Francesco Rao è il nuovo portavoce di Arpacal

Prestigioso incarico per Francesco Rao, nominato portavoce di Arpacal dal commissario straordinario Emilio Errigo.

La presa di servizio è iniziato oggi, formalizzata con specifico atto. Francesco Rao, sociologo e giornalista, è attualmente docente a contratto di Sociologia generale all’Università Tor Vergata di Roma, e vanta pregresse esperienze radiofoniche e televisive.

Ha partecipato come relatore a diversi convegni e seminari, impegnandosi costantemente nel sostenere l’inclusione sociale dei più deboli e il superamento della Questione Meridionale, sottolineando, con i suoi articoli e i suoi interventi, la necessità di un impegno ottimistico degli stessi calabresi teso a superare il divario con le altre realtà nazionali.

Da oggi, la sua esperienza, la sua competenza e il suo impegno, poste al servizio di Arpacal, veicoleranno tutte le attività promosse dall’Agenzia e coordinate dal Commissario Errigo, nell’insieme finalizzate ad una maggiore consapevolezza predittiva per la tutela dell’ambiente e la salvaguardia della salute. (rcz)

Il calabrese Nicola Maione è il nuovo presidente di Monte dei Paschi di Siena

Parla calabrese la nuova dirigenza di Monte dei Paschi di Siena. È, infatti, originario di Lamezia Terme, il neo presidente Nicola Maione. Avvocato cassazionista, è stato indicato alla guida della banca dal ministero dell’Economia e delle finanze per sostituire Patrizia Grieco, che si è dimessa in seguito alla sua nomina alla presidenza di Anima.

Luigi Lovaglio, attuale amministratore delegato, rimarrà con il suo incarico. Maione, nato a Lamezia, è stato presidente del consiglio di amministrazione di Enav, è titolare dell’omonimo studio legale a Roma, specializzato in diritto civile e commerciale. La nomina di Maione sarà formalizzata nell’assemblea degli azionisti del 20 aprile.

Ha seguito come legale importanti operazioni di ristrutturazione aziendale, procedure concorsuali e gruppi societari in Amministrazione Straordinaria. Nominato in diverse procedure dal Tribunale Fallimentare di Roma come Curatore, Liquidatore Giudiziale e Commissario Giudiziale e, dal Ministero dello Sviluppo Economico, come Commissario Governativo, Giudiziale e Liquidatore di imprese cooperative.

Maione ha maturato un’intensa attività accademica in materia di diritto civile, commerciale e autore di varie pubblicazioni.  Premiato, nell’anno 2012, per l’attività prestata a favore della professione forense da parte del Consiglio Nazionale Forense.

Presidente dell’ODV – Organismo di Vigilanza delle società RAV- Raccordo Autostradale Valle d’Aosta S.p.A., Sat Società Autostrada Tirrenica p.A. e Sitmb Società Italiana per Azioni per il Traforo del Monte Bianco e Tangenziale di Napoli.

Già Consigliere di amministrazione della Milano Assicurazioni S.p.A., di Prelios Credit Servicing S.p.A. e Presidente del Comitato Controllo, Rischi e Parti Correlate e successivamente Presidente del Consiglio di Amministrazione di ENAV S.p.A.

Dal 2018 ricopre la carica di Consigliere dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI).  Dal dicembre 2017 è amministratore indipendente del Consiglio di Amministrazione di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., Presidente del Comitato nomine, componente dell’ODV e Lead Independent Director. ν

(rrm)

 

Dieci anni dalla scomparsa di Alessandro Bozzo

di FRANCESCO CANGEMI – Dieci anni fa sceglieva di lasciare questa terra Alessandro Bozzo, giornalista di Calabria Ora. Il “cronista di provincia” (diceva sempre che un suo ipotetico libro si sarebbe chiamato “Diario di un cronista di provincia”), oggi sarebbe uno splendido cinquantenne, sicuramente stimato da tutti i suoi colleghi così come è stato sino all’ultimo giorno della sua vita tragicamente spezzatasi il 15 marzo 2013.

