Il trionfo di Mattarella sulla codardia dei partiti
di Giusy Staropoli Calafati

di GIUSY STAROPOLI CALAFATISe eleggere vuol dire designare, nominare una carica mediante votazione, rieleggere significa riconfermare la stessa carica. E rieleggere o è un atto di riconoscenza, o un gesto di ripiego. 

L’Italia elegge il proprio Capo dello Stato ogni sette anni. Elegge, appunto. Perché un settennato è un tempo coscientemente previsto dai Padri Costituenti, abbastanza nutrito, in cui la maggiore carica dello Stato viene chiamata a garantire l’unità nazionale, e alla fine del quale, il Parlamento, in seduta comune dei suoi membri, secondo i criteri citati dalla carta costituzionale, ha il dovere di eleggere un successore. Insomma un nuovo Presidente della Repubblica.

Un settennato non è bastato, però, all’attuale organo costituzionale per rimarginare le beghe tra partiti che, vergognosamente, inciampa in uno stato d’inazione assurdo e irriguardoso nei confronti del paese, rieleggendo invece di eleggere.

Poche volte, due per esattezza, nella storia repubblicana della nazione, a uno stesso presidente è stato affidato un doppio mandato. Un bis, come battezzato dai massimi carrialandi mistificatori della politica nazional popolare. A porgere tutte e cinque le dita di una mano, ci viene tre volte il resto indietro. 

Irresponsabilità, ingratitudine, mancanza di rispetto e disonore. Così le mettono le corna, poi le spezzano il collo e la fanno precipitare giù dai calanchi, l’Italia. 

Sono i mediocri della classe politica e dirigente del paese. Sulla pelle del popolo e alla faccia dei Padri Costituenti. Niente uomini, né mezzi uomini né ominicchi né ruffiani né piglianculo. Tutti quaquaraquà. E mi perdonerà Sciascia se utilizzo la grandezza della sua letteratura, per esprimere il demerito della politica italiana. 

Partiti senza valori, privi di onor di Patria, in assenza di ideali e senza alcuna forma di morale.

Neppure alla sagra della salsiccia, mai tanto scannamento vi fu per un panino. 

Grandi elettori? No, grandissimi minchioni a cui sono serviti sei giorni pieni, tutti profumatamente remunerati con le tasse del popolo, per sostenere, in diverse e più pubbliche sedute, l’Italia gattopardiana. «Tutto cambia per non cambiare nulla». 

Eleggere il Capo dello Stato è una delle maggiori forme di responsabilità a cui chiama la Costituzione Italiana. Ma pur di non appendere le proprie giacchette di tasmania al chiodo, ci hanno appeso il paese per intero. Senza però riflettere che arriverà, perchè presto o tardi arriverà, il giorno in cui il paese, abbondantemente fottuto dagli imbrogli e dalle false promesse di gnocchetto e gnocchettino, e per questo ridotto al tragicomico ‘mussu e dinocchja’, finiti ciucci e scecchi, appenderà loro. Le loro teste. E hai voglia di cercarsi pezze per salvare dall’esposizione in pubbliche piazze il proprio proso nudo!

L’Italia è una cosa seria. I giochi di palazzo fateli nei vostri condomini. Saltate dai balconi e tutti giù per terra. Ma apritevi la testa come gli zipangoli a Ferragosto in Calabria, mi raccomando. 

Il paese non si tocca. La Repubblica neppure.

Il settennato di Sergio Mattarella (2015-2022), è stato duro, storico se si pensa alla crisi economica che si trova, a tutt’oggi, a dover risolvere l’Italia, aggravata da quella pandemica dovuta all’incalzante diffondersi del Covi 19 in tutto il mondo. Ma vissuto con spirito istituzionale, senso forte di responsabilità, rispetto e devozione verso la Patria e il suo popolo. 

Sergio Mattarella, e la politica di palazzo apra le orecchie e chiuda la bocca, che di parlare oggi ciascuno è indegno, resta, nella storia di questa Repubblica, una lezione di politica e di morale senza precedenti. Un uomo già Capo di Stato che, all’età di 80 anni, per l’inettitudine dei rappresentati di governo, richiamato dalla propria coscienza, arriva a sentirsi responsabilmente costretto ad accettare un nuovo mandato, perché l’Italia dei partiti non è in grado di eleggere un nuovo Presidente della Repubblica, è il segnale più tangibile di fine vita, della politica degli inetti, degli incapaci, e degli sciancati propagandisti imbroglioni. 

Sergio Mattarella è la massima espressione di Unità Nazionale che, contrapposta alla codardia dei partiti, fa prevalere il senso del dovere davanti alle prospettive personali pur di non tradire le speranze degli italiani. Quelle che la politica ha tradito. Che tutti si sono giocati a Roma. In uno dei momenti più importanti e al contempo delicati della storia politica, economica e sociale di questo paese. 

L’incapacità delle dirigenze di arrivare al quaglio delle promesse fatte agli Italiani, ha fatto il suo corso. Tutti hanno visto. Tutti hanno sentito. Tutti hanno provato disgusto. E oggi, con il personale grazie al Presidente Mattarella, a cui tanto caro è “quest’ermo colle” cari politici dei partiti, gli italiani mandano affanculo tutti voi. 

La politica non è una cosa approssimativa. Anzi, non è proprio una cosa. È una delle forme più alte di cultura e senso di responsabilità. Guarda agli altri e mai a sé stessi.

Non è intima, la politica. È plurale. Non è singola, ma collettiva. E fa l’uomo nobile, lo rende cittadino della stessa società civile a cui ha diritto e dovere di appartenere come soggetto e come essere umano. Il politico che risponde per sé e non per la politica che rappresenta, non è un individuo capace di lavorare per la polis. La scompagina e la disgrega. La svena e la rende vana.

La politica guarda alto, osserva e mira al futuro per cui intende spendersi. Non ridimensiona. Ambisce, trasferisce speranza. Essa ha valore morale, civico, umano, e spirito istituzionale.

Si fonda sul senso del rispetto, della pace sociale, della garanzia dei diritti, e dei doveri anche istituzionali, facendosi buona lente d’ingrandimento per guardare il mondo focalizzando sguardo e impegno sull’immagine civica e sociale del popolo che rappresenta. 

La politica è il cammino della vita di un paese che impara e che cresce insieme. Dall’ermo colle in poi.

«Tornatemi il Paese mio, in contante,

L’Italia che vi ho dato e il suo Valore

La Dignità e la dote mia di sempre

La Casa di mio Padre e pure il Cuore». (gsc)

Le felicitazioni dei calabresi al presidente Mattarella per la rielezione

Coro quasi unanime di felicitazioni da parte della Calabria e dei calabresi al Presidente Mattarella per la rielezione. Il presidente della Regione Roberto Occhiuto ha inviato un messaggio stringato ma abbastanza eloquente: «Nessun giro di parole: i gruppi dirigenti dei partiti hanno dimostrato tutti i loro limiti, e sono dovuti tornare al punto di partenza. Allo stesso tempo, per fortuna, le Istituzioni sono in buone mani: il presidente Sergio Mattarella è un grande esempio, per senso dello Stato e per equilibrio. Grazie e buon lavoro, presidente».

