SVIMEZ, IL SUD RINUNCIA ALL’UNIVERSITÀ
MA ALL’UNICAL CRESCONO LE DOMANDE

di SANTO STRATI – La grande fuga dall’Università: la Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, lancia l’allarme sulla rinuncia di troppi giovani agli studi universitari, anche a causa della crisi economica conseguente al Covid. Almeno 10mila quest’anno e di questi due terzi (6300) appartengono a regioni del Sud. Per fortuna, la Calabria è in controtendenza: all’Unical ci sono già 785 domande di ammissione in più rispetto al 2019 (+ 15%) e c’è ottimismo anche alla Mediterranea di Reggio e alla Magna Graecia di Catanzaro. Un segnale importante di come i giovani calabresi abbiano in grande considerazione i percorsi formativi e di specializzazione. L’Unical, peraltro, continua a segnare incrementi di posizione nel rank di valutazione delle università più importanti al mondo e sarebbe opportuno che fossero ulteriormente allargati gli impegni della Regione nei confronti dei tre atenei calabresi. Abbiamo tre università che sfiorano l’eccellenza e rappresentano una significativa attrazione per i giovani: non ci sarebbe da stupirsi se venisse invertita la tendenza che ha caratterizzato gli anni del secondo Novecento: i giovani calabresi andavano a studiare fuori (non c’era l’università in Calabria), da Reggio a Messina, da Cosenza e Catanzaro a Napoli, Roma, Pavia, Bologna. Purtroppo, diventava spesso un biglietto di sola andata: le capacità dei nostri ragazzi venivano valorizzate e apprezzate, diventava facile farli restare. Risorse giovani, fresche capacità, che hanno fatto la fortuna del Centro-Nord. Non a caso, molti dei più apprezzati professionisti nel campo della medicina, della scienza, della giurisprudenza che occupano oggi posti di grande rilievo in tutt’Italia appartengono a quella schiera di universitari “in trasferta”, orgoglio di una Calabria matrigna che li ha lasciati andare senza mai offrire un minimo di opportunità

I tempi sono cambiati, molte problematiche rimangono: i nostri laureati sono presi di mira da multinazionali, grandi aziende, imprese europee, che intuiscono il potenziale rappresentato da competenza, capacità e voglia di arrivare. Lo ripetiamo spesso, negli ultimi trent’anni è stato rubato il futuro ai nostri ragazzi, costretti ad andar via (240mila) lasciando famiglie, affetti, qualità della vita che Milano, Roma, Londra o New York non riescono a dare. E allora occorre investire sull’università, sulla formazione, sulla specializzazione, costruendo opportunità di crescita in casa propria. Il settore è ampio: innovazione, biotecnologie, turismo, agricoltura biologica, cultura, ambiente. In ognuno di questi campi c’è bisogno di menti pensanti, di giovani capaci che sarebbero felici di mettere le proprie risorse e le loro competenze al servizio della loro terra.

L’Italia, di per sé, non brilla per immatricolazioni universitarie: secondo l’Ocse siamo al 54% contro il 73% della Spagna, il 68% delle Germania, il 66% delle Francia. Questi dati fanno emergere un basso grado di istruzione terziaria fra i 30-34enni che nel 2018 si è fermato al 34% contro una media europea del 45,8%. E nel Mezzogiorno, il dato, come fa rilevare la Svimez, scende al 26,8%, 12 punti in meno rispetto al 38,2 del Centro Nord.

