontarsi e alzare la voce, battere i pugni, fino a farsi sentire, senza rinvii né vaghe assicurazioni. La riserva del 34% a favore del Mezzogiorno in termini di spesa per gli investimenti è diventata legge e bisogna dare atto al premier Conte e al ministro per il Sud Peppe Provenzano, ma già ecco che a proposito del Recovery Fund le regioni del Nord (che covano silentemente il sogno dell’autonomia differenziata) stanno già brigando per togliere al Sud buona parte dei fondi proprio a esso destinati.
Il presidente f.f. Nino Spirlì – cui suggeriremmo per amor di patria di astenersi da altre comparsate televisive che generano solo imbarazzo – fa bene a promuovere una decisa iniziativa contro il rinnovato decreto Sanità, rimarcando le colpe dei commissari che «non hanno svolto il loro lavoro correttamente». Spirlì afferma che «è necessario raccontare le cose per come stanno, sulla scorta di atti formali che fotografano al meglio la verità che stiamo raccontando da giorni. Prima di dire che questa situazione è responsabilità della Regione, dunque, è opportuno che i rappresentanti del Governo interroghino la propria coscienza, facciano un passo indietro e accettino, una volta per tutte, quella che ormai è una certezza: il fallimento della gestione commissariale in Calabria. Quella stessa gestione che l’esecutivo Conte, malgrado una forte opposizione interna, si accinge a riproporre». E il presidente facente funzioni non dimentica di elogiare il lavoro di quanti stanno dannandosi l’anima per aiutare chi soffre: «non consentirò mai – ha detto – che vengano messi in discussione lo sforzo e la professionalità dei medici, degli infermieri e del personale sanitario e amministrativo della regione. Professionisti eccezionali che, nonostante le tante criticità determinate dalle varie strutture commissariali scelte dal Governo, hanno dato – e stanno dando tuttora – il massimo di se stessi per far funzionare l’intero sistema. Li ringrazio uno a uno».
Ma c’è anche chi il commissariamento lo difende. La senatrice pentastellata Bianca Laura Granato non usa mezzi termini: «Paghiamo le dirette conseguenze dell’inadeguatezza anche degli apparati burocratico-amministrativi regionali che solo un commissariamento rafforzato potrebbe sopperire. È davvero fuori da ogni logica invocare l’uscita del commissariamento in queste condizioni, a chi dovremmo affidare la sanità in questa regione? – si chiede la senatrice Granato – certo non ad una classe dirigente e politica che ha miseramente fallito pur avendo avuto il tempo e le risorse per intervenire e mettere in sicurezza il diritto alla salute e alle cure dei calabresi». Con buona pace della sen. Granato è forse utile ricordarle che il decreto Sanità portato a vanto del M5S è stato poi sconfessato da numerosi parlamentari calabresi pentastellati per l’incapacità di offrire soluzioni alla grave situazione della sanità in Calabria.
Anche per questo motivo, ci permettiamo di considerare un’inutile discussione quella che domani il Consiglio regionale – già con le contestazioni di natura politica dell’opposizione – andrà ad affrontare. Si parli di emergenza sanitaria e dell’impossibilità per i calabresi di autogestirsi in un momento così drammatico del Paese e in una situazione dove la salute di tutti è messa seriamente a dura prova. Si individuino gli strumenti di lotta civile per impedire che venga votato il nuovo decreto di commissariamento: questo è l’impegno che i calabresi si aspettano dai loro rappresentanti istituzionali, è questo il vero obiettivo da raggiungere. Mai più commissariamenti, autodeterminazione delle figure professionali locali adeguate a risolvere i problemi e a gestire la sanità, con una non meno importante aspettativa: l’azzeramento del debito pregresso nella sanità. Si può fare, le norme dell’emergenza, l’extradeficit, la disponibilità dell’Europa nei confronti del debito pubblico, lo permetterebbero. Ci vuole volontà politica e una buona dose di coraggio e autorevolezza, che ahimè, non riusciamo a intravvedere in questo esecutivo, in balia dei capricci dei cinquestelle (prossimi a diventare quattro gatti) e dei colpi di tosse d’un Salvini ormai in caduta libera. Il Covid lascerà una insopportabile scia di vittime e danni spaventosi alla nostra economia, ma allo stesso tempo può rappresentare un’opportunità unica per cavalcare la crisi e guidare il Paese verso crescita e sviluppo, mettendo al primo posto il Mezzogiorno e il suo ruolo fondamentale nell’ottica mediterranea.
