Addio a Papas Antonio Bellusci, testimone del mondo arbereshe

di PINO NANO – È lutto grande per la comunità arberëshe di Calabria, e non solo di Calabria. Nei giorni scorsi è morto a Cosenza, all’età di 90 anni, uno dei sacerdoti più conosciuti e più amati della comunità italoabanese d’Italia. Parliamo di Papas Antonio Bellusci, sacerdote, giornalista, antropologo e scrittore, «uno dei massimi punti di riferimento- – dice ai suoi funerali il Vescovo-Eparca di Lungro Mons. Donato Oliverio – che la comunità arberëshe abbia mai avuto».

Il suo mantra era: «L’Albania non muore perché ha radici culturali incise nel ferro». 

Di lui conservo ricordi bellissimi. Appena arrivato a Cosenza – ero stato appena assunto in Rai, era il 1982 – fu uno dei sacerdoti che più frequentavo, per via soprattutto della rivista che lui allora faceva, Lidhja / L’Unione, e che raccontava in maniera davvero superba le tante comunità italoalbanesi di Calabria. Era tutto un mondo che mi incuriosiva molto, mi interessava, mi affascinava. 

Ricordo che lo andavo a trovare nella sua chiesa, che era poi anche la sua casa, a San Salvatore, nella parte antica della città di Cosenza, alla confluenza dei due fiumi. «È la Chiesa – mi ricorda oggi Enzo Gabrieli, direttore di “Parola di Vita” – dove Mons Enea Selis, storico arcivescovo di Cosenza, volle che nascesse la parrocchia greco bizantina della, proprio accanto alla chiesa latina di San Francesco di Paola».

Papas Antonio Bellusci era nato nel 1934 a Frascineto, paese italo-albanese di rito bizantino-greco dell’Eparchia di Lungro, e dopo aver terminato a Roma gli studi in Filosofia e Teologia alla Pontificia Università Gregoriana, nel 1962 l’allora vescovo di Lungro lo incarica di svolgere azione pastorale nelle parrocchie di rito bizantino-greco di S. Sofia d’Epiro (1962-1965), S. Costantino Albanese e S. Paolo Albanese (1965-1973), Falconara Albanese (1973-1979), Cosenza (1979-2000), e dal 2001 in poi a Castrovillari.

Nel 1980 fonda a Cosenza la rivista “Lidhja”, che Antonio Bellusci ha praticamente diretto fino alla fine dei suoi giorni, e che usciva regolarmente ogni sei mesi, aggiornatissima e puntuale come nessun’altra testata del genere. Uom di grande cultura, aveva studiato Lingua e Letteratura Albanese all’Università di Prishtina (Kosova), e per parecchi anni, dal 1965, si è recato, per ricerche e studi di approfondimento, tra le comunità albanofone di Grecia e della Kosova, come pure tra gli emigrati albanesi in Canadà, Usa, Europa, Australia. Non c’era comunità albanese al mondo che lui non conoscesse, o che almeno una volta nella sua vita non avesse visitato e contattato.Non a caso il suo curriculum è pieno zeppo di appunti di viaggio di questo tipo, con conferenze e lezioni magistrali tenute nelle università straniere di Tirana, Skopje, Prishtina, New York, Melbourne.

Lascia oggi al suo popolo la sua famosissima Biblioteca Albanologica di Frascineto, suo paese natio, con circa 10.000 volumi e riviste, provenienti dal mondo culturale italo-albanese, nonchè dall’Albania, Kosova, Grecia e Diaspora. Professore Ordinario presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Cosenza, nell’Eparchia di Lungro è stato per anni responsabile per le Comunicazioni sociali e per l’Emigrazione in Europa. L’Accademia delle Scienze di Tirana, il 15 maggio 1995, gli conferisce la “Laurea Honoris Causa” in Etnologia. 

