Il Cardinale di Toronto saluta i calabresi di Roma

di PINO NANO – «Io studiavo qui di fronte, alla Pontificia Accademia Ecclesiastica. Venivo quasi tutti i giorni qui in Basilica, sulla tomba di santa Caterina da Siena, e mi è venuto naturale iniziare il mio nuovo cammino con i domenicani della Minerva».

A Roma sabato sera, nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva, ospite dei frati Domenicani, ha celebrato la sua prima messa da Cardinale l’Arcivescovo Metropolita di Toronto Mons. Frank Leo, alla presenza di una nutrita delegazione di calabresi residenti nella capitale. 

A guidare la delegazione calabrese presente in basilica il presidente dell’Associazione Calabresi Capitolini, l’avvocato Luigi Salvati. Con lui anche il giornalista e critico d’arte Rosario Sprovieri, storico direttore del Teatro dei Dioscuri al Quirinale. Al Presidente Luigi Salvati il neo-cardinale ha raccontato della sua “anima calabrese”, per via di «mio padre che è originario di Belvedere Marittimo, ma anche per via di mio nonno che era originario di San Donato di Ninea».

Per tutta la vita a casa del cardinale – emigrati ormai tutti noi in Ontario dal 1953 – «si è parlato il dialetto calabrese di mio padre, e il dialetto napoletano per via della mamma che era invece campana, originaria di San Martino Valle Caudina, morta nel 2008».

L’occasione è servita al neo-cardinale per esaltare il ruolo strategico e non solo della grande comunità calabrese che vive oggi in Ontario, ma per ricordare quanto la grande Little Italy di Toronto abbia dato ala crescita sociale ed economica del Canada tutto. «Per Natale tornerò in Canada – dice l’Arcivescovo di Toronto – e, quindi, vi prego di trasmettere attraverso i vostri giornali e ai vostri iscritti i miei auguri personali perché da quando sono nato io vivo con un pezzo di terra calabra nel cuore e nella mente». 

Quanto basta, insomma, per capire che alla guida della più grande Diocesi del Canada c’è oggi un italo-canadese cresciuto con il senso dell’appartenenza, italiano più di tanti altri, e nel nostro caso specifico figlio morale anche della Calabria.

«Sono commosso per la scelta del Santo Padre – ha detto il nuovo cardinale subito dopo la sua nomina – indegnamente faccio parte di questo Collegio per servire il Signore. La vedo come una chiamata ad essere strumento di comunione ecclesiale, unità, testimonianza, appartenenza alla Chiesa con ogni battito del cuore e con ogni goccia di sangue».

«Sono stato chiamato a svolgere questo nuovo servizio ecclesiale – la vita è fatta di servizio – e ho accettato confidando nella grazia del Signore, innanzitutto, poi nel sostegno dei fedeli, con le loro preghiere, degli angeli e dei santi. Non siamo mai soli, siamo una grande famiglia. Quindi non ho paura, farò del mio meglio, voglio servire con tutto il cuore, essere attento a quello che mi sarà chiesto di fare. Sono felice di poter dare il mio piccolo contributo alla missione della Chiesa».

Da Montréal a Roma, passando per Toronto. Nato a Montréal nel 1971 (madre campana, scomparsa nel 2008, e padre calabrese, ottantunenne, di Belvedere Marittimo ancora in famiglia con lui), Mons. Frank Leo vanta un curriculum di grande prestigio. Dopo il Cégep, ha frequentato il Gran Seminario di Montréal e nel 1996, a 25 anni, viene ordinato sacerdote. È stato prima viceparroco alla Madonna della Consolata, chiesa a cui è legatissimo e dove è stato battezzato, cresimato e infine ordinato sacerdote. Ha poi perfezionato gli studi tra Stati Uniti, Italia, Australia e Canada, prima di entrare nel Servizio Diplomatico della Santa Sede, a Roma. Tornato a Montréal, ha prima insegnato al Seminario e poi è diventato Segretario generale della Conferenza episcopale canadese ad Ottawa.

Concluso il suo mandato, ha fatto ritorno a Montréal. Qui, il 12 settembre del 2022 è stato ordinato Vescovo Ausiliare di Montréal nella Cattedrale Maria Regina del Mondo, affiancando nella sua missione apostolica Mons. Alain Faubert e Mons. Lépine. A quella solenne cerimonia – ricorda Arturo Tridico, calabrese anche lui e direttore de La Voce di Montreal – hanno preso parte circa 1500 fedeli, tra cui tantissimi Italo-Canadesi. All’inizio del 2023, dopo la rinuncia del Cardinale Thomas Christopher Collins, in carica dal 2007, Papa Francesco lo nomina quattordicesimo Arcivescovo di Toronto, la più grande arcidiocesi cattolica del Canada, che annovera oggi quasi 2 milioni di cattolici e 225 Parrocchie. Il 7 dicembre scorso arriva infine la notizia della sua nuova nomina a Cardinale di Santa Romana Chiesa. Per la Calabria e per i calabresi è un ennesimo motivo di orgoglio, ma oggi lo è ancora di più e soprattutto per la Grande Comunità Calabrese dell’Ontario che sa di avere uno dei suoi figli più illustri all’interno del Concistoro. (pn)

Rocco Papaleo torna all’Università della Calabria dopo 48 anni

di FRANCO BARTUCCILa notizia mi giunge a Bologna nell’antivigilia di un evento doloroso che riguarda una figura importante della storia dell’Università della Calabria. Mi arriva tramite un messaggio Whatsapp da parte del presidente del Consiglio Comunale del mio paese di origine, Alessandra De Rose, che mi fa sapere, mostrandomi una dichiarazione ed un saluto rivolto agli abitanti di San Vincenzo La Costa dal noto uomo di spettacolo lucano, Rocco Papaleo, che in quel momento aveva da poco ultimato nel teatro Auditorium dell’Università della Calabria, il suo spettacolo “Gli esercizi di libertà”, ottenendo un grande successo di pubblico con un teatro pieno e con in prima fila il Rettore, prof. Nicola Leone.

Per Rocco Papaleo si è trattato di un suo ritorno dopo 48 anni nella sua prima e giovanissima università, che ha frequentato per un anno intero nel 1976, come studente del primo anno del corso di laurea in ingegneria, avendo come residenza un alloggio nello stabile Martire e Remorini di Contrada Commenda di Rende.