Ci piacerebbe, dunque, auspicare una sorta di tregua per il bene comune, ma sappiamo che quasi certamente è un sogno irrealizzabile. I nostri irresponsabili esponenti politici (nessuno escluso) sanno solo continuare in inutili schermaglie dialettiche, impalpabili, fumose e inaccettabili, per imputare all’una e all’altra parte ogni genere di errore, per attribuire tutti i guasti di dieci anni di commissariamento della sanità, e, infine, per contrastare qualsiasi iniziativa solo perché presentata dalla parte avversa. Per cortesia, fermatevi, i calabresi ne hanno le scatole piene di questi atteggiamenti e trovate un punto d’incontro per raggiungere il comune obiettivo del bene comune. A leggere le note che arrivano in redazione, da maggioranza e opposizione, non si può non notare che l’emergenza covid non ha insegnato nulla, anzi sta accentuando – in vista del prossimo appuntamento elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale – lo scontro politico, senza esclusione di colpi. Basterebbe un onesto e serio esame di coscienza per mettere da parte arroganza, supponenza e incapacità di dialogo e ragionare, una volta tanto, nel solo interesse dei calabresi. (s)
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L’avv. Giovanna Cusumano, ex presidente commissione regionale pari opportunità, apprezzata professionista reggina ed esponente della società civile, ha voluto diffondere una sua riflessione sulla situazione reggina e la zona rossa.
«Ho letto da più parti – scrive la Cusumano – che, ieri, nelle piazze di Reggio Calabria, dove è montata la protesta contro l’inserimento nel Dpcm della Calabria nella “Zona Rossa”, c’era la politica o, quantomeno, una parte di essa. Ecco, vorrei dire che io c’ero, ma la politica non l’ho vista. Ho visto giovani, imprenditori, commercianti, medici, avvocati. Ho visto rappresentanti di club service, della società civile, tutti tristemente accomunati dalla preoccupazione per il futuro, anche prossimo, della loro terra.
Se le condizioni inammissibili in cui versa la nostra sanità, derivano certamente in larga misura da errori strategici della classe politica, fin dai tempi del regionalismo, com’ è possibile, oggi, rimediarvi? E’ doveroso chiedersi se esiste una soluzione percorribile, che possa consentire alla Calabria di sottrarsi in tempi brevi, all’ennesima beffa. Perché se è vero che il Covid-19 continua a risparmiarci, perlomeno nel numero dei contagi, nulla fino ad oggi ci ha risparmiato l’inefficienza della politica, in termini di carenze strutturali e non solo!
Ci stava provando Jole Santelli, prima donna assurta al ruolo di Presidente della Regione Calabria, a denunciare le gravissime criticità che, nei pochi mesi di mandato, aveva riscontrato nella gestione della sanità calabrese. Le testimonianze sono numerose, basta avere l’onestà intellettuale di volerle ricordare. Purtroppo, sappiamo tutti molto tristemente, quanto poco tempo Ella abbia avuto per operare, ragion per cui, chi, oggi, tenta maldestramente di addossare le responsabilità del “declassamento” della Calabria nella zona rossa, al suo breve governo, può suscitare solo legittima indignazione.
Ricordo che negli ultimi 5 anni questa sventurata regione era guidata da una giunta di centrosinistra, il cui Presidente Oliverio, in tema di sanità, si è semplicemente limitato a rivendicarne per sé le deleghe. Per fortuna, c è da aggiungere, senza successo, viste le condizioni in cui ha lasciato i settori amministrati dai suoi assessori.
Tanto per amore di verità!
In ogni caso, è utile ricordare, più che ai cittadini calabresi, cui certamente la notizia non sarà sfuggita, quanto al sindaco di Reggio di Calabria, che invece sembra non averne alcuna contezza, che, come ha denunciato “Report”, nota trasmissione televisiva, solo pochi giorni fa, l’Italia aveva un piano pandemico scaduto da ben 14 anni e che l’attuale ministro della salute Roberto Speranza (collega di partito del sindaco reggino), ha preferito insabbiare la notizia, piuttosto che affrontare il problema. Come nella migliore tradizione delle botteghe “oscure”, si potrebbe affermare….
Oggi che c’ è una pandemia da affrontare, risulta eufemisticamente offensivo per la nostra intelligenza, assistere allo scaricabarile, cui la miope politica nazionale ci vorrebbe assuefare, e la soluzione proposta dal Governo ai calabresi è, a dir poco, lesiva della dignità di cittadini. Intimare ai calabresi di restare chiusi in casa, perché il sistema sanitario è deficitario, appare una soluzione altrettanto deficitaria. Anzi, possiamo dire che più che una soluzione, ci appare come una ingiusta sanzione.
Eh sì! Perché se c è qualcuno che merita di essere “punito”, quello è certamente il governo nazionale e non certamente i cittadini calabresi. Quel governo centrale, che, ad onor del vero, si è dimostrato impreparato, inadeguato, incapace ed intempestivo. Di questa politica, ieri, non c’era nessuno nelle piazze di Reggio Calabria, neanche nelle loro rappresentanze locali. E nessuno ne ha sentito la mancanza. Non l’hanno sentita i ragazzi, orfani di un futuro in terra di Calabria. Non l’hanno sentita i medici (tante donne medico presenti), stremati dalle condizioni di lavoro nelle corsie degli ospedali. Non l’hanno sentita i commercianti, ogni giorno più poveri e più soli.
Non l’hanno sentita i professionisti che, sebbene non destinatari delle misure restrittive, inevitabilmente restano colpiti da un tessuto sociale lacerato ed impoverito.
