AFFLUENZA CALABRIA AL 46,99% (COMUNE)
DOMATTINA LO SPOGLIO PER IL SINDACO

Il dato di affluenza del primo giorno di consultazioni elettorali per referendum regionali e amministrative è tutto sommato positivo: alle 23 il totale in Italia aveva votato meno del 40% (39,38%) degli aventi diritto.

In Calabria alle 23 per il referendum ha votato il 32,42% degli elettori e il 46,99% per le elezioni comunali. In provincia di Reggio il valore si attestava alle 23 sul 35,53%  per il referendum e il 46,41 per le comunali. Per curiosità, alle 19 il valore più alto era quello di Santo Stefano d’Aspromonte col 64,47%, il più basso quello di Africo all’11,28%. A Catanzaro per il referendum alle 23 aveva votato  30,49%, mentre per le comunali il 45,36%; a Cosenza per il referendum 29,39, mentre per le comunali il 44,98%; a Crotone per il referendum 40,48, per le comunali il 51,14; a Vibo Valentia per il referendum 31,59, per le comunali il 48,54 %.

A Reggio da segnalare che su 52.663 elettori, 3.059 non hanno neanche ritirato la scheda delle comunali, votando solo per il referendum. A Taurianova, invece è più alto il dato di affluenza alle comunali rispetto al referendum (51,01% ). A Crotone, per le comunali, alle 23 si registrava il 51,14%. Alte le percentuali a Bianco (61,16%) e Cinquefrondi (66,05%).

Tra le province, per il referendum alle 23 la più virtuosa risulta  Crotone col 40,48%, seguono Reggio col 35,53 %, Vibo col 31,59 %, Catanzaro col 30,49%, e, infine, Cosenza col 29,39 %.

Una giornata tranquilla, con l’abituale attesa dei fotografi a ritrarre il momento dei voto dei singoli candidati a sindaco. A Reggio il nostro Luigi Palamara ha ritratto in video il momento del voto dei principali candidati a sindaco.

I candidati a sindaco di Reggio Calabria votano.20 settembre 2020

Posted by Luigi Palamara on Sunday, 20 September 2020

Si potrà votare fino alle ore 15. Quindi cominceranno le operazioni di spoglio per il referendum e, a seguire, quelle per le Regionali (si rinnovano i Consigli in sette regioni: Valle d’Aosta, Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia. Per le elezioni comunali (957 i Comuni interessati in Italia, 72 in Calabria), invece, lo spoglio comincerà martedì mattina alle 9.

Oggi pomeriggio a partire dalle 14.45 le dirette televisive con stime e proiezioni. Su La7 appuntamento con Enrico Mentana fino alle 20.30 per poi continuare dalle 21.15 fino a tarda notte con ospiti e opinionisti a commentare le proiezioni Swg e quindi i dati definitivi.

In Rai dalle 15 di oggi altra maratona elettorale con le proiezioni di Opinio che dovrebbe dare quasi subito i dati relativi al risultato del referendum e quindi (dopo le 17.30) delle sette regioni al voto per le Regionali. Ci dovrebbe essere anche l’exit poll sul primo turno di 10 comuni capoluoghi di provincia, tra cui Reggio Calabria. (rp)

 

Pasquale Amato: Campagna elettorale su referendum fuori tema

di PASQUALE AMATO — Oggi e domani si vota in tutta l’Italia per il Referendum sul Si o No alla riduzione di oltre 300 parlamentari. Si vota anche in sette Regioni per il rinnovo del Presidente e del Consiglio. Si vota infine per eleggere i Sindaci e i Consigli Comunali di oltre mille comuni. Tra essi ci sono diversi comuni calabresi, primi fra tutti Reggio (in cui la partita è doppia, in quanto il Sindaco di Reggio è anche Sindaco della Città Metropolitana) e Crotone.

Quindi non si vota per eleggere il Parlamento, da cui poi viene eletto il Governo del Paese. Eppure abbiamo assistito a un dibattito in cui ha prevalso ovunque un “fuori tema”: quanto inciderà sul Governo Nazionale il risultato del Referendum? Quanto sarà determinante per le sorti del Governo il numero di quelle regioni in cui prevarrà il Centro-Destra o il Centro-Sinistra? E ancora: Quanto peseranno sugli equilibri di ogni singola Regione i risultati nelle Elezioni amministrative dei Comuni di quella Regione?

Riconosciamolo una volta per tutte che questo modo di condurre la campagna elettorale non invoglia cittadine e cittadini ad andare a votare e alimenta l’astensionismo. Non è possibile che si viva nel clima teso di una perenne campagna elettorale, in cui si eludono costantemente i problemi concreti che la Comunità deve affrontare agitando temi e problemi che non riguardano quella specifica realtà. E spesso sollevando polveroni che nulla hanno a che fare con le problematiche legate al territorio di chi viene chiamato al voto.