Per circa due ore ha entusiasmato con il suo spettacolo, fatto di episodi, racconti, canzoni e poesie, tratte dalla sua biografia “Perdere tempo mi viene facile”, scritta per celebrare i suoi 40 anni di carriera artistica. Alessandra mi ha pure detto ch’è stato uno show convincente in cui si è mescolato molto umorismo, malinconia e poesia, riuscendo a coinvolgere il pubblico presente che ha registrato il tutto esaurito dei posti a sedere dell’Auditorium teatrale dell’Università della Calabria. L’attore lucano ha pure raccontato della sua esperienza di studio per un anno nel campus universitario di Arcavacata a quel tempo con la frequentazione dell’edificio polifunzionale e della mensa universitaria adiacente al primo blocco delle maisonnettes, con i viaggi in pullman tra Contrada Commenda ed il complesso universitario esistente dell’edificio polifunzionale con le sue baracche utilizzate come aule.

«Fu una scelta di un giovane del Sud – è stata la dichiarazione di Rocco Papaleo in una fase dello spettacolo molto applaudito – verso una Università del Sud emergente con tante novità in campo nazionale». 

Ma è stato con il Rettore Nicola Leone, chiamato sul palco, a fare una dichiarazione per certi aspetti con un pizzico di rimpianto e di apprezzamento nei confronti dell’Università di oggi. Anzitutto gli ha detto di avere sostenuto alcuni esami, inclusi Analisi I e Calcolo numerico. Poi gli amici che si erano iscritti a Roma lo incoraggiarono a trasferirsi, finendo per distrarsi e abbandonare gli studi. «Oggi mi pento – ha confidato al Rettore Leone – perché comprendo che in una cittadella universitaria come l’UniCal, tutti sono studenti e studiano, inducendoti a farlo anche tu».

Trovandomi a Bologna per impegni familiari, sapendo e vedendo le immagini dello spettacolo di Rocco Papaleo nell’Auditorium teatrale dell’UniCal, in una serata straordinaria e in un luogo straordinario ed unico come il Campus Universitario di Arcavacata il pensiero è subito andato all’ideatore e stimolatore di questo straordinario progetto e cioè Beniamino Andreatta, primo Rettore, che appena insediatosi al suo posto dopo l’elezione ad un inviato del quotidiano Il Resto del Carlino, in un servizio pubblicato il 16 giugno 1971, tenne a precisare: «L’Università della Calabria deve assumere una funzione civile oltre che scientifica e deve mobilitare nelle coscienze dei professori e degli studenti tutte le energie per realizzare un grande ed effettivo motivo fusivo».

«L’impegno fondamentale sarà quello di considerare l’Università come luogo di convergenza non soltanto dei giovani ma degli adulti, un luogo dove, al di là della formazione didattica, si sviluppi un rapporto di tipo pubblico. Vorrei che l’intera società calabra e non soltanto una minima parte di essa, trovasse nell’università un ben più profondo significato di quanto non ne abbiano avuto, finora, tutte le altre Università. L’Università di Cosenza deve diventare una città dei giovani, con tutti i servizi e le infrastrutture necessarie. Questa società di giovani avrà veramente la possibilità di studiare in modo nuovo, entro un ambiente nuovo. Perché oltre ai temi professionali si darà ampio spazio anche ad altri temi culturali e sportivi come il teatro, le piscine, le palestre, i campi da gioco. Un mondo studentesco inedito».

Grazie allo spettacolo di Rocco Papaleo, che dopo 48 anni torna nella sua prima università, l’auspicio, il desiderio, il sogno e l’impegno del Rettore Beniamino Andreatta diventano tutt’uno e la fusione tra comunità universitaria e società del territorio diventa realtà luogo di convergenza per la crescita di un rapporto pubblico di alto valore aggiunto.

Per questo Rocco Papaleo meriterebbe una laurea “honoris causa” in Dams ad opera del dipartimento competente ed afferente al suo lavoro. Oggi l’Università della Calabria, che non ha ancora raggiunto la sua dimensione consegnataci dai padri fondatori, ha un patrimonio teatrale e cinematografico unico in Italia con due teatri e due sale cinematografiche; mentre gli manca ancora il villaggio dello sport programmato tra il confine di Rende ed il territorio di Settimo di Montalto Uffugo. (fb)

Al Teatro Belli di Roma si presenta l’antologia delle poesie di Lorenzo Calogero

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI Si è ancora in tempo per incontrare Lorenzo Calogero, ascoltarlo e farsi rapire dai suo versi musicalissimi. Al Teatro Belli di Roma la risposta è sì.

Lorenzo Calogero continua a intrigare e affascinare. Un poeta capace di cogliere le sfumature più sottili della realtà e di trasfigurarle in versi che esplorano “il mistero del rispecchiarsi eterno della vita e della morte,” come scrive Aldo Nove nella prefazione alla nuova antologia Poesie scelte 1932–1960, edita da Lyriks e curata da Nino Cannatà.

Un volume bilingue con le traduzioni in inglese di John Taylor e impreziosita da un’opera inedita di Emilio Isgrò in copertina, sarà presentata il 18 dicembre 2024 alle ore 18:30 al Teatro Belli di Roma. L’evento vedrà la partecipazione di poeti, letterati, attori e artisti che renderanno omaggio a una delle figure più luminose e, al contempo, più enigmatiche del panorama poetico del Novecento europeo.

La poesia di Lorenzo Calogero è un respiro profondo che regge il peso del bene e del male, oscillando tra il sublime leopardiano e l’intuizione surreale. “Il demiurgo di Melicuccà,” come lo definisce Aldo Nove, non cerca parafrasi né semplificazioni: la sua opera invita a un esercizio di attenzione, a un’immersione nella percezione pura, dove il linguaggio diventa tramite per accedere a mondi simbolici. La sua voce, sovratemporale, parla al lettore contemporaneo con sorprendente immediatezza, affrontando il senso di vuoto e solitudine che permea il nostro tempo.

Nella sontuosa e ricercata antologia, Lyriks ripropone una selezione di poesie tratte dai quaderni di Villa Nuccia, accompagnate da manoscritti e riflessioni inedite, offrendo uno sguardo rinnovato su un’opera che, pur avendo rischiato l’oblio, conserva un valore inestimabile. La nuova edizione, aggiornata e illustrata, non si limita a celebrare Calogero: vuole restituire alla sua poesia il ruolo centrale che merita, sottraendola alle dicerie e ai preconcetti che troppo spesso ne hanno oscurato la sua suggestiva luce.