Però, se vogliamo davvero immaginare di fare una analisi compiuta, dobbiamo avere il coraggio di dirci con estrema chiarezza che nessun calabrese è esente da colpe. Infatti, la classe politica che, legislatura dopo legislatura, ci ha (molto male) governato, l’abbiamo scelta noi cittadini, con la corresponsabilità, anche in misura preponderante, se vogliamo, di una politica nazionale che, sempre più frequentemente, ha guardato con “sospetto” la Calabria, ritenuta, qualche volta non a torto, solo fonte di problemi giudiziari. Questa è l’ amara verità, che, ribadisco, dobbiamo avere il coraggio di raccontarci, se vogliamo ritrovare l’orgoglio di un Popolo ingegnoso e generoso.
E arriviamo con rammarico al problema di buona parte della politica italiana: aver rinunciato alla qualità ed alle competenze, condizioni propedeutiche di ogni buon governo. Oggi la terribile pandemia da Covid 19, non ci lascia più alcun alibi e ci pone brutalmente di fronte a tutte le nostre responsabilità.
Ci resta solo da prendere dolorosa consapevolezza che di incapacità e di incompetenza si muore. Anche senza il Covid 19!»
MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE, IL BALLETTO DEGLI INSULTI
La guerra delle parole, la sfida delle note stampa. In questo momento così delicato, continuano le schermaglie politiche tra maggioranza e opposizione. Ecco un piccolo campionario dello scambio di accuse tra maggioranza e opposizione.
Il capo gruppo dem al Consiglio regionale Mimmo Bevacqua contesta a nome della minoranza la convocazione di sabato. «È una vergogna! Il presidente Tallini non prenda in giro i calabresi. Questa è l’ora della responsabilità e del coraggio e ai calabresi bisogna dire parole di verità. Non ci preoccupa il voto, ma la salute dei cittadini. Non vogliamo sfuggire alle nostre responsabilità politiche ma, dopo avere appreso che è stato convocato, dalla maggioranza e dalla Giunta, il Consiglio regionale in seduta straordinaria per discutere della ‘zona rossa’, ci preme ribadire al presidente Tallini di non continuare a prendere in giro i calabresi. Non è alzando polveroni che si danno alla Calabria le risposte necessarie in questa drammatica fase di crisi economica e sociale.
«I calabresi – afferma Bevacqua – sanno perfettamente come stanno le cose e non si lasceranno ingannare dal messaggio che il centrodestra tenta di far passare, ossia che la Giunta regionale è impegnata sulla questione sanitaria anche in queste ore. Da mesi, in Consiglio regionale, attraverso la stampa, gli interventi pubblici e le continue richieste di cambio di passo, abbiamo auspicato che si ragionasse concretamente di emergenza sanitaria e dell’urgenza di potenziare il frantumato sistema sanitario regionale. Di contro, la Giunta e la maggioranza hanno (e non solo sulla sanità) alzato un muro nei confronti dell’opposizione, impedendo spesso a tutti noi eletti dal popolo persino l’esercizio delle basilari prerogative costituzionali e statutarie. La convocazione del Consiglio per sabato – sia per le modalità con cui avviene, senza cioè alcun coinvolgimento dell’opposizione, che per il palese tentativo di strumentalizzare il Consiglio regionale nella polemica col Governo – ci vede nettamente contrari. Ci aspetteremmo, in questo scorcio di legislatura, più rispetto delle Istituzioni democratiche e più verità, invece la maggioranza si ostina a proseguire nell’inconcludente strada di sempre: arroganza nelle decisioni, autoreferenzialità e colpi di mano. Tra l’altro – chiede Bevacqua – si convoca una seduta del Consiglio ma per parlare di cosa? La ‘zona rossa’ per la Calabria è dovuta, prima di tutto, alle inerzie, ai ritardi, alle tergiversazioni e alla totale assenza di iniziativa da parte della Giunta regionale. Se il sistema non è collassato lo si deve all’abnegazione e all’eroismo del personale sanitario! I dati, non le parole, e i buchi vistosi nella programmazione sanitaria, nonché l’incapacità di spendere persino le risorse anti Covid-19, dimostrano il fallimento della Giunta regionale e di questa maggioranza. Si compiano, nel rigoroso rispetto della legislazione vigente, quindi evitando atti sconsiderati, nomine e provvedimenti che possano ‘ipotecare’ l’inizio della prossima legislatura regionale».
I capigruppo della maggioranza di Palazzo Campanella (Giovanni Arruzzolo (Fi); Filippo Pietropaolo (Fdi) Tilde Minasi (Lega); Giuseppe Graziano (UDC); Giacomo Crinò (Cdl) e Vito Pitaro (Santelli Presidente) gli replicano subito. «Non tutti hanno ben chiara la gravità della situazione, nella quale il Governo Conte ha catapultato la Regione Calabria. C’è il rischio di far morire l’economia di un’intera regione e il capogruppo del Pd – non comprendiamo se si esprime a titolo personale o a nome del Partito che rappresenta – si tira fuori da responsabilità che dovrebbero riguardarlo, istituzionalmente, ancor prima che politicamente.