Dopo la morte di Alessandro si sono dette e scritte una infinità di cose. I fatti parlano di una condanna a poco più di 4 anni, oggi prescritta, del suo editore Pietro Citrigno per violenza privata. Per aver cambiato, in maniera peggiorativa, il suo contratto.

La vicenda processuale è nata dalle tante testimonianze rilasciate dai colleghi di Alessandro Bozzo che, convocati in Procura, fornirono fatti e documenti sulla vita lavorativa del compianto giornalista. In più, c’erano i suoi diari privati a raccontare i sentimenti di Ale verso la professione e verso gli aspetti della sua vita. Pagine che, spesso, raccontavano di delusioni professionali.

In questi dieci anni Alessandro è stato ricordato in ogni maniera. Ogni anno, ad esempio, qualche suo collega che non ha memoria corta, gli dedica anche un piccolo pensiero perché a quella “banda” di giornalisti che formava la redazione centrale di Contrada Lecco il ragazzo manca ancora.

Ai suoi colleghi Bozzo non ha lasciato solo centinaia di articoli, soprannomi, lezioni di mestiere e tanti, tanti sensi di colpa. Ha lasciato uno spirito sindacale che, chi più, chi meno, è rimasto dentro ognuno di loro.

Si deve alla sacra memoria di Alessandro, infatti, se la redazione di Calabria Ora non si fece piegare dalla richiesta di una cassa integrazione lacrime e sangue. Avevamo imparato, tutti, che nessun collega doveva rimanere indietro.

Forse si deve anche a lui il coraggio che i giornalisti, guidati da Luciano Regolo, tirarono fuori durante lo scandalo Oragate, quello del “cinghiale ferito che ammazza tutti” e del finto guasto alla rotativa. Nei giorni dell’occupazione del giornale pensavamo spesso a cosa avrebbe fatto lui. Sicuramente sarebbe stato fra gli autori di punta degli articoli più veri e duri.

Ma il collega ci ha lasciato anche una lettera che, per questi dieci anni, è come se avesse legato ognuno di noi a vincoli sacri imposti da Alessandro. Lui ci chiedeva, in sostanza, di non cercare vendette nei confronti di nessuno. Abbiamo sempre rispettato questo suo dogma anche quando la mascella serrata ha sanguinato perché cose da dire ne avremmo volute proferire. Ma Alessandro, il collega Bozzo, è sempre stato più importante e la parola data ad un amico si rispetta. Che poi, anche questo, era uno dei capisaldi del giornalista che voleva essere Roger Federer.

Alessandro ha contribuito ad accrescere in ognuno di noi la coscienza sindacale perché lui nel sindacato ci credeva. Mi ha insegnato a fidarmi dell’allora segretario del sindacato calabrese dei giornalisti Carlo Parisi di cui lui aveva molta stima e che aveva messo la tutela del contratto di Alessandro come sua priorità nei giorni delle trattative “selvagge” condotte dalla proprietà di Calabria Ora.

Ancora oggi, dopo 10 anni, ci sono tuoi colleghi, caro Socio, che ti chiedono scusa per non averti capito, per non averti saputo aiutare. E che ancora oggi non se lo perdonano. E non se lo perdoneranno mai. (fc)

Il reggino Giulio Mario Donato direttore generale del ministero delle Imprese e del Made in Italy

Prestigioso incarico per il reggino Giulio Mario Donato, che è stato nominato direttore generale del ministero delle Imprese e del Made in Italy. Nello specifico, è direttore della Vigilanza Enti Cooperative e Società. Nomina fatta su proposta del ministro Adolfo Urso.

Avvocato e autore di pubblicazioni e testi giuridici, Donato è stato anche segretario comunale in Provincia di Reggio Calabria, e nei Comuni di Gerace e Villa San Giovanni. Per dieci anni ha svolto importanti incarichi alla Regione Calabria come dirigente regionale nella direzione dell’Ufficio Dirigenziale “Attività Istituzionali” della Presidenza della Giunta regionale. (rrm)

 

La fotografa calabrese Stefania Sammarro premiata a Mad Mood Milano Fashion Week

La fotografa calabrese Stefania Sammarro, direttore artistico di Art Fabrique Calabria, è stata premiata durante la settimana della moda a Mad Mood Milano Fashion Week, la kermesse ideata dall’imprenditrice salentina Marianna Miceli.

