Deciderà Salvini per i calabresi? Ma non creda che siano disposti a farsi colonizzare dal Nord

di SANTO STRATI – Al di là della simpatia o antipatia che Matteo Salvini riesce a suscitare, dopo il viaggio di ieri in Calabria, riesce difficile capire come il centro-destra berlusconiano (in chiaro affanno) sia disposto a lasciar scegliere al leader della Lega il candidato a Presidente della Regione. Le tre anime della destra, quella sovranista di Giorgia Meloni che domani (sabato) sarà a Reggio, quella populista e reazionaria di Salvini, e quella proto-liberale di Silvio Berlusconi, sono in evidente conflitto permanente: da mesi girano intorno al nome da proporre agli elettori, sapendo di avere in mano buone carte per la probabile vittoria, e ogni volta, come se stessero giocando a Monòpoli, tornano al VIA senza pagare gabelle. Ignorando, però, che gli elettori di centrodestra sono sì arrabbiati col governo di Oliverio e la sua Giunta e vogliono cambiare, ma non accettano di sentirsi trattati da sudditi.

Salvini, col sorriso da incantatore di serpenti, è un gran simpatico e si fa forte dei sondaggi che indicano a favore del centro destra una percentuale superiore al 35%, tanto da poter dichiarare ai suoi numerosi fans che lo hanno seguito nelle tre tappe calabresi «chiunque sarà il candidato, vinciamo noi». Una dichiarazione improvvida, da non tenere in considerazione come la solita sbruffonata del capo leghista, bensì da valutare come l’ammissione di un disegno di colonizzazione neanche tanto mascherato. Con i suoi niet a Occhiuto (Mario prima, Roberto poi) e la facoltà di porre il veto a chiunque non vada bene (non tanto a lui, quanto ai fratelli coltelli della destra gentiliana) dimostra di essere l’unico a poter decidere sul candidato. Tanto – sostiene – non importa chi sarà l’uomo o la donna da proporre agli elettori, la vittoria è già sicura in ogni caso.

Non ha fatto i conti, Salvini, con il carattere dei calabresi. Mai rassegnati, mai indomiti, quietamente (in apparenza) pronti ad ascoltare le sirene del politico di turno che disegna scenari di favola e propone amministrazioni trasparenti, ma ugualmente rapidi a punire alla urne le aspettative di chi gioca sporco. La storia recente racconta ben diversamente l’esperienza leghista e non sono pochi quelli che non hanno dimenticato le farneticanti affermazioni razziste rivolte ai meridionali (calabresi inclusi). La Lega in Calabria sta giocando un brutto tiro agli elettori delusi (più o meno giustamente, a seconda dei punti di vista) dai CinqueStelle o da Oliverio: sta tentando di far passare l’idea che i partiti sono morti e occorre una rivoluzione copernicana per cambiare. Il concetto in sé ha molta verità, i calabresi non nascondono la grande, grandissima, voglia di cambiare, soprattutto in termini di azione, ma non tollerano più le prese in giro né tanto meno le sparate ad effetto. Fin ad oggi ci sono state sempre e solo le dichiarazioni prorompenti, le facili promesse, le assicurazioni dei politici (di ogni parte politica) che era giunto il momento di voltare pagina: peccato che, alle parole, quasi mai si sono visti i fatti. Basta il rapporto Svimez 2019 a svergognare i politici calabresi e rivelare la loro incapacità di attuare ciò che si era annunciato. Solo il dato della spesa dei fondi comunitari a disposizione (appena il 2% utilizzato) basterebbe ad autorizzare a mandare al diavolo chi ci ha amministrato negli ultimi vent’anni, senza alcuna esclusione. E qui s’insinua l’insidia di Salvini: un sorriso e un selfie e il capo della Lega pensa che i calabresi, boccoloni, sono pronti a dire sì a qualsiasi governo che rompa col passato. Parliamone.

La sensazione è che Forza Italia ha esaurito la sua forza propulsiva e non riesce più ad attrarre il ceto medio, gli elettori che guardano a destra senza estremismi e con ispirazione liberale ma non trovano accoglienza. Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto aveva intuito questa esigenza di captare i sentimenti del popolo di centro destra e – occorre dire per onestà – presentatosi con largo anticipo sulla scena elettorale aveva predisposto un efficace quanto articolato programma di riforme. Progettualità e spirito costruttivo che sono stati vanificati dal capriccio di Salvini (e della destra contraria a Occhiuto). Quasi certamente correrà da solo, a sparigliare l’improbabile (nei fatti) alleanza dei tre leader di destra.