«La zona rossa per la regione Calabria è un provvedimento ingiusto e soprattutto punitivo, e bene ha fatto il Presidente Tallini a convocare per domani il Consiglio in seduta straordinaria. Lo ha inteso fare per dar seguito alla proposta della maggioranza consiliare e soprattutto per dare voce – legittimamente e con gli strumenti democratici che possiede – alle istanze dei cittadini calabresi. Abbiamo accolto il loro grido di dolore, che si è palesato in più forme, e non possiamo tirarci indietro di fronte all’esclusiva richiesta di giustizia. Il punto all’ordine del giorno di definire la nostra regione zona gialla, è finalizzato a ristabilire le centralità di dati empirici rispetto ad una pandemia che si ripresenta, ma che non ha parametri tali da giustificare un secondo lockdown.
«Le strumentalizzazioni sulla sanità regionale non le accettiamo dal capogruppo Pd, perché fino a pochi mesi era al governo di questa regione, e non resterà certo negli annali della storia il suo impegno per attenuare le criticità del comparto sanitario. Le responsabilità come ben sa sono ascrivibili ai commissari che in questi anni hanno tramortito invece che riqualificare la sanità calabrese. Commissari tra l’altro, nominati da una coalizione di Governo pilotata dal suo stesso partito. Ribadiamo piuttosto, che nell’unico punto all’ordine del giorno di domani non c’è nulla di partitico e affermare il contrario è strumentale ed istituzionalmente grave. Abbiamo scelto il percorso della discussione nella massima Assise calabrese, proprio perché è in questo luogo che vanno definite le scelte più importanti per il futuro dei nostri territori. Forse Bevacqua, in queste ultime ore, non si sarà accorto della richiesta che arrivava dalle piazze, da commercianti ed imprenditori, da padri e madri di famiglia che ci chiedevano di fare qualcosa. La chiusura totale rischierebbe di provocare danni economici irreversibili. Serrande abbassate e posti di lavoro in frantumo. Questo sarebbe inaccettabile. Bene; noi non staremo con le mani in mano, il consigliere Bevacqua e il suo partito facciano le loro scelte». (rp)
Da oggi, per quindici giorni, la Calabria è diventata “zona rossa”: si ferma quasi tutto, chiudono bar, ristoranti, locali, con eccezioni di generi alimentari e di prima necessità, tabaccherie e farmacie, parrucchieri e librerie e altri esercenti che non si sa se definire miracolati o sfortunati. Di certo c’è una grande indignazione in tutta la regione e sono molte le prese di posizione contro una decisione che a troppi sembra esagerata e vistosamente sbagliata. In realtà, il ragionamento non fa una piega: visto il crescere in modo esponenziale del numero di positivi e di ricoveri, se non si attuano misure di antiassembramento, è facile prevedere un’esplosione di contagi e una richiesta di assistenza ospedaliera che la regione non è assolutamente in grado di offrire. Ragioniamo con serenità: nessuno, crediamo, ha voglia di vedere i malati fuori degli ospedali accampati in barelle o tende di fortuna in attesa di accedere alla terapia intensiva. E se ci fosse la necessità di soccorrere un numero elevato di malati covid, in gravi condizioni, la fragile struttura della sanità regionale scoppierebbe nel giro di qualche giorno.
Ciò non toglie che l’indignazione è giustificata, ma va respinta ogni forma di violenza (a Reggio, ieri sera in piazza Italia dopo una manifestazione di protesta ci sono stati disordini e scontri con le forze dell’ordine). Ma è più giustificata l’indignazione verso i guasti di dieci anni di commissariamento della sanità che l’infame decreto appena prorogato dal Consiglio dei ministri vuole continuare a imporre ai calabresi. È schiumante di rabbia l’ex presidente della Regione Calabria Pino Nisticò, illustre scienziato di caratura internazionale, in questi giorni in Calabria: «Non abbiamo bisogno di commissari – ha detto a Calabria.Live –, di gente incompetente e incapace di capire quali sono le reali esigenze della sanità in Calabria. Abbiamo grandi manager nella nostra terra che sarebbero in grado di fare cose egregie e rimettere in sesto la disastrata sanità calabrese. Invece la Calabria sta esplodendo grazie a questi pseudocommissari che non sono nemmeno laureati in Medicina e quindi non capiscono nulla dei bisogni dei pazienti e del loro benessere psichico e fisico. Costoro hanno rovinato il sistema sanitario anche mortificando docenti universitari, primari, dirigenti che in altre regioni e all’estero sono molto apprezzati. Basti pensare alla bocciatura della proposta avanzata dal Rettore dell’Università Magna Graecia, De Sarro, un farmacologo di fama internazionale, di trasformare Villa bianca in una struttura d’eccellenza anti-covid. Una struttura che era immediatamente disponibile e pronta a entrare in funzione. Sarebbe diventata Villa Bianca lo Spallanzani della Calabria, con funzioni non solo di assistenza e cura anticovid, ma anche di ricerca scientifica ad altissimo livello.Non se n’è fatto niente grazie al commissario Zuccatelli. E adesso ci voglio di nuovo riproporre altri tre anni di commissariamento? Ma la Regione deve reagire, i calabresi devono far sentire la propria rabbia e il proprio sconcerto su questa palese mortificazione che di certo non aiuta a superare la crisi».