Un augurio di «sincero buon lavoro al Presidente della Repubblica» è stato indirizzato dal Presidente del Consiglio regionale calabrese Filippo Mancuso. Da lui – ha detto Mancuso – «auspichiamo, in questa fase di crisi ma anche di straordinarie opportunità, una speciale attenzione alle esigenze dei giovani, delle donne e dei cittadini meridionali e, in particolare, la sua autorevole vigilanza sui meccanismi del Pnrr attivati per abbattere gli squilibri territoriali, di genere e generazionali Nord e Sud».

La sottosegretaria per il Sud e la Coesione sociale Dalila Nesci ha sottolineato che «Con un gesto di immensa generosità istituzionale, il Presidente Sergio Mattarella ha accolto l’appello del Parlamento alla sua rielezione: è la soluzione migliore per il Paese, che in questa fase ha bisogno di una guida salda e sicura per proseguire il percorso di ripresa già avviato. L’Italia può continuare a contare sull’autorevolezza, l’equilibrio e la saggezza di Mattarella che, ancora una volta, dimostra di essere un grande statista. Ora spetta alla politica essere alla sua altezza, lavorando unicamente per il bene dei cittadini». Secondo la Nesci «Il larghissimo consenso che Mattarella ha raccolto in Parlamento dimostra quanto il suo ruolo sia stato prezioso e quanto sia ancora indispensabile per il Paese. La sua permanenza al Quirinale è una garanzia per tutti i cittadini, per le istituzioni e per il sistema Paese all’insegna della stabilità. Anche l’azione del Governo Draghi potrà proseguire in un clima più sereno, concentrandosi sul lavoro che abbiamo di fronte per attuare il PNRR e superare la pandemia. Sono stati giorni segnati da continue contrapposizioni e fughe in avanti che rischiavano di bloccare il Paese, per questo siamo ancora più grati al Presidente Mattarella che ha anteposto a tutto gli interessi nazionali. La convergenza delle forze politiche sul suo profilo deve segnare anche una fase di rinnovata responsabilità. Il nostro dovere – conclude Nesci – è quello di lavorare subito ai tanti provvedimenti che il Paese attende, è il modo migliore di ringraziare il Presidente Mattarella».

Il sen. Marco Siclari (FI) ha voluto ringraziare «il Presidente Mattarella per la disponibilità data a ricoprire il secondo mandato presidenziale. L’accordo raggiunto dopo la riunione della maggioranza di governo di ieri sera conclama che Sergio Mattarella ha ottimamente svolto il proprio ruolo e merita la riconferma in questo momento così problematico per il Paese, non ancora fuori dalla crisi pandemica e da quella economica. Forza Italia ha sostenuto Sergio Mattarella per la sua rielezione. Un Presidente che unisce da sette anni gli italiani e le parti politiche,  a cui va la nostra gratitudine per aver accettato di svolgere un secondo mandato».

Il sen. Giuseppe Auddino (M5S) che già lo scorso 13 gennaio aveva auspicato la riconferma a Mattarella ha detto di essere «molto contento che la scelta sia ricaduta sul secondo mandato del Presidente Mattarella, come da me auspicato più di due settimane fa. Prima dell’inizio della settimana delle elezioni avevo infatti sottolineato come la soluzione migliore per tutti sarebbe stata quella di mantenere l’assetto cosi come era con Mattarella al Colle e Draghi a Chigi. Ciò in
ragione di alcune valutazioni sul momento storico che stiamo vivendo. È evidente che non si può affrontare la discussione sull’elezione del Capo dello Stato senza tenere conto di quello che sta succedendo nel Paese. Siamo in un delicatissimo momento di crisi sanitaria e di grave difficoltà economica: quando si è in piena bufera non si cambia il comandante né l’equipaggio. La scelta del Mattarella bis dimostra sicuramente un senso di responsabilità del Parlamento nei confronti dei
cittadini. Qualunque altra scelta avrebbe alterato gli equilibri precari di questo momento. Il Presidente Mattarella è sicuramente la figura migliore per garantire la continuità dell’azione governativa e parlamentare a partire dalla gestione della pandemia e dal Pnrr. Al Presidente Mattarella va un sentito grazie per la sua disponibilità verso gli italiani ed i miei migliori auguri di buon lavoro nell’alto incarico a cui è stato richiamato».

Il segretario regionale PD Nicola Irto in una nota ha affermato che «La conferma di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica è la migliore soluzione possibile, considerata la difficoltà che la politica e i partiti hanno incontrato nell’individuare una figura in grado di ricoprire il delicato ruolo. L’esperienza e l’equilibrio di Mattarella saranno un punto di riferimento saldo per i prossimi sette anni e consentiranno a Mario Draghi di proseguire nell’azione di governo in una fase in cui l’Italia non poteva permettersi una crisi. Non può, però, essere ignorata la debolezza dell’attuale quadro politico e la cocente sconfitta del centrodestra e dei suoi leader che, a colpi di maggioranza, hanno tenuto ostaggio il Parlamento per questa lunghissima settimana. Un quadro preoccupante che dovrà chiamare tutti ad assumere un diverso senso responsabilità anche in vista di riforme di sistema che, a questo punto, sembrano indispensabili. Il Pd, che con la sua unità e con l’impegno del segretario Letta, ha contribuito a risolvere la crisi, dovrà trainare adesso il confronto politico per evitare che situazioni di questo tipo possano ripetersi».

Il commissario regionale della Lega avv. Giacomo Francesco Saccomanno ha dichiarato che «Dopo giorni di incertezze, finalmente l’Italia ha un “nuovo” presidente della Repubblica di altissimo profilo professionale, etico e morale. Una figura che ha dato tantissimo alla Nazione nella sua attività incessante e che oggi la rappresenterà ulteriormente e degnamente e saprà, certamente, condurla a quella crescita sociale, politica ed economica che potrà, finalmente, creare momenti di importanti sviluppi e di normalità. Tale risultato è stato raggiunto grazie alla determinazione del leader nazionale Matteo Salvini che ha cercato, in tutti i modi, di arrivare ad una elezione condivisa e con l’individuazione di persone di altissimo prestigio, anche internazionale. Ma, tra franchi tiratori o meglio ancora tanti traditori, nessuna indicazione è stata accettata! Una attività lenta, certosina, paziente, aperta, fondamentale, che ha consentito di raggiungere un risultato ragguardevole e che molti pensavano irrealizzabile. Un sentito ringraziamento al Presidente Sergio Mattarella che è riuscito, con calma e senza esasperazioni, a portare l’Italia quasi fuori dal Covid ed ha voluto e sostenuto un Governo con ampia maggioranza, che sta riuscendo a far riprendere alla Nazione un percorso virtuoso. Grandi uomini che, nel momento del bisogno e delle difficoltà immani, sono riusciti ad assumere decisioni fondamentali per la ripresa di una normalità quasi inimmaginabile».

