di SANTO STRATI – A ragione, moltissimi reggini sono convinti che il progetto di demolizione di Piazza De Nava, “salotto” della città, dirimpettaia al Museo dei Bronzi, sia un vero “crimine. urbanistico”. A nulla valgono le prese di posizione di intellettuali, professionisti, imprenditori, semplici cittadini che temono il “vandalismo autorizzato” che qualcuno vuol mascherare come “restauro”, ma in realtà, secondo il progetto, una vera e propria “devastazione” della piazza. Senza alcun vantaggio per i cittadini, in spregio a qualunque buonsenso che, quantomeno, inviterebbe a un confronto schietto e senza prevaricazioni. Il problema è che per fare un confronto occorrerebbe che ci fosse qualcun0 con cui dialogare: purtroppo non si vede nessuno. Tutti sordi e muti, tanto che la domanda che nasce spontanea è: ma dove vivono gli amministratori di Reggio? Si guardano mai in giro a vedere lo stato di abbandono in cui è ridotta quella che un tempo era Reggio “bella e gentile”? Basterebbe fare una passeggiata sul Corso, o in via Marina (senza bisogno di vedere il disastro delle periferie completamente dimenticate) per avvertire un fortissimo senso di vergogna per l’incapacità di agire. E poi qualcuno si chiede perché la gente non va a votare.
Questa brutta storia di piazza De Nava è semplicemente l’esempio tangibile dell’inefficienza, dell’indifferenza e dell’insensibilità che viene dimostrata verso cittadini, tartassati – per fare un esmepio – da un servizio rifiuti che, pur richiedendo altissimi oneri, funziona malissimo. E non è solo un problema di pulizia e decoro: è tutta la città che si sente dimenticata, non-governata (attenzione non malgovernata) da amministratori comunali e metropolitani che si entusiasmano per qualsiasi iniziativa pseudoculturale (ma ce ne sono state e ce ne sono di ottime da far invidia alle capitali della cultura, con associazioni che fanno tantissimo ricevendo in cambio il nulla totale) e dimenticano di guardare ai problemi di ogni giorno. Eppure, crediamo, non servirebbe molto per trasformare il cosiddetto fancazzismo di tanti in una inedita e inedita operatività. L’efficienza si attiva pensando al bene della città, ma servono modelli (che non ci sono), servono riconoscimenti (solo di merito, non finanziari) a chi si adopera per tenere pulito il pezzo di strada prospiciente il proprio portone o pulire le scalinate storiche di via Giudecca (grazia Angelina De Salvo e tutti gli altri “angeli” della città che continuano imperterriti a mostrare quanto la città è nei loro cuori). Ma sono episodici gesti di civismo e buona volontà, frutto di spontaneismo che deriva dall’amore per la città, e finisce tutto lì. E pensare che ai tempi di Italo Falcomatà, il sindaco della primavera reggina, passavano le autobotti con acqua profumata di bergamotto (dopo la regolare raccolta della spazzatura) per rendere ancora più pulita e vivibile la città. E il buon Falcomatà (padre) subiva con molta felicità il rito mattutino del caffè con gli spazzini (si chiamavano così perché spazzavano per davvero) felici di avere reso la città più bella e persino profumata. Un altro mondo, difficile da replicare soprattutto perché manca una classe politica e dirigente degna di tale appellattivo.
Piazza De Nava, dicevamo, è l’esempio più orrido di come non si amministra una città, ignorando le elementari basi del buonsenso e del bene comune. Se c’è questa rivolta “popolare” che cresce di giorno in giorno non ci vuole la zingara per capire che il malcontento qualche base la deve pur avere. Ma qualcuno ha pensato che la “creazione di uno spazio ampio in cui tenere mostre ed eventi folcloristici (inclusi pipi e patate e il panino cu satizzu?) forse non è proprio quello che avevano in mente i progettisti della piazza originaria? Per questo vi invitiamo a leggere quanto scrivono Vincenzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea e il prof. Pasquale Amato, apprezzato docente e storico reggino, strenui difensori della piazza, contro l’imbarbarimento del potere (ma quale?) che vuole invece distruggerla.
Ma non è solo piazza De Nava: il Lido (per il quale si aspetterà, naturalmente, il prossimo mese di luglio per decidere gli interventi da fare), l’aeroporto su cui sono destinati 60 milioni del Contratto interistituzionale di Sviluppo (che ci auguriamo non saranno utilizzati per chiudere con la rete “il gallinaio” aeroportuale), i rifiuti che appestano l’aria e rendono invibile qualunque angolo della cità,, un Piano Turismo inesistente e tantissimo altro ancora.
Reggio non si merita tutto questo né tantomeno può continuare ad essere una città dei facenti funzione: se è rimasto un briciolo di dignità tutto il consiglio metropolitano e comunale dovrebbe andarsene a casa e riconsegnare la città al popolo. Ma così vincerà la destra! griderà subito qualcuno, per legittimare un’improvvida occupazione del potere. Sceglierà il popolo reggino da chi farsi amministrare, scegliendo – speriamo – chi saprà portare argomenti e ragioni serie per una vera rinascita della città. Augurando ogni bene al giovane Falcomatà, con l’auspicio per lui e per la città che possa uscire indenne dalla brutta storia del Miramare e riprendere il suo posto alla guida della città, non possiamo fare a meno di far notare che, in caso di una nuova sospensione in base alla legge Severino, sarebbe gradito un atto di rispetto nei confronti dei reggini che l’hanno votato (soprattutto per fermare il forestiero leghista). (s)