Molte, moltissime le prese di posizione contro il lockdown parziale che colpisce la Calabria. Il sindaco di Trebisacce, Franco Mundo, ha fatto una delibera di Giunta che autorizza il ricorso amministrativo contro la chiusura della Calabria a seguito della dichiarazione di “zona rossa”. «Non possiamo accettare – ha dichiarato il sindaco Mundo – di subire passivamente quella che è di fatto una profonda ingiustizia che va a penalizzare oltre ogni dire la nostra regione e i suoi cittadini. In questi mesi come sindaci ci siamo battuti con ogni mezzo per tutelare la salute dei cittadini di fronte all’espandersi dell’epidemia, abbiamo imposto misure e utilizzato risorse comunali. Ora non possiamo pagare prezzi altissimi sebbene in Calabria i contagi siano molto limitati. Sono altre le soluzioni che vanno applicate ad un problema certamente reale, che non è solo quell’emergenza Covid-19, ma fa riferimento all’intera situazione del sistema sanitario calabrese, inadeguato oggi esattamente come lo era nel momento in cui è stato commissariato, anni fa. La Calabria dovrebbe essere posta non tanto in zona rossa, ma al primo posto per l’accesso ad interventi che vadano a risolvere concretamente un problema atavico che oggi si manifesta con tutte le sue conseguenze, sui lavoratori, stremati dai sacrifici richiesti, e sui pazienti a cui viene ricordato per l’ennesima volta, loro malgrado, di essere cittadini italiani di serie B. È tempo di dire basta e di manifestare con risolutezza il nostro dissenso.
«Oggi non possiamo più pagare le conseguenze di una gestione politica disastrata e disastrosa, né le inadempienze e gli errori sia degli anni passati, ma anche di questi ultimi otto mesi che non hanno portato ad alcuna soluzione dei problemi. In questa chiave deve essere letta l’impugnazione dell’Ordinanza del Ministro Speranza che abbiamo deliberato come Comune di Trebisacce. Chiediamo garanzie e giustizia sanitaria per la nostra terra, e lo faremo in tutte le sedi possibili, cosi come abbiamo fatto e stiamo facendo per l’ospedale di Trebisacce».
Ci va pesante il consigliere regionale della Lega Pietro Molinaro: «Noi calabresi sappiamo bene i limiti del sistema sanitario regionale! E sappiamo anche che le responsabilità della situazione, da una decina d’anni, sono in mano ai Governi che hanno commissariato la sanità calabrese. Anche la gestione dell’ultimo commissario governativo Cotticelli ha brillato per inconcludenza, ammessa dallo stesso Governo. Ma nonostante questo, osservando il quadro dei dati nazionali sull’emergenza Covid, c’è l’impressione che non sia giustificato l’inserimento della Calabria nella zona rossa. Siamo ancora in attesa che il Ministro Speranza pubblichi l’Ordinanza che dovrà spiegare i motivi per cui la Calabria è stata inserita nella zona rossa, ma – sostiene l’esponente politico – il dubbio che il Governo abbia operato una forzatura con danni sproporzionati per i cittadini calabresi è forte! Ed è altrettanto forte il dubbio che dietro questa decisione vi siano le spinte dei partiti di Governo che voglio rinviare, al più tardi possibile, le elezioni del Presidente della Regione e del Consiglio Regionale. Le esigenze elettorali di PD e M5S sarebbero state anteposte agli interessi dei calabresi! Vedremo che cosa scriverà il Ministro Speranza nella sua Ordinanza e vedremo le fantomatiche evidenze scientifiche a cui ha fatto riferimento Conte nella conferenza stampa di ieri sera! E tutto sarà chiaro!».
E il presidente della terza Commissione Sanità al Consiglio regionale Baldo Esposito – ha fatto notare che “nella giornata di ieri (guarda caso, la stessa in cui la Calabria, in base a non meglio chiariti criteri, veniva dichiarata ‘zona rossa’, a differenza di tante altre regioni, in cui l’indice r.t. è più elevato!), il Consiglio dei Ministri ha deliberato quella che, più che una proroga dell’ormai pluridecennale commissariamento (che già non sarebbe stata giustificata), è una totale usurpazione di tutte le competenze regionali, al fine di esautorare completamente la Regione dalla materia sanitaria, attribuendo poteri spropositati al commissario ad acta ed avocando al Ministro della Salute tutte le nomine dei vertici delle aziende.