La Svimez ha fatto notare che «la crisi economica 2008-2009 che si è trascinata fino al 2013 ha determinato un impoverimento delle famiglie che, non adeguatamente supportate dalle politiche pubbliche, ha provocato un crollo delle iscrizioni alle Università, soprattutto nel Mezzogiorno. Tra il 2008 e il 2013 il tasso di passaggio Scuola-Università nel Mezzogiorno è crollato di 8,3 punti percentuali, quattro volte la diminuzione del Centro-Nord (1,6 punti). In un quinquennio gli iscritti si sono ridotti di oltre 20 mila unità nelle regioni del Mezzogiorno. Anche nel Centro-Nord, la crisi aveva determinato un calo del tasso di proseguimento degli studi (-2 punti circa) ma per effetto della crescita dei diplomati non si è determinato una flessione del numero complessivo degli iscritti. La ripresa degli immatricolati e del tasso di passaggio nel periodo di debole ripresa (2013-19) ha consentito solo un parziale recupero per il Mezzogiorno, ancora lontano dai valori del 2008, a differenza del Centro-Nord che è ritornato sui valori precrisi. Secondo il dato più recente, 2019, il Mezzogiorno ha ancora 12.000 immatricolati in meno rispetto al 2008 e un tasso di passaggio di oltre 5 punti percentuali più basso. Viceversa, il Centro-Nord ha registrato per l’intero periodo un incremento di 30.000 immatricolati circa e un aumento di oltre un punto percentuale del suo tasso di passaggio».

La Svimez, alla luce di queste proiezioni, ha elaborato una serie di proposte che non dovranno essere trascurate, perché significativamente di grande impatto: «Rendere sistematica la proposta strutturale del Ministero dell’Università di estendere la no tax area da 13.000 a 20.000 in tutto il Paese, prevedendo innalzamento a 30.000.

«Prevedere, in conseguenza della crisi, una borsa di studio statale che copra l’intera retta 2020 nelle Università pubbliche, vincolata al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano di studi nel primo anno di corso.

«Considerare l’Università come fondamentale infrastruttura pubblica dello sviluppo destinando risorse specifiche del piano europeo Next Generation per rafforzare il diritto allo studio nelle regioni a più basso livello di reddito così da evitare che la crisi anche questa volta finisca per aumentare le diseguaglianze.

«Valorizzare le infrastrutture della ricerca, sostenendo le esperienze positive esistenti nel Mezzogiorno attraverso il rafforzamento di 4-5 poli di formazione, ricerca e innovazione che possano diventare attrattori di capitale umano qualificato e imprese innovative.

«Garantire un investimento sulle infrastrutture digitali che colmi il divario esistenti tra Atenei del Nord e Atenei del Sud. La crisi ha dimostrato l’utilità degli strumenti digitali e il Mezzogiorno deve farsi trovare pronto per evitare un ulteriore acuirsi del fenomeno della fuga dei cervelli in versione digitale.

«Definire un piano organico di interventi per l’Università che coinvolga anche altri livelli istituzionali. Regioni o altri Ministeri, possono fare la loro parte prevedendo ulteriori misure a sostegno dei giovani che intendono intraprendere la carriera universitaria. Non solo in termini di tasse universitarie ma anche di servizi agli studenti, trasporti pubblici, diritto allo studio. La Campania, la Sicilia, la Puglia hanno già dato ottimi segnali in questo senso».

Nel 2020 la stima sugli studenti “maturi” è di 292mila unità al Centro-Nord e circa 197mila nel Mezzogiorno. Di questi ultimi, il 3,6% potrebbe rinunciare a proseguire gli studi (percentuale che scende all’1,5 nel Centro-Nord). Ci sono, però, questi segnali positivi che arrivano dagli atenei calabresi: la voglia di crescere culturalmente con una formazione universitaria è forte e l’incremento delle domande (rispetto alla contrazione degli anni passati) lascia ben sperare. I nostri ragazzi mostrano una grande capacità, sono il nostro futuro, facciamoli studiare, ma non costringiamoli, poi, ad andar via. (s)

Quasi 43 i milioni per i comuni della Calabria
destinati a iniziative sociali, scuole e comunità

