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Toni Servillo a Armonie d'Arte Festival

Al via Armonie d’Arte Festival

Prende il via questa sera, al Parco Archeologico Scolacium di Roccelletta di Borgia, la 22esima edizione di Armonie d’Arte Festival, diretto da Chiara Giordano.

Ad aprire la kermesse, Toni Servillo in Raimondo, Vaniloquio non vano: un melologo inedito dello scrittore e critico letterario Silvo Perrella, con musiche originali del compositore Vincenzo Palermo, e la partecipazione di Alfio Antico con i suoi tamburi siciliani.

Ad accompagnare, la solista al flauto Maya Palermo e il coro femminile Ensemble Sententie Sonantes diretto da Alexandra Rudakova.

Un lavoro ispirato dalla figura alta, controversa ma fascinosa, di Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, ricordato per la “sua” eccezionale Cappella con il Cristo velato a Napoli, e simbolo di pensiero libero, laterale, non omologato, non di propaganda, assetato di innovazione.

Raimondo di Sangro è universalmente noto come l’ideatore della Cappella Sansevero; e non c’è visitatore della città di Napoli che non senta la necessità di visitare e ammirare il Cristo velato, opera scultorea del Giuseppe Sanmartino. Ma chi era quest’uomo geniale che i dizionari definiscono un inventore? Quali pensieri attraversavano la sua mente? E soprattutto che sentimenti provava per il mondo in cui viveva? Imbattendosi nella Lettera apologetica, pubblicata dal principe nel 1751, Chiara Giordano, direttrice artistica di Armonie d’Arte Festival, è partita da queste domande per commissionare un’opera inedita e originale sul settimo Principe di Sansevero.

Si è rivolta a Silvio Perrella, il quale ha subito accolto questa sorta di sfida, scrivendo un testo in versi che ha del melogogo e dell’oratorio laico, dove Raimondo prende la parola rivolgendosi a una donna fantomatica, che di volta in volta assume nuovi nomi. Parlandole Raimondo “sale”, cercando “vastità di sguardo”. Prima Sisifo, poi Prospero senza scettro, ma soprattutto Uomo-Cristo, si racconta a fiato perso, squaderna il suo mondo interiore, vela e svela chi sia, cosa voglia, perché per lui sia così essenziale essere liberi, capaci di correggere i propri errori, sempre pronti a rimettersi in gioco. La lingua usata da Perrella lo scolpisce, ne fa un essere sonante, s’insinua nella sua psiche.

E da questa lingua parte Toni Servillo per dare voce e corpo sonoro a quello che possiamo definire un pellegrino della libertà d’invenzione. Il grande attore ne segue l’ascesa, punteggiata dal ritmo indiavolato di Alfio Antico, che trae dai suoi tamburi siciliani veri e propri terremoti sonori ed emotivi. Sale, sale Raimondo fino alla radura da cui ogni cosa è visibile e lì viene preso “da formicolio di canto”.

Il compositore Vincenzo Palermo – che dopo una introduzione, quasi viatico ad apertura del lavoro con un tema cinquecentesco su cui innesta un tessuto musicale di fattura tutta contemporanea – traduce questo suo desiderio in coro femminile e lunghe note di flauto; ne fa un isola di meditazione quieta, che anticipa la “discesa” di Raimondo. Lo stesso Servillo asseconda il desiderio della voce di librarsi nell’aria. (rcz)