Vi dicevo della sua rivista. Nominato nel 1979, dal vescovo di Lungro, nuovo parroco della comunità italo – albanese cattolica, di rito bizantino-greco, a Cosenza, papas Antonio Bellusci, fonda nel 1980 nella città bruzia la rivista semestrale italo-greco-albanese “Lidhja/L’Unione“, che lui definiva «insostituibile strumento spirituale e culturale per comunicare agli altri il proprio patrimonio tradizionale, trasmesso soltanto oralmente per mancanza d’insegnamento scolastico, e per dialogare ed unire tutte le energie italo – albanesi sparse, per motivi d’emigrazione, nella diaspora in Europa ed altrove». E “Lidhja”, proprio a Cosenza, diventa un punto di riferimento per molti studiosi di albanologia, meravigliati del fatto che potesse sorgere una rivista albanese in un contesto territoriale tutto italiano.

I temi fondamentali di cui il giornale di papas Bellusci si occupa (giornale premiato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli articoli di “elevato valore culturale”) vanno dall’ antropologia all’etnologia, dalla spiritualità bizantina alla cultura orale, alle ricerche sul campo, alla storia e letteratura italo – albanese, ai tanti viaggi – studio tra gli albanesi sparsi in altri continenti, alla stessa Kosova, e agli albanesi di Grecia. I collaboratori della rivista-ricordo erano tutti esperti in albanologia e la caratteristica del giornale era l’editoriale scritto in albanese letterario con traduzione italiana acanto. Ma moltissimi testi sono scritti nelle varie parlate delle comunità albanofone da lui visitate o conosciute. Una miniera di dati documentari utilissimi per chi un giorno volesse tornare a scrivere di storia albanese.

Il suo nome rimarrà legato ormai per sempre ad uno dei suoi tanti libri scritti nel corso del suo magistero, il “Dizionario Fraseologico degli Albanesi d’Italia e di Grecia /”Fjalor fraseologjik të arbëreshëvet të Italisë dhe të arbërorëve të Helladhës” ( Testo originale nella parlata albanese – Traduzione in lingua italiana, inglese e francese) che nei fatti era una ricerca sul campo in 115 comunità albanofone, con un Indice analitico di oltre 3000 voci riguardanti proverbi, detti e modi di dire. 

Nella prima parte di questo libro troverete la Lista completa e l’ubicazione delle Comunità albanofone in Italia, dove lui ha raccolto i detti e i proverbi del suo popolo: Acquaformosa; Barile; Campomarino; Caraffa di CZ; Carfizzi; Casalvecchio di Puglia; Castroregio; Cavallerizzo; Cerzeto; Chieuti; Civita; Contessa Entellina; Ejanina, Falconara Albanese; Farneta; Firmo; Frascineto; Ginestra; Greci; Lungro; Macchia Albanese; Maschito; Montecilfone; Pallagorio; Piana degli Albanesi; Plataci; Portocannone; S. Basile; S. Benedetto Ullano; S. Caterina albanese; S. Costantino Albanese; S. Cosmo Albanese; S. Demetrio Corone; S. Giacomo di Cerzeto; S. Giorgio Albanese; S. Martino di Finita; S. Nicola dell’Alto; S. Sofia d’Epiro; S. Paolo Albanese; Spezzano Albanese; Ururi; Vaccarizzo Albanese; e Vena di Maida. Una vera e propria enciclopedia di questo mondo arberesche.

Uno dei suoi saggi più importanti è “Magia Miti e Credenze Popolari, Ricerca etnografica tra gli albanesi d’Italia” (Ediz. Centro Ricerche “G. Kastriota”, Cosenza, 1992) che è da considerarsi un best seller nel mondo delle scienze occulte, testi pubblicati con la traduzione italiana e con approfondite analisi comparative, che rispecchiano fedelmente le varie parlate arbëreshe di Frascineto, S. Sofia d’Epiro (Cosenza), S. Costantino Albanese e S. Paolo Albanese, (Potenza), con traduzione italiana accanto. Credenze in forze impersonali e sovramondane, come le chiamava lui. Pratiche, racconti e formule utilizzati nei rituali a carattere magico – terapeutico. “Addentellati con l’oltretomba, animismo, metempsicosi, mitologia, misticismo dei numeri e totemismo- diceva lo stesso autore- e per la prima volta questo argomento viene trattato in modo così compiuto e sistematico tra gli italo – albanesi.