Dei 300 milioni destinati ai Comuni del Mezzogiorno dal Fondo Infrastrutture sociali, ben 42.878.013 andranno alla Calabria: lo ha annunciato il ministro per il Sud e la Coesione Sociale Peppe Provenzano. La somma, ripartita in quattro anni, è stata sbloccata, dopo un confronto con l’Associazione dei Comuni d’Italia (Anci) e con la presa d’atto della Conferenza Stato-Città. Sono risorse destinate a privilegiare le amministrazioni locali del Mezzogiorno e in particolar modo le città piccole e medie. I fondi sono destinati a nuovi interventi, manutenzioni straordinarie, su scuole, strutture e residenze sanitarie, edilizia sociale, beni culturali, impianti sportivi, arredo urbano, verde pubblico e altri ambiti della vita sociale.

Ripartizione fondi sociali Calabria

Le somme sono state ripartire secondo un criterio inversamente proporzionale alla popolazione di riferimento, proprio per avvantaggiare i piccoli comuni. In questo modo viene garantito anche a un comune di 500 abitanti un contributo totale di 32.000 euro (mentre un comune con popolazione maggiore di 250.000 abitanti riceverà un contributo totale pari a 655.000 euro), relativamente maggiore in pro capite. Si abbandona il criterio storico di attribuzione delle risorse e si pone attenzione alle zone deboli del paese per offrire a tutti i cittadini le medesime opportunità.

Soddisfatto il ministro Provenzano, convinto meridionalista (è stato vicedirettore della Svimez), il quale ha voluto sottolineare che «Grazie a questi trecento milioni le amministrazioni locali potranno investire subito per garantire servizi sociali e spazi pubblici, anche con piccoli interventi che contribuiscono a rilanciare, soprattutto dopo la pandemia, l’economia locale e la qualità della vita. Il decreto mette al centro i Comuni, e finalmente riconosce risorse adeguate anche ai piccoli e piccolissimi per prendersi cura delle persone e delle comunità, in ragione delle fragilità troppo spesso ignorate da un’azione pubblica che non deve più fare parti eguali tra diseguali».

Il ministro, in un post, ha sottolineato che «anche il rilancio della Strategia Nazionale Aree interne va avanti, lo dimostrano i 120 milioni di euro stanziati nel dl Rilancio a sostegno delle attività economiche, artigiane e commerciali e la nomina che ho appena firmato di Francesco Monaco coordinatore del Comitato nazionale delle aree interne, che con il suo profilo aiuterà a rinnovare la centralità e l’importanza di un punto di vista attento al protagonismo locale nella governance. Le aree interne, i comuni medi e piccoli sono un’opportunità. Lo abbiamo visto durante la fase più acuta della pandemia, mettiamola ora al centro della ripartenza».

Ha espresso la sua soddisfazione anche il Presidente dell’Anci Antonio Decaro, secondo il quale, «grazie alla collaborazione collaborazione tra il sistema dei Comuni e il governo, questo fondo potrà incidere su territori che hanno maggiori bisogni, come i centri piccoli e medi del Sud, e soprattutto in un settore che, mai come ora, ha esigenza di cure, quello del sociale: scuole, verde pubblico, impianti sportivi, arredo urbano, edilizia sociale potranno godere di interventi piccoli e grandi spesso indispensabili e urgenti. I Comuni sono ottomila centri di spesa diffusi su tutto il territorio. Ogni risorsa che ci viene affidata per realizzare o anche solo apportare migliorie al patrimonio di luoghi in cui si erogano i servizi sociali coglie due obiettivi, entrambi essenziali: migliorare l’aspetto e la fruibilità delle nostre città e paesi e attivare un’immediata circolazione economica a livello locale».