Giuseppe Nucera, ex capo degli industriali reggini, ha scelto un po’ tardi di proporsi, mutuando la politica del “fare” che gli insoddisfatti elettori calabresi chiedono a gran voce. Si ricordi che non hanno votato alle passate consultazioni regionali il 60% degli aventi diritto: Nucera ha predisposto un programma semplice, ma di indubbia efficacia: al centro di tutto il lavoro, che è la risposta che i calabresi attendono da anni, mentre vedono partire la meglio gioventù verso altri lidi dove c’è chi l’apprezza e offre grandi opportunità di crescita professionale. Il movimento di Nucera, La Calabria che vogliamo, esprime candidamente la speranza che è dura a morire nei calabresi, ma non ha trovato né a destra né a sinistra una spalla con cui costruire una coalizione di “rottura”.

Il geologo Carlo Tansi, altro “autonomo” in competizione, gioca la carta del Tesoro di Calabria con tre liste collegate: la sua esperienza alla Protezione civile regionale (finita in rissa con Oliverio) – crediamo – non basterà a convincere i delusi in cerca di cambiamento. Anche in questo caso il tempo gioca a suo sfavore: non ha avuto e non ha modo di percorrere il territorio in maniera adeguata per proporsi e convincere gli indecisi (che sono tantissimi).

Poi è arrivato Pippo Callipo. Anche qui con un tira e molla imbarazzante, prima con i CinqueStelle, poi col PD, infine con una dichiarazione di autonomia, pur col simbolo dei dem: Callipo non è l’uomo nuovo, ma chi ha detto che serve un “l’uomo nuovo” per dare uno scossone a questa martoriata e sfortunata (nelle scelte) terra? È un imprenditore e quindi sa cosa significa trattare con i lavoratori e i sindacati, sa cosa significa creare opportunità di lavoro, conosce i meccanismi della crescita, senza bisogno di fare complicati quanto irreali business plan. Ma anche lui è vittima di una guerra fratricida tra ex-amici ed ex alleati. Mario Oliverio non recede, chiedendo l’impossibile («azzeriamo tutto» – ha chiesto oggi in Direzione dem) e probabilmente correrà da solo, come Occhiuto. La guerra dei Mario contro la nevrastenia di Roma di un centro destra sempre più confuso e dei dem che commissariano le federazioni provinciali di Cosenza e Crotone per punire i dissidenti, quelli favorevoli alla ricandidatura di Oliverio.

Anche Callipo concorda che «La Calabria non è una colonia», a proposito delle dichiarazioni di Salvini e ci va pesante per fermare l’entusiasmo che il nuovo “conquistatore” pensa di poter raccogliere. Coglie le battute ironiche sul tonno artigianale per ribattere che «a me invece piace la Calabria che ha fiducia in se stessa, libera e orgogliosa della propria storia, non una Calabria ridotta a colonia che si prostra dinanzi a chi l’ha sempre insultata. Salvini si è mascherato col tricolore italiano e non sorprenderebbe nessuno se, per fare cassa elettorale, ora si definisse anche un cultore della questione meridionale. Ma questo vulcano di slogan velleitari è sempre a capo di una forza politica che, pur avendo accantonato la clava della “Padania libera” e le ingiurie al Sud, ha sempre il core business al Nord, come dimostra la folle intenzione di realizzare un regionalismo asimmetrico che spaccherebbe l’Italia e lascerebbe con le pezze al sedere le regioni meridionali. Né viene per abrogare l’assistenzialismo, il clientelismo e la cattiva politica che hanno reso la Calabria la regione con più disoccupati d’Europa, ma per dargli pieno compimento. E per farlo, qualora vincessero, avrà a disposizione un presidente di Regione che altro non sarà che la longa manus della Lega in fondo allo Stivale, visto che la scelta l’ha imposta Salvini. È nelle sue corde promettere mari e monti, salvo poi cancellare tutto una volta entrato nei palazzi del potere. Non possiamo infatti dimenticare che la Lega ha governato per decenni, provocando disastri al Paese e contribuendo alla discriminazione economica e sociale del Mezzogiorno».