Quando accadrà che in questo nostro Bel Paese si faccia un’elezione in un qualunque luogo senza che ci sia qualcuno che dichiari che dai suoi esiti dipenderà la sopravvivenza o meno del Governo Nazionale? Quando accadrà che nelle Elezioni Europee si trattino temi e problemi dell’Europa senza che ci sia qualcuno che sostenga che dai risultati di esse dipenderà il destino del Governo Nazionale? Quando accadrà che nelle Elezioni Regionali si affrontino i nodi fondamentali di quei territori e non si concentri l’attenzione su quante Regioni avranno risultati da cui dipenderà il destino del Governo? Quando accadrà che in un’Elezione per eleggere il Sindaco di un Comune si accentrerà l’attenzione su chi potrebbe essere il migliore Sindaco e il migliore programma per la Città e non si devierà verso argomenti di rilievo nazionale e internazionale o fughe in avanti come il Ponte sullo Stretto mentre nel presente si affossa l’Aeroporto dello Stretto?

Il 20-21 settembre tutti gli italiani devono pronunciarsi sul Referendum tra il Sì e il No alla limitazione del numero dei Parlamentari. Nella stessa data in alcune Regioni si dovrà decidere chi governerà in quelle Regioni. Si dovrebbero trattare i problemi e le soluzioni che riguardano ciascuno di quei singoli territori. Invece no. Si discute di coalizioni e su cosa succederà al Governo Nazionale. Non è così. Anche perché la coalizione che regge il Governo Nazionale non corrisponde alle singole e differenti situazioni regionali. Gli elettori di quelle Regioni non votano sul Governo nazionale.

Lo stesso ragionamento vale per le  Elezioni Comunali, per cui si vota a Reggio, Crotone e altri Comuni calabresi. In esse non si decide se fare o no il Ponte sullo Stretto o il tunnel, se deve cadere o meno il Governo. Si va alle urne per scegliere il Sindaco che saprà meglio difendere con la giusta determinazione gli interessi della città e i Consiglieri Comunali. Due scelte che potranno anche non coincidere, potendo usufruire del Voto disgiunto.

E per quanto riguarda specificamente Reggio, si deve scegliere il Sindaco che renderà Centro e periferie vivibili, il Sindaco che avrà la determinazione per promuovere senza tentennamenti le eccellenze mondiali del territorio, la memoria storica e le identità, il Sindaco che rilancerà l’Aeroporto dello Stretto e farà tornare al suo ruolo storico la città più antica, grande e bella delle Calabrie e le tante stupende perle della sua Città Metropolitana.

  • Storico e docente universitario

C’È IL REFERENDUM, SERVE IL NOSTRO VOTO
SI SCELGONO 72 SINDACI: REGGIO SFIDA A 3

di SANTO STRATI — Comunque vada l’esito del referendum, rimane la sensazione che l’informazione ai cittadini non sia stata proprio il massimo, lasciando molto spazio al populismo anticasta (sponsorizzato e gestito ovviamente dai grillini) piuttosto che alle ragioni del sì e del no.

Non è nostra abitudine schierarci, ma riteniamo opportuno spiegare perché – a nostro modesto avviso – sarebbe opportuno votare NO a una riforma monca e discutibile che non risolve i problemi della politica e della governabilità. Si è giocato tutto sulla rabbia anticasta del populismo più sfrenato, dando libero accesso a un processo di delegittimazione dei Parlamento e dei suoi rappresentanti che non è accettabile. Non si può – a fronte di pochi assenteisti e scarsamente degni “rappresentanti del popolo” più che eletti prescelti dalle segreterie di partito – gettare fango sul lavoro “onorevole” di chi siede in Parlamento e svolge con passione, dedizione e onestà il proprio mandato, in nome del popolo italiano.

Ebbene, la furia dell’ex comico e dei suoi sodali ha fatto sì che si scatenasse un’indegna gazzarra che è sfociata, poi, nel progetto di revisione costituzionale sul quale gli italiani oggi e domani sono chiamati ad esprimersi.

Prevarrà, probabilmente, il Sì non perché gli italiani credono in questa buffa riforma, ma perché così riterranno di punire la “casta”, quella stessa che incredibilmente ha votato la sua decimazione in Parlamento. E anche questo è un aspetto buffo del referendum che ci chiama domani alle urne: ci sono stati appena 14 voti contrari al progetto di legge sul taglio dei parlamentari e 553 voti favorevoli. E una parte di chi ha votato a favore si è fatta poi promotrice del referendum confermativo, quasi a sconfessare un gesto magari inconsulto, dettato più dalla pressione grillina che dall’effettiva validità della legge.

