Arruzzolo (FI): Con Calabria ‘zona rossa’ colpo mortale all’economia regionale

Per il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Giovanni Arruzzolo, «con la decisione di ‘Calabria zona rossa’, il Governo giallo-rosso, nemico della Calabria e dei calabresi, sferra il colpo mortale all’economia della nostra regione».

«Si è inteso procedere in questa direzione – ha aggiunto –nonostante tutti gli appelli fatti dalla maggioranza che governa la Calabria e i chiarimenti forniti dal delegato della Regione Calabria per l’emergenza Covid, Antonio Belcastro al Commissario Domenico Arcuri, all’Iss e al Ministero della Salute affinché la Calabria venisse dichiarata zona  arancione dando la possibilità di abbassare il livello dei contagi e la curva epidemiologica, e al contempo, scongiurare il colpo mortale alle attività commerciali e produttive calabresi che, con un nuovo lockdown totale, vedrebbe la fine di molte realtà già in forte sofferenza. Realtà che, con determinazione e caparbietà, hanno cercato di risollevarsi dalla chiusura dei mesi scorsi».

«In questi giorni – ha sottolineato Arruzzolo – abbiamo cercato in tutti i modi di evidenziare al Governo come l’incidenza dei casi Covid in Calabria sia più bassa rispetto ad altre regioni che non si è deciso di ricomprendere tra le zone rosse, pur registrandosi maggiori casi di contagio. Tra le motivazioni che il Governo ha fornito: il fatto che la Calabria, a differenza di altre regioni, non è in grado di affrontare adeguatamente la diffusione del virus. Dimenticando che la Calabria è commissariata da 10 anni e che negli ultimi cinque è stata gestita da burocrati inviati dal Governo, esautorando totalmente la Regione».

«Per tutta risposta il Governo – ha proseguito Giovanni Arruzzolo – emana un decreto di ulteriore proroga di due anni più eventuale proroga di dodici mesi, e lo fa talmente in fretta, da creare un incidente diplomatico tra il ministro Roberto Speranza e il suo collega Roberto Gualtieri. Viene riferito di una lite tra i due esponenti del Governo in quanto il titolare del Mef lamenta di non essere stato sentito sul decreto e di non aver condiviso il testo».

«Da parte nostra – ha concluso il Capogruppo di Forza Italia – continueremo a lottare con tutte le nostre forze affinché le scelte scellerate del Governo non producano ulteriori danni ai calabresi e saremo al fianco di tutti i titolari delle attività produttive e commerciali che con orgoglio, dignità e sacrifici portano alto il nome della Calabria».

«Come consiglieri di maggioranza, insieme al Presidente Domenico Tallini – ha informato il consigliere regionale – abbiamo chiesto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di poter essere ricevuti al fine di poter rappresentare le nostre posizioni che esprimono le ragioni di tutti i cittadini calabresi». (rrm)

Aldo Ferrara: Unindustria chiede azioni efficaci a tutela del tessuto imprenditoriale calabrese

Il presidente di Unindustria CalabriaAldo Ferrara, è consapevole che la Calabria «più di altre regioni, pagherà il prezzo di una eventuale zona rossa a causa delle ataviche fragilità economiche territoriali» e, per questo, a nome di Unindustria Calabria chiede « tutela del tessuto imprenditoriale calabrese, a chi di competenza di programmare azioni efficaci e di inserire, come priorità assoluta, gli interventi in relazione al Recovery Fund al fine di assicurare un futuro al Mezzogiorno ed all’intero Paese».

Per il presidente Ferrara, infatti, «responsabilità, disciplina e lucidità sono le parole d’ordine che devono caratterizzare il nostro operato durante questa nuova e complicatissima fase sanitaria ed economica mettendo, certamente, la salute al primo posto ma essendo perfettamente consapevoli degli effetti gravi che riguarderanno il sistema economico regionale nel suo complesso con conseguenze  peggiori durante questo secondo lockdown a causa di ritardi cronici e impegni disattesi rispetto alle legittime aspettative di sviluppo della nostra regione».