Specializzata in fotografia di moda ed emotional wedding, la talentuosa fotografa calabrese realizza scatti carichi di intensità, in grado di suscitare emozioni e risvegliare le coscienze puntando sulla valorizzazione della bellezza naturale e sulla promozione del territorio nonché delle sue opere d’arte.

Stefania Sammarro evidenzia con orgoglio la sua gioia per «aver ricevuto un riconoscimento per il mio concept di fotografia di moda legata all’arte. Con i miei scatti intendo andare oltre il semplice defilé e mettere in luce qualcosa di più profondo».

Dalle sue foto, emergono infatti un’originale vena artistica e lo spirito di rivalsa della sua terra, la Calabria.

A Piazza Duomo e presso la Galleria Vittorio Emanuele, prima della partecipazione alla kermesse milanese, la Calabria è stata protagonista della settimana della moda con gli shooting di Art Fabrique Calabria curati da Ania Lilith Gallery con la fotografa Stefania Sammarro.

Fotografia Intimista e moda è stato il mood del workshop. Protagonisti i fotografi, le creazioni della fashion designer Vincenza Salvino e gli abiti di Claudia Tornese dell’Accademia New Style di Cosenza.

Durante la Milano Fashion Week, la kermesse Mad Mod Milano è stata occasione d’incontro fra tradizione e moda d’avanguardia. Riflettori puntati sul Made in Italy e sul lifestyle dei territori raccontati dalle creazioni dei fashion designer. Mad Mood Milano si è rivelato un interessante fil-rouge che ha unito Sud Italia (rappresentato da Puglia e Calabria), Repubblica Dominicana e Kazakistan.

La Calabria è stata egregiamente rappresentata dalle foto d’arte di Stefania Sammarro, dalle collezioni dei fashion designer calabresi e dall’azienda Barbieri di Altomonte con l’esposizione dei prodotti tipici della nostra Regione.

Sulla passerella milanese, i peperoncini calabresi e i taralli pugliesi sono diventati meravigliose collane che hanno impreziosito con “gusto” le creazioni degli stilisti, la pietra leccese forgiata in guisa di “rosoni” ha decorato le borse, infine il profumo dei sigari e la dolcezza del rum e del cioccolato dominicani hanno deliziato il palato dei presenti durante le degustazioni.

Nel corso dell’evento Mad Mood Milano, Stefania Sammarro ha consegnato all’imprenditrice Marianna Miceli una preview del premio Art Fabrique Calabria Eccellenza del Sud 2023. Un prestigioso riconoscimento che Ania Lilith Gallery assegna ogni anno ad una figura che si è contraddistinta per il merito e per la valorizzazione dei giovani fashion designer in Italia e all’estero.

Il direttore artistico di Art Fabrique spiega che la collaborazione con l’imprenditrice Marianna Miceli è nata «Alla prima edizione della kermesse. Mi trovavo casualmente a Milano e Marianna si è innamorata subito delle mie foto. Da lì, mi ha chiesto di entrare a far parte del suo team come referente in Calabria. Ania Lilith Gallery rappresenta un importante ponte di collegamento con la kermesse milanese anche a Dubai. Nel tempo, con Marianna si è consolidata una bella amicizia. Credo sia fondamentale che alla base di un rapporto lavorativo vi siano stima e ammirazione reciproca».

La kermesse Art Fabrique Calabria, a cura di Ania Lilith Gallery di Stefania Sammarro, giunta quest’anno alla settima edizione, ad oggi si è confermata un punto di riferimento per i nuovi talenti del mondo della fotografia e della moda che desiderano esprimere una forma di comunicazione differente e raccontare con la propria creatività l’identità territoriale e culturale della Regione Calabria. (rrm)

La sindaca di Borgia Elisabeth Sacco eletta componente dell’Assemblea nazionale del PD

Elisabeth Sacco, sindaca di Borgia, è stata eletta componente dell’Assemblea nazionale del Partito Democratico.