La dotazione più cospicua delle risorse destinate alla Calabria spetta a Cosenza con oltre 16 milioni (150 comuni), seguono Reggio con quasi 10 milioni e mezzo (97 comuni), Catanzaro con poco più di 8 milioni (80 comuni), Vibo Valentia 5 milioni (50 comuni) e ultima Crotone con poco più di 3 milioni (27 comuni). (rp)

E SUI BILANCI COMUNALI CONTE RASSICURA I SINDACI

Il sindaco metropolitano di Reggio Giuseppe Falcomatà. responsabile Mezzogiorno dell’Anci, ha riferito che «Il Presidente Conte ha accettato tutte le priorità sottolineate dai Sindaci e sono convinto che il Governo manterrà la parola data. Ci aspettiamo che al suo impegno personale ora seguano i fatti. Al più presto il Ministero delle Finanze deve individuare norme e risorse per mettere a disposizione i 3 miliardi indispensabili per far fronte ai servizi essenziali per i cittadini, oltre alle norme per mettere in sicurezza i bilanci comunali. Staremo a vedere».

«In queste settimane – ha detto Falcomatà – abbiamo lavorato insieme ai sindaci metropolitani per individuare gli aspetti prioritari per questa fase di rilancio servono più risorse, il doppio di quelle fino ad oggi previste, e strumenti normativi più incisivi per velocizzare le procedure e sburocratizzare i processi su alcuni aspetti fondamentali: le politiche per il sostegno alla famiglie, a partire dal rinnovo dei buoni spesa, il rilancio delle imprese, il trasporto pubblico locale, il turismo, ma anche una maggiore flessibilità finanziaria per i bilanci comunali, la sospensione dei piani di riequilibrio e poteri commissariali per procedure più veloci e meno burocratiche su appalti e lavori pubblici». «Su questi temi abbiamo ricevuto piena condivisione dal Presidente Conte – ha concluso – Ora ci aspettiamo che alle parole seguano velocemente gli atti necessari per dare seguito al piano per la ripresa socioeconomica dei territori». (rrc)

Svimez: «Il Mezzogiorno non è una causa persa» La Calabria cenerentola d’Italia a -0,3 % di Pil

di SANTO STRATI – È l’unica regione, non solo nel Mezzogiorno ma anche in Italia, ad accusare una flessione del Pil, -0,3% nel 2018: la Calabria è la cenerentola del Paese e, al contrario delle altre regioni meridionali che mostrano timidi segnali di ripresa, rivela la sua ormai cronica debolezza nella crescita. Il Rapporto Svimez 2019 offre una fotografia reale della disuguaglianza Nord-Sud, impietosa nei confronti di chi ci ha governato in questi ultimi dieci anni, spiega come la politica italiana si sia dimenticata del Mezzogiorno. Di come abbia indebolito il contributo del motore interno della crescita, trascurando il Sud e la sua gente. Il risultato è che rispetto al 2018 siamo sotto di dieci punti rispetto ai livelli di dieci anni prima.

Luca Bianchi, direttore dello Svimez, introdotto dal presidente Adriano Giannola, espone con chiarezza e lucida convinzione i dati che, implacabili, le slides del Rapporto mostrano sullo schermo numeri incontrovertibili che segnano inequivocabilmente il cosiddetto divario, non solo territoriale, ma anche sociale tra Nord e Sud. Quello che colpisce di più è la povertà in campo che si registra in campo educativo (300mila ragazzi nel Mezzogiorno si fermano alle III media), preludio alle altre povertà economiche e di crescita sociale.

Non è sufficiente la considerazione che le disuguaglianze fanno sì che possa parlare solo di debole recessione, se non di stagnazione, a livello nazionale, il punto che emerge dall’affollato incontro alla Sala dei gruppi parlamentari della Camera, è che – a politiche invariate – il Mezzogiorno viaggia al 6,1% contro il 21,6 % nazionale della spesa pubblica. Lo scippo continuerà fino a che non sarà riaffermata, in modo univoco, la centralità della clausola del 34% da destinare al Mezzogiorno. Non solo per la spesa corrente, ma per ogni utilizzo di fondi strutturali e di fondi addizionali (di provenienza UE), così da annullare quella che il ministro per il Sud, Peppe Provenzano, ha significativamente indicato come “divergenza”. Ecco, il divario che non è solo territoriale, ma, ben più in profondità, sociale, va colmato con iniziative, investimenti, con progetti di cui andrà valutata non solo l’efficacia ma anche l’efficienza.