«Pertanto – ha dichiarato – auspichiamo che, alle misure straordinarie imposte alla Calabria in questo momento, corrispondano misure altrettanto straordinarie sotto il profilo economico. Ma sia ben chiaro – ha sottolineato Ferrara – che non siano ristori o sospensioni ma interventi e sostegni ampi e strutturali che consentano anche alla nostra regione di sprigionare tutto il potenziale di competitività che può esprimere. Nel momento in cui si affronta l’emergenza bisogna pensare oltre e progettare una strategia di interventi da attuare nell’immediatezza ma funzionalmente collegati alla realizzazione di un progetto futuro per lo sviluppo della regione. Come al solito le infrastrutture si rivelano il punto debole della Calabria».

«In questo caso – ha aggiunto – si parla di quelle sanitarie che riverberano gli effetti negativi a vasto raggio. E, allora, ci chiediamo come mai invece di un decreto Calabria che destina risorse adeguate e immediatamente spendibili sotto il profilo economico si intende procrastinare un commissariamento della sanità nonostante sia in termini di Lea e di risultati conseguiti sia sotto il profilo economico e finanziario, non solo non abbiamo avuto miglioramenti negli ultimi 10 anni ma addirittura peggioramenti. Senza dimenticare che già in primavera, durante la prima ondata, abbiamo sostenuto la proposta, coralmente condivisa e rimasta inascoltata, di aprire un centro Covid nella nostra regione per creare una eccellenza sanitaria antipandemica che, certamente, sarebbe stata utile in questo momento e che lo sarebbe anche in un futuro incerto potenzialmente caratterizzato da questo genere di fenomeni».

«Unindustria, del resto – ha continuato il presidente di Unindustria Calabria – ha recentemente offerto la disponibilità delle proprie strutture sanitarie private al fine di fronteggiare, nel rispetto dei requisiti strutturali previsti, le emergenze derivanti dal Covid-19. È mortificante, peraltro, che la regione Calabria, nonostante il senso di responsabilità dimostrato su più versanti, potrebbe essere costretta a subire questa misura drastica dovuta alla classificazione di “zona rossa” a causa di colpe e ritardi di coloro i quali, in possesso di poteri straordinari, avrebbero dovuto organizzare un sistema sanitario efficace ed idoneo a rispondere alle esigenze di una comunità territoriale che non riesce a comprendere la logica contraddittoria di parametri e dati». (rrm)

Giacomo Mancini: la tempesta perfetta si sta abbattendo sulla Calabria

Sulla questione della Calabria dichiarata zona rossa con il nuovo Dpcm, è intervenuto il già parlamentare socialista Giacomo Mancini dichiarando che la a motivare il lockdown che comincerà domani, «è stato l’aumento preoccupante dei contagi e l’incapacità della sanità regionale nell’attrezzarsi per offrire una risposta adeguata alla pandemia, ad iniziare dalla creazione di maggiori posti nelle terapie intensive».

«Ma siccome le disgrazie non vengono mai da sole – ha aggiunto – la Calabria affronta questa nuova fase drammatica senza un governo regionale legittimato e di conseguenza autorevole. La legge conferisce al vicepresidente solo la possibilità di occuparsi dell’ordinaria amministrazione, in attesa delle nuove elezioni. E, in più, prossima settima il consiglio regionale sarà congedato».

«Ma, per la Calabria – ha proseguito Mancini – la situazione è tutto tranne che ordinaria: è straordinariamente grave. È, infatti, necessario mettere mano alla sanità e dare una grande mano all’economia e sostenere famiglie e imprese che sono in ginocchio. È indispensabile confrontarsi ogni giorno con il governo nazionale per concertare interventi e definire soluzioni. Anche battendo i pugni sul tavolo quando occorre».

«Ma un presidente facente funzione e una Giunta che si riunisce per l’ordinaria amministrazione – ha continuato – non sono in grado di farlo. Occorrerebbe andare al voto, ma in pieno lockdown non è possibile farlo in sicurezza.
Insomma, siamo nel bel mezzo di una tempesta perfetta che si sta abbattendo su noi calabresi».

