L’OPINIONE / Franco Cimino: L’attacco al Capo dello Stato, l’ipocrisia della politica

di FRANCO CIMINO – A che servirebbe richiamare il tempo ormai lontano della cosiddetta prima Repubblica o le consuetudini di paesi democratici oggi, che dinnanzi a una posizione simile a quella assunta dal deputato Borghi e dal Ministro Salvini, ambedue esponenti di un partito di governo, sarebbero stati chiamati dal capo dell’Esecutivo a rassegnare loro le dimissioni che hanno, in modo diverso, chiesto al presidente della Repubblica, se proprio quel capo resta, come altre volte in casi gravi, in assoluto silenzio? Ovvero, in profondo pensamento per vedere opportunisticamente la posizione più conveniente da assumere? Infatti, non servirebbe a nulla. E io non chiedo la loro rimozione da alcuna propria postazione.

E di Borghi quella dell’incarico nella Lega. Questa politica é diventata così brutta, che pensare di applicarle le regole almeno del buon senso o della più elementare educazione istituzionale, sarebbe come gettare due secchi d’acqua in mare. Spostiamo, invece, il nostro interesse su due altri aspetti, non meno preoccupanti. Il primo riguarda l’ignoranza che porta questi due personalità politiche ad affermare delle vere assurdità intorno al valore della festa del due giugno e a quello della Repubblica.

Il secondo, per il più misero opportunismo, il concetto di sovranità nazionale in rapporto a quello di nazione. Il terzo, per estensione dell’ignoranza, l’Europa e la perdita di sovranità. Il tutto mantenendo sullo sfondo la totale distrazione sulla Costituzione. Anzi, non considerata affatto. Come se non esistesse. Ho scritto ieri una lunga riflessione su Repubblica, due Giugno e Grande Carta, per cui non mi ripeterò in alcuno di quei pensieri. Dico brevemente solo le tre cose con riferimento a quanto su elencato.

Questione “educazione” e, quindi, rispetto e gentilezza, a prescindere. Cosa ha detto il Presidente di tutti gli italiani, il democratico custode dei valori della Costituzione, il galantuomo che ogni paese ci invidia, “Russia” compresa? Testualmente, nella frase che ha fatto sollevare i due leggiti, questo: «Con le elezioni consacriamo la sovranità dell’Europa». Capisco che per i sovranisti questa parola è come carne per il macellaio, ma drammatizzarne il senso politico è davvero sorprendente.

Maggiormente se proviene da una forza politica, la Lega, che, nel mentre reclama la sovranità della nazione, si batte per realizzare l’autonomia differenziata, la quale assegnerebbe maggiori poteri alle regioni. Vai, poi, a vedere con quali meccanismi di egoismo territoriale e di prevaricazione dei ricchi sui già poveri. La sovranità europea, di cui parla il grande statista europeo Mattarella, nel solco dell’antico pensiero dei padri dell’Europa, è quella che si muove sull’antica vocazione dell’Italia per la costruzione dell’Europa Unita, quale soggetto politico nuovo per la crescita economica di tutto il Continente e, quale, attore nuovo ed essenziale, per la costruzione della Pace nel mondo.

Una sovranità che si erga come valore etico e politico e guida di un insieme di Stati, è quella invocata dal Presidente. Una sovranità che consente ai singoli paesi, pur non perdendo nulla della loro cultura e del loro peso politico, di cedere alla nuova istituzione solo la parte del loro vecchio egoismo e della assurda elefantiasi concezione del loro orgoglio, i veri nemici del Progresso e della Democrazia. E, soprattuto, di quel necessario spirito di solidarietà tra i popoli che si trasformi, ancor più fortemente di oggi, in programmi unitari di crescita, in contemporanea, di tutti i popoli nell’unico popolo europeo. Europa sovrana, significa Europa libera, democratica, indipendente. Unione di Stati liberi e democratici e “dipendenti” solo da quel grande progetto unitario. Che abbia come slancio di generosità la fatica per la Pace nel mondo.

È da questo sogno, oggi fine dell’Europa e suo primo progetto politico, che il nostro Presidente ha fatto discendere, anche ieri, la frase assurdamente contestata. Che non è stata affatto estemporanea e neppure personalizzabile. Essa, come Mattarella ripete continuamente, in particolare ai giovani, deriva dai dettami costituzionali, che educano alla Democrazia. E comandano che l’Italia sia protagonista nelle due fatiche storiche: l’Europa e la Pace. E per loro mezzo, di quella per l’attuazione dei principi fondamentali del vivere civile, la fratellanza, la giustizia, l’eguaglianza, la Libertà. Per tutti, persone e nazioni, popoli e stati. Nel sogno, per nulla cancellato, di un mondo nuovo, in cui i confini siano solo geografici e i popoli siano soltanto l’unico che li comprenda tutti, l’Umanità.

Questo è tutto. Cosa farà Giorgia Meloni per aprire, e non per chiudere, una profonda discussione su questi principi, quali decisioni vorrà prendere, che non siano le riservate scuse al Presidente sui più segreti canali diplomatici, per sanare una ferita istituzionale così profonda, anche questo mi interessa poco. Mi interessa e mi preoccupa invero molto, l’origine culturale che spinge sulla riforma cosiddetta del “premierato”. Il mio no ancora più netto e la mia battaglia per impedirla nel modo in cui è stata concepita, si racchiude nella domanda: «Cosa sarebbe stato, non di Mattarella, ma del presidente della Repubblica, in quanto istituzione, se quelle contestazioni, di cui abbiamo detto, fossero state lanciate in regime di capo del Governo eletto direttamente dal popolo». (fc)

L’OPINIONE / Franco Cimino: Il Primo Maggio in Calabria di Sergio Mattarella

di FRANCO CIMINO – C’è il Presidente. Meno male che il Presidente c’è! E c’è la Calabria. Meno male che la Calabria c’è! C’è questo presidente che assomma su di sé i due più alti valori della Repubblica. La Costituzione, di cui egli è primo garante. E la sua persona, di uomo della Repubblica, fondata sulla Costituzione. Costituzione e Presidente, sono la rappresentazione plastica di due valori irrinunciabili. Immodificabili. Irriducibili. L’unità della Nazione in quanto popolo rivestito di indissolubile identità patria.