Durante la presentazione, il contributo critico e artistico sarà affidato a Claudio Damiani, uno dei più significativi poeti italiani contemporanei, e a Sonia Gentili, storica della letteratura e poetessa. Carlo Emilio Lerici, figlio del primo editore di Calogero e direttore del Teatro Belli, insieme a Marcello Sambati, poeta e attore candidato al Premio Ubu 2024, offriranno ulteriori prospettive sull’autore, mentre Nino Cannatà, regista ed editore, approfondirà la genesi e il valore dell’antologia, lanciata in anteprima al Salone del Libro di Torino, lo scorso maggio, presso l’area istituzionale della Regione Calabria e presentata al pubblico presso la Festa della Poesia a Melicuccà, lo scorso agosto. Le letture saranno affidate a Silvia Gussoni, con intermezzi musicali originali a cura di Francesco Chieffo mentre la conduzione sarà di Gisella Blanco.

Lorenzo Calogero, dopo la sua morte, ha visto una riscoperta postuma che lo ha portato a essere definito dalla critica italiana ed estera come “il nuovo Rimbaud italiano.” Gli eleganti volumi pubblicati da Roberto Lerici negli anni ’60 hanno acceso l’interesse internazionale sul poeta calabrese capace di scomodare i grandi critici e poeti come Sinisgalli, Montale, Luzi, Caproni, Sereni. Tuttavia, gli oltre 800 quaderni manoscritti di Calogero sono rimasti in gran parte inediti per decenni, un silenzio che questa antologia vuole provare ad interrompere con coraggio e lungimiranza.

“Un’orchidea ora splende nella mano”, Poesie scelte 1932–1960, con la versione inglese a fronte, non è solo un contributo al panorama letterario: è un invito a tutti i lettori a riscoprire una voce lirica potente, una delle più grandi del Novecento europeo. Un’occasione per lasciarsi trasportare dall’intensità di una poesia che, oggi più che mai, sa parlare al cuore dell’uomo. 

L’appuntamento romano con Calogero è un rendez-vous imperdibile a cui non si può mancare, se ci si vuole immergere in quell’immenso ‘Poco suono’, in grado di far vibrare lo spazio stellato e oltre. (gsc)

Il consigliere Lo Schiavo presenta mozione per riorganizzare Farmacia territoriale a Vibo

Il consigliere regionale Antonio Lo Schiavo ha presentato una mozione «che impegni il presidente della Giunta regionale, nella sua qualità di commissario straordinario alla sanità, a procedere alla riorganizzazione del servizio di erogazione dei farmaci da parte della Farmacia territoriale di Vibo Valentia».

Obiettivo della riorganizzazione richiesta, è spiegato nella mozione, è quello di conseguire «una riqualificazione funzionale dell’attuale sede nonché una più efficace dislocazione del servizio in almeno due ulteriori punti di erogazione sul territorio provinciale, lungo la fascia costiera (nel presidio ospedaliero di Tropea o nei locali dell’ex ospedale di Nicotera) e nella fascia montana (nel presidio di Serra San Bruno o nell’ex ospedale di Soriano Calabro) in maniera tale da alleggerire il carico insostenibile attualmente gravante sull’unico punto di erogazione di Vibo Valentia; garantire il servizio in punti di maggiore prossimità più facilmente raggiungibili dai pazienti di altre aree della provincia; assicurare locali più accoglienti ed idonei, così alleviando le sofferenze degli utenti ed il carico di lavoro degli operatori».

La mozione prende le mosse, come si spiega in premessa, dal fatto che «per l’intero territorio della provincia di Vibo Valentia, il servizio di distribuzione diretta, di vitale importanza per gli utenti, è garantito da un unico punto di erogazione, sito in via Protettì a Vibo Valentia, in locali peraltro insalubri e poco idonei ad accogliere centinaia di pazienti provenienti da tutta la provincia; l’organizzazione del servizio di distribuzione diretta dei farmaci è gravemente inadeguata, come dimostrano le ripetute campagne di stampa, le interrogazioni rivolte al presidente della Giunta, la comune e notoria esasperazione dei cittadini utenti, addirittura i disordini e i ripetuti interventi delle forze dell’ordine; il punto di erogazione diretta rimane aperto solo per quattro giorni a settimana, con turni di quattro ore al giorno e, per tale ragione, si formano code enormi di utenti costretti a sostare all’esterno degli angusti locali nel periodo invernale al freddo ed al gelo e, nel periodo estivo, al sole ed al caldo; il servizio di prenotazione telefonica indicato negli avvisi esterni è pressoché inutilizzato poiché non è presente il personale necessario per rispondere agli utenti».

«Questa mozione che sottoporrò all’approvazione del Consiglio Regionale – ha spiegato Lo Schiavo – dopo aver fatto numerosi interventi e interrogazioni sul punto, serve a non fare calare il silenzio rispetto alle evidenti e ormai notorie problematiche che riguardano il funzionamento della Farmacia territoriale di Vibo Valentia. Un servizio indispensabile e di primaria importanza per centinaia di utenti alle prese con terapie delicatissime che, tuttavia, viene erogato all’interno di locali assolutamente inadeguati ed è purtroppo caratterizzato da notevoli disservizi mai realmente affrontati dall’Azienda sanitaria vibonese né dalla struttura commissariale regionale, nonostante le già citate numerose e costanti sollecitazioni».

«Mi auguro che, attraverso una forte presa di posizione del Consiglio regionale – ha concluso – si possa finalmente registrare una decisa inversione di marcia su questa dolorosa e odiosa vicenda». (rvv)

Dall’Unione delle Pro Loco un premio speciale alla memoria di Otello Profazio

Dall’Unione delle Pro Loco un premio speciale alla memoria del “mastro cantaturi Otello Profazio, scrittore, fra i protagonisti della Collana Folk Fonit Cetra, per aver contribuito alla diffusione delle lingue locali e dialetti di Sicilia e Calabria. Un riconoscimento nell’ambito del Premio “salva la tua lingua locale” che ha visto la cerimonia conclusiva in Campidoglio nei giorni scorsi . Un altro premio speciale è stato assegnato a Giancarlo Governi, dirigente Rai, scrittore e ideatore della Collana Folk Fonit Cetra completa, comprendente tutte le lingue locali e dialetti italiani, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. Governi è stato molto vicino a Profazio nel recupero delle tradizioni popolari musicali italiane.

SI tratta di un Premio particolarmente importante perché la salvaguardia delle lingue locali, idiomi e dialetti, significa la difesa di un patrimonio immateriale che custodisce l’identità.

Un altro calabrese, Antonio Turano, in arte Don Gocò, si è distinto nel corcorso, conquistando il secondo premio ex-aequo nella sezione musica. «Nell’ambito di un genere musicale controverso come il rap – si legge nella motivazione del Premio – Antonio Turano, calabrese trapiantato a Gallicano nel Lazio, si distingue per la suggestione dei testi ricchi di metafore, libere Associazioni, doppi significati e crudi tratti ironici: un linguaggio che trae origine  dalla pratica improvvisativa del rap freestyle e che, accomunato alle parallele competenze di Turano in qualità  di psicoterapeuta, diventano un efficace metodo di indagine dell’inconscio collettivo contemporaneo, con i suoi fantasmi, i suoi sogni e le sue contraddizioni. In questa ottica  l’uso del dialetto calabrese rafforza  il legame con l’originale spirito popolare della cultura rap, insieme a un accompagnamento strumentale  caratteristico del genere, frutto della collaborazione con musicisti di livello quali dj Impro, Libberà e Brigante.