Ma altrettanto indimenticabile l’altro suo saggio antropologico, precedente a questo, “Canti Sacri Tradizionali Albanesi raccolti a S. Costantino Albanese, S. Sofia d’Epiro e in alcune comunità albanesi di Grecia e trascritti in musica” ( Ed. Centro Ricerche “G. Kastriota”, Cosenza 1990). Le “Kalimere”, scriveva nell’introduzione l’allora Vescovo della Diocesi mons. Giovanni Stamati, sono come i testi di una «paraliturgia” popolare, di cui con squisito senso pastorale, particolarmente nel passato, si è servita la Chiesa italo-albanese per impartire la catechesi, alimentare la fede, inculcare la pietà religiosa e creare il clima festivo. Mi auguro che questo saggio di Papas Bellusci contribuisca alla conservazione nelle nostre Comunità della preziosa eredità tramandataci dai padri e che, soprattutto, nel canto di questi inni vetusti il nostro popolo ravvivi l sua fede ed alimenti la sua pietà».

Dentro ci sono i testi dei canti di Natale, della Settimana Santa, della festività in onore della Madre di Dio e dei Santi, quindici canti sacri in musica e nella parlata di S. Sofia d’Epiro, venti canti sacri in musica e nella parlata italo-albanese di S. Costantino Albanese (Potenza), e infine cinque canti sacri in musica e nella parlata greco-albanese di Kopanakjon Morea, Lutraqi Corinzia, Spata Attica, Markopulos Attica, Kranidhi Argolide (Grecia). Ma la rarità di questo libro è l’Appendice finale, interamente dedicata agli studiosi che hanno raccolto “Kalimere” nell’eparchia di Lungro dal 1946, agli autori storici delle “Kalimere”, alle stesse “Kalimere trascritte in musica da Antonio Lupinacci (S. Giorgio Albanese) e Rocco Laitano (Civita), co allegato l’elenco degli informatori di S. Costantino Albanese e S. Sofia d’Epiro, la bibliografia, e l’alfabeto albanese. Una perla antropologica e sociologica di quegli anni e di quelle terre.

Ma non posso non ricordare “Il nostro focolare /”Vatra Jonë“, periodico di cultura italo-greco-albanese, la prima rivista italo-albanese post-bellica nella Basilicata, dove dal secolo XV si trovano comunità albanofone, fondata dallo stesso Papas Antonio Bellusci, parroco di S. Costantino Aslbanese dal 1965 al 1973, e che nei fatti era il racconto della vita quotidiana di una comunità italo-albanese di rito bizantino greco. Con lui se va per sempre un testimone del nostro tempo, ma ancora di più, se ne va per sempre uno dei massimi esperti al mondo di cultura arberëreshe. (pn)

 

FRASCINETO – Rilasciato il primo certificato di nascita in albanese

Il Comune di Frascineto ha rilasciato il primo certificato di nascita in lingua albanese. Un atto, firmato dal sindaco Angelo Catapano, che lo pone come Ente capofila arberëshë d’Italia, ai sensi della legge 482-99, in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche.

Lo ha reso noto il direttore della locale Biblioteca Internazionale “A. Bellusci”, Tommaso Bellusci. L’atto amministrativo, è stato emesso in occasione della presentazione del libro Maria Markut, poetessa popolare di Eianina a cura di Caterina Adduci, consigliere delegato alle Politiche culturali del Comune di Frascineto, avvenuta lo scorso 30 marzo.

Maria Markut, studhjature ka Ejanina, personalità dalla vivida versificazione, ha declinato al femminile l’arte della composizione estemporanea e d’occasione in lingua arbëreshe. Animatrice delle festività maggiori della comunità di appartenenza, quello di Maria è un nome che ancora risuona nella memoria di tanti concittadini che l’hanno conosciuta personalmente o che ne hanno sentito parlare e che, grazie a quest’opera, come sottolineato dal sindaco Angelo Catapano, si sottrae all’oblio, consegnandolo, unitamente alle sue creazioni, alle generazioni future.

