Disegno di Legge per la riforma della salute, ma intanto si allontana la fine del commissariamento in Calabria

di ERNESTO MANCINI – Il Governo, su proposta del Ministro alla Salute Schillaci, ha presentato in Parlamento un disegno di legge recante nuove disposizioni in materia sanitaria. In tale disegno di legge assume particolare rilievo la nuova disciplina della responsabilità civile e penale dei professionisti sanitari (medici, infermieri, farmacisti ed altri operatori del settore) in caso di malpractice.

In particolare, viene introdotto il principio per cui il medico – ci riferiamo per brevità a questo professionista ma le regole sono comuni anche agli altri professionisti sanitari –risponde della sua condotta limitatamente ai casi in cui ha agito con colpa grave e cioè non per qualsiasi livello di colpa (es.: colpa lieve) ma solo quando la negligenza, l’imprudenza, l’imperizia, o l’inosservanza di normative (leggi, regolamenti, ordini e discipline)  sono inescusabili e perciò qualificano la colpa come colpa grave.

È probabile che il disegno di legge governativo venga approvato stante la corrispondente maggioranza parlamentare.

Responsabilità penale: la disciplina vigente e quella prossima

In effetti nella vigente disciplina penale della colpa medica di cui all’art. 590 sexies del codice penale introdotto dalla legge Gelli Bianco del 2017, non si distingue esplicitamente tra colpa lieve e colpa grave. Tuttavia, il medico risponde per lesioni od omicidio colposo nei casi di negligenza ed imprudenza mentre per l’imperizia non è responsabile se ha comunque applicato le pertinenti linee guida per il caso concreto ovvero, in mancanza di linee guida, abbia attuato le buone pratiche cliniche assistenziali. 

Con il nuovo disegno di legge, non si distinguono più i diversi tipi di colpa: se il medico rispetta le linee guida, sarà responsabile solo per colpa grave mentre andrà assolto per quella non grave (art. 590 sexies).

Al riguardo il nuovo legislatore introduce anche l’articolo 590 septies stabilendo che per l’accertamento della colpa e la sua graduazione il Giudice penale dovrà tenere conto «anche della complessità della patologia, della scarsità delle risorse umane e materiali disponibili, delle eventuali carenze organizzative (quando la scarsità e le carenze non sono evitabili da parte dell’esercente l’attività sanitaria) della mancanza, limitatezza o contraddittorietà delle conoscenze scientifiche sulla patologia o sulla terapia, della concreta disponibilità di terapie adeguate,  dello specifico ruolo svolto in caso di cooperazione multidisciplinare,  della presenza di situazioni di urgenza o emergenza».

Occorre precisare che l’elenco in questione ha natura meramente esemplificativa e non esaustiva, come desumibile dall’impiego dell’avverbio “anche”. Pertanto, il giudice, nell’accertare la sussistenza della colpa e la relativa gravità, potrà prendere in considerazione ulteriori circostanze specifiche riferite al caso concreto.

Responsabilità Civile: la disciplina vigente e quella prossima

Anche nella disciplina vigente della responsabilità civile prevista dalla legge Gelli Bianco del 2017 non viene fatto riferimento alla colpa grave ai fini della sussistenza o meno della responsabilità medica. Lo fa invece, sia pure implicitamente, il nuovo legislatore quando stabilisce che ai fini dell’accertamento e della graduazione della colpa il giudice civile deve tener conto di tutte le situazioni in cui si è svolta l’attività medica (nuovo comma 3 bis dell’art, 7 della legge Gelli Bianco).

Al riguardo, dopo avere richiamato l’art. 2236 del codice civile (di cui si dirà subito) il legislatore riproduce esattamente le stesse circostanze indicate nella norma penale sopra ricordate: complessità della patologia, mancanza o contraddittorietà delle conoscenze scientifiche, ecc. ecc.). Anche il Giudice civile dovrà perciò tenere conto di tali circostanze ai fini dell’accertamento e della graduazione della colpa.

Osservazioni sulla nuova disciplina

Il fondamento della colpa grave nell’ordinamento giuridico

È opportuno evidenziare che tutte le indicazioni introdotte dal nuovo legislatore risultano già racchiuse nel citato art. 2236 del codice civile del 1942, applicabile a qualsiasi prestatore d’opera professionale. Tale norma, con straordinaria ed efficace sintesi, stabilisce infatti che «se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave».

L’istituto in parola, peraltro, affonda le proprie radici già nel diritto romano (in particolare medici, architetti, costruttori e altri artifices) ove la limitazione della responsabilità alla culpa lata del prestatore d’opera nel caso di prestazioni particolarmente complesse era già positivamente affermata.

La colpa grave, intesa come specifico livello di colpevolezza, è dunque richiamata espressamente sia dalla nuova disciplina penale sia da quella civile col riferimento all’art. 2236 c.c..

Per completezza, va precisato che il nuovo legislatore non interviene sulla responsabilità amministrativa – che, beninteso, riguarda anche i medici nei confronti dell’ente datore di lavoro – poiché la limitazione alla colpa grave è già da tempo prevista dall’art. 1 della legge n. 20/1994 (c.d. legge Prodi).

L’applicazione della legge più favorevole

L’art 2 comma 4 del codice penale prevede che se vi è successione di leggi nel tempo si applica quella più favorevole al reo. Ne discende, con tutta evidenza, che la norma di maggiore favore prevista dall’attuale disegno di legge inciderà sui procedimenti in corso non appena entrerà in vigore (favor rei). Non inciderà invece sui procedimenti già definiti.

La responsabilità della struttura sanitaria

Non può ritenersi condivisibile la previsione – inizialmente contemplata nel disegno di legge – secondo cui, nell’ipotesi in cui il medico non sia chiamato a rispondere né in sede penale né in sede civile per colpa lieve, neppure la struttura sanitaria di appartenenza sarebbe considerata responsabile (proposta alternativa di integrazione dell’art. 7, comma 3-bis, della legge Gelli-Bianco).

Questa disposizione, inserita in una precedente versione del disegno di legge del Governo ma poi rimossa, va comunque esaminata perché gravemente errata e potrebbe essere reintrodotta durante l’esame parlamentare.

Va detto al riguardo che il danno per lesioni o morte, pur non potendo essere rimproverato penalmente o civilmente al medico alla luce delle nuove norme, può comunque sussistere. Di conseguenza, si deve ritenere che permanga la responsabilità civile della struttura ai fini dell’eventuale risarcimento del danno.

Infatti, l’esonero dalla responsabilità civile della struttura si porrebbe in evidente contrasto con l’art. 28 della Costituzione, che sancisce la responsabilità solidale dello Stato e degli enti pubblici per i danni cagionati dai propri dipendenti. Sarebbe anche in contrasto con l’art. 32 della medesima carta costituzionale, che tutela come diritto fondamentale dell’individuo la salute, il cui ristoro patrimoniale in caso di lesione costituisce forma indiretta di protezione. Insomma, verrebbe minata la stessa fiducia dei cittadini nel servizio sanitario pubblico.

Inoltre, ci sarebbe un contrasto con l’art. 2049 del codice civile secondo il quale «il datore di lavoro risponde delle condotte dannose dei propri dipendenti». La struttura sanitaria, pertanto, sia pubblica che privata deve comunque essere tenuta a risarcire il danno subìto dal paziente. Non va sottaciuta, al riguardo, la disparità di trattamento che si avrebbe con altri datori di lavoro non sanitari che continuerebbero a rispondere della responsabilità dei propri dipendenti qualunque sia il grado di colpa.

Quanto precede consente di affermare che l’esigenza di limitare gli oneri risarcitori, diretti o assicurativi, gravanti sulle strutture sanitarie pubbliche o private ai soli casi di colpa grave non può essere equiparata né posta in bilanciamento con il superiore diritto al risarcimento del danno, a prescindere dal grado della colpa.