Ideato da Unpli, Unione nazionale Pro loco e da Ali – Autonomie locali italiane del Lazio con l’obiettivo di promuovere i tesori culturali e linguistici del nostro Paese, il concorso dal 2013 a oggi ha raccolto oltre 3.000 candidature e ottenuto prestigiosi riconoscimenti istituzionali, tra cui il patrocinio delle Presidenza della Repubblica, del Senato e della Camera dei deputati, della commissione italiana per l’Unesco e del ministero della Cultura.

Oltre 400 le opere pervenute in questa dodicesima edizione, novità di quest’anno, il premio speciale dedicato alla memoria di Luigi Manzi, scrittore, fondatore e organizzatore instancabile del Premio sin dalla sua prima edizione, assegnato al poeta, narratore e drammaturgo romano Marco Palladini per l’opera Pasolini, Roma e la Dopo-Storia.

Tra le menzioni speciali quella assegnata a Vito Tenore, presidente di Sezione della Corte dei Conti, per La Costituzione tradotta nelle lingue e nei dialetti regionali (Editoriale Anicia, Roma, 2024), preziosa raccolta che ricorda l’importanza dell’inclusione e del rispetto per la diversità culturale, trasmettendo il messaggio che l’Italia è una comunità di cittadini tenuta insieme non solo dall’apparato legislativo, ma anche da una varietà linguistica.

“Il Premio diventa sempre più riferimento per tanti autori che vogliono presentare le loro opere ed è un incentivo fortissimo per far scrivere nelle lingue locali. E in questi 12 anni abbiamo fatto un lavoro incredibile proprio per incentivare la scrittura. L’alto numero di concorrenti e la varietà dei lavori presentati hanno reso il lavoro delle giurie estremamente complesso, ma hanno restituito un quadro ricco e articolato delle lingue locali ancora vive nel nostro Paese. In un mondo sempre più globalizzato, ogni lingua rappresenta un patrimonio immateriale che custodisce l’identità, la storia le tradizioni di un popolo, come sottolineato anche dall’Unesco’, ha detto Antonino La Spina, presidente Unpli.

L’antologia che raccoglie le opere dei vincitori e dei finalisti di questa edizione, ha detto ancora La Spina, ‘è un omaggio alla bellezza e alla pluralità delle espressioni linguistiche italiane, per preservarle e condividerle con le generazioni future. In questi anni il Premio è riuscito a rafforzare la sua portata culturale e scientifica grazie anche al contributo di intellettuali come il professore emerito Tullio De Mauro, alla cui memoria è dedicata una categoria del concorso, e lo scrittore e amico fraterno Luigi Manzi a cui quest’anno abbiamo dedicato una sezione speciale in ricordo della sua sensibilità letteraria e della sua grande umanità. Figure illustri grazie alle quali il Premio è cresciuto e si è consolidato come uno degli appuntamenti più importanti nel panorama culturale italiano’.

Senza radici e senza passato è difficile immaginare un futuro. Credo che dialetti e lingue locali non debbano restare un ancoraggio del passato, ma possano rappresentare un punto di partenza per avere ben chiaro il percorso da seguire. Mantenere le tradizioni e intrecciarle con la società dei nostri giorni è un valore aggiunto per le nostre comunità’, ha aggiunto Luca Abbruzzetti, presidente di Ali Lazio, secondo il quale ‘veder crescere questo Premio negli anni sia come partecipazione sia nella qualità delle opere è una grande soddisfazione e questa edizione, in particolare, è stata arricchita ulteriormente dall’istituzione del ‘Premio Speciale Luigi Manzi’, dedicata alla memoria dell’amico poeta e scrittore e tra i principali fondatori di questo concorso letterario’.

«La caratteristica del nostro paese è sempre stato un policentrismo culturale, cioè il fatto che ovunque in Italia ci sono sempre state delle espressioni artistiche nelle lingue locali che sono una grande ricchezza che continua a esistere. Non c’è nessuna contraddizione tra l’unità del Paese e le identità locali», ha detto infine il presidente onorario del Premio, Giovanni Solimine.

Oltre alle opere letterarie un elemento distintivo del Premio è la creazione di un Archivio Sonoro, una raccolta di registrazioni audio dei testi partecipanti nelle sezioni di poesia inedita, prosa inedita e musica, disponibile sul sito ufficiale del Premio www.salvalatualingualocale.it e permette a chiunque di ascoltare i suoni e le voci delle lingue e dei dialetti, facendo un’esperienza diretta della straordinaria ‘biodiversità culturale’ che caratterizza l’Italia.

La giuria del premio ‘Tullio de Mauro’ è coordinata da Salvatore Trovato, e composta dagli accademici Giovanni Ruffino, Luca Lorenzetti, Mari D’Agostino, Cristina Lavinio. La giuria generale dal presidente Salvatore Trovato, Giovanni Tesio, Plinio Perilli, Patrizia Del Puente, Tonino Tosto, Gianna Marcato, Rita Caprini. La sezione Musica da Toni Cosenza (Presidente), Andrea Carpi, Elisa Tonelli, Pasquale Menchise, Luciano Francisci, Marco Rho, Rosario di Bella, Matteo Persica, Paolo Portone(rrm)

Giornalismo in Calabria: illustrate a Oppido le sue radici storiche

di FILOMENA SCARPATINel pomeriggio di domenica scorsa, 8 dicembre, si è svolto un incontro organizzato dall’Associazione culturale Mesogaia, presso i locali della sede della società operaia di mutuo soccorso di Oppido Mamertina.

A parlare diffusamente di giornalismo in Calabria, dalle sue radici storiche, è stato Raffaele Leuzzi di Delianuova, scrittore, collezionista, in possesso di una collezione di “Prime Pagine … 1838 – 1970 – Giornali d’Epoca in Calabria” da cui ha preso il titolo la manifestazione che ha suscitato non poco interesse tra i presenti in sala.