«C’è da augurarsi – ha concluso – che l’intero governo nazionale – conclude Mancini – attivi tutti i suoi poteri sostitutivi per sostenere la nostra comunità e portarla fuori da questa drammatica emergenza». (rrm)

 

Tripodi (FI): Calabria chiusa da Dpcm insensato, Speranza venga in aula a dare spiegazioni

La deputata di Forza ItaliaMaria Tripodi, è intervenuta alla Camera: «voglio rappresentare a quest’Aula lo sdegno dei cittadini calabresi, degli imprenditori, dei commercianti, dei lavoratori. La Calabria ieri sera ha scoperto in diretta tv di essere stata messa in lockdown da un Dpcm totalmente insensato».

«Non si capisce la ratio – ha aggiunto – di un provvedimento che non tiene conto dei dati medici reali. La Calabria è una delle Regioni a minor numero di contagi. Oggi Palazzo Chigi chiude la nostra Regione, il governo nei mesi scorsi non ha provveduto a dotare la Calabria di posti letto in terapia intensiva, e ieri ha prorogato un commissariamento insensato della sanità».

«Il governo dovrebbe spiegarci – ha concluso Maria Tripodi –. Il ministro Roberto Speranza venga in Aula e ci spieghi come mai Regioni governate dal centrodestra vengono etichettate ‘zona rossa’, mentre altre governate dal centrosinistra vengono etichettate come ‘zona gialla». (rp)

Magorno (IV): Calabria ‘zona rossa’, i calabresi non meritano questa sofferenza

Per il senatore di Italia Viva e sindaco di Diamante, Ernesto Magorno, «la Calabria zona rossa è una decisione sproporzionata, i calabresi non meritano questa sofferenza».

«I numeri – ha aggiunto Magorno – non giustificano la scelta del governo. È il momento di andare oltre ogni appartenenza, noi parlamentari abbiamo il dovere di essere uniti per mettere in campo un’azione finalizzata alla revoca di questo provvedimento».

«Serve introdurre – ha concluso il senatore – misure quali l’esame Covid, la quarantena per chiunque rientri in regione e, ovviamente, continuare a rispettare le norme comportamentali. Così ne potremo uscire velocemente». (rp)

Calabria Zona rossa: l’on. Cannizzaro vuole impugnare il Dpcm di ieri

Dopo la dichiarazione in diretta del premier Conte dell’istituzione della Zona rossa per la Calabria, il deputato reggino Francesco Cannizzaro si è immediatamente attivato per contestare e respingere il Dpcm di ieri sera chiedendo un intervento ad adiuvandum a tutti i Comuni calabresi, per impugnare il nuovo decreto.

«Calabresi, quella del Governo – ha scritto Cannizzaro – è senza ombra di dubbio una prevaricazione, davanti alla quale non possiamo restare inermi o aspettare che altri agiscano per noi. Dobbiamo reagire concretamente, non fare chiacchiere. Ritengo sia da ingenui subire ancora una volta i soprusi o le sviste di chi della nostra Regione si interessa solo quando c’è da commissariare o da applicare tagli. BASTA!

Per agire concretamente intendo usare tutti gli strumenti che sono nelle nostre possibilità per opporci, civilmente, a qualcosa che ci danneggerebbe  in modo irrimediabile. La mia proposta: muovere ricorso come Regione Calabria, impugnando il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e la collegata ordinanza del Ministro Speranza, chiedendo anche un intervento ad adiuvandum di tutti i Comuni calabresi.

Non è una proposta buttata lì, sta già prendendo corpo: in qualità di Deputato eletto in Calabria ho infatti già provveduto, nell’espletamento delle mie funzioni di Rappresentante dei cittadini calabresi, a mettermi in contatto con il Presidente f.f. della Regione, Nino Spirlì, spiegando e motivando la mia proposta volta alla presentazione di formale ricorso da parte della Regione.