Va, infine, notato, per concludere sul punto, che nello stesso comunicato n. 37 del Governo in data 4 settembre u.s. si legge «Viene confermata la responsabilità penale per colpa grave per chi esercita la professione sanitaria, ma non si lede in alcun modo il diritto dei cittadini al giusto risarcimento di danni subiti». E ciò chiarisce in modo definitivo e positivo qual è la volontà del legislatore.

Il rischio professionale e la medicina difensiva

Occorre valutare altri due aspetti tra di loro connessi.

Il primo riguarda la particolare esposizione dei medici e degli altri professionisti sanitari al rischio professionale. Essi «hanno in mano» la salute e, sovente, la vita stessa dei pazienti sicché la disciplina delle loro condotte deve essere rigorosa, come del resto vogliono i loro codici deontologici. È pur vero, d’altra parte, che sono frequenti denunce e contenziosi pur in mancanza di una reale fondatezza delle pretese punitive o risarcitorie. In taluni casi, si tratta di iniziative giudiziarie palesemente temerarie e speculative, che tuttavia provocano al medico – costretto a subirle ingiustamente – rilevanti disagi psicologici ed esistenziali.

Il secondo aspetto, non meno rilevante, concerne il fenomeno della cosiddetta medicina difensiva. Tale prassi, fortemente deleteria, può indurre il professionista a privilegiare scelte diagnostiche o terapeutiche dettate più dal timore di conseguenze legali che dall’evidenza scientifica. Ciò comporta che il paziente possa ricevere cure subottimali, che l’innovazione ed il progresso della medicina vengano rallentati, che si generino costi per esami e procedure non necessarie, che si incida in modo ingiustificato sia sulla finanza pubblica sia sulla capacità economica del singolo paziente quando il servizio pubblico non è tempestivo.

In tale contesto, il nuovo disegno di legge si colloca nel solco già tracciato dalla legge Gelli-Bianco del 2017, rafforzando ulteriormente la tutela dei professionisti sanitari mediante l’introduzione del parametro della cosiddetta colpa grave, quale soglia limite oltre la quale soltanto può ritenersi giustificata ogni pretesa punitiva.

Non si tratta, peraltro, di uno “scudo penale” – come impropriamente definito da alcuni organi di stampa – poiché l’affermazione della responsabilità penale, così come di quella civile e amministrativa, resta comunque dovuta per condotte oggettivamente inaccettabili e gravemente colpose. Non potrebbe essere diversamente.

L’imperizia rispetto alla negligenza ed all’imprudenza.

Suscita qualche perplessità la scelta operata dal nuovo legislatore di eliminare la norma della legge Gelli-Bianco che differenzia il trattamento dell’imperizia rispetto alla negligenza e all’imprudenza. In particolare, la legge Gelli-Bianco considera in astratto meno riprovevole l’imperizia (ad esempio l’errore tecnico) qualora siano state comunque osservate le linee guida o le buone pratiche clinico-assistenziali pertinenti al caso specifico, senza estendere analogo favore ai profili di negligenza e imprudenza. Si tratta di un aspetto che merita un approfondimento. È vero tuttavia  che il codice penale non prevede alcuna gerarchia tra queste forme di colpa generica, rimettendo opportunamente al giudice la valutazione, caso per caso, di quali elementi soggettivi assumano rilievo ai fini della decisione.

Conclusioni (provvisorie)

In attesa del testo definitivo che sarà approvato dal Parlamento – non prevedendosi, salvo eventuali integrazioni, modifiche sostanziali – si può esprimere un giudizio complessivamente positivo sul disegno di legge, a condizione che resti intatto il diritto del cittadino al risarcimento che la struttura sanitaria è comunque tenuta a garantire in caso di accertata “malpractice”, anche se derivante da colpa lieve. Peraltro, i danni, pur se conseguenti a colpa lieve, possono risultare di entità rilevante.

Il promesso legislatore ha sostanzialmente ed opportunamente codificato in un testo specifico per i professionisti sanitari princìpi già esistenti ab immemore nell’ordinamento come “le speciali difficoltà” cui l’attività sanitaria può andare incontro.

Ha, inoltre, scoraggiato la pretesa punitiva penale quando si tratti di colpa lieve in una professione particolarmente esposta a rischio senza con ciò intaccare l’azione civile del cittadino contro la struttura per il dovuto risarcimento del danno subìto anche se da colpa lieve.

Ha comunque salvaguardato la pretesa punitiva penale e risarcitoria civile quando si tratta di condotte assolutamente imperdonabili ed ingiustificate.

Probabilmente analoghe codificazioni andrebbero fatte anche per altre professioni esposte a rilevanti rischi di responsabilità. Meglio ancora sarebbe una disciplina quadro per tutte le professioni con successive norme di dettaglio per le specificità di ognuna ferme restando le tutele del cittadino danneggiato. Ma questo è un problema non semplice poiché inevitabilmente le priorità vengono dettate dalla forza contrattuale e dalla pressione di ciascuna categoria professionale. Nell’attesa ci si deve affidare alla iuris prudentia.  Il legislatore, i sindacati ed i competenti ordini professionali dovrebbero comunque cominciare a pensarci. (em)

E PER MOTIVI “TECNICI”SLITTA  LA FINE DEL COMMISSARIAMENTO

La motivazione ufficiale parla di “motivi tecnici” addotti dal ministra della Salute Orazio Schillaci a proposito della fine del commissariamento della Sanità in Calabria, data per imminente dal Presidente Occhiuto.

È ingiustificabile qualsiasi proposta di rinvio, la Calabria ha bisogno di poter avere una sanità in regola, con un suo assessore e procedure certe sia per  le prestazioni che per le assunzioni e l’organizzazione generale degli intervesti destinati a cura e prevenzione dei calabresi.

La misura è colma: che farà adesso Occhiuto?

IL SUD UN FUTURO CE L’HA, MA BISOGNA
CREARE E GARANTIRE I DIRITTI ESSENZIALI

di PIETRO MASSIMO BUSETTAEsistono dei diritti costituzionalmente garantiti che però hanno realizzazione diversa nelle varie parti del Paese. In particolare il diritto al lavoro, a una buona formazione, alla salute, alla mobilità.     

Le 100.000 persone che ogni anno si trasferiscono dal Sud al Nord, con un costo per le regioni di provenienza di oltre 20 miliardi, considerato che portare una persona a livello di scuola media superiore costa già 200.000 €, e che la maggior parte di coloro che si trasferiscono hanno invece una laurea, rappresentano una sconfitta per il Paese. 

Tale costo, cosiddetto di “allevamento”, viene utilizzato dalle regioni di destinazioni, alcune volte dal Paesi esteri, ogni qual volta tale capitale umano non viene valorizzato nelle stesse realtà nelle quali si è formato. 

Ed è inutile strombazzare successi ed aumenti di occupazione senza tener conto dei dati macroeconomici che riguardano tutto il Mezzogiorno. Una realtà che, se fosse una nazione dell’Unione Europea a se stante, avrebbe nella graduatoria dei Paesi  europei una dimensione demografica che la posizionerebbe tra i primi  dieci. Prima di tanti Paesi importanti, come per esempio l’Olanda. E che con i suoi poco meno di venti milioni di abitanti ha un numero di occupati, compresi i sommersi, che si avvicina ai sei milioni e quattrocentomila. Lontano dal rapporto uno a due delle realtà a sviluppo compiuto.

E poiché è noto che il sommerso nella realtà poco sviluppate ha una dimensione più ampia di quanto non l’abbia nella realtà a sviluppo compiuto, per un effetto di smarcamento dovuto alla mancanza di lavoro, se le possibilità alternative non sono numerose o addirittura inesistenti c’è più facilità che chi ha bisogno di lavorare e non vuole spostarsi, accetti un lavoro a qualunque condizione. 