In questo quadro, a nostro avviso, non entrano neppure in gioco i CinqueStelle, pur avendo candidato il pregevole docente Francesco Aiello: il Movimento ha perso il contatto col territorio e rivela non due ma più anime in contrasto tra loro che altro non fanno che disorientare gli ultimi idealisti ancora tentati a seguirli. Un vaso rotto si può incollare, ma si vedranno i pezzi alla bell’e meglio rappezzati. Chi comprerebbe un vaso visibilmente ricomposto dopo una accidentale (?) quanto funesta caduta? Sarà, perciò, una bella battaglia, sperando che l’astensione non torni ad essere il primo partito, incapace però di produrre un qualunque governo.

La Calabria non è terra di avventurieri e la storia racconta che ai vari invasori che ci hanno provato nel corso dei secoli non è finita mai bene. Ci riflettano i neo-nostalgici della colonizzazione e gli elettori guardino con attenzione i programmi. Non si può sostenere che qualunque nome va bene comunque: i calabresi hanno diritto di avere un governatore che impegni la faccia e tutte le risorse disponibili per guidare crescita e sviluppo per la regione più emarginata d’Europa. E di sceglierlo col voto, scartando – giustamente – eventuali imposizioni che tradiscono arroganza e scarsa considerazione del territorio. (s)

REGIONALI / Salvini in Calabria in cerca di consenso rilanciando il no agli immigrati

«Domani c’è sciopero degli aerei, prendo il treno e mi fermo a Napoli, vado a Poggioreale, a trovare i poliziotti, non i detenuti»: Matteo Salvini a Reggio, in serata conquista simpatie rilanciando la chiusura dei porti e il no all’immigrazione, esaltando, in primis, il ruolo della famiglia tradizionale. La gente lo applaude e l’ex ministro dell’Interno dichiara che sono pronte le liste di candidati calabresi, uomini e donne che in 45 giorni dovranno conquistare il consenso dei «calabresi rassegnati, quelli delusi dai CinqueStelle». Non promettiamo miracoli – dice Salvini – ma una buona amministrazione «come nelle regioni che amministriamo al Nord». È uno show alla solita maniera di Salvini: basta dire quello che la gente vuole sentire, anche se qualche scricchiolìo nella strategia del centro destra (e della Lega) comincia a farsi sentire. Qualche anno fa un calabrese che applaudiva un leghista sembrava fantascienza: oggi acclamano Salvini, ma più per rassegnazione che per convinzione. E il sentimento più diffuso è il disorientamento che queste elezioni stanno portando. Il ruolo dei partiti è finito? In Calabria non ci sono partiti, ma piccole parrocchie, ognuna per proprio conto. Come si fa a tornare ad entusiasmare gli elettori disamorati della politica? Salvini crede di riuscirci ripetendo (alla noia) le solite frasi e in tanti lo applaudono convinti. È comunque un segnale che il popolo vuole esser parlato (come scriveva Corrado Alvaro), non comandato, né tollera chi decide in suo nome senza consultarlo. E Salvini, non senza accorgersene, sta provando a decidere per i calabresi. Un grande rischio: la Lega non ha il polso del territorio, né gli uomini giusti al posto giusto. Si potrà vincere giocando sulla rabbia, ma i calabresi è difficile piegarli. E la prova di forza nel centrodestra nella scelta del candidato governatore nasconde più di un’insidia…

La giornata di Salvini in Calabria era cominciata questa mattina a Catanzaro con l’inaugurazione della nuova sede della Lega. Affiancato dal suo fidatissimo commissario leghista Cristian Invernizzi e dall’unico deputato verde eletto in Calabria, Domenico Furgiuele, non ha trovato contestazioni. Quindi una tappa a Vibo e poi a Reggio. Un discorso populista, ripetuto nei tre capoluoghi, sui temi che gli sono abituali: barconi, immigrati, delinquenza, famiglia da difendere, radici cristiane e naturalmente il solito leit-motiv “prima gli italiani”. È facile raccogliere il consenso di tanta gente arrabbiata soprattutto con lo Stato. Ma non c’è spazio per i programmi e per svelare le candidature: Salvini gira intorno, auspica che anche in Calabria ci sia una donna, come in Umbria e in Emilia, ma non fa nomi. Però ipoteca le prossime comunali di Reggio: «un uomo o una donna indicati dalla Lega non mi dispiacerebbero».