Su Facebook il sen. Ernesto Magorno, sindaco di Diamante, ha scritto che «Sergio Mattarella rappresenta una garanzia assoluta per tutti i cittadini italiani. Con lui Presidente della Repubblica e Draghi Premier, l’Italia potrà affrontare in serenità quest’anno cruciale e proiettarsi con fiducia al futuro».

Di tutt’altro tenore il commento della deputata Wanda Ferro (Fratelli d’Italia): «La rielezione di Mattarella è il fallimento della politica, ma anche l’ennesima prova di un sistema istituzionale inadeguato, non al passo con i tempi, che rende le sorti della Nazione ostaggio dei più piccoli interessi di parte. Il centrodestra – ha detto la Ferro – ha perso la grande occasione di far sentire finalmente rappresentati decine di milioni di italiani, anziché accettare che solo la sinistra possa esprimere personalità degne di ricoprire la massima carica dello Stato. La rielezione di Mattarella rappresenta un’anomalia istituzionale, ed ancor più grave e irriguardoso è stato eleggerlo all’ottavo scrutinio, quasi fosse il frutto di un compromesso al ribasso. Si è scelto di congelare il Paese perché politici che non hanno più il consenso della gente possano continuare a conservare il potere e le poltrone ancora per qualche mese. Milioni di Italiani sono nauseati dai giochi di palazzo a cui abbiamo assistito in questi giorni, e che diventeranno la regola se si realizzeranno le ipotesi di ritorno al passato con il sistema elettorale proporzionale, al quale ci opporremo con forza. Fratelli d’Italia – ha concluso la deputata calabrese – conta di tornare al più presto al voto, perché i cittadini possano finalmente scegliere da chi essere governati e, in futuro, possano eleggere direttamente il Capo dello Stato».  (rp)

L’OPINIONE/ Emilio Errigo: La Calabria e i calabresi esistono, non dimenticatelo

di EMILIO ERRIGO  – In un pregevole articolo di Antonietta Maria Strati, pubblicato ieri su Calabria.Live, viene riverberato l’accorato appello rivolto al Capo dello Stato, il caro Presidente, Sergio Mattarella e al Presidente del Consiglio dei Ministri, l’esperto economista internazionale, già Presidente della BCE e Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, dal noto imprenditore calabrese Nino De Masi, viene chiesto loro di ritornare in Calabria, (visto e considerato che il Presidente già c’è stato), al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e di “venire” in Calabria, al Presidente del Consiglio Mario Draghi.
Per fare cosa ci si chiedono in tanti? Per ribadire che lo Stato c’è ed è vicino alla Calabria e ai Calabresi!
In verità che ci sia lo Stato i Calabresi quelli più accorti, già se ne erano accorti e da un pezzo, basti pensare ai tantissimi Commissari Straordinari Ministeriali e di Governo, che negli ultimi 10/15 anni e forse più, si sono alternati nella gestione e amministrazione, dei tantissimi Comuni Calabresi sciolti per infiltrazione mafiosa e amministrare e gestire gli Enti Pubblici economici e non.

La realtà nella quale si trovano a vivere la Calabria e i Calabresi, viene semestralmente relazionata puntualmente e con ammirevole precisione, dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA), relazione questa, inviata dal Ministro dell’Interno al Parlamento.
Ora se non si è limitati per cause naturali nell’acquisizione delle conoscenze e sapere sociale, la realtà è quella che viene rappresentata al Parlamento e non si deve scappare o far finta di non capire.
Invito i generosi lettori di Calabria.Live di essere pazienti e concentrarsi nel leggere la Relazione semestrale della DIA, dove viene cronologicamente, semestralmente, annualmente a partire dal 1992 al 2020, un pezzo di storia criminale e mafiosa italiana e non solo.
Delle mafie italiane e straniere, si sa pure troppo, credo pertanto che non ci sia tanto bisogno di far venire o far ritornare in Calabria, il Presidente della Repubblica e chiedere o meglio invitare, il Presidente del Consiglio Mario Draghi, di venire in Calabria, per far sentire e capire a tutti, dico e ripeto a tutti i Calabresi, che lo Stato e le sue Istituzioni esistono.
Occorre a mia opinione, attraverso tutti i mezzi e le risorse umane disponibili, in Italia e all’estero, far comprendere e comprendere bene, che la Calabria e i Calabresi esistono e non devono essere dimenticati dal Capo dello Stato, dalle Istituzioni e dal Presidente del Consiglio in particolare.
Se in Calabria, il fuoco cova sotto la cenere, se la disoccupazione cresce in numerico e crea disagio sociale, se la malavita incalza e crea asfissia di libertà, qualcuno dei tantissimi Parlamentari ai quali viene indirizzata la relazione semestrale della DIA, si deve e devono chiedersi almeno il perché di questa tristezza umana, o no? (er)
[Emilio Errigo è nato in Calabria, docente universitario di diritto internazionale e del Mare, e Consigliere Giuridico nelle Forze Armate]

Il Presidente Mattarella riceve i vertici dell’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea

di PINO NANO –  «La Calabria ha avuto grandi Padri costituenti». Con queste parole il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha accolto al Quirinale la delegazione dell’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea (Icsaic), che gli ha fatto dono del volume I calabresi all’Assemblea Costituente, a cura di Vittorio Cappelli e Paolo Palma, edito per l’Icsaic da Rubbettino.

La delegazione era composta oltre che dal Presidente Palma e dal Direttore Cappelli, dall’ex Presidente dell’Istituto, il giornalista Pantaleone Sergi storico inviato speciale della Repubblica e autore di decine di saggi sulla stampa d’oltre confine. 

Paolo Palma ha ringraziato il Presidente Mattarella per l’udienza concessa e ha illustrato la ricerca che ha impegnato diversi soci dell’Icsaic e alcuni specialisti esterni sulle biografie dei ventiquattro costituenti calabresi e sui lavori parlamentari che fotografano la  Calabria del tempo: le mulattiere, i tuguri, le condizioni primitive della povera gente, i signori del latifondo, l’occupazione delle terre, i tumulti del pane; e malaria, tubercolosi, ferrovie insicure, reti idriche ed elettriche fatiscenti e carenti. 

La delegazione dell’Icsaic è stata poi ricevuta a Palazzo Montecitorio dal Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico, al quale ha fatto dono dello stesso volume. Il Presidente Fico ha espresso apprezzamento per il lavoro svolto dall’Istituto e ha sottolineato l’importanza del ruolo che la Calabria e il Mezzogiorno hanno svolto nell’edificazione delle istituzioni repubblicane.

Veniamo ora alla storia dell’Istituto, che è una delle eccellenze del panorama storico e culturale calabrese e che probabilmente in passato avrebbe meritato maggiore attenzione e aiuti concreti da parte della politica.