Grande soddisfazione è stata espressa dalla Direzione PD di Borgia, che ha ringraziato «gli elettori che si sono recati a votare e che ancora una volta hanno scelto di riporre la loro fiducia nel segretario e sindaco di Borgia Elisabeth Sacco, simbolo di tenacia, di affidabilità e competenza per la sua pluriennale esperienza partitica ed amministrativa».

«Nel suo nuovo incarico – è stato evidenziato – sarà simbolo di garanzia per il Partito Dem calabrese e in modo particolare sarà espressione del collegio 02 che comprende i comuni facenti parte delle province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia e che ha scelto a larga maggioranza la mozione rappresentata da Stefano Bonaccini».

«Siamo, altresì sicuri – conclude la nota – che il Segretario Elisabeth Sacco, con il suo prezioso lavoro, contribuirà ad impegnarsi per l’unità e la crescita del Partito, mai per la divisione.  Cogliamo l’occasione per ringraziare i vertici Dem calabresi per aver scommesso sulla figura del nostro Segretario cittadino Elisabeth Sacco e siamo lieti di formulare alla nostra nuova segretaria Elly Schlein i migliori auguri di buon lavoro». (rcz)

 

Al Maestro orafo Gerardo Sacco il Leone d’oro

Prestigioso riconoscimento per il Maestro orafo Gerardo Sacco, che è stato insignito del Leone d’Oro alla carriera per il suo contributo al cinema, nel corso di una cerimonia svoltasi al Senato.

Grande soddisfazione è stata espressa dalla vicepresidente della Regione, Giusi Princi, sottolineando come «questo prestigioso riconoscimento è motivo di orgoglio per tutti i calabresi, per la Calabria in Italia e nel Mondo. Gerardo Sacco è infatti l’emblema per eccellenza di un terra operosa e virtuosa, che sa distinguersi ed emergere nonostante tutte le difficoltà».

«Con grande caparbietà e determinazione – ha aggiunto – partendo dal nulla, con le sue uniche forze, accompagnato unicamente dalla creatività e dalla passione, il Maestro è diventato l’artista che attraverso i suoi gioielli ha saputo meglio rappresentare la Calabria, la sua storia, le peculiarità che caratterizzano ogni territorio delle cinque province. Sacco incarna quella Calabria intraprendente e pulita che ognuno di noi ha l’obbligo morale di veicolare, riscattandoci da beceri luoghi comuni che da tempo ormai non ci appartengono più».

«Conosco da anni Gerardo Sacco – ha raccontato Giusi Princi – e ne ho da sempre apprezzato, oltre alle innegabili capacità artistiche per cui è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, le sue grandi qualità umane: ha sempre sposato le cause pubbliche in cui è stato coinvolto, dalla più celebre alla più sconosciuta, sostenendo con grande generosità tutti i progetti volti a sostenere il sociale, la meritocrazia, la crescita dei giovani. Ed è rimasto sempre umile. Forse è questa la sua più grande dote».

«Eppure i suoi gioielli sono stati indossati dalle più importanti star del cinema nazionale ed internazionale – ha proseguito – i suoi manufatti artistici hanno insignito personalità celebri a livello mondiale, le sue idee hanno arricchito alte cerimonie di Stato così come eventi internazionali dello spettacolo. Tutto ciò – prosegue il Vicepresidente della Regione – non ha mai scalfito la sua umanità e quel suo tipico stare con i piedi per terra. Ha deciso di investire sulla Calabria e in Calabria, portando sempre alta la sua identità e le sue radici. Le aziende a marchio Sacco hanno sostenuto e sostengono l’economia calabrese, garantendo occupazione e originalità».