Non parla del suo veto agli Occhiuto né affronta l’argomento del malumore che serpeggia anche nel centrodestra calabrese. A Reggio si dice «commosso dell’accoglienza che la Calabria mi riserva perché fino a qualche anno fa non avrei mai pensato di essere visto come il liberatore della Calabria». Ma qui partono un po’ di fischi e tiepide contestazioni con insulti tra sostenitori e non: i reggini avvertono la divisività che anche la destra non riesce ad evitare e gli animi si riscaldano facilmente nella sala Calipari del Consiglio regionale. Fuori piove e dentro piovono anche insulti verso una performer che cerca di contestare Salvini: «Qualche anno fa volevi bruciare la Calabria e tutto il Sud». Gran parte della gente arrivata ad ascoltare Salvini è già motivata di suo, ma resta delusa nell’ulteriore rinvio sul nome del candidato. Salvini glissa: «deciderà chi di dovere», poi invita a farsi un selfie con lui. Sabato si replica con Giorgia Meloni. (rp)

La Calabria mostra di non apprezzare Salvini. Tra contestazioni e fischi, lo scenario del Sud

di SANTO STRATI – Il segnale di insofferenza è venuto fuori in modo inequivocabile nelle due tappe calabresi di Matteo Salvini e poi in Sicilia: il vicepremier non ha trovato l’accoglienza che immaginava e la sua strategia di “conquista di tutti i poteri” deve fare i conti con una realtà di ben altro genere. Salvini vuole capitalizzare il consenso in costante crescita, ma non ha capito che il Mezzogiorno non si conquista con i selfie e promesse che tutti capiscono benissimo non hanno fondi per essere portate a termine.

La verità è che la Calabria, il Sud, non amano la Lega nè tantomeno Salvini che la guida. Che un calabrese voti Salvini, lo abbiamo scritto altre volte, è un ossimoro: non è che eliminando la parola “Nord” improvvisamente la Lega è diventata la soluzione di tutti i mali i quelle popolazioni troppo spesso svillaneggiate e offese, con punte inaccettabili di disprezzo e quasi razzismo. Ma non è questo il punto, in politica, si sa, si afferma tutto e il suo contrario, soprattutto in campagna elettorale, però la strategia di conquista del Mezzogiorno di Salvini e company si è scontrata con la temibile minaccia dell’autonomia differenziata.

Abbiamo ampiamente spiegato perché il regionalismo che offre maggiore autonomia alle ricche regioni del Nord sia una disgrazia per tutto il Mezzogiorno, quindi vada combattutto con ogni mezzo, soprattutto sul piano politico, ma Salvini ha tentato di rassicurare i governatori del Nord (senza convincerli) e tranquillizzare (senza risultato) i meridionali. Ne è venuto fuori un guazzabuglio che non ha soddisfatto alcuno dei contendenti, anzi alla luce dell’ormai avviata crisi di governo, ha assunto contorni grotteschi. Se il Nord spinge per fare terra bruciata e conquistare seggi, il Sud non sta a guardare e manifesta la propria insofferenza. Perché non tollera più le prese in giro e non vede nell’auspicio di elezioni anticipate alcuna soluzione per i propri problemi.

Lo scenario di questa crisi, in effetti, getta ulteriore scompiglio in una regione dove il caos continua a regnare sovrano, a destra quanto a sinistra. Se Mario Oliverio tira dritto, nonostante il “suggerimento” di Zingaretti e della direzione pd di fare un passo indietro, anche per il sindaco metropolitano di Reggio Giuseppe Falcomatà la sfida per il bis della consiliatura dovrà fare attenzione al fuoco amico. Per entrambi si profila, inevitabilmente, l’utilizzo di liste civiche, ma se per la regione almeno la contesa è tra due Mario, entrambi di area cosentina, per l’altra scadenza elettorale del sindaco di Reggio, al momento, non si vedono antagonisti in grado di portare qualche preoccupazione a Falcomatà.