È il primo. La Democrazia, quale unione di Progresso e Libertà, della ricchezza materiale e di quella culturale. Della storia nazionale e delle storie locali. Il secondo. C’è la Calabria, che si rappresenta come capitale del Mezzogiorno d’Europa e capoluogo del Mediterraneo. E quale risorsa feconda per riscattare sé stessa e l’intera area del Sud dall’arretratezza e dalla povertà. E dallo stato di debolezza in cui ancora si trova. Per il Presidente, il nostro Presidente, duramente e “felicemente”, l’Europa vera tarderà a realizzarsi se il suo Mezzogiorno non diventerà lo strumento della crescita economica e del Progresso. Qui non si tratta più di ridurre le ingiustizie perpetrate. E neppure di riparare, con interventi produttivi, i danni di un passato secolare. Ovvero, di fare compensazioni di sorta. Si tratta, piuttosto, di praticare la Democrazia che è anima del nostro Paese e dell’Europa che noi vogliamo.

L’Europa quale la nostra Costituzione ha immaginato e ispirato, da De Gasperi a Moro. Sergio, il Sergio Nazionale, per il quale se non avesse un cognome bagnato dal sangue dei nemici della Democrazia, basterebbe davvero solo il nome di battesimo, è tornato in Calabria per la quarta volta, perché crede in questa Europa, in questo Mezzogiorno. In questa Italia. In questa regione. É venuto e ci ha detto parole di incoraggiamento. Parole di riconoscimento. Della nostra buona storia. Dei valori in essa custoditi, quali il coraggio, la perseveranza, la non arrendevolezza, la costanza della speranza. E quell’ottimismo, che spazza via delusioni, amarezze, dolore. Senso della sconfitta. E l’attribuitoci complesso di inferiorità sul nostro essere, invece, umili e generosi. E quello spirito indomito di avventura che ha fatto dell’estremo bisogno e della dura necessità, il nostro viaggio per il mondo. Il nostro solcare gli oceani. Il nostro scoprire “Lamerica”. L’amore per il Paese. C’è sempre per i calabresi un giorno nuovo. Ed è sempre il più bello. Quello che verrà dalla lunga attesa.

È venuto Sergio. Per festeggiare il Primo Maggio. É lui che ha scelto, nella terra affamata di posti di lavoro, quella in cui il lavoro é sfruttato nei nuovi schiavi( dei senza diritti, senza paga, senza dimora, senza famiglia, senza patria, gli scampati alle traversata in mare i stipati nei vani nascosti degli autotreni) due lontane periferie in cui eccelle, invece, la buona imprenditoria, in particolare femminile. Due fabbriche della buona occupazione, che significa buona paga, buona qualità del lavoro, buona produttività, buona produzione della ricchezza e partecipazione di tutti i componenti la stessa, lavoratori e consumatori in primis, alla più giusta redistribuzione. Quella che ne impiega buona parte nella creazione di nuovi posti di lavoro e delle migliori condizioni degli ambienti della fabbrica. Le fabbriche che concorrono a costruire ciò che ci è sempre mancato, anche per colpa della Politica e delle forze sociali.

E cioè, un sistema produttivo organico, operante su un chiaro e moderno progetto di sviluppo complessivo della Calabria nel Nuovo Mezzogiorno. Sergio, il Presidente, ci ha parlato di questo. E del lavoro quale strumento della Democrazia oltre che della valorizzazione della Persona. Nella sua integralità. Il lavoro non più come diritto, ma come forma della Costituzione. Come ragione della Repubblica. Ascoltando le sue parole, mi sono tornate in mente quelle di Aldo Moro e di Giorgio La Pira, due principi della Magna Carta, i quali con questa parola, lavoro, hanno contribuito a superare il lungo stallo sulla richiesta insistita del Pci, che la Repubblica voleva fosse fondata sui lavoratori. É sull’altro valore della Costituzione che il Presidente oggi, ha, con il coraggio della schiettezza, ammonito la politica per i rischi in corso prodotti da una nuova rafforzata istituzionalizzata divisione del Paese.

Divisione della quale l’Autonomia Differenziata rappresenta lo spirito antico non più tanto nascosto. L’egoismo dei già forti nei confronti degli antichi deboli. L’arroganza dei ricchi, che con una mano rapinano le ricchezze dei poveri e con l’altra elargiscono le mance per trasformare la loro stanchezza in rassegnazione.E sarà così che la Costituzione, legge sul premierato alle sue porte, non sarà che bella e cancellata. Per l’avanzata della terza Repubblica, che avrà già trovato cambiati i connotati della Democrazia.

Ma per fortuna Sergio c’è. E con lui gli italiani in quella parte, ancora maggioritaria, che crede nella Repubblica democratica e antifascista, fondata sul lavoro e sulla Persona, mezzo del divenire della Libertà. E, allora, viva questa Italia, viva l’Europa. Viva il Primo Maggio. E viva Sergio, l’uomo a cui davvero basterebbe solo il nome per essere colui che è. (fc)

«ALLO SVILUPPO DEL PAESE SERVE IL SUD»
LA CALABRIA DICE GRAZIE A MATTARELLA

di PINO NANONon poteva andare meglio di così. Il Primo Maggio che il Presidente Sergio Mattarella è venuto a festeggiare ieri in Calabria è stato un Primo Maggio davvero molto speciale. 

Chi si sarebbe mai aspettato, appena qualche anno, di vedere il Presidente Mattarella vestito di bianco, con una muta termica che gli permettesse di accedere alle gabbie di surgelazione della Gias di Mongrassano, ma era l’unico modo forse per lui per capire meglio cosa significa per un operaio lavorare ogni giorno a temperature al di sotto dei 25 gradi centigradi per assicurare un processo di refrigerazione che tuteli al massimo la qualità del prodotto e la salute dei mercati. 

