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TROPEA (VV) – Al film festival si discute di cinema indipendente

La manifestazione che sta calamitando l’attenzione di tutti i cinefili e gli amanti della bellezza e del bién vivre continua a proporre con successo gli appuntamenti del variegato carnet, sulla scia dell’intrattenimento ma anche della riflessione critica su tutto ciò che ruota intorno al mondo del cinema attuale, attraverso gli interventi dei protagonisti del grande schermo come Ettore Bassi, Saverio Vallone e Giorgio Colangeli.

Si conferma l’interesse per gli approfondimenti formativi curati dalla Scuola di Recitazione della Calabria diretta da Walter Cordopatri. Quello inserito nella programmazione della terza giornata della kermesse è stato incentrato su “Scherma e lotta scenica”. In cattedra il maestro Renzo Musmeci Greco, docente di scherma scenica. Dopo la lezione ospitata dall’Antico Sedile dei Nobili, gli allievi sono stati anche protagonisti di un flash mob nello spazio del suggestivo affaccio Raf Vallone, durante il quale hanno messo in scena la simulazione di un duello con interpretazione che richiama i “faccia a faccia” del 1500.

Poi in sala, a Palazzo Santa Chiara, per assistere alla proiezione di due cortometraggi in concorso.
Due generi diversi: Dark Compost della regista Alice Tamburrino con l’interpretazione dell’attrice Elena Stefanuto, un thriller e dark comedy, girato a Roma in cui la violenza e la morbosità che spingono una donna a commettere un rapimento e a tenere condotte crudeli fino all’esasperazione, pongono la riflessione sulla pericolosità dei rapporti malati.

Un thriller psicologico, invece, Inchiostro, scritto e interpretato da Marco Gistri con la regia di Armando Di Lillo e la partecipazione in post produzione di Paolo Guerrini. L’opera girata in Toscana racconta la storia di Francesco che vive nascosto da anni all’interno della sua camera da letto sommersa da fogli su sono impresse con l’inchiostro nero parole che riportano il protagonista indietro nel tempo. Nell’intimità di questo spazio angusto, l’uomo vive la sua inquietudine sulle tracce indelebili lasciate dall’inchiostro, esattamente come possono fare i giudizi e i pregiudizi.

L’attore Saverio Vallone, ospite del Tropea Film Festival, si racconta. Figlio del candidato al premio Oscar Raf Vallone, celebre per le sue interpretazioni nei film di Alberto Lattuada e Giuseppe De Santis, per il ruolo del cardinale Lamberto nel terzo atto del Padrino, capolavoro di Francis Ford Coppola. Vallone junior non ha seguito subito le orme del padre. Il figlio d’arte di una vera e propria icona del palcoscenico ha esordito nel mondo dello spettacolo dietro la macchina da presa. «Ero assistente di Pasqualino De Santis, premio Oscar per la fotografia. Poi ho cominciato a lavorare con il teatro Stabile di Palermo, per conto mio, poi con mio padre, cercando comunque di lavorare in modo indipendente. Con mio padre non c’è mai stato confronto, perché il suo livello era altissimo. È stato, tra l’altro, candidato al premio Oscar per la sua interpretazione nel film Uno sguardo dal ponte di Sidney Lumet. E questo, pur non facendo scattare la molla della competizione, mi ha spinto a dare sempre il massimo. A teatro ho lavorato con Arnoldo Foà, con Vittorio Gassman, con mio padre. Poi anche nel cinema con Bolognini, con Scola cercando di tenere alto il livello della professionalità. Oggi curo laboratori di teatro».

Sul rapporto con la città di Tropea che ha dato i natali a suo padre, Saverio Vallone ha espresso sentimenti di affetto. «C’è un legame fortissimo, anche se mio padre si è spostato a Torino e, in seguito, in tutto il mondo. Era sempre molto felice di tornare nella sua città di origine e mi ha trasmesso questo attaccamento. Vengo molto spesso, faccio parte del consiglio comunale e sono molto legato alla Calabria, in generale».

Dal padre ha ereditato l’amore per la natura e l’attenzione al dettaglio, la capacità di sapersi guardare intorno. «Mio padre mi ha trasmesso l’amore per lo sport, la natura, l’avere cura di me. Per essere forte, indipendente e avere la tempra del guerriero».

Altro protagonista del Tropea Film Festival è l’attore Ettore Bassi. Definito un artista poliedrico, capace di spaziare dai programmi per bambini alla fiction, dal teatro al cinema, è oggi impegnato a portare sui palcoscenici di tutta Italia la coraggiosa vicenda di Angelo Vassallo, sindaco pescatore del Cilento, freddato dai clan per le sue battaglie contro il malaffare. «Da sette anni porto in scena questa storia, con grandissima soddisfazione».