Peraltro, tale evidenza emerge chiaramente dal costo del lavoro più basso, pur in presenza di contratti di lavoro collettivi simili e in assenza di gabbie salariali. 

Fin quando tale gap di mancanza di posti di lavoro non sarà colmato sarà impossibile frenare quel flusso dovuto ad un modello di sviluppo che continua a creare posti di lavoro nelle realtà nelle quali il mercato è saturo e si manifestano tutte le difficoltà a trovare capitale umano formato. 

Ma le persone non si spostano soltanto alla ricerca di un’occupazione che consenta di immaginare un progetto di vita. E spesso non sono solo i giovani che si trasferiscono perché dietro loro alcune volte, sempre più spesso, le famiglie di origine sono tentate di  seguirli per fornire un aiuto nella tenuta dei figli, considerato che in genere nella coppia si cerca di lavorare entrambi, anche perché è l’unico modo per avere un reddito minimo di sussistenza. 

Peraltro l’altro diritto negato o meglio non garantito adeguatamente è quello alla salute. Per cui i cosiddetti viaggi della speranza continuano ad aumentare alimentando il sistema del Nord che ormai si è organizzato per supportare e supplire alle carenze del sistema sanitario meridionale, che malgrado i tanti interventi effettuati anche a livello centrale, vedasi il commissariamento della sanità calabrese, non riesce a fornire un livello di servizi adeguati ad un paese civile e in ogni caso paragonabili a quelli che si possono avere disponibili nelle aree settentrionali. 

E anche se non mancano eccellenze sanitarie riconosciute universalmente, il sistema complessivo denuncia carenze non più tollerabili, dovute ad una carenza di risorse che riguarda tutto il Paese, ma che si manifesta maggiormente nelle aree meridionali.  

Un altro diritto fondamentale negato è quello alla formazione. Le carenze che si registrano nei sistemi formativi meridionali hanno portato a tassi di dispersione scolastica non degni di un paese civile, soprattutto in alcune aree periferiche delle grandi città meridionali, che arrivano ad avere percentuali vicine al 30%. 

Il danno della perdita di questi ragazzi, che spesso non completano nemmeno le scuole elementari è inestimabile. 

Infatti un primo elemento riguarda la perdita di un capitale umano che potrebbe, se ben formato, fornire anche eccellenze importanti che in questo modo vanno sprecate. Un secondo aspetto da non trascurare è l’incidenza che una base elettorale non adeguatamente acculturata può rappresentare nella scelta della classe dirigente che viene eletta. Tali gruppi non adeguatamente formati rappresentano un pericolo per la democrazia, perché facilmente possono essere manipolati ed indirizzati, vista la loro mancanza di consapevolezza civica. 

La mancanza di tempo pieno a scuola, poi diventa un ulteriore elemento che porta a livelli di istruzione non competitivi. 

Un ultimo diritto inalienabile e che è alla base di ogni sviluppo economico e quello alla mobilità. Diritto negato come si vede dai tentativi goffi di superarli con treni della speranza e delle feste, organizzati nei periodi natalizi o con sconti sulle tratte aeree per raggiungere le parti più isolate dello stivale e delle Isole. 

Purtroppo l’inesistenza della concorrenza tra aereo e ferrovia in alcune zone porta ad un incremento di costi delle tratte insopportabile, che diventa molto più evidente nei periodi in cui il ritorno a casa di molti emigranti porta le compagnie aeree a seguire la legge della domanda dell’offerta, che fa incrementare il costo del volo. 

L’insieme di questa mancanza di diritti porta la gente a pensare che le realtà meridionali siano senza futuro e che il detto per cui per poter avere successo nella vita bisogna andarsene trova una conferma nel diverso approccio e comportamento delle istituzioni nei confronti del Sud.

Tale convinzione diventa ulteriore elemento di impoverimento perché se ormai in tanti cominciano a non credere che esista un futuro nelle realtà di origine, la conseguenza non potrà che essere lo spopolamento e la desertificazione.

Cambiare tale convinzione e proporre un paradigma diverso necessita  di molte conferme che ancora la gente non vede. 

Ma tale cambiamento è indispensabile non soltanto per le aree meridionali ma per tutto il Paese, che ha bisogno di mettere a regime una realtà periferica, che necessita di una seconda locomotiva, che faccia aumentare i tassi di sviluppo insufficienti per assicurare quel welfare al  quale siamo abituati o in alcuni casi che si desidera, e infine anche che eviti l’affollamento di alcune aree che non può portare tanto danno come si vede. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

L’OPINIONE / Mimmo Praticò: Autonomia inciderebbe in modo determinante sull’attività sportiva

di MIMMO PRATICÒ – Premesso che, ritengo, l’autonomia differenziata importante per lo sviluppo
dello Sport sul Territorio, mentre lo Sport è importante per migliorare la salute dei
cittadini.

Sull’Autonomia Differenziata, fino ad oggi, si sono dette un mare di parole, una montagna di discorsi, senza, a mio parere, mettere in pratica la vera realtà che vive il nostro Territorio. Un Territorio ultimo in tutto, penalizzato dai “migranti italiani” che (fortunatamente non partono più con la valigia di cartone legata con i lacci),sempre più numerosi sono costretti a partire per i lidi del Nord Italia, quando va bene, altrimenti sono “costretti” a volare verso terre lontane, non in cerca di fortuna, bensì per “esportare” le proprie intelligenze, le proprie capacità, il proprio sapere, riuscendo ad “ingegnarsi” per raggiungere traguardi professionali orgogliosamente prestigiosi.

Io sono sicuro che noi saremmo pronti ad accettare la sfida che rappresenta l’Autonomia Differenziata, purché, prima di farla diventare operativa, lo Stato ci mettesse nelle condizioni di poter partire ad armi pari. Se così fosse “ce la giocheremmo” senza paura, perché il nostro Territorio, meglio di tanti altri, conosce il senso del sacrificio, le aspre difficoltà della sofferenza, l’amarezza delle privazioni che dobbiamo affrontare giornalmente.

Lo Stato, se veramente volesse che il nostro Territorio uscisse dal vassallaggio in cui è stato confinato, dovrebbe prima metterci sulla stessa linea di partenza per poter “combattere” con gli stessi mezzi. Noi ci possiamo domandare: che c’entra la Sport con l’Autonomia Differenziata? C’entra, eccome se c’entra!
Basterebbe mettere a norma i tanti impianti sportivi per garantire l’uso in sicurezza. Costruire impianti prendendo in considerazione tutte, o la maggior parte, delle discipline sportive, affinché i giovani e tutti i cittadini avrebbero la possibilità di scelta (senza costruire, in linea di massima, campi di Calcio a pochi chilometri uno dall’altro).

Dare la possibilità e l’opportunità ai diversamente abili di accedere a qualunque impianto, gratificandoli nelle loro scelte, accentuando le loro capacità e loro attitudini. Recuperare le decine o centinaia di opere sportive iniziate e mai completate; sul nostro Territorio ce ne sono diverse in queste condizioni. Mettere in condizioni la Cittadinanza di utilizzare gli impianti applicando “prezzi sociali”, in modo da permettere a tutti di praticare l’attività sportiva, considerato le difficoltà economiche di una buona percentuale di famiglie che vivono in uno stato di indigenza.

Altra importante considerazione, ma non ultima, è la definizione della gestione degli impianti, dato per scontato che, ormai, i Comuni hanno abdicato a tale compito, è giusto aprire alla gestione dei privati purché applichino prezzi agevolati per soddisfare tutti i ceti sociali. È di fondamentale importanza, in questa scelta, che i Comuni si impegnino, tramite i propri funzionari, di controllare, almeno ogni 6 mesi, l’andamento e il mantenimento qualitativo della struttura.