Il Presidente per un giorno diventa operaio dello Stato, osservatore attento e scrupoloso dei diritti della casse operaia, difensore strenuo e rigoroso delle speranze e delle attese di chi lavora. Non poteva darci immagine più esaltante il Capo dello Stato ieri facendosi vedere vestito in questa maniera. 

Ma la cosa che più commuove di questo suo incontro con il mondo operaio calabrese è tutta questa stratta di mani, una catena infinita di mani che si incrociano, si incontrano, si stringono, si cercano, mai nessuno prima di lui da queste parti aveva mai avuto modo di trovare così tanto affetto e soprattutto così tanta ammirazione.

Presidente, mi permetta di scriverlo, ma lei non poteva fare regalo più bello ieri a questa terra di disperati. 

Ha visto con quanta partecipazione gli operai che lei è venuto a salutare le sono corsi incontro? E ha visto la festa che le hanno fatto nelle stalle della Granarolo a Castrovillari? Guardi, io c’ero, ma neanche la visita del Papa di qualche anno fa a Cassano aveva commosso così tanto.

Molto più del Pontefice, mi perdonino i vescovi di Calabria, ma la sua visita di ieri nella Sibaritide è stato l’atto di fede più bello e più plateale che un uomo di Stato potesse dedicare ai calabresi.

Nel discorso ufficiale che lei ha poi tenuto alla Granarolo di Castrovillari c’è un senso della solidarietà sociale senza paragoni, c’è l’abbraccio corale del Paese ad una terra ancora troppo lontana dai grandi potentati economici italiani, ma c’è soprattutto l’alito pesante della riconciliazione, della speranza, della riscoperta del Sud, della difesa delle minoranze, dell’esaltazione del nuovo e del bello:

Sa quale è stato il regalo più bello che lei ieri ha fatto ai calabresi? L’aver parlato della Calabria senza mai usare il termine “’ndrangheta”, termine che per anni ha segnato la storia anche più intima di tutti noi. Finalmente si parla della Calabria come polo di interesse economico per le grandi potenzialità che esprime, e finalmente il racconto che ne fa l’uomo del Quirinale è pieno di luce e di certezze. 

Presidente sa una cosa? 

Il regalo che lei ha fatto ieri ai calabresi è un regalo doppio, e sa perché? Perché basta andare a vedere il sito della Presidenza della Repubblica e cercare una traccia della sua visita di ieri, e qui è davvero il trionfo di una narrazione che il suo ufficio stampa non ha mai dedicato a nessun’ altra realtà come questa.

Ma non solo il suo discorso ufficiale, devo dire solenne, austero, quasi “religioso” per lo spessore morale con cui lei spiega il diritto al lavoro e con cui lei coniuga il significato della Festa del Primo Maggio. Ma accanto al testo integrale del suo discorso ai calabresi, e alle immagini del suo arrivo nel “tempio di Gloria Tenuta”, e poi ancora il suo arrivo tra i produttori di latte a Castrovillari, ci sono oltre dieci fotografie diverse di questa sua visita in Calabria, immagini che danno di questa regione una dimensione finalmente nuova rispetto al passato, e da cui si ricava l’idea di un polo agroalimentare di respiro davvero internazionale.

E mi ha fatto un certo effetto sentirla parlare, qui ai piedi del Pollino, di intelligenza artificiale, ma anche questo dettaglio va letto nel solco dell’attenzione e della “venerazione istituzionale” con cui lei si è mosso ieri tra gli operai calabresi.

Non poteva lasciarci ricordo più di lei Presidente, venendo ieri in Calabria, ma sa qual è la cosa che della giornata di ieri un vecchio cronista come me si porterà per lungo tempo ancora nel cuore? 

È l’applauso lunghissimo, continuo, insistente, convinto, accorato che gli operai della GIAS, tutti in camice bianco, le hanno dedicato mentre lei passava con la sua auto al di là dei cancelli d’entrata della fabbrica per raggiungere poi Castrovillari, e che le telecamere di Teleuropa Network trasmettevano in diretta sulla rete, una diretta televisiva durata tre ore, che mi ha permesso di seguire da vicino la sua visita come se io fossi a soli due metri da lei.

E a Castrovillari, infine, l’applauso infinito che ha accolto l’arrivo dell’elicottero che la stava portando a vedere le nostre stalle e le nostre vacche da latte. Emozionante, infinitamente emozionante. (pn)

L’OPINIONE / tonino Russo: Visita di Mattarella valorizza imprese e lavoratori

di TONINO RUSSO – I lavoratori e i pensionati calabresi ringraziano il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la sua attenzione verso la nostra regione; un’attenzione che sottolinea l’unità della Repubblica “una e indivisibile”, come è scritto nell’articolo 5 della Costituzione.

La presenza del Capo dello Stato è, oggi, un bellissimo modo di celebrare in Calabria la Festa dei Lavoratori: l’incontro con il mondo delle imprese e del lavoro evidenzia, al di là dei luoghi comuni, la volontà di un territorio che non vuole vivere di assistenzialismo, ma che sa guadagnarsi nel mercato uno spazio proprio, caratterizzato da una produzione che valorizza anche le ricchezze del territorio e una tradizione imprenditoriale.

È un segnale importante, nella vigilia del Primo Maggio, che ci auguriamo tutti sappiano cogliere per costruire un’Italia e un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale. (tr)

[Tonino Russo è segretario generale Cisl Calabria]

L’OPINIONE / Angelo Sposato: Visita di Mattarella nelle aziende mette al centro i lavoratori

di ANGELO SPOSATO – La visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella presso le aziende agroalimentari calabresi nella ricorrenza del primo maggio è molto significativa e la apprezziamo con profonda gratitudine. Decidere di incontrare lavoratrici e lavoratori nelle aziende in un momento difficile per la vita economica e sociale del Mezzogiorno e della Calabria è un auspicio per le classi dirigenti a fare meglio.