A destra, l’avanzata di Mario Occhiuto per la Regione, nonostante l’offensiva giudiziaria nei suoi confronti, si fa notare e i suoi road show continuano a mietere consensi. Ma sarà Occhiuto il candidato unico del centrodestra? Soltanto con l’unità si può sperare in un risultato vittorioso, ma questa coesione di intenti non è per niente scontata, soprattutto alla luce di un eventuale voto anticipato che potrebbe portare a un election-day dai risultati imprevedibili. La triplice alleanza Berlusconi-Salvini-Meloni annunciata in pompa magna come per fatta, in realtà nasconde una bella cesta di mele avvelenate, senza rivelare chi sarà il negromante che mescolerà eventuali pozioni letali…

A Salvini mancano le risorse umane in Calabria (ma anche in tutto il Sud) e il rischio maggiore è che si accentui ancor di più la spaccatura del Paese, tra Nord e Sud. Non ci sono i tempi per preparare candidati di sicuro appeal e/o nuove figure in grado di raccogliere consensi. Quale sarà il suo atteggiamento? Un accordo a tre, con sottintesa spartizione di aree, o un rischiatutto (attenzione, la storia di Renzi dovrebbe aver insegnato qualcosa) dai quasi certi risultati fallimentari?

La Calabria ha bisogno di proprie personalità capaci di individuare bisogni ed esigenze reali, di captare priorità che favoriscano crescita e sviluppo, e meno che meno ulteriori attività divisive che alimentino altro caos. Nessuno, oggi, è in grado di immaginare se avremo una inedita crisi agostana col voto anticipato a tutti i costi o la saggezza di Mattarella suggerirà la via di un governo tecnico-istituzionale che affronti la finanziaria e faccia le scelte adeguate per l’Europa. Chi vuol vincere le elezioni deve “pescare” tra chi non vota, tra gli indecisi, gli incazzati, i delusi: non si tratta di “soffiare” seggi all’avversario politico (come sta progettando di fare Salvini ai danni dei grillini e di chiunque cerchi di ostacolare la sua ascesa), ma di proporre progettualità e idee. Sono in tanti, credeteci, disposti ad ascoltare e valutare disegni e proposte che aiutino lo sviluppo. Per questo, Salvini, non deve sottovalutare il Mezzogiorno: senza di esso non si vincono le elezioni e meno che meno si conquista il “potere assoluto”, un termine che ogni italiano sano di mente che crede nella democrazia dovrebbe guardare con serio sospetto. (s)

A Roma la mostra di Rino Barillari: il ragazzino di Limbadi, The King of Paparazzi

12 ottobre 2018 – Inaugurata a Roma con un parterre d’eccezione la bellissima mostra di Rino Barillari, the King of Paparazzi, al MAXXI, il Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo. Il celebre fotografo della “dolce vita” di felliniana memoria presenta 160 fotografie che raffigurano non solo i personaggi di una vita (dolce?) che non esiste più, ma è un vero e proprio percorso di immagini che racconta cinquant’anni di storia d’Italia e degli italiani che la sua avventurosa vita ha vissuto spesso da testimone oculare. Barillari è uno dei tanti figli di Calabria che è diventato famoso, senza mai dimenticarsi delle sue origini, con l’orgoglio di chi si porta sempre la propria terra nel cuore.
Nato a Limbadi (VV) Rino Barillari ha lasciato la Calabria a 14 anni ed è andato a Roma. Era il 1959 e quasi per gioco cominciò a fotografare, senza immaginare che sarebbe stata quello il suo futuro, costruito sugli scatti. Sono passati tutti davanti al suo obiettivo, ma per lo più erano scatti rubati, tanto che le botte che ha ricevuto dai fotografati che non gradivano essere ripresi (la rissa con Peter O’Toole lo consacrerà come re dei pararazzi) sono considerate oggi le stimmate di una carriera inimitabile e straordinaria. Barillari, però, non ha fotografato solo dive e divi, ma il suo obiettivo ha fermato tanti episodi, anche tristi, di un’Italia che cambiava, peggiorando: via Fani, piazza Nicosia, l’attentato di Fiumicino del 1973, le BR, la mafia Paul Getty mutilato di un’orecchio, il maxi processo a Riina e altri boss della mafia. Tutti però lo ricordano per le paparazzate nel mondo del cinema e dei personaggi del jet-set o della politica: la grande mostra al MAXXI rimedia, quindi, a questa “ignoranza” sulla sua vastissima produzione fotografica, offrendo una magnifica panoramica di immagini di grande suggestione.