Spesso i Comuni concedono gli impianti sportivi in gestione ai privati per togliersi un peso o perché non hanno un numero di personale in condizioni di poter fare le dovute verifiche.Pertanto può succedere ( o succede) che gli impianti appena costruiti non sono soggetti a controllo e, a lungo andare, la struttura inizia ad andare in malora sempre di più,fino a quando non si è costretti ad abbandonarla o a chiuderla per inagibilità.

Parlare degli innumerevoli benefici che porta lo Sport, credo li conosciamo tutti: l’attività fisica contribuisce a mantenere e migliorare il benessere psico-fisico a qualunque età. Lo “stare insieme” dello Sport evita la depressione, la solitudine, la sedentarietà e ti permette di confrontare  con gli altri le tue capacità motorie. Lo Sport ti insegna il rispetto delle regole, attività sociale importante per una collettività che perde, ogni giorno di più, il senso di questo Valore sociale.

Nello Sport è difficile che vinca chi non è nelle condizioni di esprimere al meglio le sue qualità fisiche e mentali.Nello Sport non ci sono raccomandazioni e, laddove ci fossero, sarebbero come le bugie:”hanno le gambe corte”. Lo Sport, come la Scuola e la  musica, fa nascere amicizie spontanee che  spesso si trasformano in rapporti che durano per tutta la Vita. Considerato che il Mondo in questo periodo sta vivendo conflitti devastanti, mi permetto aggiungere che: «nello Sport si vince senza uccidere, in guerra si uccide senza vincere».

Insomma, l’Autonomia Differenziata inciderebbe in modo determinante sull’attività sportiva non solo perché combatte le malattie, bensì perché offre un grande contributo al benessere sociale; tant’è che, è universalmente riconosciuto, incide del 1,3% sul Pil Italiano. Così, mentre lo Sport offre il proprio contributo per il benessere degli Italiani la Sanità segue una strada molto perigliosa creando molto disagio ai malati, non garantendo la possibilità di curarsi quando è necessario. Chiudendo le guardie mediche, primo baluardo del soccorso al cittadino.

Non garantendo la qualità dei Pronti Soccorso che diventano, spesso,”hub” ingestibili o una “casba”dove ognuno ritiene di comportarsi come meglio gli pare, mentre i medici, oltre a svolgere la propria attività, in diverse occasioni, si vedono costretti a lavorare a rischio della propria incolumità, per le intemperanze dei malati o dei loro parenti accompagnatori.

Un altro problema diventato negli anni una costante negativa è la gestione delle Asp, che sono quasi sempre in deficit economici, che approvano, in alcuni casi, bilanci orali, che pagano più di una volta i crediti ad un fornitore, che spesso sono soggetti a commissariamenti non adeguati che rischiano di peggiorare la situazione.

Tutto ciò creando uno scarso servizio ai degenti, costringendo i medici ed gli addetti al servizio di dare appuntamenti per gli esami e controlli a chi soffre in tempi siderali. Sarei curioso di sapere, grazie, purtroppo, a questa condizione sopra umana inaccettabile, quante persone muoiono ogni giorno tra  coloro i quali non possono curarsi nei tempi giusti e necessari, a danno della sacralità della vita umana.

Spesso si tratta di attendere tempi inaccettabili (mesi, trimestri, semestri, ed oltre) per le visite oncologiche, per avere quanto è necessario per ricevere un piano terapeutico per esami per malattie gravi che rischiano di diventare terminali che, purtroppo, conducono alla morte il malato, non rispettandolo nel fisico e nella dignità.

Il nostro disastrato Sistema Sanitario Nazionale non è in grado a riconoscere a 360 gradi il merito dei medici ospedalieri, non è in grado di assumere medici, anche perché, una volta laureati, scappano verso lidi più professionali, più specializzati che riconoscono il proprio lavoro professionale anche sotto l’aspetto economico.

Purtroppo, sperando che le mie fonti siano esatte, nel 2023 quasi 4 milioni e mezzo di italiani hanno rinunciato alle cure  e le spese per la prevenzione sono state ridotte del 18,6%,mentre la spesa privata è aumentata del 10,3%. Pertanto, ad oggi, se non si riesce a cambiare questo “status”, lo Sport continua a fare ed a dare il massimo nel Sociale, mentre per la Sanità dobbiamo confidare nella provvidenza divina.

Se non ci sarà, quindi, una vera, reale e concreta Autonomia, purtroppo, ai nostri giovani rimane soltanto “l’Autonomia” di andare in giro per il Mondo per cercare un lavoro che gli permetta di poter vivere una Vita di qualità culturale e sociale degna del loro impegno professionale, altrimenti saranno costretti ad accettare di rimanere nel “guscio” della città natia con la speranza di potersi arrangiare meglio possibile, ed, in qualche caso, speriamo mai, di essere costretti a delinquere, perché non hanno più fiducia nella vita che ha frantumato i sogni di ognuno di loro.

Lo Sport, dunque, deve continuare la sua missione sociale e culturale, senza se e senza ma, ben sapendo che deve svolgere il suo ruolo di ente formatore di giovani atleti, di professionisti, di imprenditori che grazie ai suoi insegnamenti potranno affrontare l’oggi ed il loro futuro di donne e uomini che “non mollano mai”pronti a combattere per un Mondo migliore, per i loro ideali, per consentire a loro ed ai loro figli una prospettiva rosea, radiosa ricca di speranze che devono diventare realtà!

Viva lo sport, sinonimo del latino “mens sana in corpore sano”. Chiudo con un appello: Investire nello sport per una sanità al servizio di tutti è investire nel benessere di tutti. Autonomia non deve significare disuguaglianza, ma crescita condivisa. Anche perché, purtroppo, «la vita è come una foglia, che basta un alito di vento per farla volare via». (mp)

[Mimmo Praticò è presidente Onorario del Coni Regione Calabria e  già Presidente della Reggina 1914]

Dipartimento Salute Regione: Dimissione Ospedale di Polistena fake news

In una nota il Dipartimento Salute e Welfare della Regione Calabria ha evidenziato come la notizia della dimissione dell’Ospedale di Polistena è una fake news e che, ibvece, per il nosocomio «sono in corso costanti e importanti investimenti, grazie alle risorse assegnate dalla Regione Calabria, per garantire il miglioramento assistenziale della struttura attraverso progressivi e tangibili incrementi professionali, tecnologici, infrastrutturali e l’avvio del percorso Inail».

«L’ospedale di Polistena è, infatti – viene ricordato – inserito nella programmazione del Piano triennale degli investimenti Inail per un importo totale del progetto euro pari a 35,7 milioni di euro. E dal 2022 ad oggi sono state messe in atto numerose azioni per il miglioramento infrastrutturale del nosocomio. Ristrutturazione del Pronto Soccorso e dei locali della Farmacia, ripristino e messa in sicurezza delle facciate, sistemazione e igienizzazione dei locali Laboratorio analisi, restyling del reparto di Pediatria, interventi manutentivi per i reparti di Rianimazione e Terapia Intensiva, solo per citarne alcune. Nel 2024, tra le altre cose, verranno ristrutturate le sale operatorie e il reparto di Cardiologia, verrà adeguata l’area del Cup, e verrà realizzato un nuovo punto prelievi».

«Grazie alle risorse Pnrr – continua la nota del Dipartimento – sono stati acquisiti, collaudati, e risultano regolarmente utilizzati sin dalla fine del 2022, 4 ecotomografi multidisciplinari, 1 ecotomografo Cardiologico 3D ed un ecotomografo ginecologico, per un investimento complessivo pari ad oltre 280mila euro. È stato, inoltre, già formalizzato l’acquisto di un Telecomandato RX per esami di reparto.
Con i fondi Por-Fesr Calabria 2014-2020 sono state acquisiti altri 3 ecotomografi multidisciplinari, 4 ventilatori polmonari pediatrici ed un apparecchio per le emissioni otoacustiche».