La Calabria ha necessità di grandi investimenti per la cultura, l’istruzione, di infrastrutture sociali, materiali e immateriali, per un lavoro sicuro e di qualità che metta un freno alla fuga dei giovani ed allo spopolamento delle aree interne.

La dignità del lavoro, della persona, la lotta alla ‘ndrangheta, il diritto alla salute sono temi che non possono continuare ad essere sottovalutati dalla politica. Il Paese, ora più che mai, ha bisogno di unità, deve essere coeso, non servono confini regionali per affrontare le sfide internazionali dell’economia, per la crescita, lo sviluppo ed il benessere dei cittadini.

La visita del Presidente nelle aziende produttive, vicino a lavoratrici e lavoratori, è indicativo della necessità di investire di più nel valore del lavoro di qualità, di mettere al centro la persona, piuttosto che rincorrere la finanziarizzazione delle economie e dei mercati che ha prodotto enormi disuguaglianze e povertà.

È necessario un nuovo umanesimo del lavoro. Il Sud, la Calabria, hanno bisogno di classi dirigenti operose e proiettate verso gli interessi collettivi.

Grazie Presidente.

Buon primo maggio a tutte e tutti i calabresi. (as)

[Angelo Sposato è segretario generale Cgil Calabria]

LA CALABRIA DEL FUTURO INIZIA OGGI CON
LA VISITA DEL PRESIDENTE MATTARELLA

di PINO NANOPer la Calabria e per i calabresi oggi è una giornata storica e speciale. Lo scriviamo con la consapevolezza assoluta di quello che diciamo. “Storica”, perché il Capo dello Stato viene in Calabria per parlare di lavoro e per anticipare qui a Mongrassano e Castrovillari il Primo Maggio di tutta Italia. 

Giornata “speciale”, perché il Capo dello Stato viene in Calabria dopo essere stato un anno fa per lo stesso motivo nel distretto industriale di Reggio Emilia, che è uno dei distretti industriali più importanti d’Europa. 

Cos’è? Un riconoscimento di qualità? Un segnale di fiducia? Un attestato di amicizia? Una semplice cortesia istituzionale? Un modo per parlare ancora di noi, dopo la tragedia di Cutro?

Qualunque cosa essa sia, per tutti noi oggi è una giornata solenne e da ricordare negli anni che verranno, perché nella Piana di Sibari, dove tutto sembra ancora sole e deserto, fame e precarietà, abbandono e silenzio, scetticismo e diffidenza, paura e omertà diffusa, qui arriva oggi il Presidente della Repubblica. 

E Sergio Mattarella viene appositamente fin qui per salutare gli industriali calabresi che in questa zona hanno sfidato la sorte e le intemperie della politica e della burocrazia regionale, costruendo di fatto, e in piena solitudine, un polo industriale che oggi, da solo, fattura milioni di euro.

Eccola la nuova Calabria. Se non altro, questa è la Calabria del futuro.

Chi in questa regione non ama parlare di “eccellenze”, non si rende conto che solo la storia di alcune “eccellenze” come questa dei Tenuta per esempio, o dei Nola, o della stessa Granarolo, rende poi merito al resto della regione nel confronto generale con il paese. 

E solo certe storie di eccellenza come questa del polo industriale di Mongrassano e di Castrovillari permettono al Capo dello Stato di venire in Calabria per esaltare il mondo del lavoro. 

Pensateci bene, sembra quasi una contraddizione di termini, ma là dove manca il lavoro, il Presidente viene a esaltare la Festa del Lavoro. Niente di più bello. Niente di più edificante. Niente di più provocatorio. Grazie Presidente.

Ma non a caso gli industriali cosentini salutano questa mattina l’arrivo del Presidente Mattarella con i giusti toni di questa nota ufficiale: «La presenza nel cuore del Distretto Agroalimentare del cosentino del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, in occasione della Festa del Lavoro e dei lavoratori, rappresenta un avvenimento di rilevanza assoluta per tutti. Siamo felici e onorati che il Presidente abbia accolto il nostro invito a festeggiare una ricorrenza così ricca di valori simbolici e sostanziali, visitando aziende d’eccellenza del sistema associativo del territorio». 

Giovan Battista Perciaccante, Presidente di Confindustria Cosenza, ricorda allo stesso Mattarella il ruolo centrale e strategico del Distretto Agroalimentare del cosentino, «ricompreso in un ambito territoriale che trova origine nell’area industriale della città, che a sua volta ricomprende l’Università della Calabria, che si allarga nell’area produttiva di Mongrassano, che si sostanzia, si estende e si completa nell’area della Sibaritide con i poco più di 30 comuni che le fanno da corona».

«Intorno alle realtà produttive che saranno oggetto di visita, la Gias di Mongrassano e Granarolo di Castrovillari – precisa il presidente Perciaccante – sono oggi presenti importanti aziende agricole inserite nella filiera corta della trasformazione, così come nelle produzioni di qualità dell’ortofrutta destinate ai primari mercati del fresco, tanto nazionali che esteri. Un insieme di imprese in cui le attività del settore agricolo, quelle del settore della trasformazione industriale e quelle del terziario, tanto tradizionale che innovativo, hanno raggiunto un livello di rete produttiva e di integrazione funzionale veramente eccellente». 

Il futuro, insomma, è tutto qui, in questa lingua di terra dove oggi Mattarella pronuncerà il suo tradizionale messaggio di Primo Maggio al Paese. 

Gli stessi vertici di Unindustria Calabria sottolineano «la straordinarietà di questo evento capace di accendere i riflettori nazionali sulle potenzialità di un territorio poco conosciuto ai più e su un tema, quello del lavoro, di assoluta importanza per la crescita economica delle comunità».

La cerimonia in programma per questa mattina prevede gli interventi ufficiali del presidente di Confindustria Cosenza Giovan Battista Perciaccante, che aprirà i lavori della cerimonia, poi del presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari, del rappresentante dei lavoratori Gaetano Piraino, dello stesso Ministro del Lavoro Marina Calderone, con le attese conclusioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Importante il messaggio che gli industriali di Calabria affidano oggi allo stesso Mattarella.