«Pertanto – ha concluso Princi – all’artista, all’uomo umile, generoso e perbene dico grazie, certa di rappresentare i calabresi tutti, per aver raccontato e rappresentato con fierezza l’immagine più bella della Calabria e della sua gente». (rcz)

Addio a Lillo Manti, politico dc di lungo corso

di FRANCO CIMINO – Ho conosciuto Lillo Manti in anni, ahimè, assai lontani, sebbene io fossi più giovane di lui di circa dieci anni. A Catanzaro lo conobbi. Nella sede della Democrazia Cristiana, al secondo piano di galleria Mancuso. Fu in occasione del passaggio di carica di delegato regionale del Movimento Giovanile tra Mario Tassone, ora non ricordo se divenuto segretario regionale o deputato, e lui, reggino, già al limite d’età per quell’incarico che mantenne, forse per questo, per breve tempo.

A prima vista, ovvero a primo udito, diciamo, non mi piacque. O meglio non mi fece simpatia. E non perché fosse di Reggio Calabria, città allora lontanissima sotto tutti gli aspetti da Catanzaro, contestato capoluogo per giunta, ma per essere lui distante mille miglia da me. E sotto ogni profilo. Abituato all’oratoria effervescente e appassionata di Mario, mi apparve un grave difetto quel che poi si rivelò invece un suo pregio e anche un suo prezioso strumento di lavoro. Immodificabile. Parlava piano, tono monocorde, tempi e concetti ristretti all’essenziale. E spirito di una tale concretezza che lo rendeva quasi incompatibile con qualsiasi pur tenue esprit de finesse. “Andiamo bene”, mi dissi. “ Andiamo bene”, dissi apertamente.

L’impressione che mi fece Lillo era di una personalità politica di quelle che non avrebbero avuto molto da dire e molto da recitare sul proscenio della politica calabrese. Il solito pragmatico “ aggiustatavoli” dietro le quinte, la mia presunzione e arroganza giovanile mi portarono a pensare. E a dire apertamente. E, poi, anche a lui stesso quando prendemmo confidenza e “amichevolezza” ( mi scuso della forzatura lessicale) di rapporti, che però, purtroppo, non si trasformarono mai in amicizia. Ci fu tra di noi, tuttavia, simpatia tanta e rispetto tantissimo nell’eguale reciproca stima. Un fatto identico, doloroso e personale, accaduto nelle nostre vite ci unì in una sorta di solidarietà a distanza, che accrebbe la stima, portando lui, in un momento particolare, a rivolgermi consigli assai premurosi e sinceri. Lo fece, anche qui con quel suo stile che d’impatto all’inizio non mi piacque. Discreto, delicato, pacato, umile, attento, mi disse tanto. E mi disse parole che ora mi ritornano con maggiore affettuosità.

difetto, quindi, fu invece una dote, la sua, quasi esclusiva. Uno strumento del suo lavoro. Una delle molteplici qualità che lo portarono al successo pur non ricevendo, qui però a causa della sua umiltà, le più alte cariche che avrebbe meritato. Lillo era molto intelligente, aveva grande intuito politico. Con esse riusciva ad arrivare prima di tanti altri a comprendere la realtà e a trovare la soluzione al problema, che generosamente offriva.

Egli era dotato di un forte senso tattico che ben impiegava in quella sua visione strategica della politica cui collegava ogni iniziativa. Il suo spiccato senso pratico era frutto di una lucida razionalità, talvolta apparsa spenta di emozioni, fino a coprire, ingannando chi non lo conosceva abbastanza, la sua profonda sensibilità. Una sensibilità anche delicata con cui veicolava il suo spiccato senso dell’amicizia e quel fortissimo sentire la lealtà come elemento imprescindibile del vivere la politica. Una persona buona, dunque, un politico eccellente, un democristiano convinto, appassionato, fedele e coerente. Un uomo pacifico che mal sopportava divisioni e posizioni belligeranti. E anche qui con una visione alta del partito, della Politica e delle istituzioni. La rottura e la divisione all’interno dello stesso corpo sociale erano per Lillo il male più rovinoso. Per la Calabria, innanzitutto. Per il suo partito, la guida che avrebbe dovuto rivelarsi sempre attenta e sicura dei processi di cambiamento della Regione.