«Sul versante del personale, nel corso del 2023 e 2024 – si legge – sono stati assunti in totale 152 professionisti, e durante il 2023 è stata incrementata la quantità degli assistiti, passando da 5.844 ricoveri a 6.813 ricoveri. Per quanto attiene infine all’attività di Pronto Soccorso, il numero di accessi ha registrato un incremento nel 2023 rispetto al 2022 pari al 15,49%».

«In conclusione, come si evince dagli investimenti professionali, tecnologici, infrastrutturali e dall’avvio del percorso Inail, si ribadisce che la dismissione del nosocomio è una fake news – conclude la nota –. L’incremento di attività assistenziale testimonia che l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e la Regione Calabria stanno investendo in maniera significativa per migliorare il livello di efficienza e di assistenza relativi alla struttura ospedaliera di Polistena». (rcz)

La Cgil Calabria in Piazza a Roma per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro

Ci sarà anche la Cgil Calabria alla manifestazione di domani a Roma promossa da Cgil e Uil sui temi della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, per la difesa e il rafforzamento della sanità pubblica, per una riforma fiscale e la tutela dei salari.

In tanti partiranno da tutta la regione per il corteo che si concluderà a piazzale Ostiense seguendo La Via Maestra, il percorso avviato dallo scorso anno che punta a dire con chiarezza il nostro “No” alle politiche distruttive di questo governo.

«Il nostro contributo – si legge in una nota – arriverà anche dal palco con l’intervento di una Tirocinante di Inclusione Sociale (Tis) del Comune di Villa San Giovanni che rappresenterà una delle nostre vertenze più importanti e che riguarda in Calabria 4 mila lavoratori senza tutele come contributi, tredicesima o Tfr, e che ricoprono incarichi nelle pubbliche amministrazioni calabresi senza certezza del futuro. Se non ci fossero si andrebbe incontro ad una paralisi del sistema, eppure vengono trattati come l’ultima ruota del carro, spesso lasciati anche senza i dovuti dispositivi di protezione e sicurezza».

«Protestiamo per il diritto alla Salute e alla Sicurezza sui luoghi di lavoro – continua la nota – perché il conteggio delle vittime si fermi e non si creino, ad esempio come con il subappalto a cascata, condizioni che deresponsabilizzano i datori di lavoro, scaricando tutti i rischi sui lavoratori. Chiediamo una Sanità Pubblica e Universale contro politiche che hanno spogliato lo Stato Sociale e che tramite l’Autonomia Differenziata renderanno il diritto alla cura un privilegio e il ricorso alla sanità privata una scelta dovuta. Il tutto mentre in Calabria la percentuale di persone che rinunciano a curarsi è altissima, la rete ospedaliera monca, le liste di attesa superano spesso l’anno, l’area diagnostica è carente nelle attrezzature».

«Saremo in piazza – si legge ancora – anche per una giusta Riforma Fiscale che attinga lì dove le risorse ci sono per finanziare sanità, istruzione, non autosufficienza, diritti sociali e investimenti pubblici. Per una riforma che valorizzi chi produce ricchezza. Al contrario, la riforma dell’esecutivo continua a tassare lavoro e pensioni più dei profitti, del lavoro autonomo benestante; non tassa gli extraprofitti e premia l’evasione, che sottrae 90 miliardi di euro ogni anno alle politiche sociali e di sviluppo del Paese».

«Chiediamo la Tutela dei Salari tramite la contrattazione collettiva settoriale – conclude la nota del sindacato – il rinnovo dei contratti alle scadenze naturali, l’abolizione della precarietà, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione, la promozione di azioni per una reale parità e per il superamento del gap salariale tra donne e uomini».

All’Università Magna Graecia si è parlato dell’assistenza territoriale

Si è parlato delle nuove sfide per disegnare il futuro della sanità nel corso del convegno La riforma dell’assistenza territoriale: Tra disegno e sfide dell’implementazione, svoltosi nei giorni scorsi all’Università Magna Graecia di Catanzaro.

Si è trattato di un importante evento scientifico, promosso dal Centro di Ricerca in Health and Innovation dell’Ateneo di Catanzaro, che ha focalizzato l’attenzione sul Dm. 77/2022, che è stato aperto dal Rettore, Giovanni Cuda e coordinato dalla responsabile del Convegno scientifico, prof.ssa Marianna Mauro.

 La riforma dell’assistenza territoriale definisce un nuovo modello organizzativo del Servizio Sanitario Nazionale mirando a una sanità più vicina alle persone e al superamento delle disuguaglianze e sono tante le sfide emerse nell’ambito del convegno in termini di implementazione e di riorganizzazione. 

Nel corso del convegno si è posta l’attenzione sulle aree di indeterminatezza che riguardano la vocazione e il target dei servizi delle strutture sanitarie e i modelli organizzativi, le responsabilità nella gestione dei nuovi setting di cura, il ruolo delle case di comunità, la telemedicina e le problematiche connesse alle cure di transizione. 

All’esito del convegno, anche grazie alle relazioni e alla tavola rotonda, coordinata dalla dott.ssa Cristina Matranga (Direttore generale dell’ASL Roma 4), è emersa la necessità delle regioni di ridisegnare il sistema.  Le finalità principali sono: assicurare cure a bassa intensità assistenziale sempre più capillari e corrispondenti ai reali bisogni territoriali, ragionare e superare le criticità connesse allo sviluppo dei modelli territoriali, rispondere agli standard previsti dal D.M. 77/2022, reperire personale specializzato con particolare riferimento alla figura degli infermieri. 

L’impatto del Dm 77 è qualificabile attraverso il raggiungimento di diversi standard, tra questi si segnalano: la creazione di un distretto sanitario ogni 100,000 abitanti, la creazione di una Casa della Comunità Hub (CdC), intesa quale primo luogo di cura, ogni 40,000-50,000 abitanti, le case della Comunità spoke e gli ambulatori di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta; un consultorio di Famiglia ogni 20.000 abitanti; un infermiere di Famiglia o di Comunità ogni 3.000 abitanti; un’unità di continuità assistenziale ogni 100.000 abitanti; un Ospedale di Comunità con 20 posti letto ogni 100.000 abitanti; 1 Hospice con almeno 8 posti letto ogni 10.000 abitanti. 

Nell’ambito del convegno scientifico, è stata, inoltre, evidenziata l’importanza e l’efficacia della Telemedicina e l’esperienza di grande successo della piattaforma di telemedicina avviata dall’Azienda Ospedaliera Universitaria per fornire un migliore supporto ai pazienti attraverso gli innovativi servizi di televisita, teleconsulto, teleconsulenza medico-sanitaria, teleassistenza, telemonitoraggio, telecontrollo e teleriabilitazione. (rcz)

“UNA VIA DELL’ACQUA” IN CALABRIA PER LA
VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE NATURALI

di GIOVANNI LAMANNA – La Calabria è ricchissima  di sorgenti ed in ogni comune sono presenti le fontanelle con l’acqua di sorgente. 

Presso le sorgenti pubbliche si recavano gli abitanti dei paesi e delle città, con le “vozze” ed i“varrila” a rifornirsi d’acqua per le necessità di casa, far abbeverare gli animali o a lavare i panni.

La maggior parte di questi luoghi risultano ora abbandonati, “siccati”  e invasi da erbe, rovi cespugli e di conseguenza non fruibili dalla popolazione.

La pubblicità e la cattiva gestione delle acque ci hanno spinti verso il consumo di acqua imbottigliata, definita “minerale”, bibite gassate ed ogni altra bevanda confezionata con abbondanza di plastica. L’Italia è il primo paese in Europa ed il secondo al mondo per consumo di acque minerali.

Il dato di valore reale dei tanti prodotti, confezionati con abbondanza di plastica è trascurabile, tanto che vengono definiti “prodotti spazzatura”.  Per indurre all’acquisto di questi prodotti, la pubblicità li associa a valori positivi,  come “sicurezza”,  “salute”,  “ bellezza”,  in modo da renderli desiderabili.  