Risibile è il risparmio che ne deriverebbe: l’equivalente di un caffè per ciascun italiano all’anno. Per contro, sono numerosi gli aspetti preoccupanti che il taglio dei parlamentari, in assenza di una nuova legge elettorale, mostra: per fare un esempio che ci tocca da vicino la Calabria vedrà tagliata del 40 % la sua rappresentanza parlamentare e i nostri parlamentari eletti all’estero passeranno da 18 a 12. Ovvero c’è un problema di rappresentanza che colpisce le regioni più piccole e creerà evidenti disparità tra gli abitanti delle regioni più popolose (e più ricche) e quelle a minore densità abitativa.

Il testo originario varato dai padri costituenti, approvato il 27 dicembre 1947, recitava testualmente all’art. 56: «La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto, in ragione di un deputato per ottantamila abitanti o per frazione superiore a quarantamila» e l’art. 57, a proposito del Senato assegnava a ciascuna regione un senatore per 200.000 abitanti o per frazione superiore a 100.000. «Nessuna regione – si leggeva nel testo del 1947 – può avere un numero di senatori inferiori a sei. La Valle d’Aosta ha un solo senatore». Quindi la Carta costituzionale non fissava i numeri attuali, derivati invece dalla Legge costituzionale del 9 febbraio 1963 e dala successiva Legge costituzionale del 23 gennaio 2001 che riguarda il numero dei deputati e dei senatori in rappresentanza degli italiani all’estero. Quindi gli attuali 630 deputati e 315 senatori che il taglio lineare che il referendum dovrà sancire diventeranno rispettivamente 400 deputati e 200 senatori.

Il futuro Parlamento replicherà, con buona probabilità, la scarsa qualità “politica” (oltre a incapacità e competenza largamente dimostrate in questa legislatura) degli eletti, in quanto non scelti, ancora una volta, dagli elettori, da dalle segreterie dei partiti. Il Sì aprirà, anzi spalancherà, le porte a nuove immissioni di “prescelti” non per competenza e capacità, ma per, spesso, scellerate valutazioni di comodo imputabili esclusivamente ai capi dei singoli partiti.

L’esempio più calzante è ogni giorno sotto gli occhi di tutti gli italiani, a cominciare da ministri e sottosegretari per finire agli ultimi peones che votano non per convinzione personale ma su indicazione del partito, nonostante l’assenza di vincolo di mandato garantito dalla Costituzione (quello che permette ai parlamentari di trasferirisi a un gruppo parlamentare diverso da quello con il quale si è stati eletti). Questo significa che non si può dire sì a questa riforma della Costituzione che non solo offende l’intelligenza degli italiani, ma mortifica qualsiasi anelito di trasformazione della politica.

Il guaio è che il “liberi tutti” espresso dai partiti (vedi articolo successivo) in realtà non ha lasciato libertà di scelta, a cominciare dagli esponenti politici, anche quelli più scettici che hanno votato turandosi il naso, per finire agli elettori. Disorientati più che mai, mossi più da voglia di “castigare” il Parlamento che di premiare una inesistente formula politica che mostra un miserevole se non impalpabile spessore.

Le ragioni del sì, diciamolo chiaramente, servono a legittimare l’insulso atteggiamento dei pentastellati che prima criticavano la “casta” e poi sono finiti per diventarlo anche loro. Serve prima una legge elettorale, poi si potranno attuare riforma che stravolgono il dettato costituzionale e nessuno dei costiuenti si sarebbe mai sognato di proporre.

Se si volevano fare risparmi, sarebbe bastato ridurre gli emolumenti, gli stipendi, i benefit. Ridurre il numero dei parlamentari – ripetiamo, in assenza di una nuova legge elettorale – è pericoloso e assai discutibile. C’è solo da sperare che gli stessi italiani che bocciarono la riforma proposta da Renzi nel 2016, reagiscano con eguale entusiamo, mostrando quella maturità politica che molti dei nostri governanti ed esponenti politici non accreditano loro. Attenzione, non dimentichiamoci che i “sudditi” hanno anche la capacità di incazzarsi e rispondere con un sonoro NO alla stupidità di politici dilettanti,  incompetenti e incapaci.  (s)

TRA 7 GIORNI REFERENDUM E VOTO LOCALE
REGGIO, SEGRETI E VIRTÚ DEI 3 CANDIDATI

Tra sette giorni si vota per il referendum confermativo della legge che taglia i parlamentari: se vince il Sì la Calabria è tra le regioni più svantaggiate in termini di rappresentatività. Domenica e lunedì si vota anche per il rinnovo di diversi Consigli regionali e comunali. In Calabria sono chiamati alle urne 262.836 elettori per il rinnovo dell’Amministrazione di 73 Comuni. L’appuntamento più importante riguarda la Città metropolitana di Reggio e Crotone. A Reggio nove candidati a sindaco, ma sarà una partita a tre. Calabria.Live offre, in esclusiva, un profilo inedito e originale dei tre sfidanti: Giuseppe Falcomatà, Angela Marcianò e Nino Minicuci.