Per tutte le forze politiche e tra le forze politiche, necessarie alla costruzione di un tessuto democratico più forte, qui da noi. Rovinose divisioni, per le istituzioni tutte, quelle territorialmente più piccole maggiormente. Per questa sua idea dell’unità possibile e necessaria, Lillo Manti si adoperava, vieppiù e quando gli veniva richiesto, per il superamento delle “ guerre diverse” calabre. Fu quindi l’uomo delle mediazioni. Un ruolo che anche gli piaceva, come e di più gli piaceva riuscirci. Cos’altro dire senza scadere nella retorica da cui rifuggiva? Beh, diciamoglielo adesso, ché quel bel po’ di vanità glielo lo farà apprezzare.

Era un bell’uomo, dall’invecchiamento impossibile. Sempre elegante in quei suoi abiti classici corredati da camicie ben stirate e cravatte griffate. A volte la pochette nel taschino. Quei capelli neri e lisci e lucidi sempre ben “imbrillantinati”. E quei baffetti alla Clark Gable, che aggiungevano fascino alla bellezza autentica. Ciao Lillo. (fci)

Michele Affidato, icona di una Calabria bella e identitaria

È una icona di una Calabria bella e identitaria Michele Affidato, il Maestro orafo e ambasciatore Unicef che ha firmato, anche quest’anno, le diverse opere attraverso le quali sono stati riconosciuti i premi agli artisti che hanno calcato il palco del Teatro Ariston, a Sanremo.

«Testimonial oltre i confini regionali, è quello che l’estro, l’energia, la creatività e la missione del maestro orafo Michele Affidato continua a rappresentare per la nostra terra nel mondo. Ogni calabrese dovrebbe essere orgoglioso di poter contare su imprese e intelligenze che contribuiscono ad esportare l’immagine di una Calabria bella e identitaria, intraprendente e coraggiosa», ha dichiarato Giovanni Macrì, sindaco di Tropea.

Dal Premio Sala Stampa Lucio Dalla e Premio della Critica Mia Martini, entrambi conquistati da Colapesce e Di Martino con la canzone Splash; ai Soundies Award di Casa Sanremo, destinato alle case discografiche e tributato a Leo Gasmann per il suo videoclip, promosso come migliore tra i brani presentati alla 73esima edizione del Festival di Sanremo; passando dai Premi Afi assegnati a Paolo Vallesi e Albano (menzione speciale), a Michele Zarrillo (alla carriera) e dal Premio Numeri Uno – Città di Sanremo andato a Giorgia, tornata sul palco dell’Ariston dopo 22 anni.  Affidato ha realizzato anche l’Award Luk per il Music for Change Award – Musica contro le mafie, ideato da Gennaro De Rosa.  (rrm)

Fortunato Caccamo, un eroe reggino della guerra di Liberazione

di COSIMO SFRAMELI E CIRO NIGLIOIl carabiniere Fortunato Caccamo, nato a Gallina (Reggio Calabria) il 1 febbraio 1923, cento anni fa, a soli 21 anni, sacrificò la sua giovane vita per la nostra Libertà.

Concretizzato il desiderio di arruolarsi nell’Arma, il 19 dicembre 1942 fu assegnato alla Legione di Roma, destinato dapprima presso la Stazione Carabinieri Scalo Termini e poi al Posto Fisso CC.RR. del Senato. A Roma, giovane Carabiniere di vent’anni, visse le vicende che segnarono il futuro del nostro Paese. Fatti che videro anche protagonisti eroici militari dell’Arma, che quest’anno, nell’ottantesimo anniversario, è doveroso ricordare.

Il 19 luglio 1943, la Capitale fu bombardata per la prima volta dagli alleati, con vittime anche illustri come il Comandante Generale dei Carabinieri Reali, Generale Azolino Hazon. 