In sede giurisdizionale vengono considerati in primo luogo i fatti, la completezza dell’istruttoria svolta e, non ultima, la ragionevolezza e proporzionalità della scelta operata. Un aspetto da tener presente infatti è che sul piatto della bilancia ci sono rischi sanitari che bisogna comparare non soltanto con lo spazio di libertà dei singoli ma anche con altri rischi, come appunto quelli di tenuta sociale ed economica di un territorio. L’assenza di una congrua valutazione degli elementi disponibili rende fragile una determinazione che non tiene conto di tutti i dati tecnici. In questo quadro vanno considerati due fattori: il primo importantissimo, è costituito dai dati specifici del contesto territoriale, il secondo dalla comparazione statistica con i mesi scorsi.

La giurisprudenza in materia ha già in passato chiarito che per fronteggiare un rischio non necessariamente la misura più congrua è quella più restrittiva. Pertanto, appare essenziale la verifica della modulazione dei rimedi.

Decisioni come quelle che ci hanno appena colpiti dobbiamo combatterle, con dignità e competenza, valori che hanno sempre contraddistinto la Nostra amata Calabria.

In assenza di un corretto confronto Stato-Regioni, non resta che ricorrere urgentemente alla via giurisdizionale per tutelare gli interessi dei cittadini, delle imprese e delle famiglie calabresi» (rp).

DPCM E COVID: LA CALABRIA ZONA ROSSA
IL DRAMMA VERO DI INVISIBILI ED ESCLUSI

di SANTO STRATI – Un bollettino ufficiale della Regione corretto di corsa tarda sera, dove – ops! – si scopre che i ricoverati in terapia intensiva sono solo dieci e non 26. Ma come si può tollerare che avvengano errori di questo genere che sconvolgono la valutazione che sta alla base delle decisioni sul lockdown regionale? Di fatto, la Calabria è stata dichiarata ieri sera in diretta dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte “zona rossa”: un provvedimento più a titolo cautelativo che dettato dalla situazione dei contagi che sono ancora abbastanza limitati rispetto ad altre parti d’Italia. E in più ogni giorno di più registriamo norme arruffate e confuse, dpcm che si susseguono senza che nessuno cerchi di omogeneizzare le disposizioni con chiarezza per non far cadere nello sconforto gran parte della popolazione. C’è comunque una categoria che nello sconforto vive ormai dal 10 marzo scorso, dall’inizio del primo lockdown: quella dei cosiddetti invisibili e degli esclusi, ovvero tutti coloro che non rientrano tra i provvedimenti di ristoro delle perdite e di aiuto finanziario perché il loro codice Ateco (la classificazione burocratica delle categorie produttive) non figura nei provvedimenti del Governo. E non parliamo di invisibili riferendoci a quanti fanno lavoro in nero (e sono ugualmente tanti e lasciati, anche loro, alla più totale disperazione per cercare vie di sopravvivenza), ma di imprenditori e lavoratori autonomi che pagano le tasse, versano i contributi, occupano dipendenti. Semplicemente, come per gli “esclusi”, poiché il loro codice Ateco non è tra quelli previsti non hanno beccato un centesimo di aiuto e non lo riceveranno neanche adesso, alla vigilia dell’inevitabile (sperando parziale) lockdown. In altre parole, la burocrazia vince ancora una volta sul buon senso e i provvedimenti via via varati rivelano che a compilare i vari dpcm (mica li scrive il premier Conte) siano algidi funzionari che vivono in un’altra realtà, non conoscono le dinamiche dell’economia reale, ignorano totalmente come funziona la filiera produttiva in Italia.

Quando si bloccano, per esempio, i locali per i ricevimenti (abitualmente destinati ai ricevimenti nuziali) non si ferma solo l’attività del gestore del locale che, in ogni caso, ha dipendenti (cuochi, camerieri, lavapiatti, etc) e fornitori da pagare, ma si elimina ogni forma di reddito a chi produce e confeziona bomboniere, a parrucchieri, fotografi, fiorai, tipografi (le partecipazioni), musicisti e via discorrendo. Si chiama filiera, ma i nostri diligenti funzionari di Palazzo Chigi, probabilmente, lo ignorano. E lo stesso discorso vale per il bar, il ristorante, la pasticceria, la pizzeria a taglio: per ognuno di loro c’è un esercito di “invisibili” che non ha alcuna tutela. I menu da stampare, la manutenzione dei registratori di cassa, di frigoriferi e attrezzature, fiorai (per chi fa trovare un apprezzato fiore reciso nel minivaso sul tavolo), le agenzie di pubblicità che producono biglietti e volantini, agenti di commercio, etc.