«In pratica – prosegue l’esponente politico – il Governo (che da oltre 10 anni persiste nel nominare commissari che hanno fatto lievitare l’enorme disavanzo, peggiorando i L.E.A., senza apportare alcuna miglioria in termini di strutture sanitarie e personale medico e para-medico!), farà gravare sul Bilancio regionale oltre a tre sostanziosissimi stipendi (per il commissario 2 sub-commissari – melius abundare quam deficere! -), anche gli ulteriori ingentissimi oneri destinati a 25 ‘prescelti’, tra dirigenti ed amministrativi, che formeranno l’elefantiaca struttura che opererà alle dirette dipendenze del plenipotenziario ‘super-mega commissario’ (di fantozziana memoria!), che, addirittura potendo impartire ordini e direttive al dirigente generale ed ai dirigenti degli uffici del Dipartimento Tutela della salute della Regione Calabria, si occuperà della completa gestione della sanità regionale, in tutti i suoi aspetti, nessuno escluso, compresa anche ogni competenza in materia di edilizia sanitaria, che sarà devoluta al commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri il quale (pur avendo notoriamente dimostrato una quasi totale incapacità gestionale e manageriale, occupandosi – male! – di approvvigionamento di mascherine, respiratori ed arredi scolastici) verrà catapultato, d’imperio, nella gestione della sanità calabrese.
«A fronte di questo spropositato potere, affidato ad un unico soggetto, di nomina esclusivamente politica, alla Regione è stato riservato soltanto l’obbligo di pagare gli stipendi e di mettere a disposizione del Commissario ad acta e dei Commissari straordinari, il personale, gli uffici ed i mezzi necessari all’espletamento dei relativi incarichi, utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili. Se probabilmente – per ragioni ed interessi squisitamente politici!- verranno rispettati i termini per l’avocazione, in capo al Ministro della Salute, di tutte le nomine negli enti del servizio sanitario regionali (in pieno periodo di campagna elettorale!), ho molti dubbi che lo stesso possa accadere per i termini previsti per i vari adempimenti a carico del Commissario che, entro 60 giorni, dovrebbe adottare gli atti aziendali, il programma operativo Covid ed il Piano triennale straordinario di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico della rete di emergenza, della rete ospedaliera e della rete territoriale della Regione!»
Ancora, secondo Baldo Esposito: «Non era certamente questo il percorso immaginato dalla governatrice Santelli che, nel breve periodo di reggenza regionale, aveva affrontato con decisione la problematica sanitaria, auspicando una fattiva interlocuzione con il Governo centrale e rivendicando, per la sua Calabria, il diritto ad una sanità da Paese civile, senza alcuna velleità di ‘guerreggiare’, ma anzi sottolineando l’assoluta sintonia tra Regione e Governo nazionale, durante la gestione della fase Covid, al fine di evidenziare come non possano esserci divisioni strategiche e strumentali, davanti a un diritto fondamentale come la salute. Del resto, è notorio che, già da molti mesi, la Regione avrebbe potuto dare corso alle nomine dei commissari delle aziende sanitarie ed ospedaliere, ma non lo ha fatto, durante l’emergenza sanitaria, non certo perché la Presidente non ne avesse le capacità o perché non esistessero figure di soggetti idonei a ricoprire quei ruoli, bensì perché aveva creduto che, finalmente, fosse arrivato il momento di fare effettivamente cessare questa ‘giostra’ politica, consumata sulla pelle dei calabresi, per collaborare lealmente con il Governo centrale, ognuno nel proprio ruolo istituzionale. Questa è stata la linea seguita, anche dopo la dipartita della Governatrice, allorché comunque non si è proceduto alle nomine, ancora possibili, in attesa delle decisioni del Governo, che si auspicava sarebbero state improntate alla tutela dei diritti dei calabresi, anziché a meri calcoli di opportunismo politico, per come invece è avvenuto«.
«Peraltro, come è già stato ricordato da qualcuno, il precedente decreto ‘Sanità Calabria’, che era meno stringente di quello approvato ieri, aveva passato il vaglio della Corte Costituzionale solo in quanto misura temporanea, per cui il nuovo decreto appare incostituzionale, oltre che anti-democratico. Pertanto – rilancia Esposito – per come ha già dichiarato il presidente f.f. Spirlì, come Regione Calabria adotteremo ogni idonea iniziativa, in tutte le sedi, contro quello che è un vero e proprio abuso del Governo centrale, nei confronti della Calabria, che, in un momento critico a causa della pandemia in atto, rischia di spingere definitivamente nel baratro l’intero sistema sanitario calabrese, ancora una volta sacrificato sull’altare degli accordi politici e delle convenienze elettorali, che hanno probabilmente determinato anche la discutibilissima scelta del Governo di collocare la Calabria, che presenta parametri di contagiosità più bassi di altre regioni italiane, tra le ‘zone rosse’, in esecuzione di una vera e propria manovra di ‘accerchiamento’ della sanità calabrese, in cui l’impennata improvvisa ed immotivata dell’allerta sanitaria doveva bilanciare e giustificare l’adozione della scellerata misura di commissariamento, deliberata nella stessa giornata di ieri».