L’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, fondato il 12 aprile 1983, operante nell’intera regione, ha la sua sede ufficiale presso la Biblioteca “Ezio Tarantelli” dell’Università della Calabria. Esso è associato all’Istituto nazionale Ferruccio Parri. Rete degli istituti per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea.

«L’attiva adesione alla rete – si legge sul sito dell’Icsaic –permette all’Istituto Calabrese di essere inserito in un organismo di ricerca di livello nazionale ed europeo, ricevendone interessanti sollecitazioni e non mancando di far conoscere i numerosi aspetti positivi che la Calabria ha offerto – ed ancora oggi offre – attraverso la riscoperta di una storia interessante e attraverso gli attuali circuiti culturali».

Molto più concretamente, l’attività dell’Icsaic si manifesta in un’intensa opera di ricerca, riflessione e divulgazione sulla storia contemporanea della Calabria e sui nuovi temi della didattica della storia e si svolge lungo quattro direttrici: la ricerca storica, la conservazione del materiale documentario, la divulgazione dell’attività, la didattica della storia, che vede l’Istituto in posizione di avanguardia rispetto alle tematiche didattiche proposte a livello nazionale ed europeo, grazie ai rapporti intrattenuti con la Commissione per la didattica della storia dell’Insmli e con il Laboratorio nazionale per la didattica della storia (LANDIS) di Bologna.

In che modo si muove l’Istituto? 

Gli strumenti, in dotazione all’Istituto, per la sua opera di documentazione e di diffusione- spiegano i vertici ICSAIC- sono: la “Collana di studi e ricerche”; la “Collana di testimonianze: La memoria e la storia”; i Quaderni dell’ICSAIC; la collana “Prime edizioni”; il “Bollettino dell’Istituto (1985-1996);la “Rivista Calabrese di storia contemporanea” (1998);la “Rivista Calabrese di Storia del ‘900” (2005);le borse di studio e i premi di incentivazione indirizzati alla comunità scolastica per favorire la conoscenza della realtà storica regionale

Ma ci sono anche i seminari di aggiornamento sulle nuove tematiche della didattica della storia, per gli insegnanti di ogni ordine e grado di scuola della regione; le conferenze e i dibattiti – anche con proiezione di filmati – rivolti agli studenti sui temi della storia del ‘900 e in particolare sul passaggio alla democrazia. E anche -novità questa di grande valore culturale- la realizzazione di filmati su particolari aspetti della storia contemporanea calabrese.

Qualche titolo soltanto: La Calabria dal fascismo alla Repubblica realizzato in collaborazione con il Centro Radio-televisivo dell’Università della Calabria; “Fausto Gullo: un comunista calabrese” realizzato in collaborazione con la sede Regionale della RAI; interviste a personalità della storia calabrese e video-presentazioni di libri prodotte in collaborazione con emittenti televisive locali.

Infine, la biblioteca e l’emeroteca, specializzate nella storia della Resistenza, dell’antifascismo e della Calabria, e ricche di numerosi volumi e testate e, in particolare, i fondi Perruso e Commisso; e l’archivio cartaceo, video, fonico, con preziose testimonianze originali della storia contemporanea calabrese. 

Paolo Palma, Vittorio Cappelli e Pantaleone Sergi parlano al Presidente Roberto Fico dei fondi di grande interesse storico di cui gode l’Istituto, quello della Federazione Provinciale del PCI di Cosenza (1943-1980); della Federazione Regionale del PSI (1970-1992); di Paolo Cinanni; Florindo De Luca, Nicola Lombardi, Francesco Malgeri, Emanuele Terrana, eminenti personalità politiche calabresi; e poi ancora Nina Rotstein, internata a Ferramonti, e, in fotocopia, le carte di Fausto Gullo e di Francesco e Saverio Spezzano.

Come dire? Una perla della storia calabrese e che oggi grazie a questa iniziativa ufficiale, prima al Quirinale con Sergio Mattarella, poi alla Camera con Roberto Fico, acquista una dimensione assolutamente nazionale. Lunga vita all’Icsaic.

Paolo Palma ha ringraziato il Presidente Fico per l’incontro ma anche per il contributo determinante che la Biblioteca “Nilde Iotti” della Camera dei Deputati ha dato all’Icsaic per la documentazione relativa alla stesura di alcune biografie e per la complessa organizzazione della parte antologica del volume. (rrm)

MATTARELLA CON I RAGAZZI DI CALABRIA
UN FORTE SEGNALE DI ATTENZIONE AL SUD

di SANTO STRATI – La scelta del Presidente Sergio Mattarella di scendere in Calabria per l’inaugurazione del nuovo anno scolastico va ben oltre la semplice formalità istituzionale del saluto agli studenti: è il segnale – che i calabresi aspettano da troppo tempo – di un’attenzione, forte, che il Paese deve mostrare nei confronti di questa terra. C’è una realtà terribile provocata dalle insopportabilmente troppe vittime della pandemia e i guasti che il Covid ha provocato in ambito sociale ed economico: un peggioramento della situazione in tutto il Sud che incide pesantemente sulla mancata crescita e lo sviluppo sognato.

Mattarella in Calabria rappresenta – ha detto giustamente il senatore Ernesto Magorno – “un dono meraviglioso” e come tale va accolto con entusiasmo perché costituisce per i ragazzi calabresi che domani tornano a scuola – immaginando un anno scolastico post pandemia – con un carico di aspettative diverso dal solito. Bastano i dati raccolti dal Centro Sociale Agape che contano otto ragazzi su dieci che prevedono di andar via dalla propria terra alla fine del percorso scolastico, per lasciar intuire i tanti, troppi, problemi che affliggono la scuola, nel cui ambito il divario nord-sid diventa davvero insostenibile. C’è un abisso che va azzerato, cancellando disuguaglianze e disagi che sono poi alla base di un inarrestabile abbandono scolastico.

Nonostante tre Atenei che sfiorano l’eccellenza e un piano formativo di altissimo livello (le tre Università svettano tra le migliori in Europa), la fuga dei cervelli, l’export della conoscenza e della cultura non si arresta. La spiegazione è semplice: non ci sono prospettive, mancano del tutto opportunità di occupazione stabile, sono assenti politiche attive del lavoro rivolte alle nuove generazioni. Abbiamo rubato il futuro ai giovani in questi ultimi venti anni e continuiamo a negare loro qualsiasi ipotesi di poter mettere su casa, famiglia, vivere nella propria terra, “ripagarla” con le proprie competenze e le capacità acquisite con la formazione negli Atenei calabresi. Invece, le regioni ricche e furbe si accaparrano la meglio gioventù, a costo zero, offrendo loro spesso pessime condizioni di vita nelle metropoli ma mettendo in contrappeso serie e concrete prospettive di sviluppo. Facile accettare disagi e rinunce se si hanno davanti prossime condizioni di vita adeguate e migliori che permetteranno di costruire un qualche futuro.