Insomma, nel momento in cui il Governo decide – come ha fatto nella prima fase della pandemia – di chiudere e fermare le attività lavorative, deve necessariamente provvedere a ristorare, prima di imporre le chiusure, le perdite a tutti coloro che le subiscono. E quando si dice tutti si deve intendere tutti non solo quelli individuati dal codice Ateco. L’esperienza dei mesi marzo/aprile è stata davvero infelice, anzi diciamo meglio, disastrosa. E, purtroppo, il Governo sembra intenzionato a proseguire su questa strada, dimenticando per strada migliaia e migliaia di imprese e di lavoratori. L’esecutivo continua a rassicurare che gli aiuti «arriveranno a tutte le categorie interessate dalle misure restrittive» ma ha stanziato appena 50 milioni come fondo d’emergenza, pur avendo a disposizione 20 miliardi di extradeficit che non sono stati ancora utilizzati. Ebbene, il dl Ristori ha individuato 53 codici Ateco che devono ricevere gli aiuti, dimenticando chi magari, ha più bisogno degli altri: quella massa, appunto, di invisibili ed esclusi che, per intenderci, valgono qualcosa vicina a qualche decina di miliardi di fatturato aggiuntivo. Quindi, oltre al danno della cessazione forzata dell’attività si deve aggiungere la beffa di non poter contare neanche su un centesimo di aiuto. Si sono dimenticati completamente degli ambulanti e dei rappresentanti di commercio che sono rimasti praticamente fermi: niente bancarelle, niente ordini da trattare, ricevere, trasmettere alle aziende fornitrici. Un esercito di gente che lavora sulla propria pelle e che, molto spesso, non ha nemmeno coperture previdenziali e assicurative contro le malattie. Come si può tollerare tutto ciò?

Hanno promesso dal Governo che i soldi questa volta arriveranno “subito” (a partire dal 15 novembre), ma i più smaliziati sono già rassegnati ad aspettarsi il solito balletto di rito, col rimpallo delle responsabilità, senza che nessuno provveda a interrompere lo scempio. Servono soldi veri, non promesse né crediti di imposta (su quali tasse se l’attività non opera?), occorre una seria politica di intervento a favore di tutte le categorie coinvolte nelle chiusure obbligate: lo chiamino lockdown o come diavolo meglio credano, ma i nostro governanti non possono immaginare di ripetere l’insulso copione dei mesi primaverili. La lezione non è servita, non hanno imparato nulla e, anzi, la situazione rischia di diventare esplosiva non soltanto dal punto di vista sanitario, ma soprattutto sul piano sociale. C’è una sorta, perversa, di “induzione alla povertà” nei provvedimenti fin qui varati: si premia chi chiude e manda a casa i dipendenti (prende di più) rispetto a chi, ad ogni costo, tiene duro e cerca di superare la burrasca (prende di meno): è una politica di suicidio assistito delle aziende che non porterà a niente di buono, perché, nel momento in cui, cessano le attività finiscono anche le entrate dello Stato, questo è evidente. Eppure si continua a ipotizzare una distribuzione di “elemosine” a imprenditori coraggiosi che hanno investito nella propria attività, hanno creato ricchezza sul territorio, hanno offerto occupazione e benessere, e pagano tasse e contributi. A questi operatori viene negato ogni aiuto, a partire dal famoso decreto liquidità che le banche hanno utilizzato a proprio piacimento, negando il credito ad aziende che avevano bisogno di superare la crisi o dilatando oltre ogni ragionevole sopportazione i tempi di valutazione ed erogazione. Già perché, nonostante la crisi, in banca si continua a parlare di “valutazione” del rischio, nonostante i prestiti (ricordiamoci che sono prestiti, non sono soldi che non andranno restituiti) siano interamente garantiti dallo Stato. Significherà pure qualcosa che a fronte del tetto massimo di 30 mila euro “subito” l’erogazione media non non ha mai superato i due terzi, ovvero sempre al di sotto dei 20mila, perché i burocratici conteggi in percentuale previsti per accedere al credito non hanno tenuto conto che il 2019 non è stato un anno brillante.