Oltre al convegno, ci sarà l’esposizione negli stessi locali, delle testate giornalistiche storiche dal  13 dicembre c.a. al 4 Gennaio 2025 dalle 17 alle 19, mentre le scolaresche possono effettuare visita all’esposizione in orario antimeridiano, previa prenotazione ai numeri a tergo riportati. A porgere il saluto a nome della Soms e ad evidenziare l’importanza del giornalismo in Calabria e della cultura dell’informazione come necessità primaria per l’evoluzione sociale, è stato il presidente Giuseppe De Giorgio, seguito dalla già presidente dell’associazione culturale Mesogaia, Antonietta Bonarrigo, che si è espressa positivamente sul giornalismo calabrese dalla sua nascita ai tempi attuali, non trascurando l’importanza delle ripercussioni del giornalismo sugli studenti, essendo l’ex dirigente scolastico di uno dei due Istituti scolastici di Oppido Mamertina.

Non sono mancati nell’excursus della dirigente, i riferimenti a due importanti uomini di cultura e giornalisti di origini oppidesi, Rocco De Zerbi e Domenico Carbone Grio, anche fondatori di testate giornalistiche e i riferimenti ai giornalisti Domenico e Gaetano Zerbi.

«Quasi incredibile per una Calabria che all’epoca riportava un analfabetismo al 75% della popolazione presente nel territorio», ha commentato Leuzzi nel suo discorso. Questo fa sperare in una proficua evoluzione culturale e sociale a largo raggio nel prossimo futuro, per un paese che per circa un cinquantennio non ha vissuto tempi felici, stando ai fatti di cronaca che non è possibile ignorare se si vuole costruire un futuro al passo con i tempi e in piena legalità.

Il compiacimento, infatti, del Sindaco di Oppido M., Giuseppe Morizzi, espresso nel suo discorso per l’iniziativa intrapresa dall’associazione Mesogaia, evidenzia la consapevolezza che Oppido M. ha bisogno di questo tipo di manifestazioni di cultura elevata, per il bene della comunità civile che conduce dall’inizio del suo recente mandato a sindaco.

Il ritorno al passato e alle radici storiche per la costruzione di un futuro solido che coinvolga le nuove generazioni, è di vitale importanza per la riscoperta delle potenzialità del nostro territorio che ha bisogno di confrontarsi con altre realtà e mettersi in gioco per la ripresa dell’economia che può basarsi sostanzialmente sull’archeologia, la storia, la cultura e le bellezze naturali che possono dar vita ad un turismo sostenibile di tipo culturale. Gli interventi sia della Bonarrigo che di Leuzzi, hanno avuto anche lo scopo di evidenziare come i fermenti culturali di Oppido M., forti e intensi, abbiano portato attraverso uomini come Domenico Carbone Grio, Rocco De Zerbi, Domenico e Gaetano Zerbi, alla nascita del giornalismo sia in Oppido M. che in altri luoghi della Calabria e che abbiano portato alla fondazione di testate anche altrove, come Il Piccolo, giornale di Napoli fondato da Rocco De Zerbi nel 1868, dopo essersi congedato dall’esercito col grado di luogotenente e aver partecipato alle spedizioni garibaldine per essersi arruolato come volontario con l’esercito di Garibaldi nel 1860 e partecipato alla spedizione in Sicilia e all’assedio di Capua, come lui stesso raccontò in Il Primo passo. Il Piccolo, giornale di Napoli, cambiò poi titolo nel 1871 divenendo Il Giornale della sera di cui fu il direttore fino al 1888 e sul quale scrisse anche Matilde Serao, oltre a Vincenzo Morello, Edoardo Scarfoglio, Roberto Bracco, Giorgio Arcoleo, Vincenzo Riccio, Achille Torelli ed altri. Nel 1877 fondò Il Novelliere, dedicato interamente alla pubblicazione di Racconti e Novelle.

Furono anche tante le collaborazioni ad altri giornali. Si evidenzia anche la capacità di inserirsi in ambienti culturali di grandi città a pieni titoli, così come il suo percorso militare, denota l’indole patriotico con forte attaccamento alla patria e allo Stato, valore che si va perdendo, ma di grande importanza, oggi, per sancire, nelle comunità, soprattutto  più turbolenti, le identità civiche che stimolano l’attaccamento ai valori e ai principi della Costituzione.

In Calabria le prime testate nacquero a Reggio, Monteleone oggi Vibo Valentia, nel 1808 e successivamente a Cosenza, come giornali delle intendenze che riportavano notizie del governo, allargate poi ad altri argomenti. Per la prima testata a Monteleone oggi Vibo V. fu chiamato ad impiantare la tipografia dell’Intendenza Giuseppe Varriente. In seguito nacquero altri giornali periodici e quotidiani di tipo culturale e pubblicitario per coloro che intendevano candidarsi in politica, ma sempre di vita breve per le difficoltà a stampare delle tipografie. Mentre nel 1876 a Milano Eugenio Torelli Viollier fondava il Corriere della Sera, in Calabria Domenico Carbone Grio fondava L’Eco dell’Aspromonte, con pagine riferite al dibattito politico post-unitario che non durò a lungo e successivamente fondò Il Commercio con corrispondenti a Roma a Napoli e a Berlino che fu sia quotidiano che settimanale che riportava notizie della camera di commercio di Reggio, da lui fondata, ma era aperto anche alla cultura e alla politica e agli inizi del ‘900 la direzione passò ad Orazio Cipriani, così successivamente, Il Sole 24 Ore che inizialmente trattava di politica, attualità e cultura, sull’esperienza del giornale Il Commercio, cominciò a trasformarsi in giornale di economia.

Furono, quindi, Domenico Carbone Grio ed Orazio Cipriani con le loro testate quotidiane e periodiche a segnare l’inizio del giornalismo professionale in Calabria. Inoltre, va ricordato, che il primo quotidiano in Calabria di cui vi è traccia nella biblioteca civica di Cosenza è L’Avvenire di Calabria fondato nel 1882 e il primo duraturo è stato il Corriere di Calabria di Orazio Cipriani protagonista del giornalismo locale dei primi del novecento.

L’invito a visitare la mostra della collezione privata di Raffaele Leuzzi che si terrà ad Oppido M. dal 13 dicembre al 4 gennaio 2025, può definirsi una delle poche occasioni che ci consentirà di osservare i primi giornali fondati in Calabria, appartenenti alla storia del giornalismo della nostra regione. (fs)

A Gerace musica arte e cultura con la Reale Accademia

di GIACOMO OLIVA – La Calabria, con la sua ricca tradizione musicale, ha sempre trovato nelle bande cittadine un pilastro fondamentale per la diffusione culturale nei piccoli centri. Nel XIX secolo, quando il divario culturale tra città e campagne era accentuato dall’assenza di mezzi di comunicazione moderni, le bande musicali colmavano il vuoto portando nei borghi più remoti le opere dei grandi maestri come Verdi, Rossini e Vivaldi. Questo fenomeno non solo ha consentito l’accesso alla musica classica, ma ha anche creato un’identità culturale condivisa, che perdura ancora oggi in Calabria e nelle regioni meridionali come la Puglia, la Campania e la Sicilia.