Dalla NOSTRA REDAZIONE – In comune hanno solo due cose: la laurea in giurisprudenza e il segno di terra nello zodiaco che, per chi ci crede, significa stabilità, resistenza e buon senso. Per il resto, non potevano esserci personalità così diverse – per storia personale, cultura, immagine e stile – a contendersi lo scettro di sindaco della più grande città della Calabria.

Giuseppe Falcomatà, Angela Marcianò e Antonino Minicuci, in rigoroso ordine alfabetico, sono i protagonisti del “triello” che sta appassionando la politica calabrese e, in parte, nazionale, trattandosi dell’unica Città Metropolitana in cui si voterà il 20 e il 21 settembre.

Li abbiamo analizzati e seguiti in questa campagna elettorale, tentando di tracciarne non solo il profilo politico, ma anche quello psicologico e intimo, cercando di individuarne i punti forti e i punti deboli, con particolare attenzione al loro stile e alle modalità scelte per la loro personale propaganda.

Giuseppe Falcomatà

È sicuramente il più noto dei tre. Figlio di Italo, il sindaco della “primavera reggina”, è praticamente cresciuto a pane e politica. Dal padre, che era docente di storia e dirigente del PCI, ha ereditato il gusto della cultura e della politica militante. È nato il 18 settembre del 1983, sotto il segno della Vergine. Studi classici al liceo “Campanella” e poi laurea in scienze giuridiche e giurisprudenza. È avvocato e divide lo studio con il suo vicesindaco, l’avvocato Armando Neri, in un singolare connubio professionale e politico.

Molto importanti per lui sono le donne della famiglia: la madre Rosetta Neto, che era insegnante e che è stata determinante nelle scelte politiche del marito Italo e del figlio Giuseppe; la sorella Valeria, dermatologa; la moglie Giovanna – figlia del sindaco di Bagaladi Santo Monorchio – che gli ha dato i figli Italo e Marco.

Alto, di bell’aspetto, una folta capigliatura ora appena colorata d’argento (che gli ha guadagnato il soprannome di “belli capelli”, dalla canzone di Francesco De Gregori), ha un carattere determinato e razionale. I suoi detrattori lo dipingono come altezzoso, spocchioso e arrogante. I suoi fans lo rappresentano come persona seria, in fondo timida e un po’ insicuro.

Come tutti gli uomini “vergine”, punta tutto sulla razionalità e sulla logica per sconfiggere la sua naturale insicurezza. Osserva molto, valuta con attenzione prima di gettarsi in un’avventura.

Ama molto la musica, in particolare i cantautori come Francesco De Gregori, Vasco Rossi, Antonello Venditti, Franco Battiato, che utilizza molto sui social per fare da colonna sonora ai suoi post.

Sotto il profilo dell’immagine è un dandy, una persona di eleganza giovanile, molto curato, che ama indossare la giacca sui jeans e sulle t shirt. D’altronde, avendo meno di 40 anni e un fisico asciutto, sfrutta la forza della giovinezza per catturare fette di consenso.

La Reggina nel cuore, ma anche nel cervello. La cittadinanza onoraria al presidente Luca Gallo è stata un colpo di teatro, da alcuni non gradita. Falcomatà si è presentato alla cerimonia con una vistosa cravatta amaranto.

Molto presente sui social (quasi 75.000 followers), non disdegna di usare frasi in dialetto reggino. Il suo addetto stampa è il giornalista Stefano Perri, suo portavoce in Comune, mentre la segreteria elettorale è dalle parti di Piazza Castello.

Angela Marcianò

È decisamente la personalità più controversa, più contraddittoria e più intrigante del “triello”. La sua storia politica è costantemente in bilico tra la tradizione familiare di destra (uno zio storico “camerata” e un marito già consigliere comunale con Scopelliti) e l’esperienza di sinistra prima nella giunta di Giuseppe Falcomatà, poi nella segreteria nazionale del PD di Matteo Renzi (“ma senza averne la tessera”, ci tiene a precisare).