E, invece, l’aiuto previsto a fondo perduto (soldi da non restituire) non basta a mantenere in piedi un’attività che già è stata duramente messa alla prova dai 70 giorni di lockdown primaverile. E, come se non bastasse, ricordiamoci quanto hanno speso i vari ristoratori, esercenti di bar e pasticceria, i negozianti, per dotarsi dei dispositivi di distanziamento imposti dai vari dpcm; per la fortuna delle aziende che lavorano il plexiglas e producono il gel antibatterico o altri dispositivi: divisori trasparenti, separé per dividere i tavoli, adeguamenti igienici e dispensatori di gel. C’è chi ha fatto miracoli di architettura, tagliando posti a sedere, pur di garantire il servizio ai clienti e cercare di tenere in piedi l’attività e, soprattutto, non mandare a casa alcuno dei dipendenti. A questi imprenditori, con una faccia tosta da politico navigato, il presidente Conte, a nome dell’esecutivo che guida ha detto semplicemente «abbiamo scherzato», neanche fosse una partita a poker. Qui si sta giocando, però, col futuro di centinaia di migliaia di persone, da cui dipendono molte altre centinaia vite e famiglie, che improvvisamente si ritrovano senza lavoro e senza reddito. Non basta indignarsi, le Regioni devono battere i pugni sul tavolo, ma la terza Camera dello Stato (la conferenza Stato-regioni è chiaramente schierata contro il Mezzogiorno e la Calabria sconta più di tutti un divario ormai sempre più incolmabile nei servizi, nella sanità, nell’occupazione, nello sviluppo).

Allora c’è solo da immaginare un colpo d’ala, un cambiamento repentino di rotta, dove le valutazioni su chi bisogna aiutare non siano affidati a una ricerca sul database delle attività codificate dall’Ateco, bensì siano frutto della ragionevolezza e del contributo di idee di chi vive ogni giorno le difficoltà del mondo produttivo: Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato possono fornire le cifre reali del disagio di quanti si ritrovano, dalla sera alla mattina, privati della loro dignità di lavoratori e di un reddito sudato giorno dopo giorno. Siamo in guerra con un nemico insidioso e che non solo distrugge vite umane, ma sta minando l’intero impianto della società civile e dei suoi attori principali, i lavoratori, siano essi dipendenti o imprenditori, la barca è in comune per tutti: senza aiuti reali, immediati e concreti, non si va da nessuna parte. E pensare che i soldi ci sono, il Governo è autorizzato sforare il deficit per salvare il Paese. Probabilmente sarebbe utile un “gabinetto di guerra” con la partecipazione di tutti: maggioranza e opposizione per prendere coraggiosi provvedimenti per fermare la nuova povertà che avanza a ritmi spaventosi e salvare il Paese da un disastro che appare comunque evitabile. Ma a Palazzo Chigi e dintorni, nei Palazzi del potere, non si decide, si impone, come se i cittadini fossero improvvisamente diventati. sudditi cui infliggere persino lo stato di “schiavitù” intellettuale: è questo il problema, oggi, del Paese. Non abbiamo governanti, ma dilettanti allo sbaraglio che si muovono per improvvisazione e qualunque cosa facciano producono danni, perché non cercano e soprattutto non ascoltano le competenze e le capacità che sicuramente non mancano in un Paese che sta smarrendo se stesso, irrimediabilmente. (s)

Nella foto di copertina: lo speciale dedicato da Mattino 5 ieri mattina alla situazione della sanità in Calabria. A destra il prof. Raffaele Bruno infettivologo calabrese del San Matteo di Pavia, il prof. Matteo Bassetti del San Martino di Genova e dott. Antonio Talesa responsabile del 118 calabrese durante il collegamento su Canale 5