Proprio questo aspetto, quello dell’efficienza, mostra la parte debole del discorso investimenti. C’erano a disposizione circa 110 miliardi, il nostro Paese ne ha appena utilizzati 2. Non mancano le risorse finanziarie, manca la capacità di spesa. Viene meno l’efficienza dell’apparato pubblico che non risponde alle esigenze di imprenditori, investitori pubblici e privati, e lascia decadere ogni iniziativa.

L’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, su questo tema, provocatoriamente, ha detto se dobbiamo chiederci se il Sud vuole lo sviluppo. Certo che lo vuole, ma occorre dare una svolta all’abitudine di valutare le iniziative in termini di obiettivi e di strumenti. Il vero elemento di competizione – ha detto Arcuri – è il tempo. Il riferimento alle capacità straordinarie della nostra gente viene da due esempi: l’Autostrada del Sole, costruita in cinque anni (e consegnata con sei mesi di anticipo) e i lavori sul canale di Panama (a matrice italiana): si scopre, poi, che in Italia per fare trenta km di ferrovia ci vogliono vent’anni. La risposta a questo “giallo”, a questo mistero che avvolge la tempistica assurda che caratterizza ogni progetto sta – secondo Arcuri – nella moltitudine di attori interessati alle dinamiche dello sviluppo. Occorre sfoltire in termini di età media la pubblica amministrazione e, soprattutto, fornire ai responsabili la tranquillità di firmare senza il terrore di essere poi perseguiti dalla giustizia contabile per eventuali errori, anche se commessi in buona fede.

Marcella Panucci
Da sinistra: Domenico Arcuri, Ad di Invitalia, Adriano Giannola e Luca Bianchi della Svimez e il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci

Il direttore generale di Confindustria, la calabrese Marcella Panucci, ha insistito proprio su questo punto: la pubblica amministrazione è debole al Sud, va rinforzata e preparata ad affrontare i problemi autorizzativi, con competenza e autorevolezza, ma senza la spada di Damocle di una giustizia amministrativa pronta a richiedere il danno erariale. D’altro canto – ha evidenziato il ministro Provenzano – l’età media nella pubblica amministrazione è di 55 anni: come si può parlare di innovazione se non si svecchia questa classe dirigente inserendo le migliaia di giovani preparati e capaci di captare le trasformazioni e i vantaggi nelle valutazioni che la tecnologia offre?

Il presidente Giannola ha detto che occorre guardare alla storia per capire le problematiche del Mezzogiorno. La crisi non è solo di natura economico-finanziaria: c’è una crisi di natalità, che è il fenomeno più preoccupante – ha rilevato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – che deriva dalla grande disuguaglianza che affligge il territorio. Servono tre milioni di posti di lavoro per il Mezzogiorno, senza i quali si andrà a svuotare ancor di più il nostro Meridione. E Conte, ribadendo il suo ormai abituale ritornello «Se riparte il Sud riparte l’Italia» si è detto soddisfatto delle misure previste dalla manovra a favore del Mezzogiorno e ha annunciato il prossimo varo del Piano per il Sud.

«Un piano per l’Italia – gli ha fatto eco il ministro Provenzano – perché occorre pensare soprattutto ai giovani e alle donne (anche qui il divario in termini occupazionali col Nord è terribile) guardando alla bio-economia, all’agricoltura, all’energia da fonti rinnovabili. Contro la logica della contrapposizione del territorio che indica stupidamente al Sud l’assistenza, al Nord lo sviluppo, bisogna radicalmente cambiare registro. «L’Italia vive della sua unità» ha esordito nel suo intervento il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra: la dispersione scolastica è un problema intollerabile e servono misure che fermino questo inaccettabile gap.