Il 25 luglio 1943, il Gran Consiglio depose il duce, che venne arrestato su ordine del re, dai Carabinieri, al comando dei Capitani Paolo Vigneri e Raffaele Aversa, quest’ultimo era il Comandante di Compagnia del giovane Fortunato. 

In un clima di crescente tensione, l’8 settembre 1943 fu proclamato l’armistizio. Nella notte tra l’8 e il 9 settembre, un Battaglione Allievi Carabinieri (quasi 700 militari) fu duramente impegnato nella difesa della Capitale dall’avanzata tedesca. Nella mattinata del 9 settembre, cadde il Capitano dei Carabinieri Orlando De Tommaso che, pochi mesi prima, era stato tra gli insegnanti e formatori del Carabiniere Fortunato Caccamo. 

Il 22 settembre 1943, a Palidoro (Roma), il Vicebrigadiere Salvo D’Acquisto, un suo coetaneo, decise di accusarsi di un’inesistente attentato subito dai nazisti, in un moto di assoluto altruismo. Come noto, fu fucilato, salvando così 22 civili innocenti da morte certa. Oggi è Servo di Dio, oltre che decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

In quei giorni terribili del 1943, il giovane Carabiniere Caccamo ebbe un quotidiano esempio nel suo Comandante di Compagnia, il Capitano Raffaele Aversa, che ripeteva ai suoi uomini: “Siamo rimasti solo noi Carabinieri a fronteggiare gli eccessi dei tedeschi ai danni della popolazione che abbiamo il dovere di proteggere anche se non ci sono stati impartiti specifici ordini. Per questo, nessuno di noi, deve abbandonare il suo posto. Per me se ritengono ciò che ho fatto un delitto (riferendosi all’arresto del duce, cui aveva partecipato, n.d.r.), mi arrestino e mi uccidano pure, ma io non solo non mi nascondo, ma debbo e voglio operare in uniforme. Ordino che tutti i dipendenti compiano il loro attuale dovere, a qualsiasi costo”.

Il Capitano Aversa fu fucilato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine. 

Una settimana prima di rastrellare il ghetto ebraico di Roma, i nazisti decisero di arrestare e deportare tutti i Carabinieri romani. I tedeschi consideravano i militari dell’Arma “inaffidabili”, anche per avere combattuto a Napoli in favore della popolazione durante le famose “quattro giornate” del settembre 1943. Fu così che, il 7 ottobre del ’43, oltre 2000 Carabinieri furono disarmati e deportati verso il Nord. Fortunato Caccamo, come centinai di suoi commilitoni, riuscì a scappare prima che l’operazione di rastrellamento fosse conclusa. 

Come tanti militari, in quei terribili mesi, il Carabiniere Caccamo entrò, col nome di battaglia “Tito”, nel “Fronte clandestino di resistenza dei Carabinieri”, definito anche Banda Caruso”, perché organizzato dal Generale dell’Arma Filippo Caruso, anch’egli calabrese. 

Nella guerra di liberazione, il partigiano “Tito”, ancor che ventenne, partecipò a variate azioni nella zona dei Monti Albani e di Palestrina, occupandosi di curare i collegamenti con le formazioni partigiane guidate prima dal Maggiore Lazzaro Dessy e poi dal Maggiore Costantino Ebat, che sarà fucilato insieme al nostro Fortunato. I nazisti nella Capitale eseguirono continue perquisizioni per catturare i Carabinieri, anche attraverso delazioni. Ed è probabile che le SS, il 10 dicembre 1943 e il 23 marzo 1944, arrestarono il Tenente Colonnello Giovanni Frignani, il Maggiore Ugo de Carolis, il Capitano Raffaele Aversa, i Tenenti Romeo Rodriguez Pereira e Genserico Fontana, nonché il Brigadiere Candido Manca, anch’essi tra i 335 italiani fucilati alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.