A dare vita a queste realtà erano spesso gli artigiani del paese: calzolai, falegnami che insegnavano ai ragazzi a leggere le note e a suonare strumenti acquistati con grandi sacrifici. Attorno a queste figure si radunavano giovani talenti, guidati dal “maestro direttore concertatore”, che aveva avuto una formazione musicale in città, egli trasformava i suoni grezzi in armonie perfette. Le entusiasmanti esibizioni delle bande, nelle ricorrenze religiose o civili cittadine  lungo le strade, o sui palchi posti al centro della piazza, erano motivo non solo di allegria e senso di festa manche di orgoglio da parte dei genitori che vedevano i loro figli  protagonisti in  così alte perfomance, o i fratelli o gli stessi mariti,  orgoglio per intere comunità e tante volte di risveglio patriottico.

  Fu così che nel 1841 un Decreto Reale nel Regno delle Due Sicilie regolarizzò la bande cittadine dotandole di uniforme ed equiparandole alle guardie urbane per dare un maggiore senso di bellezza e di disciplina accrescendone la dignità e il prestigio.

La Reale Accademia Filarmonica di Gerace, nata allo scopo di far conoscere attraverso la musica anche la gloriosa storia di questo nostro territorio, ha voluto riprendere e riproporre le originali divise ottocentesche costituendo, così, una grande attrattiva, lanciando il senso della bellezza, dell’ordine, della raffinatezza, sentimenti da tempo ormai sopiti in questa regione. Un geniale intuizione di Giacomo Oliva sostenuto dai consiglieri Turi Staltari e Giuseppe Marturano, che attraverso questa forma ha voluto dare un senso educativo alle nuove generazioni portandole ad apprezzare il proprio passato e la propria storia. La Banda della città metropolitana di Reggio Calabria, è formata da studenti di conservatorio o giovani laureati in strumento musicale provenienti da tutta l’area metropolitana che vogliono condividere questi valori, orgogliosi di indossare questa divisa.

Un Calendario di Eventi di Successo

Nel 2024, grazie alla Regione Calabria che con i fondi PAC 2014/20, Attività Culturale 2023 la banda ha organizzato una serie di concerti di grande impatto culturale e sociale:

La serie degli appuntamenti con la musica bandistica era iniziata l’11 ottobre 2024 con un magnifico concerto nella grande Piazza Paolo Orsi all’interno del Museo Nazionale di Reggio Calabria con allo sfondo i Bronzi di Riace affermando, anche in questa occasione, un felice connubio tra archeologia, arte e musica. La presenza di numerosissimi spettatori, a stento contenuta dal pur grandissimo salone di Palazzo Piacentni, tra la soddisfazione del Direttore dr. Fabrizio Sudano, ha gustato le magistrali interpretazioni delle musiche di Verdi, Suppè, Tchaikovsky, Bizet, Offenbach, Struss. Apprezzatissima è stata la direzione per la bacchetta di  Liliya Byelyera,  e dei solisti Diego Pellicanò all’eufonio, Tommaso Fabiano al flicornino, Giuseppe Daniele alla tromba e  di Angelo Boeti clarinetto.

Il giorno successivo presso la Piazza Duomo nella medesima città dello Stretto la Banda della città Metropolitana di Reggio Calabria si esibita in un a cerimonia di accoglienza delle delegazione del SMOCSG provenienti da tutta la regione prima della santa Messa in Basilica cattedrale alla presenza della effigie della Madonna della Consolazione nel giorno dei grandi pellegrinaggi in suo onore.

Il 12 novembre la banda  si è esibita in Piazza Nassiriya a Locri in una suggestiva e commovente esibizione nella ricorrenza dei tragici eventi accaduti in Iraq esattamente a Nassiriya il giorno 12 novembre del 2003 dove caddero, vittime 12 carabinieri, 5 soldati, 2 civili e 9 iracheni. Presenti alla celebrazione tutte le autorità civili, militari e religiose con una folta delegazione del modo studentesco oltre ai cittadini del luogo.

Il 23 novembre a ospitare la banda il Teatro sullo Stretto, presso gli studi di RTV dove il numeroso pubblico ha potuto gustare in un ambiente straordinario e molto apprezzato per l’acustica del teatro che lo rende tra i più appetiti della Regione.

Con il concerto tenutosi a Gerace il 1° dicembre nella splendida cornice della monumentale chiesa duecentesca di San Francesco si è conclusa la serie dei concerti. La banda ha letteralmente affascinato il numerosissimo pubblico presente anche per l’occasione del IX Foro Mundial de la Gastronomia Mexicana –Patrimonio UNESCO. Particolarmente attratti dalla eleganza delle divise storiche e dei brani eseguiti di grande spessore culturale, sono state le delegazioni spagnole e messicane che con sorpresa hanno udito anche i loro rispettivi inni nazionali unitamente all’inno degli italiani.

Impatto culturale e sociale, Inclusività e Promozione del Territorio

La Banda promossa dalla Reale Accademia Filarmonica di Gerace rappresenta anche un modello di inclusione sociale, integrando musiciste donne e giovani stranieri in attività culturali. La direttrice, Liliya Byelyera, ucraina, diplomata in composizione e direzione d’orchestra tradizionale russa, è un esempio di professionalità e multiculturalismo, simbolo dell’apertura dell’Accademia verso il mondo.

Un simbolo di rinascita per la Calabria

Grazie a queste iniziative, la Calabria si presenta come terra capace di valorizzare e promuovere il suo territorio creando connessioni tra il passato e il futuro e rilanciare la sua immagine nel panorama culturale e turistico. Le bande cittadine, da sempre espressione di identità e orgoglio popolare, si confermano strumenti di coesione sociale e promotrici di bellezza, storia e cultura.

L’armonia delle note, il fascino delle uniformi storiche e il calore delle comunità locali si fondono in un messaggio universale: la bellezza della musica è una risorsa senza tempo, capace di unire generazioni e culture.

Grazie a progetti come quello della Reale Accademia Filarmonica, la Calabria non è solo una terra da scoprire, ma anche da ascoltare e amare.