Una sorta di “oggetto misterioso” difficile da decifrare che racchiude indubbie capacità professionali (è apprezzata docente all’Università di Messina) e altrettanto evidenti capacità di comunicatrice politica, sorrette da una dialettica stringente e accattivante.

Angela Marcianò è nata il 18 gennaio del 1978, sotto il segno del Capricorno, a Villa San Giuseppe, una frazione di Reggio, a cui è molto legata. È sposata con l’avvocato Antonio Foti ed ha un figlio di tre anni, Pasquale Renato, affettuosamente chiamato Pato o, ancora, “Piccolo principe”, dal capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry.

Ama i cani (con il marito Antonio ne accudisce una ventina, due gli vennero avvelenati anni fa) e fare la pizza in casa.

È considerata una “pupilla” del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, con il quale ha più volte collaborato.

Candidata dello “sceriffo”, l’hanno bollata alcuni avversari, senza peraltro sapere che il noto magistrato è molto distante dalle vicende politiche, oltre che super impegnato nelle sue inchieste contro la mafia.

In passato, la Marcianò ha incassato anche il plauso del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho.

La partecipazione alla giunta Falcomatà le è costata una condanna per abuso d’ufficio per il caso “Miramare”.

Ambiziosa come tutte le donne “capricorno”, punta sempre molto in alto, anche se lo fa con una studiata umiltà che la rende molto vicina alla gente. Sa bene cosa vuole, è molto esigente con gli altri, ma soprattutto con sè stessa.

Bel sorriso, veste come una donna della sua età, in maniera molto giovanile. In questa campagna elettorale, predilige i jeans su cui indossa una t shirt bianca con i simboli delle quattro liste che la sorreggono. In occasione della presentazione della sua candidatura, ha invece scelto il blu elettrico di un abito molto semplice. Sempre il blu elettrico della giacca nella foto usata per i manifesti e i profili social.

Il suo addetto stampa è il giornalista Federico Lamberti, mentre non le fa mancare il suo contributo di vecchia volpe della politica comunale Oreste Arconte. La sua segreteria è in pieno centro, in una traversa di corso Garibaldi.

Antonino Minicuci

È il “papa straniero” perché a Reggio Calabria i 28 chilometri che separano la città da Melito Porto Salvo sono percepiti come una distanza siderale. In realtà, i legami tra Antonino Minicuci, candidato del centrodestra, e la città di Reggio Calabria sono molto solidi, a prescindere dal suo luogo di nascita. In riva allo Stretto, ha avuto significative esperienze professionali e vanta notevoli amicizie.

Ha lo stile e l’aplomb del professore, di colui che sa molto e che può insegnare molto. Lo ha confermato il sindaco di Genova, Bucci, in un’intervista: «Minicuci mi ha insegnato molto, mi ha insegnato le leggi, mi ha insegnato a fare il sindaco».

Tra i due si è creato un sodalizio forte. Ogni mattina, prima di cominciare le dure giornate di lavoro, si consumava un rito, con Minucici che spiegava al sindaco della Lanterna il significato di un proverbio calabrese. Un proverbio ogni mattina.

Il “professore” ne ha sempre saputo più di tutti, sempre un gradino più in alto degli altri, sempre più preparato degli altri. Senza queste qualità, non gli sarebbe stato possibile fare carriera nel profondo nord.

La famiglia – moglie e una figlia – vive a Massa, in Toscana. Particolare che è stato utilizzato dagli avversari per caricare la sua immagine di “papa straniero” voluto da Matteo Salvini. In verità, la sua candidatura nasce più dal governatore della Liguria, l’ex giornalista Giovanni Toti, che ha avuto modo di apprezzarne le doti in occasione della ricostruzione del ponte Morandi. Toti, Bucci e Salvini hanno partorito questa candidatura del “superburocrate” che ne sa sempre più degli altri e che dovrebbe realizzare il sogno di un altro ponte, quello sullo Stretto.

Minicuci in questa campagna elettorale ha cercato di sfumare la genesi della sua discesa in campo, affermando con orgoglio le sue radici reggine e la sua voglia di lavorare per la città che ama.

Si è fatto il giro dei mercati, ha mangiato con avidità un paninu cu satizzu, ha indossato una mascherina colore amaranto.

Sul piano dell’immagine, non ha fatto altro che confermare il suo stile di una vita. Pantaloni e camicia, nessuna concessione giovanile, nessuna tentazione di competere su questo piano con i suoi due più giovani e bellocci avversari.

La sua è stata finora una campagna elettorale “istituzionale”, senza grandi bagliori, senza slogan ad effetto, in linea con un uomo abituato a comandare, ma da dietro le quinte.