Giuseppe Nucera: azione legale contro il Governo per i guasti della Sanità in Calabria

L’ex presidente degli industriali reggini, l’imprenditore turistico Giuseppe Nucera, ha annunciato un’azione legale sia in sede civile che penale nei confronti del Governo pe ri guasi provocati da dieci anni di acommissariamento della Sanità in Calabria, la cui responsabilità ricade nell’esecutivo. Il leader dl movimento La Calabria che vogliamo  mette in guardia sulla crisi che andrà ad abbattersi in modo irreversibile sul comparto del turismo: non verrà più un turista in Calabria, dice sconsolato Nucera. «Le misure inserite all’interno del nuovo Dpcm vedono diventare la Calabria ‘Zona Rossa’, con restrizioni e ulteriori chiusure di attività». Giuseppe Nucera non ci sta e invita il popolo calabrese a manifestare contro misure stringenti che rischiano di disastrare ulteriormente una regione già in grande difficoltà.

«La Calabria – ha dichiarato – si trova ad un passo dal baratro per colpa di una politica incapace. Gli amministratori locali e nazionali con la loro insipienza stanno distruggendo una regione. Per fortuna la nostra regione sin da marzo si è sempre contraddistinta per essere una delle meno colpite dal Covid-19, la possibile chiusura arriva non per una reale emergenza ma perché non si è fatto nulla per aumentare i posti di terapia intensiva negli ultimi mesi. Anni di commissariamento non sono serviti a nulla se non a peggiorare la situazione di una sanità già a pezzi. Questo rischia di essere il colpo di grazia per l’economia della nostra regione. I dati relativi ai contagi vedono la nostra regione sin dall’inizio della pandemia come la meno colpita d’Europa, non a caso la Germania aveva inserito la Calabria tra i luoghi sicuri da visitare. Adesso arriva questa scelta scellerata, figlia dell’incapacità amministrativa della classe politica regionale e nazionale. Non ci sarà attività economica che potrà resistere ad una nuova serrata, il nostro territorio già in ginocchio rischia di subire adesso la mazzata definitiva per colpa dell’imbarazzante incapacità della politica regionale e nazionale.

«Abbiamo dato incarico all’Avv. Francesco Palmeri di predisporre gli atti e procedere sia in sede penale che civile davanti ai giudici perché condannino il capo del Governo ed i Commissari che da 10 anni gestiscono la sanita’ in Calabria al risarcimento degli ingenti danni che la loro condotta provoca alle popolazioni ed alle imprese calabresi”, conclude l’ex Presidente di Confindustria Rc». (rp)

Siclari (FI): Calabria a rischio ‘zona rossa’, lo Stato si è fermato a Eboli

Il senatore di Forza ItaliaMarco Siclari, ha ribadito come lo Stato «che in 160 anni non ha risolto la questione meridionale e che non garantisce un’assistenza sanitaria decorosa ai cittadini calabresi, dichiara la Calabria zona rossa, nonostante sia la regione con meno contagi sia in valore numerico assoluto che in percentuale, solo e soltanto perché, rispetto a tutto il resto del Paese, in Calabria, lo stesso Stato non ha garantito, in quasi 75 di storia repubblicana, il servizio sanitario».

«Oggi si sancisce, purtroppo ed a malincuore, che la Calabria non è Italia» ha dichiarato Siclari, aggiungendo che «c’è l’Italia che ha l’alta velocità e c’è la Calabria che non ce l’ha, c’è l’Italia che compete con le potenze economiche internazionali e c’è la Calabria che è un’area depressa e con un’economia in continua recessione, c’è l’Italia che, anche in presenza di una pandemia gravissima, garantisce l’assistenza sanitaria e c’è una Calabria che non garantisce ricoveri, posti in terapia intensiva e subintensiva, assistenza domiciliare».