La figura e la produzione letteraria di Maria Markut sono state scandagliate dalla consigliera Adduci. Interessanti gli interventi di Agostino Giordano, direttore della rivista Jeta arbëreshe, di Antonio Viceconte, nipote della poetessa, di Agostino Pirrone e Pietro Armentano. È stata, invece, la voce di Maria Antonietta Rimoli a dar voce a Maria Markut attraverso la lettura di passi scelti delle sue composizioni.

Toccante l’interpretazione del pronipote Jacopo, adolescente residente a Brescia ma competente nell’uso della lingua arbëreshe, cui il sindaco Catapano ha passato simbolicamente il testimone per scongiurare la perdita di un patrimonio di tale portata.

«Per l’Amministrazione Comunale – ha dichiarato il sindaco Catapano –, si tratta di un evento storico che traccia un percorso da adottare, ora, in tutte le comunità arbëreshe d’Italia. “Continua la nostra azione a tutela giuridica di tipo “collettivo” che parte dai Comuni nel riconosce e qualificare una minoranza linguistica come tale».

«Sin dall’atto del nostro insediamento – ha rimarcato il sindaco –, abbiamo indirizzato la nostra attivita’ amministrativa a tutela delle tradizioni etno -culturali e in particolare della lingua, in modo da tramandarla alle giovani generazioni. Così come, molte opere letterarie date alle stampe, sono state pubblicate anche in lingua arberëshë». (rcs)

All’Unical il seminario speciale del prof. Anthony Mollica per una nuova didattica della lingua arbereshe

di ADRIANO MAZIOTTI – Il Laboratorio di Albanologia, attivato presso il Dipartimento Culture, Educazione e Società dell’Unical, che da ormai 50 anni dedica una articolare attenzione al patrimonio linguistico, letterario e culturale della comunità minoritaria arbëreshe, ha organizzato martedì 12 marzo, al Centro Culturale “Girolamo De Rada”, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di San Demetrio Corone, un seminario dedicato alle nuove tecniche di insegnamento applicate all’albanese d’Italia.

Si tratta di una esperienza nuova maturata da alcune ex-studentesse dei corsi di Lingue straniere e di Scienze dell’educazione alle lezioni tenute all’Unical da uno dei maggiori specialisti di ludolinguistica applicata alla didattica delle lingue, il prof. Anthony Mollica, emerito della Brock Università – Provincia dell’Ontario – Canada, che hanno presentato i loro testi scolastici destinati agli alunni delle scuole dell’obbligo delle comunità italo-albanesi.

Dopo i saluti istituzionali del Sindaco, il dr. Ernesto Madeo, anche commissario della Fondazione Regionale Minoranza Arbëreshe e del delegato comunale alla cultura, l’avv. Emanuele D’Amico, ha introdotto i lavori Giuseppe Liguori, docente della cattedra di Albanese presso il locale Liceo Classico, cattedra che si accinge a ricordare quest’anno il suo secolo di vita. È seguita la presentazione del testo Arberisht? Pse jo? Gjuha jonë, un agile e innovativo manuale scaturito dalla esperienza didattica delle autrici – le docenti Annunziata Bua, di San Cosmo Albanese, Francesca Prezzo, di San Demetrio Corone e Daniela Zanfini, di San Giorgio Albanese – incentrato sui giochi linguistici e che non trascura affatto la centralità dell’immagine, presentando contenuti sia tradizionali – e cioè filastrocche, fiabe e leggende della antica tradizione arbëreshe come la leggendaria ballata di Costantino e Jurendina, ma anche moderni, mutuati dai fumetti dei personaggi waltdisneyani, come Paperino e Topolino “çë fjasën arbërisht” (che parlano arbërisht).