Dalla città unica all’unione dei comuni il prodotto non cambia: Un ricordo di Beniamino Andreatta

di FRANCO BARTUCCIAi fini dell’integrazione e tutela del territorio dell’Università della Calabria e del suo sviluppo la nuova proposta avanzata dai promotori del “No” in merito, attraverso il referendum consultivo, alla fusione o meno dei tre comuni di Rende, Cosenza e Castrolibero in città unica, con la proposta di misurarsi sulla idea della “unione dei tre Comuni” interessati a creare un servizio unitario sui trasporti, rifiuti, attività sociali, ambiente e fiscalizzazione, non va certamente nella direzione di creare quella “Grande Cosenza”, auspicata dai componenti del Comitato Tecnico amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, con l’insediamento della cittadella universitaria a Nord di Cosenza sui territori dei comuni di Rende e Montalto Uffugo, di cui alla delibera degli atti amministrativi del 31 luglio 1971.

Questo perché testardamente i promotori dell’unione dei comuni continuano a tenere fuori da ogni considerazione l’inserimento del territorio del comune di Montalto Uffugo, che in località Settimo, confinante con il territorio del comune di Rende, per effetto proprio dell’omonimo fiume, ci sono circa cinquanta ettari di terreno vincolato per opere universitarie come previsto dalla delibera di cui sopra.

Con ciò anche in questa circostanza c’è un netto rifiuto nel prendere atto dell’esistenza in quell’area di un’amaca (nota come letto degli indiani) con una estensione di 310 ettari di superfice sulla quale è prevista appunto la creazione del complesso universitario strettamente legata nell’area Sud alla Statale 107 Crotone/Cosenza/Paola, mentre a Nord in località Settimo agli assi ferroviari delle linee Cosenza/Paola e Sibari/Paola con una stazione ferroviaria nel punto d’incrocio dell’asse trasversale dell’Università della Calabria, il tutto costeggiata verso valle dall’autostrada Salerno/Reggio Calabria.

Tutto questo perché attorno all’amaca di cui sopra doveva svilupparsi un’unica area urbana, utile ai fini dei servizi, comprendente i territori dei comuni di Montalto, Rende e Cosenza ed abbracciando l’intero hinterland nella creazione di una città metropolitana europea collegata e legata da un sistema viario, autostradale, ferroviario e metropolitano necessario a favorire gli spostamenti nelle quattro direzioni cardinali per essere punto di riferimento dell’area Mediterranea, con tutti e i tanti benefici economici e finanziari che ne potevano derivare de che saranno approfonditi in prossimi servizi.

In questo momento per capire la situazione che si è creata con il risultato referendario e con la stessa idea sbagliata della “città unica”, concordata con il disegno di legge, è bene focalizzare il dato emerso dall’apertura delle urne: il “No” ha vinto con il 56,81 %, mentre il “Si” ha ottenuto il 42, 45%, su un totale complessivo di votanti nei tre comuni di 24. 964 elettori, pari al 26,01% su 93. 646 aventi diritto al voto, mettendo in luce che il 74% degli aventi diritto al voto si sono astenuti. Mentre poi a Rende e Castrolibero ha stravinto il “N0”, mentre a Cosenza ha prevalso il “Si”, ma non tale da raggiungere una posizione superiore al dato che si è raggiunto negli altri due comuni dove la proposta di legge è stata ampliamente respinta.

Sono dati da cui emerge non certamente uno spirito culturale e sociale di forte identità unitaria, ma fortemente conflittuale e spaccato in tre parti inserendo anche la componente degli astenuti.

A questo punto ci si chiede il da farsi e come proseguire o meno nel realizzare l’unione della città sempre a tre e non a quattro con Montalto dentro per effetto soprattutto del territorio vincolato per l’Università e la confluenza dei tracciati ferroviari in precedenza descritti.

Per capire dove ci si possa incamminare per il futuro seguiamo il pensiero del Presidente Governatore della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, che così ha commentato il risultato del referendum: «Il consiglio regionale deciderà cosa fare. Non ho mai commentato, né prima, né durate la campagna elettorale, perché ho ritenuto giusto che questa materia fosse consegnata al consiglio regionale che ha fatto una legge che ha trovato un accordo per la data del referendum. Ho votato sì sperando che ci portasse alla città unica».

«Forse sì è sbagliato – ha aggiunto – a politicizzare troppo il referendum. Bisognava lasciare liberi i cittadini di esprimersi, senza trasformare il referendum in un argomento di parte. Ho cercato di evitare di contribuire a questa politicizzazione. Nonostante la mia preferenza per il sì non ho fatto alcun intervento sui social da me utilizzati».

«L’esito del voto – ha concluso – segna un passo indietro per il progetto di fusione dei tre comuni, un’iniziativa che per una parte della politica locale avrebbe potuto rappresentare un modello di riorganizzazione amministrativa in Calabria, una visione, a quanto pare riflettendo sull’esito del voto, non ampiamente condivisa. La città unica sarebbe stata un’opportunità importante, ma il verdetto va accettato e il consiglio regionale ha il compito di decidere i passi futuri».

Una dichiarazione asettica e non certamente in linea con il sogno del Rettore Beniamino Andreatta e della “Grande Cosenza” per dare alla comunità del territorio una grande opportunità di lavoro, sviluppo e crescita economica, sociale e culturale, che riprenderemo a spiegare in un prossimo servizio.

Da laureato UniCal, pur avvertito negli ultimi quattro anni con numerosi servizi giornalistici pubblicati in questo giornale ed anche dal ”Quotidiano” del Sud, compreso l’ultima lettera aperta pubblica indirizzatagli e pubblicata da “Calabria live” il 7 agosto 2024, con la preghiera di non procedere all’indizione del referendum e di rinviare il disegno di legge al consiglio regionale per una nuova riscrittura in piena concordia tra le parti interessate con il coordinamento degli esperti dell’Università della Calabria, non ascoltati nel lavoro preparatorio del provvedimento legislativo, non ha dato ascolto tradendo per alcuni aspetti quel sogno di Andreatta che così ci descriveva quella nuova realtà urbana che doveva essere realizzata con al centro l’Università della Calabria. In sostanza se il presidente Occhiuto ha perduto nel programmare la città unica è perché non ha saputo consegnare alla comunità dei tre comuni coinvolti la speranza di “un nuovo sogno”.

Ricordiamo Andreatta nel 25° anniversario del malore che lo colpì e che ne ha silenziato il suo pensiero, che pure vive oggi in questa circostanza

Il 15 dicembre 1999 Beniamino Andreatta era intento alla Camera a dare il suo contributo preparatorio all’approvazione della Finanziaria del 2000 quando si accasciò tra i banchi per un malore dal quale non si riprese più. A poca distanza si trovava il sen. Mario Oliverio, già presidente della Giunta Regionale calabrese, che resosi conto della gravità nel soccorrerlo chiese subito al presidente della seduta di chiamare il soccorso medico.