Il suo addetto stampa è il giornalista Pasquale Romano, esperto di comunicazione e marketing, mentre la sua segreteria è su corso Garibaldi. Nuccio Pizzimenti è uno dei registi “politici” della sua campagna elettorale.  (dr)

ELEZIONI RC/VIDEO – Saverio Pazzano, la Sinistra oltre la Sinistra per il bene di Reggio

Saverio Pazzano, leader del movimento La Strada, è candidato con due liste (l’altra è Riabitiamo Reggio) a sindaco della Città dello Stretto. Non punta, naturalmente al posto di primo cittadino perché sarebbe un’impresa pressoché impossibile, ma Pazzano è convintamente deciso a prendere un po’ di seggi in Consiglio comunale per dar voce ai cittadini, quelli della “Strada” appunto che negli anni sono sempre stati ai margini delle iniziative dell’Amministrazione comunale.

Il suo programma sfonda una porta aperta visto che raccoglie le mille istanze di intervento che l’altra città (quella che viene spesso bellamente ignorata dagli amministratori locali) porta avanti. Ci sono molte cose da fare, serve programmazione e dare spazio alle periferie che, anche nella Reggiocentricità imposta alla Città Metropolitana, – dice Pazzano – sono state quasi del tutto trascurate o dimenticate. La Città Metropolitana – accusa Pazzano – non si è occupata della città di Reggio, ma solo del centro, trascurando quartieri e periferia. Per questo è sicuro Pazzano di cogliere un buon risultato elettorale perché sta trovando largo consenso soprattutto tra i giovani e punta a convincere gli avvilisti e i delusi della politica a «non sprecare il voto» o peggio o rinunciare a recarsi alle urne. L’astensionismo, secondo Pazzano, non sarà molto elevato perché la gente è stufa e sta reagendo: può mostrare la propria indignazione col voto, quindi – anche grazie al voto disgiunto – c’è da aspettarsi qualche sorpresa da questa consultazione.

Ecco l’intervista video.

ELEZIONI RC / Se sarà ballottaggio è la prima volta dall’elezione diretta del sindaco a Reggio

Se sarà ballottaggio, come molti indicatori statistici farebbero intendere, sarà la prima volta nella storia politico-amministrativa di Reggio Calabria. Da quando è stata introdotta in Italia l’elezione diretta del Sindaco, nella Città dello Stretto la sfida elettorale è stata sempre risolta al primo turno, con le vittorie di Italo Falcomatà nel 1997 e 2001, di Giuseppe Scopelliti nel 2002 e nel 2007, di Demetrio Arena nel 2011, di Giuseppe Falcomatà nel 2014. Sei partite elettorali chiuse al primo turno. Il nodo di queste elezioni così singolari e misteriose (i grandi sondaggisti nazionali hanno snobbato l’unica Città metropolitana in cui si vota) è racchiuso in questo quesito: si confermerà la consolidata tradizione di un’elezione al primo turno oppure, ripetiamo per la prima volta nella storia, si andrà ad un ballottaggio ? Occorrerà attendere ancora due settimane per scoprirlo.

Un’altra analisi che può essere condotta sulla base dei dati reali di tutte le sue elezioni precedenti, dal 1997 al 2014, è quella che riguarda l’uso del voto disgiunto che potrebbe portare appunto al ballottaggio, scenario da molti – noi compresi – visto come molto probabile.

Se analizziamo l’ultima competizione, quella del 2014, possiamo notare un’incidenza molto limitata, assolutamente ininfluente, del voto disgiunto. Infatti, Giuseppe Falcomatà, eletto al primo turno con il 62,67%, ha perso solo 210 voti rispetto alla sua coalizione. Così come il suo competitor Lucio Dattola ne ha persi appena 245 rispetto alle sue liste. Di questa lievissima emorragia hanno tratto beneficio Aurelio Chizzoniti (+719 voti), Angela Morabito (+502), Paolo Antonio Ferrara (+319).

Molto consistente, anche se ininfluente ai fini del risultato finale, il voto disgiunto nel 2011. Il candidato del centrodestra, Demetrio Arena, eletto al primo turno con il 56%, registrò una flessione di 6.732 voti rispetto alle sue liste, mentre il candidato del centrosinistra Massimo Canale ebbe un successo personale notevole, con oltre 11.000 voti più della sua coalizione. Ininfluente la sua performance perché il divario tra i due schieramenti era praticamente incolmabile.

Sostanzialmente “allineato” il voto sindaco-liste sia nel 2007 che nel 2002 per Giuseppe Scopelliti, andato sotto rispettivamente di 1861 voti e 1347. Anche in questo caso, dati assolutamente ininfluenti in considerazione del divario esistente tra le due coalizioni. Da segnalare solo l’exploit di Demetrio Naccari Carlizzi, competitor di Scopelliti nel 2002, capace di prendere 6343 voti più delle sue liste.