Il Presidente Mattarella è sempre stato molto sensibile alle istanze dei giovani, ha accolto spesso il loro appello, ma non ha la bacchetta magica, né rientra nelle sue prerogative creare lavoro per i giovani. Nel messaggio che la giovane Giulia Melissari del gruppo Agape (fondato con grande lungimiranza dall’indimenticabile  mons. Italo Calabrò) ha inviato al Capo dello Stato ci sono delle parole che spiegano il sentimento che anima i ragazzi di Calabria, quelli a cui si rivolgerà, in particolare, oggi pomeriggio Mattarella:  «ci sentiamo viaggiatori senza meta e senza biglietto, ovvero senza sogni e senza opportunità». È per questo che la venuta in Calabria di Mattarella (è la terza volta del suo settennato) assume una valenza specifica che diventa monito per il Paese.

La Calabria non è una “fastidiosa incombenza” come qualche politico inopinatamente si è lasciato scappare, ma è una terra ricca di un patrimonio umano straordinario che ha mostrato al mondo intero cosa è capace di fare: ci sono calabresi nei posti apicali in Italia (e in gran parte del mondo), medici, scienziati, imprenditori, uomini e donne delle istituzioni, persone che hanno lasciato la propria terra (raramente per scelta) e che hanno fatto un percorso di eccellenza mostrando competenza, capacità e un grandissimo impegno. Doti che stanno covando centinaia, migliaia, di ragazzi calabresi che se dicono di voler andar via dopo il liceo, in realtà sognano di poter restare nella propria terra, tra i propri affetti, gli amici, a respirare aria di casa.

Occorre pensare non soltanto al lavoro che non c’è e quando c’è è assolutamente precario per i giovani che vogliono restare, ma immaginiamo opportunità serie anche per chi vorrebbe (vuole) tornare. Le nuove tecnologie e il lavoro a distanza hanno mostrato che si può ipotizzare una diversa organizzazione del lavoro: la Calabria non ha una tradizione manufatturiera, non ha bisogno di industrie tradizionali (ma ben vengano, sia chiaro), deve, invece, sfruttare le sue risorse paesaggistiche, turistiche, culturali, artistiche, enogastronomiche e quindi utilizzare il capitale umano di tecnici, specialisti, operatori culturali. Anche dal punto di vista della scienza con la nascita dell’Istituto Renato Dulbecco a Lamezia Terme si aprono grandi opportunità d’impiego per i nostri laureati e i tecnici di laboratorio formati in Calabria: la regione potrebbe (può) diventare un caposaldo internazionale della ricerca scientifica. Il territorio, gli Atenei, il Porto di Gioia, la Zes, le risorse ambientali e artistico-culturali: non c’è da inventare nulla, solo mettere a profitto una politica di investimenti che generi lavoro e produca ricchezza, in un volano di sviluppo dove anche l’indotto diventa fondamentare per offrire nuove opportunità occupazionali e di investimento per imprenditori “coraggiosi”.

Ecco servirebbe mettere in pratica il sogno visionario dell’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Nisticò, farmacologo di fama internazionale, che ha già chiamato a collaborare per il Dulbecco di Lamezia di cui è Commissario ben tre Premi Nobel: Calabria Silicon Valley. Una terra dove ci siano opportunità di lavoro e di crescita in tutti i campi: dalla tecnologia alla scienza, dall’agricoltura biologica all’artigianato di nuova concezione, dalla valorizzazione turistica alla creazione di campus di formazione in grado di fornire master qualificati e qualificanti per i laureati di Cosenza, Catanzaro e Reggio. Non è un sogno, ma una realtà fattibile se solo la politica nazionale smette di considerare la Calabria una colonia e un pesante fardello.

Questa terra ha, con il sudore, le lacrime, il sangue dei suoi emigrati fatto la fortuna delle regioni del Nord che oggi snobbano tutto il Mezzogiorno, che – in realtà – è il “carburante” dell’industria nazionale: togliete i consumi del Sud e spiegateci a chi vende poi i suoi prodotti il Nord ricco e operoso. Quindi far crescere il Sud, offrire migliori condizioni di vita, creare opportunità di crescita e sviluppo, far circolare denaro con nuova occupazione, diventa un grande affare per il Nord. La presenza di Mattarella non darà solo speranze nuove ai ragazzi di Calabria che oggi pomeriggio vorranno ascoltare le sue parole: è il segnale forte che il Paese deve recepire. Se non parte il Sud non riparte il Paese. (s)

I giovani del Centro Agape a Mattarella: Presidente siamo viaggiatori senza meta e senza biglietto

Giulia Melissari responsabile gruppo giovani Centro Comunitario Agape e coordinatrice progetto Mettiamoci una croce sopra ha inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della sua venuta a Pizzo Calabro per l’inaugurazione dell’anno scolastico 2021-2022.
«A nome degli studenti delle 13 scuole calabresi che hanno partecipato al percorso di educazione civica Mettiamoci una croce sopra, che ha ricevuto il Suo apprezzamento personale, – scrive la Melissari – Le esprimo gratitudine per avere scelto una scuola della Calabria per l’inaugurazione del prossimo anno scolastico. La Sua presenza nella nostra martoriata terra che soffre le tante emergenze sociali che la pandemia ha ulteriormente aggravato, ma che ha anche tante risorse che attendono di essere  valorizzate,  è per noi giovani di conforto e d’incoraggiamento. Come Le ho scritto qualche mese fa  ci sentiamo viaggiatori senza meta e senza biglietto, tradotto senza sogni e senza opportunità. Gli studenti calabresi, come emerge dalla ricerca da noi svolta tra quanti andranno per la prima volta a votare, chiedono alle istituzioni ascolto, vicinanza e un reale interesse alla loro formazione. In particolare dalla scuola  che nonostante l’impegno dei docenti ha proposto una didattica a distanza che ha azzerato le relazioni, accresciuto i disagi e l’abbandono scolastico. Su questa agenzia educativa il governo deve investire maggiormente per colmare divari e disuguaglianze ma che va ripensata e adeguata alle nuove esigenze dei ragazzi affinché li aiuti a formarsi ed a inserirsi nel mondo del lavoro.

Caro Presidente, con il nostro progetto assieme ai docenti abbiamo cercato di stimolare gli studenti, di aiutarli dopi questa terribile pandemia a riacquistare fiducia in sé stessi e nella politica e gli abbiamo chiesto nonostante le delusioni di andare a votare. In concomitanza alla sua visita  presenteremo ai candidati a governatore della Calabria  di sottoscrivere un manifesto di proposte elaborato da tanti gruppi giovanili e da singoli ragazzi e soprattutto  di  avviare un profondo rinnovamento ed una discontinuità con le scelte ed i comportamenti dei precedenti governi regionali che purtroppo  hanno aggravato la crisi della nostra Calabria. Queste elezioni sono  forse l’ultima possibilità per le forze politiche di riacquistare anche agli occhi dei giovani credibilità .