Due giorni dopo, il 26 marzo 1944, l’attività operativa di Fortunato Caccamo fu definitivamente bloccata. Il giovane “Tito” fu arrestato dai nazisti a Roma, in Piazza Bologna, tradito da una spiata. Ripetutamente torturato nel carcere di via Tasso, rispose con l’assoluto silenzio. In questo modo, il giovane Fortunato evitò che le SS avessero informazioni sui capi e sui gregari dell’organizzazione. Come recita la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare concessagli: “Nessuna lusinga o allettamento dei suoi aguzzini lo faceva deflettere dal giuramento prestato”. Il 9 maggio 1944 fu processato e condannato a morte dal Tribunale di guerra tedesco. Gli alleati erano da settimane alle porte di Roma, liberata il 4 giugno.

Ma fu il giorno prima, alle ore 10:00 del 3 giugno 1944, mentre i tedeschi preparavano la ritirata, che il Carabiniere Fortunato Caccamo fu condotto a Forte Bravetta e fucilato con Mario De Martis (tenente pilota), Costantino Ebat (maggiore dell’Esercito), Guido Orlanducci (sergente), Giovanni Lupis e Emilio Scaglia (guardie di pubblica sicurezza). Dopo la guerra, alla memoria dell’eroico Carabiniere Fortunato Caccamo fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione: “Carabiniere animato da elette virtù militari, sottrattosi coraggiosamente alla cattura delle forze tedesche, entrava subito a far parte dell’organizzazione clandestina dei Carabinieri della Capitale. Catturato su delazione, sebbene sottoposto, per lunghi mesi, a feroci torture, manteneva assoluto silenzio, evitando così di far scoprire capi e gregari dell’organizzazione. Nessuna lusinga o allettamento dei suoi aguzzini lo faceva deflettere dal giuramento prestato. Compreso solo del bene della Patria, donava la sua giovane esistenza affrontando serenamente la morte per fucilazione. Luminoso esempio di attaccamento al dovere e all’onore militare”.

La motivazione della Medaglia d’Oro è chiara per comprendere l’eroismo di Fortunato Caccamo, Carabiniere ucciso a 21 anni per la libertà della nostra Italia. 

L’Eroe reggino è stato tra i tanti militari protagonisti della guerra di liberazione. Un partigiano vero, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, nel 1984 volle riconoscere l’impegno dei Carabinieri anche in quei momenti drammatici per l’Italia, concedendo la terza Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Bandiera dell’Arma.

Questa è la motivazione: “Dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, in uno dei periodi più travagliati della storia d’Italia, in Patria e oltre confine, i carabinieri frazionati nell’azione ma uniti nella fedeltà alle gloriose tradizioni militari dell’Arma, dispiegarono sia isolati, sia nelle formazioni del Corpo Volontari della Libertà e nelle unità operanti delle Forze Armate eminenti virtù di combattenti, di sacrificio e di fulgido valore, attestate da 2735 caduti, 6521 feriti, oltre 5000 deportati. Le ingenti perdite e le 723 ricompense al valor militare affidano alla storia della prima arma dell’Esercito la testimonianza dell’insigne contributo di così eletta schiera di carabinieri alla Guerra di Liberazione, tramandandola a imperituro ricordo. Zona di operazioni, 8 settembre 1943- 25 aprile1945”.

Nel centenario della sua nascita, affermiamo che Fortunato Caccamo non è un eroe dimenticato. L’Arma dei Carabinieri ha intitolato a lui le caserme del Comando Provinciale di Reggio Calabria in Via Aschenez e del Comando Stazione Carabinieri di Roma “San Giovanni” in via Britannia. Il suo nome non è stato dimenticato dalle migliaia di militari che, negli ultimi decenni, hanno lì operato silenziosi in favore dei cittadini onesti.

Nel Centenario della sua nascita, si auspica che la sua città d’origine possa decidere di intitolare a Fortunato Caccamo una via nella città di Reggio Calabria per ricordare l’eroico concittadino e non dimenticare il sacrificio, le rinunce, il sangue versato di tutti i patrioti della guerra di liberazione. Così, a testimoniare il ripudio per le guerre e inneggiare un monito alle generazioni a venire, perché Reggio Calabria continui il percorso di legalità intrapreso e confermi un ulteriore riscatto. E non è utopia! (cs e cn)