Il lavoro, gli investimenti, nuove progettualità e voglia di innovare. Il presidente Conte è ottimista: le risorse saranno distribuite con la clausola del 34% (che corrisponde alla percentuale degli abitanti del Mezzogiorno). Ma, avverte Conte, non basta stanziare risorse, bisogna saperle spenderle. «Definanzieremo i progetti che non vanno avanti: una task force avrà il compito di controllare e verificare l’attuazione degli investimenti fino al loro completamento». Basterà per il rilancio del Sud? Intanto è una buona base di partenza. (s)

Svimez, la Calabria a -0,3% del Pil. In corso la presentazione del rapporto 2019

Uno scenario insostenibile, quello che emerge nel Rapporto 2019 della SvimezL’economia e la società del Mezzogiorno, in corso di presentazione al Palazzo dei Gruppi Parlamentari della Camera di Roma.

«Entro i prossimi 50 anni – si legge nel Rapporto – il Paese si ritroverà con una popolazione molto più piccola e decisamente invecchiata, in particolare il Mezzogiorno il destinato a un lento e pesante declino demografico».

Secondo quanto emerge dal Rapporto, «per effetto della rottura dell’equilibrio demografico – bassa natalità, emigrazione di giovani, invecchiamento della popolazione – il Sud perderà 5 milioni di persone e, a condizioni date, quasi il 40% del Pil. Solo un incremento del tasso d’occupazione, sopratutto femminile, può spezzare questo circolo vizioso».

I dati più preoccupanti, però, riguardano la Calabria, che è l’unica regione del Mezzogiorno – e in Italia – ad accusare una flessione del Pil nel 2018 (-0,3%), mentre la Campania ha registrato crescita zero, la Puglia, insieme all’Abruzzo e alla Sardegna, hanno registrato, nel 2018, il più alto tasso di crescita.

Nel corso della presentazione, è intervenuto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha dichiarato che «il Governo intende promuovere un piano strutturale di investimenti e di misure e di rilancio per il Mezzogiorno».

«Entro la fine dell’anno – ha proseguito il presidente Conte – sarà varato un Piano per il Sud. Una delle priorità del nostro Piano, è quella di realizzare un vero riequilibrio territoriale della spesa ordinaria per investimenti che, negli ultimi decenni, non è stata distribuita tra le Regioni italiane in misura proporzionale alla popolazione residente». (rrm)

Allarme della Svimez sulla Calabria: pil -0,3%. Mancano al Sud tre milioni di posti di lavoro

di SANTO STRATI – Al Mezzogiorno mancano quasi 3 milioni di posti di lavoro per colmare il gap occupazionale col Centro-Nord e la Calabria è l’unica regione non solo meridionale ma italiana, ad accusare una flessione del PIL nel 2018, -0,3%: l’allarme viene da fonte autorevole, la Svimez, L’associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno, che ha anticipato i dati del Rapporto 2019. Un quadro sconfortante per tutto il Mezzogiorno dove, dopo un triennio (2015-2017) di (pur debole) ripresa si riallarga la forbice con il Centro-Nord e il rischio recessione è sempre più vicino. L’Italia cresce poco, ma nel Meridione il divario si avverte ancor di più e la prospettiva del regionalismo differenziato, con l’autonomia delle ricche regioni del Nord, certo non aiuta a disegnare scenari brillanti.