Questa spinta ad un consumo condizionato, che non riguarda solo le acque,  comporta gravi problemi di inquinamento ambientale e l’aumento dei costi  dello smaltimento dei rifiuti che viene scaricato sulla collettività. Le plastiche, le microplastiche e nano-plastiche hanno un impatto pericoloso su ogni aspetto della vita sulla Terra del quale non abbiamo una sufficiente percezione e presa coscienza. 

Proviamo ad immaginare una semplice famiglia di quattro persone che beve acqua minerale, una bottiglia a persona al giorno, quante bottiglie di plastica espelle come rifiuti e quanto inquinamento produce, aggiungendo che l’acqua spesso proviene da regioni come il Piemonte o il Trentino, dove viene imbottigliata, caricata su camion, che a loro volta inquinano in primis le zone delle sorgenti e nel percorso, tutto il territorio nazionale.

Eppure  i criteri per definire le acque potabili pubbliche, ovvero l’acqua del rubinetto e quelle delle sorgenti pubbliche forniscono ogni garanzia per la salute ed in seguito decreto 18 del 23/02/2023 sono ancora più sicure. Di recente è stato adottato il limite definito dall’Oms, di 0,1 mg litro per la presenza di arsenico minerale, considerato cancerogeno.

Le sorgenti pubbliche rappresentano per la Calabria una risorsa importante ed un pezzo di storia che stiamo letteralmente gettando alle ortiche. La proposta di recupero di questi luoghi non ha alcun contenuto o motivazione nostalgica, ma al contrario si vuole partire dalle  risorse naturali e ambientali sostenibili per inserirle nel processo di  transizione ecologica in corso.

Come movimento politico Italia del Meridione individuiamo l’elemento “acqua” come tema di partenza per il recupero e la valorizzazione delle risorse naturali della Calabria.

A partire dall’analisi delle risorse ambientali del territorio, andrà fatto un  censimento delle varie sorgenti ed una valutazione su quali fonti  siano recuperabili e sia opportuno rimettere in funzione. Ognuno di questi luoghi potrà essere ripensato aggiungendo  elementi che lo rendano accogliente e funzionale , come una tettoia dove ripararsi in caso di maltempo, uno spazio per la sosta  ove gli spazi lo consentano, una bacheca dove lasciare messaggi, qualche  panca, un minimo di cura del verde, magari un impianto fotovoltaico che fornisca energia compensi  i costi di manutenzione. Le informazioni sulla composizione organolettica delle acque di ogni singola fontana, fornite da Arpacal, dovrebbero essere fruibili con semplicità attraverso un codice QR in prossimità della fontana.

In alcuni progetti già presenti in Italia, come “la via dell’acqua” di Capannori, le fontane hanno un sistema di sterilizzazione a raggi Uv che elimina la carica batterica dell’acqua senza alterarne le caratteristiche chimico fisiche.

Questi luoghi potranno ritornare ad essere luoghi di incontro delle comunità intorno ad un “bene comune” realmente utille e fruibile. 

Proponendo l’insieme delle fontane calabresi, così rimodulate e reinventate, collegate, ove il territorio lo consenta, da piste ciclabili e da indicazione di strutture ricettive o attività particolari dei vari luoghi, si andrebbe a strutturare un percorso coerente per livello di qualità, su tutto il territorio regionale. Avremo utilizzato un punto di forza della regione Calabria, ovvero le acque di sorgente, per renderla ulteriormente  attrattiva per il turismo ambientale. 

Immagino che ognuna di queste realtà naturali, possa essere affidata (anche investendo qualche risorsa) alla cura di associazioni locali, oppure ad attività commerciali o semplici cittadini che lo richiedano, in modo da mantenerle vive ed evitando il degrado e l’abbandono.

L’insieme del sistema delle fontane e dell’acqua di sorgente avrebbe un effetto positivo sulla salute prima di tutto, sulla consapevolezza del valore della propria terra, sulla socialità, sull’economia. Le risorse impiegate sarebbero un buon  investimento rapidamente  recuperabile dal maggior afflusso turistico e dall’energia prodotta, dalla riduzione dei consumi di acqua imbottigliata e dalla riduzione dei  costi di smaltimento della plastica.

Anche sul piano culturale sono importanti per decodificare i luoghi, leggerli attraverso l’esperienza, il  sapore e la freschezza delle nostre acque di sorgente. L’amore e l’educazione  al rispetto  dell’ambiente si costruiscono attraverso la fisicità della persona oltre che dall’istruzione. 

Ho appreso che a questi luoghi, spesso è collegata una storia, una leggenda, una fiaba, che andrebbero  recuperate per rafforzarne l’autenticità. 

La descrizione di questa idea, immagino sia sufficientemente chiara ed è benvenuto ogni contributo culturale o tecnico che si riterrà di aggiungere, da parte di associazioni, istituzioni, singoli cittadini, alle mie considerazioni da profano.

Ho inteso, con questo intervento, lanciare una pietra nell’acqua stagnate della politica  per evitare che una “ricchezza” naturale così importante vada dimenticata. 

La Calabria è bellissima. (gl)

[Giovanni Lamanna è responsabile Ambiente – Direzione Regionale Calabria “Italia Del Meridione]

La Garante della Salute Stanganelli avvia tavolo tecnico su morti improvvise

Accendere i riflettori sulle possibili cause di queste morti improvvise in soggetti giovani e apparentemente sani. È questo l’obiettivo del primo Tavolo Tecnico del Sud Italia avviato dalla Garante regionale della Salute, Anna Maria Stanganelli, con medici, esperti ed associazioni.

«Può fare in modo che si apra una discussione attraverso la quale i medici possano parlare alla gente, spiegare come prevenire un arresto cardiocircolatorio, un’ischemia, una trombosi? Esiste un modo per farlo? Ci sono degli esami che possono aiutarci a prevenire queste tragedie? Esiste un legame tra le morti improvvise, i danni al cuore, le pericarditi silenti, fattori genetici, malattie infettive pregresse e non, Covid incluso, eventuali vaccini effettuati?», hanno chiesto i cittadini all’Ufficio. Simili quesiti sono arrivati anche da numerose associazioni e comitati, Calabria per la Verità della prof.ssa Bianca Laura Granato con cui ci sono già state delle interlocuzioni, Oltre Comitato Cittadino, Adv Albero per la Vita.

Il tavolo servirà da un lato a valutare e verificare attraverso un monitoraggio temporale lungo retrospettivo e prospettico il fenomeno, che come tutte le problematiche sanitarie necessita in primis di un solido background scientifico a supporto dell’impegno della parte istituzionale, delle organizzazioni scientifiche e dei pazienti.  Allo stesso tempo si accenderanno i riflettori sulla necessità di avviare iniziative di sensibilizzazione e prevenzione sulle patologie cardiovascolari , già a partire dai banchi di scuola, un tema sul quale la Garante si è confrontata nei giorni scorsi con il prof. Franco Corbelli, leader di diritti civili e a cui si deve la proposta di legge regionale che ha istituito la figura del Garante della Salute in Calabria, che sta conducendo assieme al quotidiano La Verità una campagna di prevenzione cardiologica soprattutto per la popolazione studentesca.

A dare il proprio supporto saranno, tra gli altri,  il Professor Massimiliano Ferrara, Ordinario di Matematica per l’economia dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, il Dott. Giovanni Tripepi, Dirigente di Ricerca dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, sede di Reggio Calabria e il Primario di Cardiologia dell’Ospedale di Lamezia Terme Roberto Ceravolo.