«Tale atteggiamento – sottolinea Esposito – conferma la palese lontananza dei palazzi romani dalla realtà sanitaria calabrese, in cui ogni giorno operano medici e para-medici di assoluto livello che, con i loro sforzi indefessi, sono riusciti a contenere egregiamente la prima ondata del virus, rendendo la Calabria una delle regioni più virtuose. All’uopo, voglio pubblicamente ringraziare, anche da medico, tutti gli operatori della sanità calabrese e, in particolare, quelli dell’Azienda ospedaliera ‘Pugliese-Ciaccio’ di Catanzaro (dove vengono processati oltre i 50% dei tamponi di tutta la Calabria!) che, con l’avvento dell’emergenza Covid, stanno ancor più subendo le nefaste conseguenze dell’inettitudine delle scelte del Governo, che è l’unico responsabile dello sfascio della sanità calabrese, avendo da oltre 10 anni, esautorato la Regione di ogni sua competenza in materia, affidando il timone di una nave, sempre più sgangherata, ad illustri comandanti, arrivati da chissà dove, che avrebbero dovuto risanare la sanità calabrese, senza neanche conoscere la strada da percorrere per raggiungere il ‘Pugliese-Ciaccio’ di Catanzaro, o il ‘Bianchi-Melacrino-Morelli’ di Reggio Calabria, o l’’Annunziata’ di Cosenza!.
«Del resto, se si rivelassero esatte le indiscrezioni sulla scelta del futuro commissario ad acta (che potrebbe essere un soggetto, organico al PD, già designato dai palazzi romani per un importante incarico commissariale nella sanità calabrese) – conclude il consigliere regionale Esposito – l’occupazione manu militari della sanità calabrese sarebbe completata». (rp)
di SANTO STRATI – Beffati e traditi i calabresi, mortificata la Calabria e le sue competenze. Svilite le grandi capacità che eccellenti manager hanno da sempre saputo dimostrare. La proroga del già pessimo decreto Sanità Calabria è l’ultimo atto di una guerra silenziosa dichiarata alla Calabria dalla congrega dell’autonomia differenziata: è l’obiettivo, mascherato delle ricche regioni del Nord, quelle, per intenderci che aspettano di liberarsi della “zavorra” del Mezzogiorno e della sua “piagnucolante” popolazione. Quelle regioni, guarda caso, più colpite nella prima fase del coronavirus (Lombardia, Veneto ed Emilia) e oggi di nuovo sull’orlo dell’abisso di un nuovo incubo.
Quando l’incolpevole ministra Erika Stefani, ai primi di luglio dello scorso anno, su mandato di Salvini & company, aveva tentato di far passare il testo sull’autonomia differenziata, poco è mancato che venisse presa a fischi e irripetibili versacci: non era aria, ma lei non l’aveva capito, e aveva tentato di portare. a termine il delicato, quanto esplosivo incarico. Era il tempo del governo gialloverde, mancavano ancora diversi mesi al Papeete e alla salvinata di mezza estate che avrebbe cambiato profilo all’esecutivo. Quell’esecutivo che aveva come ministro della Salute la pentastellata Giulia Grillo. prima firmataria ed esecutrice convinta del decreto Sanità Calabria. Firmato in quel di Reggio, da un Consiglio dei ministri appositamente convocato in Calabria per fare passerella elettorale. Uno spot ai danni dei calabresi sbeffeggiati a casa propria, costretti a subire un provvedimento che peggiorava le cose anziché tentare di migliorarle. La Sanità usciva da otto anni di infelice e terribile commissariamento, con guasti al sistema già di per sé traballante assai, e ripiombava in un nuovo commissariamento, con precise esclusioni di manager locali, come se non ci fossero professionalità di altissimo livello in grado di gestire la Sanità.
Tutto è passato, tra amarezze, inefficaci manifestazioni di protesta (il sen. Marco Siclari ne guidò una davanti a Montecitorio), ma non ci fu verso di modificare neanche una virgola. Lo scorso settembre, quando, naturalmente neanche lontanamente si poteva pensare all’ondata pandemica che avrebbe travolto tutti, l’allora presidente della Regione Mario Oliverio aveva incontrato a Roma il nuovo ministro della Sanità, Roberto Speranza, ottenendo promesse, vaghe, ma era già un risultato, sulle modifiche che sarebbe stato il caso di apportare al famigerato decreto. Finita la legislatura, arrivato il Covid, è giunto alla scadenza naturale l’orribile testo normativo.
La presidente Jole Santelli aveva scritto un’accorata lettera il 13 settembre proprio a Speranza e al presidente Conte indicando le priorità da seguire proprio in vista della scadenza del decreto. Non è successo nulla, nonostante gli appelli, gli allarmi, gli avvisi che da ogni parte si sono levati contro la sola idea di una proroga che sarebbe stata non solo ingiusta ma sicuramente improponibile. E invece, invece è successo. Zitti zitti, a parte una clamorosa litigata all’ora di pranzo tra Speranza e il ministro dell’Economia Gualtieri per gli aspetti economici del decreto che ha fatto slittare il Consiglio dei ministri che doveva decidere, il provvedimento di proroga del decreto è passato, peggiorando ulteriormente la situazione. Si parla di 24 mesi (con l’opzione di rinnovo per altri 12) e di un supercommissario con poteri straordinari (forse magici?) in grado si sovrastare anche il presidente della Regione. Si è giustamente scatenato l’inferno contro il decreto che, in buona sostanza, autorizza il Governo a fare ciò che meglio crede della salute dei calabresi, indifferente a qualsiasi proposta o suggerimento che dovesse venire dalla regione. Una protesta vibrata ma che viene da una sola parte, la destra. Il deputato azzurro Francesco Cannizzaro (probabile e potenziale candidato a presidente della Regione) ha immediatamente chiesto la mobilitazione di tutti i sindaci della Calabria e dei parlamentari calabresi, tutti insieme in via trasversale, per opporsi al decreto e alla sua conversione in legge, anche magari ricorrendo alla giustizia amministrativa.