Quindi è intervenuta la dr. Daniela Meringolo, docente esperta in ludolinguistica che è stata la prima studentessa Unical a cimentarsi nella sua tesi di laurea con l’applicazione di questa metodologia alla didattica dell’italo-albanese.
È seguita la presentazione da parte dell’ing. Battista Sposato, assegnista di ricerca Unical sull’impatto che i progetti nazionali di ricerca coordinati dalla cattedra di Albanologia dell’Unical, rispettivamente nell’ambito dei Prin e del Pnrr – Tech4 You, per assicurare nuovi strumenti tecnologicamente avanzati da utilizzare nella didattica dell’arbërishtja (albanese d’Italia), come il Grande Dizionario Digitale Arberesh, in progettazione.

La lezione del prof. Anthony Mollica, su La ludolinguistica nella didattica delle lingue (anche di quelle minoritarie) ha rappresentato l’evento clou del seminario, che è stato concluso dal prof. Francesco Altimari, direttore del Laboratorio di Albanologia e presidente della Fondazione Universitaria “papas Francesco Solano”, che ha illustrato il lavoro già prodotto e quello in programma in questo ambito, che coinvolge anche altre cattedre albanologiche italiane (Palermo, Lecce, Napoli L’Orientale, Venezia) nonché la Unità di ricerca sugli Arbëreshë e gli Arvaniti dell’Accademia delle Scienze di Tirana. Si tratta degli stessi soggetti istituzionali promotori della proposta avanzata alla Commissione nazionale Unesco per il riconoscimento dei riti arbëreshë della primavera tra i beni immateriali di valore universale. (am)

L’OPINIONE / Atanasio Pizzi: L’aquila a due teste resta in gabbia e nessuno cerca di liberarla

di ATANASIO PIZZI – Se dopo sei secoli di studi, convegni e appuntamenti culturali, con inizio, svolgimento e termine l’eterno allestire “insiemi di scritti unitari”, è oggi serve un nuovo metodo per dare senso al movimento. È giunto il tempo di scuotere la cultura mono direzionale e ricordare agli impavidi scribi, che una minoranza non è mera favola di corte ignota.

La cultura e mi riferisco a quella fatta dai maestri di scuola secondo le regole di un tempo, seguendo le cose che forgia e titola in “Ragione Storica” e, non va secondo le gesta di quanti approdarono senza bagagli, levando le braccia al cielo, favellando solo lingua ignota, perché questi ancora sono senza regole di bottega Dogale o regole di Hora.

Oggi la cultura, quella nuova naturalmente fatta indagando le cose in gruppi in discipline e, usa volare in alto per avere una visione globale della storica regione diffusa del meridione Italiano. Chi oggi va ad inchinarsi all’aquila bicipite, perché fedele, non si è mai chiesto come fare o se è il caso di liberarla per lasciarla volare, come natura vuole e finalmente vederla volteggiare, secondo natura.

Un volo libero accompagnata dal vento, per vedere finalmente un cuore grande e unitario che non sta sempre accovacciato sulla spalla del suo padrone, terminando cosi, di ascoltare sempre lo stesso battito degli stessi uomini. Perché non lasciare spazio all’avanzare del sapere di una radice antica, e smettere così di ascoltare il cuore nemico perché, in gabbia da lungo tempo, perdendo il ritmo di quello bicipite, dell’eccezionale volatile.

Quest’ultimo, per la sua natura, avrebbe dato senso alle cose su cui riflettere, quanti vivono nel buio delle loro botteghe solitarie, che rinnovano e costruiscono solite gabbie per chi vorrebbe volare in alto.

Il volo dell’aquila nella Regione storica diffusa degli At, resta l’unico esperimento possibile in età moderna e, l’osservare con libertà bicipite, le cose ancora non fatte comprese tutte quelle ignorate in queste terre buone e parallele, potrebbe essere un buon inizio di giornata, specie di mattina, con il sole che illumina da est.

Un punto di vista nuovo e, molto alto a cui nessuno ha mai immaginato di dare la scena, per poter osservare le cose compromesse dei due pensieri che da ovest e da est hanno sempre immaginato confronti cruenti, senza mai fermarsi e capire i bisogni dei popoli, in continuo fermento.

Solo dall’alto di un volo silenzioso e senza premura, sarà possibile ascoltare le discronie, le diacronie oltre tutte le incongruenze prodotte in questo storico periodo di deriva nera, dove le cose buone di uomini e natura non sono germogliate per poter fiorire.