L’istallazione, curata da Martino Crespi, fa parte del progetto ideato da Massimo Spano e Giancarlo Scarchilli, prodotto da Istituto Luce Cinecittà con il contributo della Direzione Generale Cinema del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, con il contributo di Mastercard e Champagne Pommery.
Tra le personalità e personaggi che non sono voluti mancare all’inaugurazione della mostra anche Matteo Salvini: Gianni Letta, Azzurra Caltagirone, Carlo Verdone, Beppe Fiorello, Pif, Tosca D’Aquino, Alessandro Haber, Lina Sastri, Mita Medici, Amedeo Goria, Massimo Dapporto, Yvonne Sciò, Valentina D’Agostino, Simona Borioni, Livia Azzariti, Cristina Pedersoli, per citarne qualcuno.

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Un libro edito da Istituto Luce CInecittà e Edizioni Sabinae raccoglie le foto della mostra, con le prefazioni di Irene Bignardi e Oliviero Toscani: a presentarlo al MAXXI ci ha pensato Laura Delli Colli, vicepresidente della Fondazione Cinema per Roma e presidente del Sindacato dei giornalisti cinematografici. Una clip video ha anche anticipato il documentario “Rino Barillari – The King of Paparazzi – la vera Storia” prodotto da Istituto Luce Cinecittà e da Michelangelo Film, che sarà proietatto al MAXXI all’interno della sezione Riflessi della Festa del Cinema di Roma, sabato 27 ottobre alle ore 21.30. Nel documentario le testimonianze su Barillari di vari protagonisti della scena culturale italiana: Giuseppe Tornatore, Carlo Verdone, Giuliano Montaldo, Walter Veltroni, Giancarlo De Cataldo, Bruno Vespa, Valerio Caprara, Enrico Lucherini, il giudice Antonio Marini, Andrea Andermann e Filippo Ceccarelli. La colonna sonora originale è di Andrea Guerra.
La mostra resterà aperta fino al 28 ototbre

SALVINI IN ASPROMONTE: SAN LUCA AVRÀ UN SINDACO, PAROLA DI MINISTRO

16 agosto – Nonostante la tragedia di Genova, il ministro Salvini non è mancato all’appuntamento previsto a San Luca per mostrare la presenza dello Stato nel giorno di ferragosto, in quella che – a torto – viene spesso identificata come “capitale della ‘ndrangheta”. A San Luca Salvini ha trovato una popolazione che lo ha accolto con calore, a volte con entusiasmo e non ha mancato di rimarcarlo: «L’accoglienza che ho trovato a San Luca – ha detto – è stata inaspettata e commovente anche per la storia del movimento che rappresento».

Foto di Franco Cufari, dalla sua pagina Facebook

Pochi i rappresentanti istituzionali presenti: il sen. Marco Siclari (FI) e la sen. Gelsomina Silvia Vono (M5S), il consigliere regionale Mimmo Tallini (FI) e il coordinatore regionale della Lega on. Domenico Furgiuele. Il ministro è stato accolto dal prefetto di Reggio Michele di Bari. Tra le autorità presenti anche il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri.

Il ministro Salvini, il prefetto di Reggio Michele di Bari e la sen. Silvia Vono

Parlando alla popolazione Salvini ha detto: «La ‘ndrangheta è una schifezza e rappresenta il passato. San Luca e la Calabria possiedono tante energie positive ed è su queste che bisogna puntare per dare un futuro a questa terra bellissima e ricca di cultura ed arte». Ha poi sottolineato la situazione di un paese “dove non si vota mai”: «A San Luca  – ha detto – la mia non è una toccata e fuga. Ci torno e ci tornerò, perché il mio obiettivo è quello di permettere che qui ci siano elezioni comunali normali. Dopo anni di mancate elezioni è giunto il momento che a San Luca ci siano consultazioni regolari. Verrò personalmente a seguire la campagna elettorale e parteciperò alle elezioni comunali di San Luca. E questo vuole essere un segno. C’è un commissario prefettizio che ha fatto tanto, ma i cittadini meritano di avere quello che hanno tutti gli altri italiani».