«Parleremo di legalità, di sostenibilità ma anche di tradizione e innovazione, di cultura del lavoro e dell’importanza che le competenze e le risorse umane hanno per le nostre imprese. Il patrimonio più importante per le imprese sono i propri collaboratori e il patrimonio più vitale per i territori sono le imprese: creatrici di ricchezza e portatrici di dignità e libertà. Abbiamo lavorato in grande sinergia con il Quirinale, la Prefettura della provincia di Cosenza con il Prefetto Vittoria Ciaramella ed il suo staff, le Forze dell’Ordine, le aziende e gli enti competenti alla realizzazione di questa storica visita del Presidente Mattarella. Siamo pronti a scrivere insieme una bella pagina di storia del territorio».

Tutto è pronto, dunque, per la festa di oggi. 

Il programma ufficiale prevede per le ore 10.40 l’atterraggio dell’elicottero presidenziale di fronte all’area Gias- Tenuta. Qui il Presidente sarà accolto dal Prefetto della provincia di Cosenza, dal Presidente Regione, dal Presidente della Provincia e dal sindaco di Mongrassano. 

Il Presidente a questo punto sarà accompagnato all’interno dello stabilimento Gias dove sarà accolto dalla Presidente della GIAS Gloria Tenuta, vecchia conoscenza del Capo dello Stato per averla lui stesso nominata nel 2018 Cavaliere del Lavoro, e quindi la vista ufficiale dell’azienda e il saluto ufficiale del Capo dello Stato alle maestranze presenti in azienda. Qui il Capo dello Stato sarà salutato ufficialmente dal presidente di Confindustria Cosenza Perciaccante 

Alle 11.30-11.40 il Presidente si sposterà nell’area industriale di Castrovillari alla Granarolo, dove visiterà lo stabilimento del latte e incontrerà i lavoratori del settore.

Alle 12 è prevista quindi la cerimonia ufficiale per la “Festa del Lavoro e dei lavoratori”, con il saluto e il messaggio finale del Ministro del lavoro Maria Elvira Calderone e del Capo dello Stato Sergio Mattarella. Che subito dopo farà rientro a Roma. (pn)

Il giovane calabrese Giovanni Prestinice è Alfiere della Repubblica

di PINO NANO – «Ringrazio il capo dello Stato per aver pensato a me. Sono davvero sorpreso e felice. Al Presidente Mattarella vorrei solo dire di non dimenticare i giovani calabresi come me». Sembra quasi una storia da Libro Cuore.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito il 27 aprile 29 attestati d’onore di Alfiere della Repubblica. Tra i 29 nuovi Alfieri della Repubblica c’è anche un ragazzo calabrese di 13 anni con alle spalle una storia del tutto straordinaria. 

Parliamo di Giovanni Prestinice. È nato a Crotone il 29 agosto del 2010, e la motivazione con cui il Presidente Mattarella gli ha assegnato il suo bel riconoscimento dice testualmente: «A Giovanni Prestinice per la determinazione con cui si impegna come volontario per la difesa dei diritti dei migranti».

«La strage di Cutro – dice Giovanni a Giuseppe Pipita, direttore del Crotonese, subito dopo aver avuto notizia del suo premio – mi ha segnato veramente nel profondo perché è avvenuta a pochi chilometri da casa mia e ho sentito il dovere di fare sentire la mia vicinanza a quelle persone e far conoscere le loro storie. Non voglio entrare nei dettagli, però dico che queste persone non sono numeri, sono esseri umani che hanno affrontato più problemi di noi e sono dovute scappare dal loro Paese perché perseguitati».

In sostanza, questo ragazzo crotonese, dopo il tragico naufragio di Cutro di un anno fa «si è prodigato per far conoscere la storia delle vittime, restituendo loro dignità e contrastando l’indifferenza di tanti».

Non si poteva assegnare medaglia più bella ad un ragazzo di Calabria, e soprattutto ad un giovane studente crotonese che il tema degli sbarchi li ha vissuti e li vive in prima persona ogni anno che passa per via del flusso infinito di barche di immigrati che arrivano su questo tratto di mare.

Giovanni, volontario di Save the Children – spiega la nota ufficiale del Quirinale – «è impegnato sul tema delle migrazioni ed è stato molto attivo nei giorni drammatici che hanno seguito il tragico naufragio sulle coste di Cutro, nel febbraio 2023. Giovanni è diventato un testimone di solidarietà, di chi non vuole restare fermo a guardare ma si batte per sensibilizzare la propria comunità ed evitare il ripetersi di simili tragedie». 

Per onorare la memoria dei tanti dispersi in mare, Giovanni «ha approfondito e condiviso – spiega la nota della Presidenza della Repubblica – le storie di chi è morto alla ricerca di una vita migliore. Con la sua partecipazione a eventi pubblici ha cercato, attraverso il dialogo e il confronto, di vincere l’indifferenza e di restituire dignità alle vittime, ai loro familiari e ai superstiti della strage».

Per i ragazzi calabresi è un riconoscimento solenne, perché è anche uno stimolo a rimboccarsi le maniche e fare sempre di più in difesa e in favore degli altri.

È la Solidarietà per l’ambiente e per la cultura il tema prevalente che ha ispirato la scelta dei giovani Alfieri di quest’anno. Il Capo dello Stato ha ricordato che le alluvioni che nel 2023 hanno colpito il nostro territorio, in particolare la Romagna e la Toscana, hanno portato alla luce ancora una volta l’altruismo, la generosità e il senso di comunità di tanti giovani. Gli Attestati di “Alfiere della Repubblica” valorizzano dunque “le azioni di volontariato, gli esempi di cittadinanza attiva, così come le storie di ragazzi che hanno saputo trasformare la passione per la scrittura o per le scienze in un “ponte” per ridurre le disuguaglianze”. E’ il caso di Giovanni Prestinice. 