In vero, mancano vie di comunicazione, dei luoghi vicini e lontani dove andare e approdare, sin anche l’aquila bicipite non sa dove fermarsi per riposare, quando appagata delle cose viste e sottolineate nel panorama citeriore della fannullona Sibari, ma anche qui non vi è luogo sicuro, perché preferite altre pratiche di conservazione e non fanno servizio per tutta la comunità che fa resilienza continuata.

Il senso di questa frase vuole indicare che esiste un diffuso gruppo di cultori titolati, a ricercare tutti divisi in molteplici direzioni e, senza regole mai sortiti a terminare uniti la china più semplice, tuttavia e senza il loro ausilio, basterebbe indirizzarli tutti in un percorso rettilineo per prendere quota e volare.

Un percorso rettilineo largo a sufficienza e lungo come una pista per aerei, lì dove gli abitanti della Sibari antica, seminarono cose ancora oggi capaci di rispondere alle ire del tempo e della natura.

Un approdo e una strada nostra (Jonë) che partendo dall’aeroporto di Sibari, abbraccia tutto il meridione Arbëreşë darebbe merito alla Regione Storica Diffusa e, per la prima volta nella storia moderna, si potrebbe costruire un termine a modo dei greci, per ripartire con le vie del cielo e, diffondere un modello che oggi diverrebbe l’esempio per tutto il mediterraneo.

Cosi Sibari si appropria del suo ruolo originario ruolo di approdo per popoli in cerca di una nuova possibilità per vita e, diventare un polo d’integrazione moderno, fulcro Mediterraneo a impronta dell’aquila bicipite, la stessa che unisce pensieri alimentati da un cuore unico forte e indivisibile.

Non è più tempo di fare i discorsi, oggi siamo al tempo dei progetti multi disciplinari e dell’agire, fare la storia moderna, non serve alternare soluzioni, vicino le pieghe dei pensatori sani, gli unici pronti a costruire e programmare, futuri di memoria buona e cose utili. (ap)

 

Il presidente dell’Albania Begaj scrive al commissario Madeo: Tornerò presto in Calabria

Il presidente della Repubblica di Albania, gen. Bajram Bega, ha scritto una lettera al commissario straordinario della Fondazione  Istituto Regionale delle Comunità Arbëreshe di CalabriaErnesto Madeo, dopo l’esaltante esperienza vissuta in occasione della sua prima visita in Calabria, durante le visite istituzionali tenute per quattro giorni in alcune comunità arbëreshe delle province di Crotone, Cosenza e Catanzaro.

«Gentile dottor Madeo, Vi ringrazio ancora una volta dal profondo del cuore e sono riconoscente per l’invito che mi avete rivolto, per l’encomiabile ospitalità e per l’impegno delle strutture istituzionali e logistiche che avete creato verso la mia persona durante la visita che ho intrattenuto nell’Arbëria di Calabria, dal 20 al 23 ottobre scorso», ha scritto il presidente, dicendosi «profondamente colpito dall’alto sentimento nazionale e identitario di ogni comunità visitata, in cui si preserva e si eredita di generazione in generazione la lingua, gli usi e i riti religiosi, oltre ai variopinti costumi arbëreshë, tutelati e valorizzati nonostante la distanza dall’amata terra di provenienza. Vi assicuro che non si cancellerà mai dalla mia memoria lo spirito di festa con cui mi avete accolto e il fascino dei vostri incantevoli luoghi».

Begaj ha garantito che tornerà presto nelle altre località arbëreshe calabresi che non ha potuto visitare in questo primo tour di incontri, anche per mantenere la promessa rivolta a Madeo in occasione del primo appuntamento istituzionale intercorso ufficialmente a Tirana nella sede presidenziale, conosciuta anche come Palazzo delle Brigate, nello scorso mese di marzo.