Di fronte a tali pessimistiche previsioni c’è, per fortuna, chi guarda con occhio diverso alle prospettive. Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, candidato governatore, che sta girando in lungo e in largo la Calabria per toccare con mano le realtà delle città e dei piccoli borghi, lancia un messaggio preciso che punta su agricoltura e turismo: «Ci sono tanti settori da valorizzare, – dice Occhiuto rispondendo all’allarme Svimez – per implementare il PIL, dove ci può essere ancora un vantaggio competitivo: energie rinnovabili, innovazione tecnologica, agricoltura biologica e di precisione, agroindustria, logistica, turismo sostenibile, industria culturale. Soprattutto la Calabria ha un potenziale turistico esplosivo fatto di mare, parchi, città d’arte, distretti archeologici, termalismo, giacimenti enogastronomici e naturalistici capaci di attrarre con operazioni mirate e innovative (e sono prudenziale in questa mia stima) almeno 5 milioni di visitatori stranieri all’anno nell’arco già di pochi anni».

Mario Occhiuto
Mario Occhiuto con eccellenze dell’agricoltura calabrese

Le proposte di rottura – afferma Occhiuto – «devono partire da una svolta ecologica con progetti d’innovazione mirati a trasformare il nostro territorio in un contesto di opportunità creative puntando su politiche settoriali capaci di attrarre flussi importanti di investimenti e di attenzione imprenditoriale. Dobbiamo aiutare i nostri agricoltori a sostenere gli investimenti sul biologico di qualità, promuovere la commercializzazione dei nostri prodotti e incentivare al massimo le filiere agroindustriale e agrituristica. Realizzare almeno dieci importanti opere pubbliche di architettura contemporanea sostenibile sparse per la Calabria firmate dai più grandi architetti internazionali per rilanciare il turismo, puntare sulla rigenerazione di tutti i quartieri popolari delle città con operazioni urbanistiche innovative di rottamazione e ricostruzione realizzando nuovi ecoquartieri ed ecocittà».

«Bisogna investire poi – afferma ancora Occhiuto sull’innovazione della produzione culturale, sugli eventi all’aperto, sugli spettacoli di qualità e identitari, sulle attività creative e multimediali, sull’enogastronomia di eccellenza, sulle cantine e sulle città del vino, per cambiare da subito l’immaginario che il turista ha della Calabria. Occorre una stagione del coraggio e delle aperture verso il mondo. Coraggio anche nel contrastare con forza e determinazione la mafia, e i comportamenti mafiosi e ricattatori. La mafia è un forte ostacolo alla crescita: la magistratura fa un ottimo lavoro ma si potrà sconfiggere questo schifoso fenomeno solo mettendo in moto la macchina dello sviluppo e se riusciamo a far restare qui i nostri giovani. Fare della Calabria la California d’Italia e la Regione più viva e attrattiva vi dico che è possibile: si può invertire il trend negativo e incrementare il Pil almeno di 2/3 punti. Basta crederci, mettersi al lavoro e cambiare i linguaggi dello sviluppo».

Proposte sensate che però devono fare i conti con i dati socio-economici della Svimez: «Se l’Italia rallenta, il Sud subisce una brusca frenata. Si sta consolidando sempre più il “doppio divario”: dell’Italia rispetto all’Unione Europea e del Sud rispetto al Centro-Nord. È nel problema italiano, dunque, che si accentua il problema meridionale, su cui grava ora lo spettro di una nuova recessione. Nel 2018 il Sud ha fatto registrare una crescita del PIL dell’appena +0,6%, rispetto +1% del 2017. Il dato che emerge è di una ripresa debole, in cui peraltro si allargano i divari di sviluppo tra le aree del Paese. La revisione delle nostre stime mostra che, con la significativa eccezione del 2015 (anno segnato da fattori congiunturali positivi e dalla chiusura del ciclo di fondi europei che ha determinato una modesta ripresa dell’investimento pubblico nell’area), anche nel 2016 e nel 2017 il gap di crescita del Mezzogiorno è stato ampio. Il dato più preoccupante, nel 2018, che segna la divergente dinamica territoriale, è il ristagno dei consumi nell’area (+0,2, contro il +0,7 del resto del Paese). Mentre il Centro-Nord ha ormai recuperato e superato i livelli pre crisi, nel decennio 2008-2018 la contrazione dei consumi meridionali risulta pari al -9%. A pesare nel 2018 è il debole contributo dei consumi privati delle famiglie (con i consumi alimentari che calano dello 0,5%), ma soprattutto è il mancato l’apporto del settore pubblico. La spesa per consumi finali delle Amministrazioni Pubbliche che ha segnato un ulteriore -0,6% nel 2018, proseguendo un processo di contrazione che, cumulato nel decennio 2008-2018 risulta pari a -8,6%, mentre nel Centro-Nord la crescita registrata è dell’1,4%: una delle cause principali, a dispetto dei luoghi comuni, che spiega la dinamica divergente tra le aree».