I casi scelti – precisa ancora la nota del Quirinale – «non costituiscono tuttavia esempi di azioni rare, ma sono rappresentativi di comportamenti diffusi, di solidarietà spontanea: azioni e sentimenti da incoraggiare per diffondere tra i giovani quei valori che possono consentire loro di farsi costruttori di un futuro sostenibile, adulti consapevoli dell’importanza della solidarietà in un mondo attraversato da conflitti, cambiamenti climatici, crisi ambientali». 

Ai riconoscimenti orientati al tema annuale, si affiancano anche gli “Attestati d’onore” relativi ad atti compiuti con particolare coraggio e a gesti di amicizia emblematici. Il Presidente Mattarella ha inoltre assegnato tre targhe per azioni collettive di giovani e giovanissimi che hanno espresso con grande forza i valori della solidarietà. 

Ragazzi di tutta Italia che oggi sono esempio per tutti, esempio di dedizione e di altruismo, di solidarietà e di amor proprio, di rispetto dello Stato e di amore per la Repubblica. Bellissima cerimonia, che ogni anno al Quirinale anticipa di fatto la Festa del Primo Maggio. (pn)

SERVE UNA TRANSIZIONE ENERGETICA CHE
NON DISTRUGGA IL TERRITORIO CALABRESE

La devastazione del territorio calabrese s’impenna invece di arrestarsi. Così un nutrito gruppo di  associazioni immediatamente sostenuto da intellettuali, artisti, soggetti economici, amministratori, uomini e donne delle istituzioni che il degrado mette in difficoltà, ha ritenuto necessario esprimere sofferenza e al contempo proposte concrete per avviare finalmente una stagione politica orientata al recupero della qualità  ambientale e della serenità sociale nella nostra tormentata regione.

La forma comunicativa prescelta è una lettera aperta al Presidente della Repubblica, invocando «una riconversione energetica che non faccia a pugni con il rinnovato articolo 9 della Costituzione, secondo il quale la Repubblica tutela il paesaggio, il patrimonio storico e artistico, la biodiversità e gli ecosistemi». Perché, si sottolinea, «è paradossale che si continuino a costruire impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili che abbattono migliaia di alberi, alterano morfologie a volte già fragili incrementando il dissesto idrogeologico, consumano e degradano il suolo».

La lettera è stata sottoscritta da oltre 100 firmatari fra sindaci, ex senatori ed ex senatrici, situazioni territoriali, associazioni culturali, uomini e donne della cultura, del cinema, e dello spettacolo, parroci, enti pubblici, camminatori ed esploratori che hanno a cuore l’ambiente e il nostro territorio, contadini, aziende e cooperative agricole. Obiettivo della missiva aperta è quello di creare un effetto mediatico positivo oltre che un minimo comune denominatore tra le tante anime dei soggetti e dei comitati pronti a far nascere, a stretto giro, un coordinamento regionale di tutti coloro che si oppongono all’avanzata dell’eolico e del fotovoltaico stragisti, agli impianti di produzione di energia rinnovabile sostitutivi di boschi, terreni agricoli e suolo naturale.

Caro Presidente, siamo italiani della Calabria,  cittadini a vario titolo impegnati nelle vicende intellettuali, politiche, economiche, sociali e artistiche della nazione, e, spinti dallo stesso disagio, dallo stesso dolore e dalla stessa preoccupazione che hanno già prodotto fermento in altre aree del Meridione e delle Isole, ci rivolgiamo a Lei, considerandoLa un garante del buon senso oltre che della Costituzione, mentre nei territori che abitiamo vengono meno ogni giorno le precondizioni della vita, subiscono duri colpi gli ecosistemi, avanza il degrado ambientale  travolgendo il paesaggio e ogni ipotesi di sviluppo rurale e turistico fondato sulle risorse locali e sul presidio umano delle zone montane e collinari.

Questo vasto e progressivo processo di destrutturazione ecosistemica dei luoghi in cui viviamo è generato da una radicalizzazione degli approcci riduzionistici alla crisi ecologica (affrontata esclusivamente come problema energetico), che hanno creato i presupposti della proliferazione indiscriminata di mega impianti eolici e fotovoltaici. Sono passati ora vent’anni dal decreto legislativo 387 del 2003, il cui dodicesimo disgraziato articolo è dedicato alla Razionalizzazione e semplificazione delle procedure amministrative, e possiamo purtroppo constatare di avere vissuto un assalto senza precedenti alla qualità della nostra vita, siamo entrati in un’epoca che i posteri da noi danneggiati potranno legittimamente chiamare “ il Far West delle fonti rinnovabili”.

Signor Presidente noi chiediamo alla comunità nazionale una riconversione energetica che non faccia a pugni con il rinnovato articolo 9 della Costituzione, secondo il quale la Repubblica tutela il paesaggio, il patrimonio storico e artistico, la biodiversità e gli ecosistemi. Le associazioni, i gruppi, i comitati di cui facciamo parte, in questi ultimi vent’anni di attivismo civico, hanno verificato l’aumento dell’inquinamento e delle difficoltà del vivere quotidiano, e segnalano la diffusione di sfiducia, delusione e risentimento nel corpo sociale. Anche noi pensiamo dunque che la transizione ecologica debba essere ricollocata dentro una prospettiva politica e democratica; le comunità locali non possono più subire i loro paesaggi quale risultato di evoluzioni tecniche ed economiche decise senza di loro.

I nostri sindaci, i nostri rappresentanti istituzionali più prossimi, frustrati dall’impossibilità di contribuire a valutazioni così importanti per gli equilibri dei territori che amministrano, sono i soggetti più consapevoli della complessità dei problemi anche da Lei affrontati nei giorni scorsi, quando è  andato a Longarone, sessant’anni dopo il 9 ottobre del 1963,  a commemorare le vittime del disastro del Vajont, 1910 vittime del malgoverno del territorio, del desiderio cieco dell’uomo di piegare a proprio piacimento la natura per guadagnare il massimo profitto, come ha detto il Presidente Fedriga da Lei citato.