A lei chiediamo di continuare a fare tenere dal Governo e dal Parlamento i fari accesi sulla Calabria e su noi giovani in particolare (siamo circa 250.000 quelli che dai 18 ai 30 anni saremo chiamati al voto). Noi vogliamo restare in Calabria ma per potere fare questa scelta abbiamo bisogno che ci siano date  concrete opportunità di formazione e di lavoro».

 

Il Presidente Mattarella inaugurerà l’anno scolastico in Calabria

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 20 settembre, all’Istituto Omnicomprensivo di Pizzo Calabro, inaugurerà l’anno scolastico.

Si tratta della tradizionale cerimonia a cui il Capo dello Stato partecipa insieme al ministro dell’Istruzione e a diverse scolaresche. La presenza di Mattarella in Calabria, per Ernesto Magorno, senatore di Italia Viva, «è un importante segnale di attenzione verso la nostra regione possiamo solo essere grati al nostro Presidente». (rrm)

Mattarella boccia le elezioni, sì a un governo istituzionale a guida Draghi

di SANTO STRATI – Sfuma completamente l’ipotesi Conte Ter e si apre una strada in discesa per un governo istituzionale di altissimo profilo a guida di Mario Draghi. L’ex presidente della BCE ed ex governatore della Banca d’Italia, non sarà entusiasta, vista la sua riluttanza a entrare in politica, ma il suo senso dello Stato gli impedirà di negare il suo aiuto per la soluzione di una crisi che appare, a questo punto, davvero irreversibile. Mattarella lo ha convocato a mezzogiorno al Quirinale per affidargli l’incarico e difficilmente troverà un rifiuto. La storia si ripete: capitò con Ciampi (1993) che mise in piedi il primo governo guidato da un non parlamentare e preparò la sua strada al Quirinale. Un percorso che si attaglia perfettamente a Mario Draghi.

Il suo governo dovrà affrontare grandi sfide, ma l’appello del Presidente Mattarella alla responsabilità a tutte le forze politiche dovrebbe consentire un percorso quantomeno in discesa. Il Recovery Plan, già nella nuova bozza licenziata il 12 gennaio scorso continua a ignorare la Calabria: il nuovo governo dovrà porre rimedio per rispetto alle popolazioni del Mezzogiorno, ma soprattutto di una regione che non può restare a guardare l’ultimo treno che passa e che non ferma in alcuna delle sue stazioni. È presto per essere ottimisti sul Recovery, ma si può essere abbastanza ottimisti su come la soluzione “istituzionale” per la crisi di governo possa offrire la migliore via d’uscita alla situazione politica che rischia di ingessare irrimediabilmente il nostro Paese.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ieri sera, ha spiegato agli italiani, dopo il fallimento della missione esplorativa del presidente Fico, perché non si può andare a nuove elezioni. La soluzione più ovvia vista l’assenza di una maggioranza in grado di sostenere un governo, ma la pandemia, i rischi di incremento pesante di contagi (come è successo nei Paesi in cui si è votato, nonostante la crisi sanitaria) e soprattutto i tempi tecnici per ridare al Paese un governo in piena efficienza dopo il responso delle urne, non consentono di praticare questa via. Quindi, facendo appello a tutte le forze politiche, il presidente Mattarella ha sottolineato la necessità della nascita di un governo istituzionale, di altissimo profilo, in grado di gestire la crisi sanitaria, la campagna vaccinale e la crisi economico-finanziaria, ma soprattutto di rispettare l’improrogabile scadenza del Recovery Plan che va presentato entro aprile all’Europa. Con il rischio più che evidente di mancare questa straordinaria opportunità che l’Europa ci offre, in termini di aiuti monetari, per ricostruire, rimettere in piedi l’economia, ripartire.

L’opzione governo istituzionale (ovvero tecnico con la partecipazione di esponenti di tutti i partiti dell’arco costituzionale) il presidente Mattarella l’aveva messa da conto, proprio in considerazione dell’impossibilità di poter pensare al ricorso alle urne. Un’elezione politica significa contatti, comizi, inevitabili assembramenti. E poi il ricorso alle urne ha una tempistica che l’Italia in questo momento non si può permettere: Mattarella ha ricordato che nel 2013 ci vollero quattro mesi prima che il governo nato dalle urne prendesse pieno potere, addirittura cinque mesi quello del 2018. Non ce lo possiamo permettere – ha detto praticamente Mattarella – abbiamo bisogno di un governo che non svolga solo ordinaria amministrazione, ma sia nella pienezza dei poteri per affrontare i grandi problemi da risolvere: pandemia, crisi economica, welfare e aiuto ad una società di nuovi poveri in continua ascesa.

Chiuso definitivamente il capitolo elezioni anticipate, giacché nessuno può immaginare di mettere in discussione le solidissime argomentazioni del Presidente, si deve pensare, adesso, a fare in fretta. Dove non trova spazio la logica da manuale Cencelli della prima Repubblica e dove le “poltrone” non vengono assegnate in base al peso della formazione di appartenenza. Servono tecnici e personalità competenti, di alto profilo morale ma anche di grande capacità operativa. Il modello di riferimento c’è, la Große Koalition, la grande coalizione, che la cancelliera Merkel nel 2005 riuscì a mettere insieme, dopo le elezioni tedesche che non avevano prodotto una maggioranza in grado di dar vita a un esecutivo. Un modello, in piccolo, tentato anche da Enrico Letta defenestrato poi dallo stesso Renzi che ha provocato la crisi odierna. Una crisi inspiegabile se non si considera la disperata esigenza di visibilità dell’ex presidente del Consiglio: ha vinto la prima mano, nel senso che ha ottenuto il quarto d’ora di notorietà che aveva perduto, ma s’è giocato il banco, attirandosi l’ira degli italiani, giustamente indignati di fronte al mercatino delle poltrone che indecorosamente la politica ha offerto nelle ultime 48 ore. Serve il ritorno alla serietà, alla dignità della politica, ne abbiamo bisogno tutti. E Draghi è l’unica risposta. (s)

CAOS SANITÀ CALABRIA, GAUDIO RINUNCIA
HA PREVALSO LA “MACCHINA DEL FANGO”

di SANTO STRATI – Se non fosse drammatica e grottesca la situazione del commissario della sanità che dura un giorno, ci sarebbe persino da sorridere. E invece la Calabria piange, i calabresi si guardano smarriti e sbigottiti di fronte a una situazione che neanche il genio del teatro dell’assurdo come Ionesco avrebbe mai potuto immaginare. Senza guida politica, senza guida sanitaria e con livelli di contagio che crescono inesorabilmente. Siamo al caos politico, amministrativo, sanitario e non ci sono soluzioni. Funziona, invece, la macchina del fango, quella che ha portato alla quasi immediata rinuncia del commissario Eugenio Gaudio: l’ex Rettore della Sapienza aveva espresso qualche settimana fa (prima che venisse varato il nuovo decreto Calabria) la propria disponibilità a collaborare insieme con il Rettore dell’Università Magna Graecia Giovambattista De Sarro, al cardiologo Franco Romeo, al farmacologo Giuseppe Nisticò e altre eccellenze della sanità di origine calabrese, per aiutare la propria terra. Una squadra di tecnici (a zero costi) per affrontare in modo serio le criticità della sanità calabrese e affiancare un commissario in grado di sfruttare a pieno queste risorse aggiuntive di straordinaria competenza.

