di SANTO BIONDO – La pandemia sta rialzando la testa e la Calabria non riesce ad uscire da una crisi pesante socialmente ed economicamente. La quarta ondata del Covid-19 ci sta trovando ancora una volta impreparati, dopo un 2021 che ne ha sensibilmente ridotto gli spazi di crescita ed accentuato le diseguaglianze all’interno del proprio territorio e fra questo ed il resto del Paese.
Nel settore sanitario ai ritardi con i quali già eravamo costretti a fare i conti, si stanno accumulando altri ritardi che provocano inefficienze e distorsioni nelle cui pieghe si insinua un virus sempre più indecifrabile e pericoloso.
Ma non solo la variante Omicron del Coronavirus, quasi che la nostra regione non fosse inserita nella storia pandemica dell’intera nazione, ci ha colpiti quando ancora siamo in attesa di vedere concretamente potenziate le postazioni di terapia intensiva; quando ancora stiamo aspettando che gli organici di medici e paramedici vengano potenziati; quando ancora siamo in attesa che la spesa venga certificata ed i fondi destinati alla lotta al Covid vengano utilizzati concretamente per ripagare gli sforzi di tutte quelle professioniste e tutti quei professionisti che hanno fatto enormi sacrifici nella lotta alla pandemia.
Mentre la nazione sta registrando un rimbalzo, seppur debole e frastagliato, dei suoi indici economici, la Calabria – che per oltre dodici mesi non è stata governata – rischia di veder allargare quel solco che la separa dal resto del Mezzogiorno, dell’Italia e dell’Europa.
I ritardi accumulati per insipienza sulla programmazione dei fondi europei potrebbero rappresentare una tara insuperabile per il futuro di questa terra. Una regione che la classifica della qualità della vita relega agli ultimi posti a livello nazionale, una regione che non è riuscita ad agganciare la pur debole ripresa nazionale, fatta di lavoro precario, e che si trova sempre più ai margini di un Paese che viaggia a velocità differita e che potrebbe – inevitabilmente – lasciare indietro quelle regioni che dimostrassero di essere incapaci nel gestire la grande messe di risorse che sono state messe a disposizione da un’Europa che, dopo anni di austerità, ha riscoperto la sua aspirazione solidale.
Adesso è il tempo di agire. Il 2022 per la Calabria dovrà essere l’anno della svolta, del cambiamento definitivo. Per questo siamo fermamente convinti che chi ha nelle mani la gestione della cosa pubblica regionale debba concentrarsi sullo sviluppo di tre assi fondamentali per ridisegnare il futuro di questa terra.
Intanto, è necessario agganciare concretamente le possibilità di sviluppo offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e bisogna farlo in fretta. “Tempus fugit” e la scadenza di marzo 2022 per la presentazione dei progetti sembra assai vicina.
Per farlo è necessario, ovviamente, conoscere quali siano i progetti che la Regione Calabria ha deciso di mettere in campo per il finanziamento attraverso i fondi messi a disposizione dal Pnrr, togliendo su di essi quel velo omertoso che li ha coperti sino ad oggi e presentandoli al tavolo di confronto con il partenariato economico e sociale. In secondo luogo è determinante pensare ed applicare un urgente irrobustimento della macchina burocratica regionale, assai povera in termini di professionalità per la continua emorragia di esperienze e competenze verso altre parti del Paese e verso l’estero, attraverso l’apertura di una nuova stagione concorsuale che quelle esperienze sappia valorizzare, concentrandosi contemporaneamente nella ricerca delle risorse necessarie per ampliare il contributo lavorativo di Lpu ed Lsu e stabilizzare i lavoratori precari.
Allo stesso tempo, poi, è dirimente rendere operativa la cabina di regia, sulla quale è necessario l’interessamento anche del Consiglio regionale, che è istituita per il monitoraggio della spesa e per recuperare il ritardo rischioso accumulata sulla stessa e dare vita alla task force regionale di supporto agli enti locali per la gestione progettuale dei fondi europei.
Ancora è necessario dare una guida attenta e corretta ai meccanismi che intervengono sulla gestione dell’ambiente, la cui mala gestio in questi anni ha avuto ricadute importanti sulla salute dei calabresi ed ha regalato alla Calabria, soprattutto per i ritardi legati alla messa in sicurezza del sistema depurativo regionale, numerose e costose procedure di infrazione da parte dell’Europa. Così come è altrettanto determinante approntare una cura in grado di ridurre le ricadute del dissesto idrogeologico e approntare un piano efficace per ammodernare e rendere efficiente il sistema idrico regionale.
Sulla sanità, ancora, è necessario accelerare nell’azione di ricostruzione e riordino della spesa per mettere al riparo il settore ed i cittadini calabresi da quegli sperperi e quegli interessi illegali che abbiamo segnalato con un esposto alla Procura della Repubblica di Catanzaro in pieno lockdown.
La riorganizzazione della spesa sanitaria, insieme alla ricostruzione della sanità territoriale, la riorganizzazione del piano sanitario 21/23, deve procedere di pari passo con un intervento di sistema sull’informatizzazione di tutti i servizi sanitari, soprattutto di quelli inerenti alla spesa delle ingenti risorse messe a disposizione del comparto, correlandoli alla centrali di spesa nazionale al fine di mettere al riparo il Sistema sanitario regionale da ingordi interessi criminali ed evitare scorretti ed ingiusti dirottamenti della stessa.
In estrema sintesi, crediamo sia necessario correre spediti sul confronto operativo con le parti sociali su questi tre filoni fondamentali di intervento, al fine di sostenere una loro razionalizzazione e trasformare gli stessi in una importante macchina occupazionale al servizio dei cittadini calabresi onesti e non più di quella parte minoritaria che si muove solo per i propri loschi interessi.
Di questa azione di risanamento tutte le componenti sociali della Calabria, a partire dai sindaci delle grandi e medie città calabresi, dovranno sentirsi parte integrante nella convinzione che nessuno possa pensare di poter risolvere i tanti problemi di questa regione in maniera unilaterale. In questa delicata fase storica, infatti, è necessario amplificare al massimo l’azione di controllo sociale per alzare un muro invalicabile contro la criminalità organizzata.
Se si vuole cambiare la narrazione della Calabria, così come sostenuto dal Segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri dal palco della Fondazione Terina nell’ultima mobilitazione regionale prima dello sciopero del 16 dicembre, è necessario collegarsi al Paese reale, è necessario ascoltare le istanze che partono dal basso, è determinante frenare i facili entusiasmi legati alla crescita di qualche indice statistico e riconnettersi con gli italiani, quelli che non hanno un lavoro, che sono stati allontanati dal mondo produttivo, che non riescono ad arrivare a fine mese o che non possono curarsi vicino casa.
Quello messo in risalto lo sciopero generale del 16 dicembre, infatti, è un Paese che poggia su una ripresa occupazionale, fatta di lavoro precario, che esclude sempre di più le donne dal mondo produttivo; è un Paese che vede allargarsi le diseguaglianze già esistenti fra la sua parte ricca e quella più povera, che rischia di non capire le reali sofferenze della sua gente.
Lo sciopero generale del 16 dicembre ci ha detto c’è bisogno di una nazione diversa da quella uscita con le ossa rotte dalla prima fase pandemica, una nazione che deve essere ridisegnata attraverso una corretta riforma fiscale, messa in sicurezza da una moderna riforma previdenziale e resa produttiva da un potenziamento della sua offerta occupazionale. (sb)