Ripensando alla parabola di una vita professionale intensa, Bassi confessa di avere un debole per il suo esordio. «I programmi per bambini sono stati un’esperienza bellissima, nella quale mi sono divertito molto e ho anche avuto modo di sentire un po’ quell’atmosfera di contatto e crescita per il pubblico dei piccoli. Averli in studio, creare con loro un rapporto, è stato molto bello. E oggi, dopo anni, mi fermano ragazzi e ragazze grandi e mi dicono di essere cresciuti con le mie trasmissioni. Questa cosa mi piace molto».

Da allora ad oggi sono passati vent’anni. E dopo il grande successo, l’attore ha fatto un percorso. «Si cambia ed è naturale. Il successo stesso cambia, ci sono ondate, ci sono movimenti. Prima, da giovane, avevo un altro modo di vivere le cose. Oggi a cinquant’anni posso dire che ne ho viste tante e, il mio trascorso, ha cambiato il mio modo di affrontare le cose». Spesso però, il mondo patinato dello spettacolo, può essere ingrato. E riservare momenti grigi anche alle carriere più brillanti.

«In un percorso di vita e di lavoro, come il nostro, ce ne sono di momenti grigi. Però l’importante è riuscire a trovare una prospettiva, una strada presso cui proiettarsi e creare movimento, così le cose poi accadono».

Nonostante tanti anni fa si sia trasferito a Roma, per motivi di lavoro, è rimasto legato al suo Sud. Tanto che oggi vive in Puglia. Di recente Bassi ha girato alcune fiction ma, tendenzialmente, questa è una fase professionale in cui il teatro è centrale. «Ho un progetto teatrale pronto, Trappola per topi di Agatha Christie, continuo a portare nei teatri la vicenda di Angelo Vassallo, avrò qualche data anche con Il mercante di luce, lo spettacolo tratto dal libro di Roberto Vecchioni con il quale ho debuttato quest’anno e che anche si è rivelato uno spettacolo di fortissimo impatto emotivo. Quindi sono molto contento di come stanno andando le cose”. Era il 1992 quando, quasi per caso, è stato eletto Il più bello d’Italia. “Quella fu un’avventura molto divertente, vissuta in totale inconsapevolezza, proprio perché io andai lì per fare il concorrente prestigiatore. Andaì lì, scoprendo che poi il terzo giorno c’era la sfilata per la votazione del più bello d’Italia. E mi ritrovai con lo scettro e la corona. Era un’altra fase, ero un’altra persona».

Spettacolare, conturbante, misterioso. Il fascino del cinema del passato ha riecheggiato tra le mura di Palazzo Santa Chiara, nella serata di chiusura della terza giornata del Tropea Film Festival. Cinema indipendente: il caso Italia è stato il tema al centro del dibattito, introdotto da Andrea Santonastaso. Ospiti del confronto, l’attore Ettore Bassi, il regista Fabrizio Giordani, gli attori Giorgio Colangeli e Saverio Vallone, lo scrittore Antonio Ludovico e il maestro di scherma Renzo Musmeci Greco. A moderare l’incontro, il giornalista Poalo Di Giannantonio.

La discussione è stata intervallata dall’esibizione canora di Martina Difonte. «Il cinema non ha più quel senso e quel posto nella nostra società. Prima gli attori erano come le divinità dell’Olimpo, difficili da raggiungere. Si provava venerazione per loro e questo consentiva loro di veicolare dei messaggi importanti», ha spiegato Giorgio Colangeli.

«Manca una società a cui gli sceneggiatori possano parlare. È difficile raccontare un mondo che si auto-omologa”, ha concluso. Non sono mancate le riflessioni sul cinema indipendente, un tempo pionieristico, un azzardo difficile da portare a compimento. “Oggi i giovani registi lavorano grazie alle piattaforme» spiega Giordani «perché la fruizione è cambiata, offrendo grosse opportunità. In passato l’indipendenza era una strada molto più difficile da perseguire». Ci si è poi soffermati sull’importanza dei finanziamenti pubblici, oggi spina dorsale della produzione cinematografica italiana. Come nel caso della pellicola Promessa d’amore, girata da Giordani nel 2004, con un giovanissimo Ettore Bassi nei panni del protagonista. La diffusione dell’opera, proiettata proprio ieri pomeriggio, però, è avvenuta a distanza di vent’anni. E non c’è mai stata un’uscita in sala. «Avevamo ottenuto i finanziamenti pubblici e avevamo un produttore molto giovane. Il Ministero ci aveva concesso anche i soldi per la distribuzione, che però poi non furono stanziati. Il produttore decise di fare causa al Ministero: cosa impensabile. Il film, a causa del contenzioso in atto, fu condannato a restare bloccato». (rvv)