Poi è arrivato il decreto Calabria, una brutta copia di quello precedente che era stato portato in trionfo a maggio dell’anno scorso dai Cinque Stelle (in prima fila c’era l’ex ministra della Salute Giulia Grillo) per poi essere disprezzato per gli evidenti danni che ha provocato ai calabresi. E il governo ha, di fatto, prorogato il vecchio decreto, aggiungendo risorse finanziarie (per il personale, 25 amministrativi in più per la gestione, non per migliorare i servizi e assumere il personale sanitario necessario). E dopo il decreto è scoppiato il caso Zuccatelli, costretto dal partito (LeU) a rinunciare all’incarico per salvare la faccia al ministro Speranza che lo aveva indicato senza la minima incertezza. E quindi, ieri all’ora di pranzo, la designazione di Gaudio: uno scienziato, ex Rettore della Sapienza, con grandi competenze anche amministrative (sotto di lui la Sapienza è cresciuta nei conti e nelle iscrizioni). In più, persino calabrese, innamorato da sempre della sua terra. Bene, appena si è sparsa la notizia della designazione che spiazzava i desiderata di Nicola Morra, il presidente grillino della Commissione Antimafia, paladino della nomina di Gino Strada, si è scatenata la macchina del fango. Ma è un “indagato”! È stato un tam tam vergognoso, fango mediatico per cui i giornali nazionali, i tg, le testate online – salvo qualche piccola eccezione in cui rientra orgogliosamente Calabria.Live – non hanno parlato delle competenze scientifiche, dei meriti amministrativi, delle oltre 500 pubblicazioni, delle capacità e dell’apprezzamento internazionale che circonda la sua figura. No, hanno parlato solo dell’indagine catanese che lo riguardava (e che, pare, sia stata proprio oggi archiviata). “Evviva il nuovo commissario, ma è indagato!”. Non rinviato a giudizio – badate bene – né condannato, bensì coinvolto in un’indagine su concorsi universitari dove non era nemmeno tra gli esaminatori. Un sistematico processo di delegittimazione amplificato dai media senza alcuna vergogna: ma siamo sicuri di vivere in un Paese civile?

Il metodo Boffo dice qualcosa? Delegittimare una persona perbene per mezzo dei media e dei social è diventato uno sport nazionale e l’obiettivo è facilmente raggiungibile grazie anche a meccanismi perversi della comunicazione digitale. Il tam tam negativo prende subito piede: non importa se la persona indicata da Palazzo Chigi, una volta tanto, appare la persona giusta nel posto giusto, non importa che ci siano competenze e capacità, no è rilevante che sia “indagato” per cui “indegno” della nomina.

E una persona perbene che fa? Se prima ancora di aver detto una sillaba è sommerso dal fango mediatico che – appare chiaro – è solo l’inizio, che fa? Rinuncia, con la scusa dell’improbabile crisi familiare (“mia moglie non vuole trasferirsi a Catanzaro”) su cui nessuno può dire nulla e torna alle sue ricerche, al suo lavoro scientifico, al suo amato pianoforte, con l’amarezza di non aver potuto fare nulla di quanto si riprometteva a favore della Calabria e dei calabresi. L’amarezza è una brutta consigliera, soprattutto se non si hanno naturali doti di combattente: Eugenio Gaudio è una persona mite, squisita, garbata, troppo lontano dai giochi della politica per tirar fuori le unghie e combattere contro le infamie e gli spregiudicati attacchi mediatici. No, preferisce ritirarsi, con una modesta quanto risibile motivazione di sapore coniugale, anche se in fondo la delusione della rinuncia deve pesargli non poco. Amarezza accentuata ieri sera dalle dichiarazioni di Gino Strada sul suo profilo facebook: «non esiste alcun tandem con Gaudio». Una scorrettezza imperdonabile tipica di chi è abituato a gestire il potere da solo.

Ma il paladino Gino Strada (nobilissimo e apprezzabile il suo impegno speso in mezzo mondo a favore dei diseredati privi di assistenza medica) forse non aveva nemmeno voglia di fare il commissario in Calabria. Ci sono state delle telefonate con Palazzo Chigi, nulla di più – confesserà – ma non ho avuto alcuna proposta. E soprattutto nessuno gli ha spiegato il tipo di impegno richiesto. A tarda sera è trapelata una possibile intesa di collaborazione tra Protezione Civile ed Emergency, ma che c’azzecca col i guasti della sanità calabrese?

Per i Cinque Stelle era il nome/marchio di qualità per imbastire una nuova campagna di immagine per cercare di ridare un po’ di smalto al Movimento (missione impossibile, visto che continuano a litigare tra di loro), ma nulla di più. In realtà, non serve un Gino Strada alla Calabria, serve un manager con competenze scientifiche che abbia, prima di tutto capacità e voglia di rivoltare come un calzino la scassatissima amministrazione della sanità calabrese.

E non siamo i soli a pensarla così. Proprio ieri sera (martedì) da Lilli Gruber il procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri ha demolito in due battute il “capriccio” pentastellato di nominare Gino Strada. «Non serve alla Calabria – ha detto Gratteri –. Non servono ospedali da campo, ci sono 18 ospedali inutilizzati. Non siamo in Africa o in Afghanistan, serve competenza amministrativa». Serve dire basta alle ruberie, non montare ospedali da campo. E ci sono – ha detto Gratteri – fior di professionisti calabresi sparsi per il mondo: serve un calabrese emigrato per fame o perché ha rifiutato di partecipare a concorsi truccati, magari figlio di falegnami o contadini, che è andato a studiare al Nord e s’è costruito una carriera ammirevole e pulita. «Il nome ce l’ho – ha dichiarato alla Gruber – ma non lo lo dirò mai».

E il ministro Speranza, sempre meno rappresentativo del cognome che porta, sempre in tv ha difeso Zuccatelli, e ha tessuto elogi sul decreto Sanità che per la Calabria permetterà di cambiare tutto (film già visto, ministro). Ma ha detto che sulla nomina del commissario – da individuare e scegliere subito – non vuole metterci il naso. I calabresi, caro ministro, non ci credono più. Hanno avuto, per un istante, la sensazione di avere vinto una battaglia di civiltà (con la nomina dell’eccellente calabrese Gaudio) per scoprire subito dopo che probabilmente perderanno la guerra. Ma non siamo così pessimisti: i 400 sindaci di tutta la Calabria, dai capoluoghi ai minuscoli Comuni, che domani si ritroveranno a mezzogiorno a protestare davanti a Palazzo Chigi rappresentano la voglia di riscatto dei loro cittadini, il rifiuto dei calabresi di nuove e continue colonizzazioni, il bisogno di dire “adesso basta”.