L’unico esempio di voto disgiunto decisivo si ebbe nel 1997, la prima elezione diretta della storia, quando Italo Falcomatà, padre dell’attuale sindaco uscente, riuscì con una performance incredibile a vincere al primo turno contro Antonino Monorchio, prendendo 12.582 voti  e 9 punti in percentuale in più delle sue liste. Il centrosinistra si era fermato al 44%, Falcomatà superò di slancio con il 52,96% la soglia per diventare sindaco al primo colpo.

Anche nelle elezioni successive, nel 2001, Italo Falcomatà prese una montagna di voti in più delle liste, 8686, ma in questo caso non servì più di tanto perché la sua coalizione aveva già superato il 53%.

In conclusione, il nodo di queste elezioni 2020 sta tutto nella dimensione del voto disgiunto. Se sarà contenuto, come nel 2014, la lotta si restringerà inevitabilmente tra i due competitor maggiori, l’uscente Giuseppe Falcomatà e il candidato del centrodestra unito Antonino Minicuci, sostenuti da un numero importante di liste. Se invece ci sarà un “effetto 1997”, con uno spostamento di voti valutabile in migliaia di voti, allora tutto sarà possibile e potrebbe trarne vantaggio la principale outsider, Angela Marcianò, impegnata in una campagna elettorale trasversale che potrebbe sottrarre molti consensi ai due schieramenti principali. (dr)

 

ELEZIONI RC/VIDEO – Klaus Davi: «Reggio non è provincia di Cosenza o di Catanzaro»

Klaus Davi si propone a sindaco di Reggio con una lista che porta il suo nome: in realtà il suo obiettivo è raccogliere voti di lista: «Non votate solo per me, dobbiamo raggiungere il quorum di lista se vogliamo un seggio in Comune» dice a tutti i suoi potenziali elettori. La sua è apparentemente un’azione di disturbo nei confronti della tradizionale alternanza destra-sinistra, ma in realtà il massmediologo italo-svizzero ha le idee chiare e ha preso veramente a cuore le sorti di Reggio e dei suoi cittadini. Non fa male ricordare che grazie a lui, lo scorso anno San Luca, dopo anni di urne deserte per mancanza di candidati, è tornato a essere un “paese normale”. La stessa operazione la sta facendo su Reggio, con lo spirito di un ventenne che si muove tra entusiasmo e passione in qualcosa in cui crede. E Klaus Davi, questo è certo, crede che la città di Reggio meriti di essere governata senza vassallagi di sorta (“Non è provincia di Cosenza o Catanzaro, è la città più grande della Calabria – dice nell’intervista video che segue – ha tantissime risorse inespresse o malamente utilizzate». Ha girato in lungo e in largo, ha preso casa ad Archi nella zona a più alta densità “mafiosa”, parla con tutti e chi l’ascolta apprezza la convinzione con cui ribadisce i suoi progetti per Reggio. È un outsider, uno “straniero” ma nessuno glielo contesta. Si vedrà di quanti avrà conquistato la fiducia e il voto.

ELEZIONI RC/VIDEO Angela Marcianò:«Serve tornare alla normalità»

Angela Marcianò, 42 anni, giurislavorista, docente universitaria di Diritto del Lavoro a Messina, è la vera incognita di queste elezioni comunali a Reggio. Già assessore ai Lavori Pubblici nella prima Giunta Falcomatà, quindi chiamata da Renzi nella segreteria del Pd, oggi si presenta a capo di una coalizione di tre liste civiche, a cui si è aggiunta la lista “politica” Fiamma Tricolore. Ed è questa “fiamma” che rischia di scottare una candidatura che mostra di avere molte chances di consenso. La Marcianò non usa mezzi termini, nell’intervista al Direttore, spiegando che il suo obiettivo principale è il “ritorno alla normalità”, ovvero una città in mano ai cittadini che offra servizi efficienti e non pretenda soltanto doveri e tasse. La Marcianò spiega il perché dell’abbinamento con una parte politica che squilibra il suo essere “alternativa” e ammette di avere indugiato troppo per la candidatura. Ha presentato un corposo programma di 100 pagine e insiste molto sull’identità reggina (non a caso ha scelto il fior di zagara per la sua lista principale e il colore amaranto per un’altra)