Un rapporto di amicizia personale e istituzionale che rilancia l’intesa tra Albania e Calabria, che sottolinea e rafforza anche in modo diretto e preferenziale il rapporto avviato dalla Presidenza albanese con la guida della Fondazione, impegnata con le sue attività a rappresentare in modo imparziale e propositivo quanto incluso nei compiti e nella fiducia assegnata a Madeo dal Presidente della Regione Calabria, on. Roberto Occhiuto(rcs)

Madeo (Fondazione Comunità Arbereshe): È tempo di far vita a un’epoca nuova per l’Arberia di Calabria

«È giunto il momento di dar vita ad un’epoca nuova per l’Arberia di Calabria e di sostenere un rinascimento di tutte le comunità arbëreshë diffuse in Italia». È quanto ha dichiarato Ernesto Madeo, commissario straordinario della Fondazione Istituto Regionale Comunità Arbëreshe di CalabriaErnesto Madeo, in occasione di un incontro svoltosi in Sala Zuccari, nel palazzo del  Senato della Repubblica, sul tema dell’istruzione e la comunicazione per la tutela della minoranza linguistica storica arbëreshë.

«Per realizzare questa storica opportunità – ha continuato – è necessario rimuovere i residui di qualche atavico individualismo localistico per ritrovarsi coesi come unica comunità intorno ad un progetto di sviluppo organico, spinto dalla forza di un sentimento fraterno di partecipazione e rappresentanza collettiva e motivato, soprattutto, dalla prospettiva di tutelare e valorizzare con voce più forte l’identità di una storia nobile, fatta di valori e tradizioni da manifestare e rafforzare all’interno delle distinte e singolari realtà arbëreshë sparse in tante regioni d’Italia».

«Questa è un’epoca matura – ha concluso – per creare e promuovere favorevoli rapporti di scambio economico-commerciale e di sviluppo sociale e culturale con tutta l’area dei Balcani a cui sono legate le origini delle nostre comunità».

L’intervento di Madeo, anche sindaco di San Demetrio Corone, località della provincia di Cosenza conosciuta nel mondo come capitale dell’Arberia, è servito a ribadire anche il ruolo centrale e istituzionale della Fondazione istituita dalla Regione Calabria.

In occasione dell’incontro romano, dopo aver illustrato ai presenti un resoconto dettagliato dell’incontro bilaterale tenuto con il Presidente della Repubblica, Bajram Begaj, e della presenza di una delegazione di 200 persone dei comuni arbëreshë che hanno partecipato alla speciale Giornata dell’Arberia di Calabria nella Settimana d’Italia in Albania, organizzata dall’Ambasciata italiana a Tirana e svoltasi nella prima settimana di giugno, il Commissario Madeo ha evidenziato che tutto questo lavoro di illuministica costruzione dei rapporti con i fratelli d’oltremare deve partire e focalizzarsi sulla tutela e divulgazione della lingua arbëreshe, specie tra i bambini e le giovanissime generazioni, soprattutto alla luce dei ripetuti allarme di estinzione della lingua nell’arco di qualche decennio lanciati dall’Unesco.

«L’impegno, che spetta certamente alla scuola e alla comunità civile – ha ribadito Madeo nel suo intervento – deve partire innanzitutto dall’interno delle famiglie, dalla formazione e trasmissione quotidiana delle parole e delle espressioni della nostra lingua. Bisogna andare oltre quanto fatto sinora e promuovere congiuntamente una progettualità baricentrica che proponga alle istituzioni nazionali, regionali e comunitarie una nuova Agenda delle esigenze contemporanee delle comunità arbëreshe, oltre le tutele previste dalla Costituzione o dalle leggi regionali che si occupano della tutela delle minoranze linguistiche».

A tal proposito, nell’esaltare il lavoro di promozione dell’Eparchia di Lungro per la diffusione e l’apprendimento nei comuni e nelle scuole della lingua arbëreshe, Madeo ha sottolineato di sottoscrivere pienamente la proposta dello studioso Pierfranco Bruni di creare una koinè unica della lingua italo-albanese, per uscire dal problema di una diversità delle lingue parlate locali che hanno una loro esercitazione grammaticale, sintattica e ortografica. (rrm)