Da questo punto di vista Calabria.Live può riferire l’autorevole parere di un ex presidente del Tar secondo il quale il decreto è assolutamente impugnabile: «sembrano sussistere tutti i presupposti per impugnare quell’ibrido di decreto ministeriale». Quindi si può e si deve fare l’impugnazione davanti al Tar, al Consiglio di Stato, dovunque sia necessario perché questo obbrobrio non deve passare.
Ma, in attesa del ricorso al Tar, c’è una domanda che si fanno i calabresi: dov’è la sinistra della regione? Dove sono i parlamentari, i consiglieri regionali, i sindaci, gli amministratori che se ne stanno in silenzio di fronte a questa mortificazione (ma sarebbe meglio parlare di vera e propria violenza) nei confronti dei calabresi? Non sono bastati i guasti di dieci anni di commissariamento a far capire che non è questa la strada da seguire: servono medici-manager in grado di interpretare le istanze del territorio e impegnare ogni risorsa per tutelare la salute dei cittadini: i commissari hanno lavorato solo con l’obiettivo di tagliare i costi, indipendentemente dalle nefaste prevedibili conseguenze. Con la salute, che è il bene primario di tutti i cittadini, non si possono fare considerazioni di natura economica e finanziaria, e invece risparmiare sui costi a spese del benessere dei cittadini è stata l’unica via seguita. E, del resto, si è visto cos’hanno fatto il commissario Cotticelli e i suoi gregari quando si chiedeva a giugno, da ogni parte, di provvedere a realizzare nuovi posti letto in terapia intensiva. Sapete quanti ne hanno realizzati al Grande Ospedale Metropolitano di Reggio? Appena sei, quando se ne potevano fare un centinaio (le risorse finanziarie c’erano e non sono state utilizzate). Questo perché a gestire la sanità non servono rispettabilissimi generali a riposo, ma necessitano competenze e capacità specifiche. Quando, in piena epidemia primaverile il Rettore dell’Università Magna Graecia Giovambattista De Sarro insisteva a trasformare in ospedale Covid Villa Bianca di Catanzaro (praticamente già pronta all’uso) qualcuno dei commissari (Zuccatelli, tanto per non fare nomi) ne fece una battaglia d’opinione riuscendo a spuntarla. E oggi stiamo a guardarci in giro e ascoltare sconsolati i medici che si stanno ammazzando di lavoro che quando provano a smistare in altri ospedali qualche ricoverato in terapia intensiva si sentono rispondere in maniera ancora più sconsolata: i posti ci sono, ma non abbiamo il personale.
Le somme è facile tirarle, a questo punto: servono assunzioni immediate di medici e infermieri e invece nel Palazzi del potere, stanno a discutere dei compensi e delle spese di trasferta dei futuri commissari che verranno a “regnare” nella Calabria rassegnata. Marco Siclari, il senatore reggino che per primo, quando pochi intuirono la gravità di ciò che sarebbe accaduto, chiedeva mascherine per tutti e assunzioni di medici per prevenire il virus, (nessuno però gli diede ascolto), provocatoriamente lancia il nome di GuidoBertolaso come commissario straordinario a costi zero. Ma la sua voce, assieme a quella di tutta la destra, si perde nell’assordante silenzio dei dem e della sinistra calabrese che, cinicamente – dobbiamo pensare – coglie solo l’occasione della zona rossa (giustificata da carenze strutturali nella sanità e non decisa per numero di contagi) per fare campagna elettorale: «i guasti della sanità li ha provocati il governo di destra.
Molto sintetico il senatore Ernesto Magorno sulla zona rossa: «le responsabilità non possono che essere ascritte all’operato della Giunta Regionale che, pur avendo avuto risorse per oltre 80 milioni di euro dal Governo, non è intervenuta in modo da mettersi in linea con quelle che erano le esigenze per affrontare al meglio la seconda ondata di contagi». E del decreto Sanità, sen. Magorno cosa dice? E il vicepresidente del Consiglio regionale Nicola Irto gli fa eco: «dove sono i posti in terapia intensiva annunciati nei mesi passati? In tutti questi anni, sulla sanità, si è parlato a vanvera fin troppo. E lo stesso sta avvenendo nelle ultime ore. Siamo arrivati al punto di non ritorno dopo dieci anni di commissariamento che non sono serviti a nulla. La cura in sé si è rivelata sbagliata. Probabilmente peggiore del male». E sul decreto sanità? Neanche una parola. Lo stesso vale per i parlamentari, i consiglieri regionali, i sindaci, etc. Si parla solo di zona rossa che è un buon pretesto per aizzare la folla. La campagna elettorale per Germaneto, ahimè, è iniziata nel peggiore dei modi. (s)
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