Il ministro ha reso omaggio a Carmine Tripodi, Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, vittima della ‘ndrangheta, con la deposizione di una corona d’alloro alla stele di Ponte Cucuzza che ricorda il valoroso carabiniere. «Onore agli uomini e alle donne che hanno sacrificato la loro vita per lo Stato» ha detto Salvini visibilmente commosso.
Quindi ha provveduto a consegnato nelle mani del vescovo Francesco Oliva una villa sequestrata alla ‘ndrangheta: «Sono particolarmente orgoglioso di annunciare, – ha detto – proprio in questo edificio confiscato ad una cosca di ‘ndrangheta, che nell’ultimo anno sono triplicati gli arresti di mafiosi in Calabria. Abbiamo valutato – ha aggiunto Salvini – che nel corso dell’ultimo anno le azioni di contrasto contro la criminalità organizzata hanno portato, in Calabria ed in tutto il territorio nazionale, a risultati lusinghieri». Per correre a Genova, Salvini ha rinunciato alla visita al Santuario di Polsi. (rrc)

IL MINISTRO DELL’INTERNO SALVINI A FERRAGOSTO A SAN LUCA

14 agosto – Assume un particolare significato la visita del ministro dell’Interno Matteo Salvini a San Luca, domani per Ferragosto. Secondo la tradizione il capo del Viminale avrebbe dovuto trascorrere la giornata ferragostana nella sala operativa del dicastero, invece Salvini ha preferito far sentire la presenza dello Stato nel luogo simbolo della ‘ndrangheta. Alle 9 deporrà a San Luca, una corona al monumento commemorativo dell’agguato al brigadiere dei Carabinieri Carmine Tripodi in località Ponte Cucuzza quindi visiterà la sede del Municipio e la Caserma dei Carabinieri. Alle 9,45 nella villa confiscata alla famiglia Pelle, in località Giardino, firmerà la consegna dell’immobile alla Curia Vescovile e successivamente presiederà la riunione del Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. Al termine della riunione il Ministro Salvini terrà una conferenza stampa e illustrerà i dati sull’ultimo anno di attività del Ministero dell’Interno. La visita si concluderà al santuario della Madonna di Polsi, dove sarà accolto dal Vescovo, Mons. Francesco Oliva.

L’on. Domenico Furgiuele con Matteo Salvini

Secondo l’on. Domenico Furgiuele Lega) «La scelta del ministro degli interni Matteo Salvini di trascorrere il ferragosto  in quei territori di Calabria dove lo Stato , in più di un’occasione, ha brillato per inesistenza riuscendo  ad essere  più latitante dei latitanti, è motivo di grande fierezza, e non credo per i soli militanti e simpatizzanti della Lega, il cui numero peraltro continua a crescere nella nostra regione. Matteo Salvini non è persona che si accontenta delle dritte di autorevoli consiglieri istituzionali o, peggio, delle solite narrazioni ( dossieristiche e letterarie) quando c’è da leggere e capire  una realtà complessa come quella dei territori di frontiera della Calabria. Il nostro leader predilige un approccio diretto, uno studio costante e personale dei fenomeni che impediscono ad una terra nobile di affrancarsi dallo strapotere mafioso.
«I mesi a venire – ha detto ancora Furgiuele – dimostreranno la rude concretezza (rude perché quando c’è da affrontare la ‘ndrangheta bisogna essere tosti, non ‘convegnistici’ o fighetti) del modus operandi di Matteo Salvini e della Lega nei confronti del cancro mafioso»

Il sen. Marco Siclari

Il sen. Marco Siclari (FI) che sarà presente a San Luca a proposito della visita del ministro Salvini ha detto: «La lotta alla criminalità non va in ferie e questo lo dimostra, soprattutto, chi ogni giorno lotta sul territorio per porre fine a una delle principali piaghe della nostra terra.  Apprezzo e condivido l’iniziativa di Ferragosto del Ministro dell’Interno contro la ndrangheta, da sempre consapevole che questa battaglia non ha e non deve avere colore politico».
«Questa è una lotta – ha dichiarato il sen. Siclari – che interessa tutti e la mia presenza non è puramente politica. Voglio rappresentare la voglia di riscatto di tanti calabresi stanchi di essere etichettati, stanchi di vedersi sopprimere e sottrarre linfa economica da realtà corrotte. La mia generazione, in particolare, sta ancora pagando le brutture inflitte dalle realtà criminali che per anni hanno sottratto lavoro, costretto la gente onesta a scappare per cercare di sopravvivere e obbligato gli imprenditori a non crescere. Questo cancro ha piegato in due il futuro dei nostri giovani e della nostra terra soggiogandola a logiche criminali che non appartengono alla maggioranza di cittadini calabresi che dimostrano di essere onesti e che chiedono solo di realizzarsi onestamente senza dover scappare. Dobbiamo lottare per dare finalmente l’opportunità a tutti i giovani di restare in Calabria e sviluppare l’enorme potenziale inespresso della nostra terra benedetta da Dio e maledetta da alcuni uomini».