Lei ha dimostrato di sapere benissimo, e dunque siamo certi di sfondare una porta aperta, che la buona salute dei suoli, insieme all’arresto del loro consumo mediante quell’intervento legislativo  tanto atteso e in fase di stallo da più lustri, è conditio sine qua  non del  contrasto ai cambiamenti climatici: per catturare l’anidride carbonica, per assorbire in sinergia con le piante l’acqua piovana rendendoci meno vulnerabili in caso di forti piogge, per produrre cibo, legna e habitat per tutti gli organismi indispensabili alle reti di vita in cui noi umani siamo impigliati.

Del resto si tratta di compiti e temi a cui ci richiama l’Ispra, con una continua produzione scientifica che dovrebbe rappresentare la bussola delle amministrazioni in materia ambientale, trovandosi in perfetta sintonia con l’Europa; compiti e temi pienamente accolti dal nostro Piano di Transizione Ecologica, che assume la necessità di individuare per gli impianti fotovoltaici ed eolici le superfici idonee coerentemente con le esigenze di tutela del suolo, delle aree agricole e forestali e del patrimonio culturale e paesaggistico in conformità ai principi di minimizzazione degli impatti sull’ambiente, sul territorio e sul paesaggio (lo stesso piano individua come soluzione migliore lo sfruttamento prioritario delle superfici di strutture edificate come tetti di edifici pubblici, capannoni, parcheggi,  aree e siti oggetto di modifica, cave e miniere cessate).

Non è paradossale, signor Presidente, che a fronte di tutti questi sforzi conoscitivi, di queste indicazioni ufficiali e di questa consapevolezza si continuino a costruire impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili che abbattono migliaia di alberi, alterano morfologie a volte già fragili incrementando il dissesto idrogeologico, consumano e degradano il suolo? Per quali ragioni il nostro sistema paese di cui Lei è il Presidente fa entrare la sostenibilità dalla porta per farla uscire subito dopo a calci nel sedere dalla finestra?

Noi ci aspettiamo da Lei una parola di sostegno nei  nostri confronti, perché abbiamo a cuore interessi generali insidiati al momento dal trionfo di interessi particolari; confidiamo in un pubblico intervento da parte Sua sulla questione di fondo da noi sollevata: l’esigenza di produrre sempre più energia rinnovabile deve essere armonizzata con altre pressanti esigenze, non può intaccare il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione. Lei il 9 ottobre 2023 ha pronunciato parole sacrosante, alle quali è necessario che seguano fatti concreti, prodotti dai vari attori delle nostre istituzioni e da noi cittadini rimessi nelle condizioni di partecipare a una dinamica democratica degna di questo nome.

Presidente ci muove l’ansia di riconciliarci con il mondo che ci ospita, con la natura e l’ambiente in cui siamo immersi, e  immaginiamo che la resistenza nostra, la voglia di non arrendersi allo strapotere di chi preme con la sua forza economica sulle istituzioni per indirizzarne le scelte a proprio esclusivo vantaggio, sia considerata da Lei un’ancella dei compiti della Repubblica. 

Noi ci sentiamo, mutatis mutandis, simili a Tina Merlin, la cui attività  di informazione e denuncia avrebbe meritato l’ apprezzamento e l’appoggio dei Capi dello Stato in carica in quegli anni. Faccia valere il senno del poi, il senno del dopo Vajont, nei nostri tormentati giorni. Siamo Davide che fronteggia Golia, e ci piacerebbe salire sulle Sue spalle per avere più  coraggio e una più solida base. (rrm)

 

Mattarella apprezza il corso dell’Unical sull’intelligenza artificiale

di FRANCO BARTUCCIIl Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso vivo apprezzamento alla collana editoriale sull’Intelligence pubblicata dalla Rubbettino e dall’Università della Calabria. 

Il Capo dello Stato ha fatto pervenire in tal senso una lettera al direttore della collana Mario Caligiuri e all’editore Florindo Rubbettino. Avviata, nel 2009 con il volume “Intelligence e ‘ndrangheta”, la collana rappresenta la prima e finora più numerosa esperienza del settore, con testi dei più importanti studiosi italiani e con la valorizzazione dei lavori di ricerca degli studenti del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, fondato, primo in Italia, nel 2007 su sollecitazione di Francesco Cossiga.

 Finora sono stati pubblicati 37 volumi, che affrontano il tema dell’intelligence in una prospettiva multidisciplinare, intesa come punto d’incontro dei saperi. Del Comitato scientifico della collana fanno parte Derrick De Kerckhove, Alberto Felice De Toni, Umberto Gori, Paolo Savona, Antonio Teti e Antonio Felice Uricchio

Al Salone del Libro di Torino ieri sono stati presentati i testi “Enrico Mattei e l’intelligence” curato da Mario Caligiuri che lo ha illustrato insieme con il giudice Vincenzo Calia e “Sorvegliata speciale. Le reti di condizionamento della Prima Repubblica” di Romano Benini e Vincenzo Scotti(fb)

L’OPINIONE / Franco Cimino: Ma che bel 25 aprile e che bel Presidente abbiamo!

di FRANCO CIMINO – Ma che bel Venticinque Aprile! Ma che bella festa! E che bel Presidente abbiamo. E che fortuna che un anno fa le forze politiche, sempre litigiose e inconcludenti, non abbiano trovato una maggioranza parlamentare per eleggere il successore di Sergio Mattarella.

Posso dire ancora, senza incorrere in qualche blasfemia? Bene, lo dico sommessamente: ma che straordinaria fortuna che la scadenza del precedente mandato presidenziale sia caduta nella passata legislatura, altrimenti il rischio che la nuova larga maggioranza, venuta fuori dal voto di ottobre scorso, chissà quale altro capolavoro di democratico antifascista con il vizio di correggere la storia avrebbe regalato al Paese!

Sergio Mattarella si rivela sempre di più un grande presidente della Repubblica. E dire che gli è facile esserlo, nonostante le grandi difficoltà che ha dovuto affrontare nel corso dei suoi otto anni al Quirinale e la complessità dell’attuale situazione politica. Una situazione per nulla rassicurante, a dimostrazione che i numeri e le alleanze intorno ad essi da soli non bastano a garantire un buon governo al Paese, come ha fatto intendere oggi il Capo dello Stato.