«Desidero fare mie le preoccupazioni dei cittadini e il dramma dei familiari di queste giovani vite, promettendo il massimo impegno rispetto ai quesiti che mi hanno esternato», ha dichiarato Anna Maria Stanganelli. (rrc)

La Cgil Calabria in piazza a Roma per il diritto alla salute

Ci sarà anche la Cgil Calabria alla manifestazione in programma sabato 24 giugno a Roma, in difesa del diritto alla salute delle persone e nei luoghi di lavoro,  oltre che per la tutela e il rilancio del servizio sanitario nazionale, pubblico e universale.

Si tratta di temi fondamentali in uno Stato Sociale e sanciti dalla nostra Carta Costituzionale ma che stanno diventando privilegi. Mai come ora il diritto alla cura è in pericolo. Chiediamo e vogliamo che ci sia più personale nelle strutture pubbliche, ma anche che questo abbia contratti e salari adeguati. Chiediamo che ci sia un impegno radicale nel ricostruire pezzo per pezzo un sistema sanitario in via di smantellamento. Ancora di più in una Calabria che da oltre dieci anni paga le conseguenze di una spending review lacrime e sangue.

Nonostante i tanti annunci, proclami e spot dell’attuale commissario ad acta, ossia il presidente della Regione Roberto Occhiuto, nulla è cambiato. Si continua a morire per mancanza di ambulanze e di medici, le liste di attesa sfiorano in alcuni casi i due anni di tempo per potere effettuare una visita o un esame diagnostico, manca personale nei reparti, con un sovraccarico di lavoro importante e continui disservizi.

Si registrano gravi ritardi nella istituzione e operatività delle strutture sanitarie territoriali e nella costruzione dei previsti nuovi ospedali.Sempre di più necessaria l’adeguatezza della rete ospedaliera ma anche una chiara risposta alle aree interne in termini di esigibilità dei servizi di medicina del territorio.

Tanti gli ambulatori che funzionano a singhiozzo, mentre proseguono le chiusure di reparti. Giusto ieri l’annuncio della cessazione del punto nascita di Corigliano Rossano per la mancanza di medici utili a coprire tutti i turni.

La medicina territoriale è pressoché inesistente, così come nei Lea la Calabria è insufficiente in tutti gli ambiti. Così avanza la marcia della privatizzazione della sanità che sta inglobando anche ambiti che prima erano prerogativa esclusiva della sanità pubblica.  Il diritto alla salute è ormai difficile da esigere, una questione riservata ai pochi che possono permettersi di pagare per le prestazioni.

Bisogna smettere di parlarsi addosso, bisogna agire e farlo in fretta! Serve un piano straordinario pluriennale di assunzioni che vada oltre le stabilizzazioni e il turnover, superi la precarietà della cura e di chi cura, garantisca dignità alle persone non autosufficienti.

Serve un cambio di passo che riguardi anche la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, rilanciando il ruolo dei servizi della prevenzione, ispettivi e di vigilanza.

Serve uno Stato Sociale! Il 24 giugno saremo in piazza per fare sentire le ragioni di tutti e tutte, per chiedere il rispetto della Costituzione, per un Paese unito e solidale. (rrm)

CROTONE, NECESSARIA BONIFICA DELL’EX
AREA INDUSTRIALE: C’È RISCHIO SANITARIO

di FRANCO BARTUCCIA causa degli elevati livelli di inquinamento risulta tra i 42 siti italiani ad elevato rischio sanitario, classificati come di interesse nazionale (Sin), da sottoporre con urgenza ad interventi di bonifica.  Secondo i dati elaborati dagli epidemiologi, sono proprio i Sin le aree del Paese dove si muore e ci si ammala di più, fin dalla più tenera età.

 Lo studio in oggetto è stato realizzato attraverso un approccio multidisciplinare ad un tema complesso da un team di ricercatori di provenienza eterogenea: Salvatore Procopio, responsabile del laboratorio fisico del Dipartimento provinciale Arpacal di Catanzaro e Filomena Casaburi, responsabile del laboratorio bionaturalistico e Direttore del suddetto laboratorio e Anna Mastroberardino, fisico delle particelle elementari del Dipartimento di Fisica dell’Unical.

La sinergia tra Arpacal e Unical, per lo studio della problematica ambientale del sito di Crotone, è iniziata nel 2018, con l’attivazione del Master “Utilizzo delle radiazioni ionizzanti e radioprotezione all’Unical”. Il suddetto percorso, nato con la finalità di formare professionisti in grado di operare nella valutazione e protezione dal rischio derivante dall’utilizzo delle radiazioni ionizzanti, ha sollevato l’esigenza della creazione di un presidio di competenze professionali in grado di far fronte alle esigenze specifiche del territorio in tema di gestione dei rifiuti radioattivi e bonifica ambientale. 

Ad entrare nel merito della ricerca sull’ex area industriale di Crotone è la prof.ssa Anna Mastroberardino, del dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria, che ci fa notare come al Sin si affiancano, in tutto il territorio della provincia di Crotone, altre aree contaminate, a seguito delle pregresse attività industriali, in cui è stata riscontrata nel corso degli ultimi anni, da istituzioni territoriali di controllo, prevenzione e ricerca quali Asl, Arpacal, Unical,  la presenza di materiali e residui contenenti Norm (Naturally Occurring Radioactive Materials).

«Questi scarti di lavorazione delle industrie del fosforo, solo parzialmente smaltiti in discariche per inerti – ci dice la docente dell’UniCal – sono stati riutilizzati a causa delle buone proprietà meccaniche nell’edilizia civile. Rilevanti quantità di rifiuti tossici in concentrazioni sconosciute sono pertanto incorporate nel manto stradale, poi ricoperto dall’asfalto, spesso emergenti a livello superficiale visto lo stato di degrado delle strade, con conseguente alterazione delle caratteristiche del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee circostanti, a causa della prossimità dei rifiuti tossici all’acquifero. La mappa dei siti contaminati del Crotonese, recentemente realizzata da Arpacal, conferma la presenza di una contaminazione diffusa, sia chimica che radiologica, in vaste aree del territorio a latere del confine industriale, determinando un aumento significativo dei livelli di radioattività ambientale nell’area».

L’attività di un gruppo di studio, da qualche anno impegnato nella tematica ambientale e nelle implicazioni per la salute da varie angolazioni disciplinari, ha portato di recente alla pubblicazione di un articolo dal titolo Toxicity evaluation of the contaminated area of Crotone from biological indicators: a multispecies approch, pubblicato sulla rivista internazionale Environmental Monitoring and Assessment del gruppo Springer Nature

«Nello studio – ci spiega la prof.ssa Anna Mastroberardino – si utilizza per la prima volta la valutazione eco tossicologica per l’analisi del rischio legato ad un fenomeno di trasferimento di inquinanti che rappresenta realmente una sfida scientifica, trattandosi di una miscela di molteplici problematiche e di processi dinamici che si evolvono nel tempo e di lunga durata. L’ecotossicologia ha un ruolo determinante per la comprensione delle traiettorie ambientali dei diversi contaminanti a vari organismi viventi, acquatici e terrestri, considerabili organismi sentinella nella valutazione dell’alterazione dell’habitat contaminato». 

«L’approccio multispecie nell’utilizzo di bioindicatori è anche funzionale alla verifica dello stato di salute della catena alimentare, con effetti sulla salute e sullo sviluppo del territorio, laddove il sistema agroalimentare costituisce l’elemento distintivo di talune produzioni regionali». 

Nello studio in oggetto, per l’esecuzione dei test ecotossicologici, sono stati utilizzati tre diversi indicatori biologici, due acquatici e uno terrestre, appartenenti ai diversi livelli della catena alimentare: produttori, consumatori, decompositori, tra i quali i batteri bioluminescenti della specie Vibrio fischeri, il piccolo crostaceo d’acqua dolce Daphnia magna e i semi di crescione e sorgo. 