Mimmo Tallini

Il segretario-questore del Consiglio regionale, Mimmo Tallini, ha così commentato: «La scelta del ministro dell’interno di presidiare il Paese nel giorno di Ferragosto non dalle comode stanze del Viminale, com’è ormai prassi consolidata, ma da San Luca, il “paese che non vota mai”, è un segnale forte che le Istituzioni calabresi non debbono sottovalutare. Se il ministro a cui è demandata la sicurezza dei cittadini e il coordinamento della lotta alla criminalità organizzata decide di fare partire da San Luca la sua sfida contro la ‘ndrangheta, ebbene questo atto non può e non deve essere catalogato come mera propaganda. Sarebbe un gravissimo errore, a mio parere, non fare sentire al ministro dell’interno – che in questo caso spoglia le sue vesti di leader della Lega – la solidarietà e la vicinanza delle Istituzioni. Non può e non deve essere la battaglia solitaria di Salvini, ma deve essere la battaglia collettiva della Calabria onesta contro un cancro che corrode ogni prospettiva di sviluppo della nostra terra. Non bisogna nemmeno nascondersi dietro un dito o fare vuota demagogia. San Luca, nell’immaginario collettivo degli italiani, non è il paese natale di Corrado Alvaro, bensì un luogo che evoca efferati fatti di sangue e l’orrenda pratica dei sequestri di persona degli anni Ottanta. D’altro canto, la circostanza che da tre anni non vengano tenute elezioni comunali contribuisce a rafforzare questa immagine di paese di frontiera. Proprio la presenza delle istituzioni locali deve contribuire a riequilibrare questo giudizio troppo netto e in buona parte ingiusto. San Luca deve tornare ad essere solo la patria di Corrado Alvaro e il Santuario di Polsi, che Salvini visiterà, dovrà essere indicato solo come il centro della religiosità e della pietà popolare della Calabria. Per questi motivi, superando ogni pregiudizio di natura ideologica o di schieramento, penso che sia assolutamente indispensabile che tutti coloro che ricoprono cariche istituzionali siano idealmente a Ferragosto accanto al ministro dell’interno, alle forze dell’ordine, alla magistratura antimafia, tutti impegnati a debellare il grande male che tormenta la Calabria». (rp)

CATANZARO: ALLA UBIK IL LIBRO “MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLA PAURA”

12 luglio – Sarà presentato oggi, a Catanzaro, alle 19.00, presso la Libreria Ubik, il libro “Matteo Salvini, il Ministro della paura” di Antonello Caporale.
Discute con l’autore Pietrangelo Buttafuoco.

Antonello_Caporale

Il libro, edito da Edizioni Paperfirst e con la prefazione di Tommaso Montanari, s’incentra sulla figura di Matteo Salvini, il neo ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio del governo Conte. Il politico più social, che ha saputo ripulire l’immagine di un partito consumato dagli scandali, la Lega, e capovolgere il suo mondo senza farsene accorgere. All’inizio se la prendeva con i napoletani, poi con i Rom e infine con gli immigrati: ora “vengono prima gli italiani”, non i padani. Prima il problema del Paese era la Calabria e il sud nullafacente ora sono da un lato gli spacciatori dall’altro i burocrati di Bruxelles. Come racconta Caporale, Salvini ha cambiato la forma ma non la sostanza: il filo della narrazione vincente è sempre la paura. La paura dell’altro, di chi ci invade, di chi attenta alla nostra sicurezza, di chi ci spoglia dei nostri averi o della nostra fede e infine della nostra stessa identità. (rcz)