Occorre un altissimo senso delle istituzioni e il sentire profondo che esse siano i pilastri della Democrazia. I soldati pacifici della Libertà. La Libertà nata dalla lotta di Liberazione, e che è posta a fondamento della Costituzione, che la riconosce nella Persona in cui essa è radicata. Persona, il centro intorno a cui si muovono tutti i principi costituzionali. Mattarella è stato a Cuneo, la Città trentasette volte medaglia d’oro della Resistenza. Quel lunghissimo applauso che ha salutato il suo discorso è molto più che l’apprezzamento delle sue efficaci parole.

È il segno dell’affetto che il Paese nutre per una personalità su cui sa di poter contare in ogni avversità e nel bisogno di poter ancora sperare. Ancora sognare. Sperare nella Giustizia e nel Progresso. Nella crescita civile ed economica del Paese dell’eguaglianza e dei diritti garantiti a tutti. Un Paese libero e democratico, protagonista della nuova forza dell’Europa e sostenitore del Progresso in tutte le regioni del mondo.

Un mondo in cui siano debellate violenze e povertà. E nel quale ogni popolo possa vivere nella propria terra per mezzo di uno Stato autonomo che ne governi i confini senza più temere invasioni o furti di territorio. Un mondo nel quale ciascun essere umano sia libero di muoversi e di raggiungere il paese in cui conta di poter vivere e lavorare, recandovi la propria intelligenza e la propria cultura per aprirsi a quelle che incontra nel suo cammino. E sognare, sognare la Pace, vorrebbe l’Italia che si affida al Presidente. Su di lui il popolo italiano può contare perché è credibile. Non ha ombre nella vita, non ha scheletri nell’armadio. È credibile in quanto coerente portatore di quei valori democratici nei quali, iniziando dalla propria famiglia, si è formato, e ai quali ha dedicato tutta la vita, e politica e personale.

È credibile perché non solo è il più sicuro garante della Costituzione, ma perché egli stesso la incarna. Mattarella ama la Costituzione. Nel suo discorso odierno, parlando, anche all’Europa e al mondo intero, di Resistenza, ha fatto una lezione sulla Carta Costituzionale. Ha spiegato a chi non l’aveva capito e a quanti fanno ancora finta di non capire cosa sia stato, ieri, e cosa sia, oggi, il Venticinque Aprile. Ha, inoltre, con il suo garbo istituzionale e la sua finezza culturale e la sua eleganza personale, risposto alle polemiche di questi giorni, chiarendo a tutti, ma proprio a tutti, il significato profondo e inalterabile della lotta partigiana contro il nazi-fascismo.

L’ha spiegato specialmente a coloro che ancora parlano strumentalmente di pacificazione nazionale, chiedendo di trasformare il Venticinque Aprile in festa della libertà pur di non pronunciare la parola antifascista. Ovvero, a quanti si ritengono rivoluzionari per aver accettato la comodità della democrazia con le conseguenti convenienze politiche, ovvero dichiarando l’ovvio dell’ovvio. E cioè, che la libertà si contrappone alla dittatura e al fascismo e viceversa. Ma ha parlato anche ai pigri. Agli antifascisti di maniera. A chi pensa che l’adesione semplicistica ai valori della Resistenza gli conferisca un titolo di superiorità verso gli altri o la comoda posizione di rendita con cui nei salotti radical borghesi giudica senza fare, pretende senza lottare, usa la libertà per le proprie convenienze, si serve della Democrazia per trarre profitto dal proprio egoismo.
Sintetizzo le parti salienti del discorso del Presidente.

Il Venticinque Aprile è festa di Libertà e Democrazia, ma soprattutto festa della Liberazione senza la quale “oggi, e tutti i giorni, non festeggeremmo la Libertà e la Democrazia così come l’hanno concepita e costruita i nostri padri costituenti”. La forza della Costituzione è nel pluralismo e nell’autorevolezza del Parlamento. È in quel meccanismo che impedisce all’uomo forte di rompere l’equilibrio democratico e lo stesso pluralismo. La Costituzione, figlia della Resistenza, è contro il mito del capo, il mito della violenza e delle guerre, il mito dell’egemonia dell’Italia nel mondo, il mito di togliere la libertà agli altri per affermare la propria superiorità. E, ancora, la Resistenza è stata un moto irrefrenabile di popolo per sconfiggere il fascismo e costruire la libertà. La Resistenza è uno degli atti su cui si fonda l’identità della Nazione. Le sue testuali parole: “domandiamoci oggi dove saremmo se non avessimo sconfitto il fascismo”

E noi con lui, dove sarebbe l’Europa, e in mano di chi, se non ci fosse stato il Venticinque Aprile. La vittoria partigiana, dice Mattarella, ha consentito che l’Europa si liberasse dall’incubo della guerra. La Costituzione afferma il principio del rispetto della vita, della dignità umana e della persona, anche nei confronti dello Stato che vi si volesse sovrapporre. Un discorso bellissimo, iniziato e chiuso con le famosi frasi di Piero Calamendrei, grande protagonista della Resistenza con Duccio Galimberti oggi richiamato più volte, «se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati…».

E, infine: «ora e sempre Resistenza», scolpita nella lapide di Cuneo. Non è una chiusura da poco. Non è una frase di niente. Detta oggi significa che il Venticinque Aprile non si tocca. Ché la lotta per difendere, per riconquistarla ogni giorno, la Libertà, non è finita. Non deve finire mai, pena l’assuefazione alla sua progressiva mancanza. Da parte mia mia aggiungo, con prudenza e umiltà, che la Libertà è come l’abito e la coscienza.

La si può indossare come un bel vestito, magari quando si ricopre una carica istituzionale, oppure la si vive all’interno della propria anima, in cui matura come coscienza indivisibile e non negoziabile. Sergio Mattarella è una figura bellissima, esemplare, perché in lui la Libertà è abito e coscienza. È Resistenza e Costituzione. È lotta partigiana e Quirinale. È Politica e Morale. (fc)