In realtà, il vero nemico della candidata sindaca Marcianò è il tempo: le manca per crossare in lungo e largo la città e le periferie per intercettare le schiere di delusi, scontenti, avviliti dalla politica, che probabilmente diserteranno il voto. Se riuscirà a convincere la metà dei probabili non-votanti (oltre il 40% secondo le nostre stime) potrebbe rivoluzionare ogni pronostico. Una donna primo cittadino di Reggio non sarebbe un’ipotesi peregrina: l’avv. Marcianò ha competenza, capacità e la grinta giusta per affrontare i mille problemi della città. Sarà lei, in ogni caso, a determinare la quasi impossibile elezione al primo turno di uno dei due candidati più papabili. Se non riuscirà a centrare l’obiettivo, sicuramente avrà un posto come consigliere in Comune, per marcare in modo deciso la differenza tra alternativa e alternanza. (s)

ELEZIONI RC/VIDEO: Nino Minicuci (centro-destra), «Vinciamo al primo turno»

Con un centro-destra ricompattato dopo la venuta di Matteo Salvini in Calabria, l’avv. Antonino Minicuci, più familiarmente Nino, è il candidato della coalizione Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia: dieci liste a sostegno di una candidatura che era partita in maniera controversa, maldigerita dai reggini per il metodo (e non per la persona), avversata in primo tempo dal deputato azzurro Francesco Cannizzaro, coordinatore provinciale di Forza Italia a Reggio, poi sostenuta da tutto lo schieramento. Minicuci, nato a Melito Porto Salvo nel 1954, è in pensione dall’inizio dell’anno dal Comune di Genova dove era segretario generale. A Reggio è stato anche fino al 2016 Direttore generale dell’Amministrazione provinciale retta dal presidente Giuseppe Raffa, traghettando la Provincia verso la Citta metropolitana.

Nell’intervista a Calabria.Live Minicuci si dice convinto che l’unità della coalizione di centro-destra potrebbe portare a un risultato pieno già al primo turno. In caso di ballottaggio, il candidato Minicuci è ugualmente tranquillo. La partita a tre (Giuseppe Falcomatà e Angela Marcianò i due antagonisti di maggior peso) si giocherà probabilmente nell’ultima settimana. Minicuci spiega com’è nata la sua candidatura e illustra i progetti che a suo avviso sono prioritari per la città di Reggio. La sfida, fate attenzione, è appena iniziata. (s)

 

 

ELEZIONI RC/VIDEO: Intervista a Falcomatà, il sindaco uscente cerca il Secondo Tempo

La partita dell’elezione del sindaco a Reggio si giocherà a tre: l’uscente Giuseppe Falcomatà, sostenuto da 11 liste di centrosinistra, contro lo sfidante del centro-destra Nino Minicuci (dieci liste) e Angela Marcianò con tre liste civiche e il sostegno di Fiamma Tricolore. I primi due sono entrambi convinti di superare al primo turno la sfida, mentre la Marcianò, punta a convincere gli astensionisti e chi votanti per nessuno dei due schieramenti tradizionali. Salvo miracoli e colpi di scena che solo le elezioni comunali riescono sempre a riservare fino all’ultimo minuto, i voti della Marcianò non basteranno per sfidare i due antagonisti, ma leveranno a entrambi la possibilità di essere eletti al primo turno.

Calabria.Live ha intervistato in video i tre candidati che hanno maggiori chances e le due “novità” di questa competizione, Saverio Pazzano con il collettivo La Strada e la lista Riabitare Reggio e Klaus Davi già consigliere comunale a San Luca, massmediologo che ha “sposato” la causa Calabria e si è innamorato di Reggio e concorre con una lista a suo nome.

Iniziamo questo ciclo di incontri con Giuseppe Falcomatà. Il sindaco uscente è stato eletto nel 2014 con 58.1171 preferenze (60,99%). Il suo sfidante, Lucio Dattola per il centro-destra raccolse 26.070 voti. La città usciva da un commissariamento dopo lo scioglimento del Consiglio comunale per mafia. Erano diverse le condizioni sia politiche che ambientali. Oggi la sfida è più dura, il pd pur contando su liste forti, ha perso smalto in città, e nonostante la conclamata sicurezza di Falcomatà di raggiungere il risultato a primo colpo, sussistono molte perplessità sull’inevitabile ballottaggio dato il numero di candidati (oltre 900) e di liste, con la conseguente dispersione di voti. Nell’intervista che segue, Falcomatà ammette alcuni errori e illustra i progetti che ha in mente, chiedendo con convinzione ai reggini che gli concedano di giocare un Secondo Tempo. Bisognerà fare i conti con l’astensionismo: dovrebbe votare secondo alcune stime il 57% degli aventi diritto che sono 146.900 cittadini, ovvero 84.000 elettori. E c’è anche l’incognita del voto disgiunto che però sembra non preoccupare più di tanto. Staremo a vedere.  (s)