Lo tenga a mente il presidente del Consiglio Conte. Lo tenga a mente anche il Presidente della Repubblica che invitiamo ancora una volta a dare domani un segno di attenzione a questi primi cittadini che vogliono una “carezza” del Capo dello Stato. Una “carezza” che è quella dell’Italia, una e sola, senza cittadini di serie a e serie b. Un’Italia che senza la Calabria e senza il Sud non può andare da nessuna parte. (s)

 

«Scegliamo di studiare in Calabria e restarci». L’eccellenza della bella gioventù al Quirinale

di SANTO STRATI – Dalla cerimonia di consegna delle onorificenza per i nuovi 25 Cavalieri del Lavoro e dei 25 (+1 ex-aequo) giovani alfieri della Repubblica (gli studenti più meritevoli d’Italia) viene una bellissima lezione a voce delle due ragazze calabresi insignite da Mattarella. Sofia Zanelli (di Rende) e Anna Accorinti (di Tropea) un voto di maturità che rasenta il 10 (il massimo) hanno le idee chiare e sono il simbolo migliore della bella gioventù calabrese che non è disposta a rassegnarsi: «Vogliamo studiare in Calabria per poi restare ed essere utili alla nostra terra, per contribuire alla sua rinascita».

Ascoltate le loro dichiarazioni a Calabria.Live nel video che segue. C’è la fierezza e l’orgoglio di una calabresità da invidiare, c’è la determinazione che non fa da schermo a una tiepida speranza, c’è la convinzione che occorre fermare l’emorragia di giovani che, sempre più, lascia la Calabria, per non tornare più. Risorse, capacità, intelligenze costrette ad lasciare, ma non è una fuga, è una necessità e, insieme, la condanna implacabile di una cecità politica che non ha fatto e non fa nulla per fermare questa nuova diaspora di giovani calabresi. Nessuno parte più con la valigia di cartone, sono giovani preparati, laureati, tecnici specializzati, dottorandi, ricercatori di altissimo livello: per loro non c’è alcuna opportunità., se non mortificanti proposte di lavoro precario e sottopagato.

E questa bellissima gioventù, capace, competente, diventa ricchezza a costo zero (li abbiamo formati in Calabria, li costringiamo a partire) per le ricche regioni del Nord o il resto del mondo, dove vengono apprezzati e dove conquistano rapidamente posizioni di grande prestigio. I calabresi nel mondo sono l’orgoglio della Calabria, ma rappresentano anche la mortificazione più grande per una madre che li ha cresciuti per poi abbandonarli: la loro terra, qualcuno dirà, non li merita, ma non è così. La capacità e l’ingegno dei calabresi sono frutto di un’atavica tradizione di rivalsa nei confronti del mondo che finisce a non poter fare a meno di loro. Il calabrese per affermarsi ci mette un impegno superiore a quello dei suoi coetanei, sa in partenza che la strada è tutta in salita, ma l’orgoglio dell’appartenenza, la calabresità che pulsa nel cuore, sono una molla straordinaria per conquistare vette che per molti sono impossibili da scalare. Basta guardare il lunghissimo elenco di personalità del mondo delle istituzioni, dell’impresa, del lavoro, della cultura, della scienza in ogni angolo del mondo, di cui si scopre l’origine calabrese. Gente che tiene la Calabria nel cuore e non dimentica la propria terra, soprattutto quando diventa importante, ricca e famosa. Gli esempi sono tantissimi, ne scriviamo in continuazione, con orgoglio. Ne condividiamo i successi, facciamo in modo che siano l’esempio migliore per i nostri giovani. Ma l’esempio, da solo, non basta. Occorre offrire stimoli, occasioni di riscatto sociale, occasione di crescita professionale, possibilità di ulteriore specializzazione e, soprattutto, l’opportunità di mettere a frutto – per la propria terra – competenze e capacità.

Cosa è stato fatto in questi anni? Cosa è stato offerto, cosa viene offerto ai nostri ragazzi, alla nostra migliore gioventù? Parole, promesse, vuoti e illusori impegni, peraltro mai mantenuti. Anche il presidente Sergio Mattarella, in Quirinale, nel suo discorso di martedì ha detto che «Troppo spesso, molti giovani debbono lasciare il nostro Paese, cercando altrove opportunità che qui tendono a rarefarsi. Occorre far sì che il nostro sia un sistema sempre più aperto, con un dialogo virtuoso tra giovani, istituzioni, sistema formativo, imprese. L’eccesso di cautela come regola ineludibile, il rifuggire da qualsivoglia margine di rischio nei finanziamenti chiude spazi all’innovazione, a iniziative che andrebbero, al contrario, incoraggiate».

Mattarella con i nuovi 26 Alfieri della Repubblica
Il presidente Sergio Mattarella con i nuovi 26 Alfieri della Repubblica, gli studenti più bravi d’Italia, insigniti del riconoscimento lo scorso 22 ottobre

«Mettere fianco a fianco, – ha detto il presidente Mattarella – come abbiamo appena fatto, i 25 nuovi Cavalieri del Lavoro con 25 giovani Alfieri rappresenta, simbolicamente, un impegno che non riguarda soltanto i singoli premiati di oggi ma deve coinvolgere tutte le componenti attive del nostro Paese». Secondo il Capo dello Stato «Occorre investire, quindi, con coraggio e intelligenza nel capitale sociale del Paese. Scuola, formazione, ricerca, sostegno alle iniziative giovanili sono fondamentali per dare vita a un nuovo ciclo virtuoso, guidare l’innovazione e creare occupazione di qualità».

Grazie, Presidente delle belle parole, ma i nostri governanti non ascoltano il suo grido d’allarme sul futuro delle nuove generazioni, come fanno finta di non sentire le istanze che provengono dai giovani calabresi, indignati, ma non rassegnati, che credono fiduciosi nella possibilità di rinnovamento e di cambiamento. Il mondo, con la Rete, è diventato molto più piccolo, non c’è più la ristrettezza della provincia o del borgo sperduto tra le montagne: c’è una connessione continua non solo di carattere telematico, ma un continuum di idee da condividere, l’esigenza di un confronto dialettico tra le varie esperienze e le singole competenze, per costruire. Ecco, la parola magica è proprio questa, “costruire”: i nostri giovani vogliono costruire il loro futuro nella terra che li ha visti nascere. Vogliono affinare le proprie competenze all’estero (e questo è giustissimo) conoscere il mondo, allargare gli orizzonti, ma amerebbero vivere una qualità della vita che, spesso, le metropoli “che non dormono mai” o perennemente attive non offrono più. Vogliono tornare, se partono per fare nuove esperienze migliorative delle proprie competenze, ed essere utili alla propria terra, per crescere insieme con i propri cari, con gli amici, con i figli che verranno, e condividere con i conterranei progetti di crescita e sviluppo. Protagonisti del futuro. Quel futuro che qualcuno pensa di poter continuare a rubare se non diremo finalmente BASTA!. (s)