«Lo scopo della ricerca – ci ha detto ancora la docente del dipartimento di Fisica– è stato quello di determinare le concentrazioni dei residui fosfatici prelevati nelle aree contaminate alle quali l’effetto tossico è rivelabile e quindi stabilire le “diluizioni di sicurezza” che debbono essere rispettate affinché l’ambiente biologico che ospita le sostanze inquinanti sia salvaguardato nella sua funzionalità. Lo studio ha rivelato una inibizione della funzionalità di tutti i sistemi biologici testati per valori elevati di concentrazione dei contaminanti, al di là della differente sensibilità dei bioindicatori nella valutazione di tossicità nei diversi ecosistemi».

«A questo livello preliminare – ci tiene a precisare la prof.ssa Anna Mastroberardino – i dati indicano un potenziale rischio per gli ecosistemi naturali del luogo, oltre che per la salute umana. Le soglie di tossicità misurate sono, infatti, paragonabili o addirittura inferiori alle concentrazioni dei contaminanti dell’area indagata e gli inquinanti possono entrare direttamente a contatto con i sistemi biologici dell’ambiente circostante, data la particolarità del territorio di ospitare rifiuti pericolosi spesso non coperti da suolo o altro materiale e incorporati nell’asfalto delle strade».

«Entrando direttamente a contatto con l’ambiente circostante, questi inquinanti possono essere trasportati dall’acqua, dall’aria, da specie migratorie e portati lontano da dove sono localizzati, entrando anche nella catena alimentare. Alle problematiche collegate al rischio chimico e a quello radiologico da esposizione e inalazione, si aggiungono, dunque, le molteplici implicazioni associate al possibile passaggio di radioisotopi dall’ambiente all’uomo attraverso la catena degli alimenti».

Di emergenze ambientali e sanitarie come delle figure professionali legate a questi aspetti se n’è discusso molto in un Congresso Nazionale tenutosi a Crotone nel novembre 2019 dal titolo: La protezione ambientale e sanitaria del territorio calabrese. Programmare la rinascita: il caso Crotone. L’evento ha permesso un confronto stimolante tra rappresentanti del mondo scientifico e sanitario, ordini professionali e rappresentanti istituzionali locali, ma non ha visto la partecipazione dell’Assessorato regionale competente della Giunta regionale dell’epoca.

Di queste esperienze di lavoro, ricerca e studio rimangono oggi delle immagini fotografiche che si trovano nel servizio, che mostrano il buon numero di ricercatori, tecnici e studenti interessati a tali problematiche ambientali mostrando preparazione, competenza professionale ed interesse per perseguire risultati per il bene della Calabria.

Conoscere il presente per un rilancio del lavoro di ricerca e disinquinamento dell’ambiente

Prima di entrare nel merito più specifico di questo importante lavoro di ricerca sull’inquinamento dell’ex area industriale di Crotone per conoscerne gli sviluppi rispetto al rapporto con il mondo politico regionale, dopo il periodo pandemico che ha rallentato di molto varie situazioni di gestione dei servizi sanitari, è il caso di approfondire la conoscenza della prof.ssa Anna Mastroberardino, professore associato presso il Dipartimento di Fisica dell’Unical. 

Dal 1998 si occupa di ricerca sperimentale nel campo delle particelle elementari, nei maggiori laboratori europei, Cern a Ginevra e Desy ad Amburgo. Grazie alle collaborazioni internazionali dei fisici dell’Unical, avviate dal Professore Giancarlo Susinno, di cui è stata allieva, ha partecipato alle ricerche che hanno portato, nel luglio 2012, alla scoperta del Bosone di Higgs, Nobel per la Fisica 2013.

Nel 2018 ha diretto il Master Universitario “Utilizzo delle radiazioni ionizzanti e radioprotezione all’Unical”, percorso che ha segnato l’avvio di una nuova attività di ricerca, tecnologica e multidisciplinare, negli ambiti della radioprotezione, delle scienze della vita e del monitoraggio ambientale. È autrice/coautrice di oltre 1200 pubblicazioni su riviste internazionali con referee, per un corrispondente Hirsch factor (H-index) di 127 (fonte Scopus).

«Con l’insediamento della nuova Giunta regionale, guidata dal Presidente, on. Roberto Occhiuto, i rapporti con il mondo della politica regionale sono ripartiti», ci dice la docente universitaria.

«Al di là di ciò che è accaduto nel passato, il piano delle bonifiche avviate nel Crotonese durerà a lungo e sarà accompagnato da molteplici aspetti critici e anche innovativi da considerare. Se, da una parte, la rimozione e movimentazione dei materiali contaminati, con possibile dispersione aerea di materiale radioattivo, rappresenta una situazione di rischio sanitario, da monitorare costantemente, dall’altra offre l’opportunità di un laboratorio a cielo aperto per la valutazione del rischio radiologico in condizioni sperimentali mai verificate e non riproducibili. Questo crea un’opportunità di formazione in campo per nuove figure professionali in grado di esportare l’esperienza, così acquisita, verso simili realtà territoriali afflitte da contaminazione».

«La problematica, oltre che di tipo sociale e sanitario, ha rilevanza anche scientifica. Continuare a ignorare le enormi potenzialità dei processi di bonifica, oltre che privare centinaia di migliaia di persone della possibilità di vivere in ambienti sicuri e salubri – è il pensiero della prof.ssa Anna Mastroberardino – comporta anche sprecare immani risorse a fronte del vantaggio, anche economico, rappresentato dal risanamento  di questi territori, per i quali non esiste, allo stato attuale, una proposta di riqualificazione e riuso». 

«In tutto ciò la ricerca scientifica può giocare un ruolo importante per rendere queste azioni di decontaminazione più mirate ed efficaci; mitigare gli effetti sanitari su popolazioni che continueranno a  vivere per anni in luoghi altamente inquinati e anche per immaginare la riqualificazione delle aree post-bonifica. Il coinvolgimento diretto in questi processi risponderebbe del resto alla missione originaria dell’Unical di attenzione verso un territorio così degradato e fragile».

Occorre creare un centro di ricerca specifico per restituire al patrimonio culturale mondiale uno dei siti storicamente e archeologicamente più rilevanti della Magna Graecia.

Dall’incontro con la prof.ssa Anna Mastroberardino scaturisce l’idea che il sostegno politico è inevitabile quanto necessario per dare incisività a queste ricerche tramite azioni mirate di finanziamento, che consentano l’avvio di attività sistematiche di studio per la sorveglianza epidemiologica nel territorio, verifiche in corso d’opera, diffusione dei risultati, dialogo con la comunità coinvolta e progettazione per il post-bonifica, in un contesto competente e senza conflitti di interesse. È quanto i ricercatori del dipartimento di Fisica dell’UniCal e dell’Arpacal chiedono al Presidente della Regione Calabria, on. Roberto Occhiuto.

«Sarebbe un beneficio collettivo se le operazioni di bonifica in corso – ci dichiara la prof.ssa Anna Mastroberardino – potessero ripartire con il piede giusto anche grazie agli strumenti specialistici messi a punto dai ricercatori del territorio, attraverso la creazione di un centro di alta formazione quale presidio permanente di controllo ambientale, riferimento per tutto il Mezzogiorno come polo di ricerca e di innovazione, nella duplice prospettiva del recupero e della fruizione delle aree disinquinate. È possibile immaginare oggi una ripresa esemplare proprio da queste aree, non a beneficio di chi le ha ridotte in questo stato, bensì per restituire al patrimonio culturale mondiale uno dei siti storicamente e archeologicamente più rilevanti della Magna Graecia». 

«Inserire in queste attività di recupero del territorio la creazione di un centro di ricerca  consentirebbe di rimettere al centro dello sviluppo l’industria culturale, rispettando la vocazione storica locale, così come la generazione di nuove professionalità, calibrate sulle necessità emergenti del settore, facendo della Regione un riferimento formativo per tutto il Sud». (fb)