«I calabresi – ha proseguito Siclari – devono subire livelli essenziali di assistenza indegni di un Paese civile, sono costretti all’emigrazione sanitaria per curarsi e la Regione Calabria è in piano di rientro e commissariata da oltre 10 anni, senza che il debito sanitario regionale si sia ridotto: oltre al danno la beffa, sacrifici senza la risoluzione del problema. Ci sono quindi due Italia, un Centro Nord, evoluto, sviluppato e prospero, un Centro Sud più povero ed arretrato, ma con aree in via di sviluppo e, poi, c’è la Calabria, abbandonata dallo Stato, che sembra aver realizzato la piena arretratezza e l’impossibilità di sviluppo di un territorio, non più in arretrato di anni o decenni, ma di secoli, come tristemente narrava Primo Levi nel celeberrimo romanzo Cristo si è fermato ad Eboli».

«Già in campagna elettorale – ha aggiunto Siclari – avevo individuato il problema principale della Calabria, nella mancanza ed inadeguatezza dell’assistenza sanitaria. In Calabria, dunque, o paghi per avere prestazioni private o scappi, e anche qui servono le possibilità economiche, o muori. I casi di malasanità balzano agli onori della cronaca giornalmente e noi non possiamo rimanere a guardare».

“Dobbiamo porre fine al commissariamento che ha portato a tutto questo”, «questa è la parte finale del mio intervento in Senato in occasione della fiducia al primo governo Conte – chiude Siclari – da allora nulla è cambiato anzi la situazione è peggiorata con il decreto Calabria che ha commissariato ulteriormente la sanità calabrese in base al pregiudizio mafioso ed al sospetto di infiltrazioni».

«Quasi 500 calabresi, assieme a me – ha concluso – hanno protestato a Piazza Montecitorio contro quel decreto Calabria che ha ulteriormente affossato le speranze di una terra di avere un minimo di dignità nelle cure sanitarie ed un’assistenza ospedaliera e territoriale da paese occidentale e non da paese sottosviluppato». (rp)

Napoli (Confapi Calabria): Atto irresponsabile fare la Calabria ‘zona rossa’

Il presidente di Confapi CalabriaFrancesco Napoli, ha sottolineato che «se la Calabria sarà decretata zona rossa al pari della Lombardia e del Piemonte, sarà un atto irresponsabile».

«In qualità di presidente di Confapi Calabria – ha dichiarato Napoli – e a nome delle piccole e medie imprese calabresi, lancio un grido d’allarme pretendendo risposte chiare ad una semplice domanda: Se chiudono la Calabria non per il dilagare dei contagi ma perché sono insufficienti i posti letto nei vari ospedali, chi è colui o coloro che in questi mesi dovevano provvedere ad incrementare i posti letto e non l’hanno fatto? La domanda è semplice che richiede una risposta altrettanto semplice, indicando il responsabile di colui o di coloro che dovevano provvedere e non l’hanno fatto, rischiando di far pagare, oggi alla Calabria, un prezzo insopportabile da chi ha ridotto la sanità pubblica regionale a brandelli».

«Pongo a voi – ha aggiunto – che avete deciso il destino amaro e sofferente di questa terra alcuni interrogativi: Può essere che una regione con 200 casi al giorno sia trattata allo stesso modo di chi ne ha 7/8000 casi? Si possono abbassare le serrande di tante attività commerciali, perché in Calabria non hanno incrementato i posti letto in terapia intensiva? Si può chiudere perché il rapporto tra posti letto e malati Covid-19 è insufficiente? Entrare in zona rossa per la Calabria significherà distruggere l’intero tessuto economico calabrese, già zoppicante».

«Significherà – ha ribadito – provocare malcontento popolare e disagio sociale, con rischi enormi di tenuta. Per di più in presenza di indici di valutazione che sono del tutto indimostrati. Tutto questo è il prezzo che pagheranno i calabresi».

 

«A questo punto – ha concluso il presidente Napoli – qualcuno dei decisori politici ci venga a spiegare perché siamo dovuti arrivare a questo. Vogliamo sapere nome e cognome di chi non ha adempiuto nel tempo a fare il proprio dovere». (rrm)