Mario Oliverio, già studente dell’UniCal in quel primo anno accademico 1972/1973, conosceva bene la figura del Rettore Beniamino Andreatta ed il suo sogno della “Grande Cosenza”. Si confrontò con lui durante la sua presenza a Cosenza come studente, ma anche alla Camera da quando venne eletto e ci furono le opportunità d’incontri. Quale migliore occasione ricordare, quindi, oggi Beniamino Andreatta sulla questione che ci sta a cuore a completamento del progetto dell’UniCal.

«La localizzazione non può essere vista come un fatto di pura “addizione” urbana, come un nuovo quartiere (Quattromiglia, Commenda, Roges, Andreotta e Cosenza), ma deve essere vista come oculata strutturazione di una nuova città (la grande Cosenza) organizzata sulle relazioni e sul sistema dei trasporti che meglio ne favorisce l’efficienza del livello metropolitano». Già questo è molto e ce ne riserviamo altri per i prossimi servizi.

Intanto l’Arel, l’agenzia di ricerca e legislazione da lui fondata nel 1985, con la propria rivista, diretta da Mariantonietta Colimberti, ne ha ricordato la figura con un numero speciale di ricordi, analisi, documenti inediti a 25 anni dal suo silenzio, con il contributo ed interventi di una quarantina di figure del mondo politico e culturale italiano: da Romano Prodi a Walter Veltroni, passando da Enrico Letta. La rivista sarà presentata giovedì 19 dicembre, alle 17, a Roma, presso la Camera dei Deputati, Sala del Refettorio, Palazzo San Macuto, Via del Seminario 76.

Il programma prevede il saluto della vice presidente della Camera dei Deputati Anna Ascani, con gli interventi di: Pier Ferdinando Casini, Mariantonietta Colimberti, Enrico Letta, Romano Prodi e Walter Veltroni. (fb)

                                                                            

L’OPINIONE / Ornella Cuzzupi: Tra la gente per combattere le discriminazioni e la poca sicurezza sul lavoro

di ORNELLA CUZZUPIIl Documento di Programmazione e Sviluppo approvato nella riunione tenuta ieri (mercoledì 11 dicembre ndr) dal nostro Organismo rappresenta un momento fondamentale per la missione dell’Osservatorio contro le discriminazioni nei luoghi di lavoro.

Dopo un anno di attività abbiamo preso atto della necessità di coinvolgere in maniera diretta le realtà istituzionali, produttive, sociali e dell’istruzione dei vari territori nei discorsi antidiscriminatori e per la sicurezza sul lavoro. L’idea è quella di innescare un meccanismo virtuoso funzionale a valorizzare la cultura del lavoro e i concetti di legalità e rispetto nell’ambito produttivo oltre che sociale. Nel contempo, puntiamo a dar forza e adeguata copertura a coloro che subiscono angherie e discriminazioni, al fine di segnalarle senza essere soffocati dal timore di eventuali ritorsioni.

Al fine di raggiungere quanto più possibile ogni realtà produttiva e affidare ai giovani, attraverso la scuola, il seme di una giusta cultura del lavoro abbiamo, quindi, deciso di andare noi tra la gente, attraverso un percorso di presenza, informazione e dibattito da tenere direttamente sui vari territori. Questo consentirà, attraverso un rapporto diretto con le realtà locali, di mirare alla creazione di una rete propositiva tra i diversi contesti.

Il Documento, inviato alla Presidenza del Consiglio Regionale (a cui fa capo lo stesso Organismo), è stato determinato dalla volontà di tutti i componenti attivi dell’Osservatorio Regionale – Inail, Inps, Ispettorato del Lavoro, Consulenti del Lavoro, Anmil, forze sociali e professionisti presenti – di coinvolgere, direttamente nel loro alveo naturale, ogni segmento interessato, facendone parte attiva di un processo teso ad aumentare la fiducia nelle istituzioni e il senso della possibilità del cambiamento.

Si è quindi deciso di avviare una serie di Manifestazioni-Convegno-Dibattito aventi come tema: “Un lavoro giusto per una terra più giusta” da tenersi, in prima battuta, presso i capoluoghi di provincia della regione e successivamente laddove si ritenga opportuno.

Tali appuntamenti  serviranno a produrre analisi e contributi atti a suggerire le eventuali azioni correttive da intraprendere sul territorio, sarà poi cura dell’Osservatorio seguire e relazionarne gli sviluppi. Importante è anche la collaborazione con l’Unar, organismo nazionale contro le discriminazioni, da sempre vicino al nostro Osservatorio. Noi, dunque, siamo pronti ad andare tra la gente e invitiamo tutti a darci una mano per dimostrare che insieme cambiare si può(oc)

[Ornella Cuzzupi è presidente dell’Osservatorio contro le Discriminazioni nei luoghi di lavoro della Regione Calabria]

Su Rai Cinema il corto girato a San Nicola da Crissa “Il seme della speranza”.

Si intitola “Il seme della speranza” il cortometraggio girato a San Nicola da Crissa e diretto da Nando Morra, vincitore della sezione “Mediterraneo: viaggio delle vicinanze” nell’ ambito di M2 Filming Experience – Mezzogiorno e Mediterraneo, spin off internazionale del Premio Penisola Sorrentina.

L’immigrazione, l’accoglienza ma anche il bullismo e il riscatto sociale sono i temi che caratterizzano questo lavoro cinematografico girato nel piccolo Comune di San Nicola da Crissa (Vibo Valentia).

Nel cast, insieme agli attori Francesco Sgro, Grazia Leone, Erica Bianco, Francesco Spagnolo e Nicola Quaranta, anche i giovanissimi studenti delle scuole calabresi.

A selezionare lo short film in concorso,  in distribuzione fino a primavera prossima sui canali Rai è stata la giuria composta dagli studenti del Dipartimento di Scienze politiche della Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, diretto da Francesco Eriberto d’ Ippolito.

M2 Filming Experience- Mezzogiorno e Mediterraneo, patrocinato da Regione Campania e Fondazione Banco di Napoli, rientra in un progetto di convenzione pluriennale sottoscritto tra l’ Ateneo e l’organizzazione del Premio Penisola Sorrentina, presieduto da Mario Esposito, che ha visto nel corso del 2024 la partecipazione del Dipartimento universitario anche ad un workshop del Giffoni Film Festival, ad una iniziativa realizzata in collaborazione con la Fondazione Ferrovie dello Stato Italiane presso il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa e ad una serata-evento nel corso della quale il Sindaco di Sorrento, Massimo Coppola, ha consegnato il premio speciale 2024 per il Mediterraneo all’ attrice Anna Foglietta. (rmm)