Adriano Giannola Svimez
Adriano Giannola Presidente della Svimez

Drammatica la situazione occupazionale. Come documenta la Svimez, «La dinamica dell’occupazione meridionale presenta dalla metà del 2018 una marcata inversione di tendenza, con una divaricazione negli andamenti tra Mezzogiorno e Centro-Nord: sulla base dei dati territoriali disponibili, gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 sono calati complessivamente di 107 mila unità (-1,7%); nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, sono cresciuti di 48 mila unità (+0,3%). Nello stesso arco temporale, aumenta la precarietà al Sud e si riduce nel Centro-Nord: i contratti a tempo indeterminato nel Mezzogiorno sono stati 84 mila in meno (-2,3%), mentre nelle regioni centro-settentrionali sono aumentati di 54 mila (+0,5%), con un saldo italiano negativo di 30 mila unità, pari a -0,2%. Per converso, i dipendenti a tempo determinato sono cresciuti di 21 mila unità nel Mezzogiorno (+2,1%), mentre sono calati al Centro-Nord di 22 mila (-1,1%). Resta ancora troppo basso il tasso di occupazione femminile nel Mezzogiorno, nel 2018 appena il 35,4%, contro il 62,7% del Centro-Nord, il 67,4% dell’Europa a 28 e il 75,8% della Germania».

La Svimez ha stimato che il gap occupazionale del Sud rispetto al Centro-Nord (calcolato moltiplicando la differenza tra i tassi di occupazione specifici delle due ripartizioni per la popolazione meridionale) nel 2018 è stato pari a 2 milione 918 mila persone, al netto delle forze armate. È interessante notare che la metà di questi riguardano lavoratori altamente qualificati e con capacità cognitive elevate. La vera emergenza, però, è che al Sud ci sono più emigrati che immigrati: «Le persone che sono emigrate dal Mezzogiorno sono state oltre 2 milioni nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017, di cui 132.187 nel solo 2017. Di queste ultime 66.557 sono giovani (50,4%, di cui il 33,0% laureati, pari a 21.970). Il saldo migratorio interno, al netto dei rientri, è negativo per 852 mila unità. Nel solo 2017 sono andati via 132 mila meridionali, con un saldo negativo di circa 70 mila unità. La ripresa dei flussi migratori rappresenta la vera emergenza meridionale, che negli ultimi anni si è via via allargata anche al resto del Paese. Sono più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o a studiare al Centro-Nord e all’estero che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali. In base alle elaborazioni della SVIMEZ, infatti, i cittadini stranieri iscritti nel Mezzogiorno provenienti dall’estero sono stati 64.952 nel 2015, 64.091 nel 2016 e 75.305 nel 2017. Invece i cittadini italiani cancellati dal Sud per il Centro-Nord e l’estero sono stati 124.254 nel 2015, 131.430 nel 2016, 132.187 nel 2017. Questi numeri dimostrano che l’emergenza emigrazione del Sud determina una perdita di popolazione, soprattutto giovanile, e qualificata, solo parzialmente compensata da flussi di immigrati, modesti nel numero e caratterizzati da basse competenze. Tale dinamica determina soprattutto per il Mezzogiorno una prospettiva demografica assai preoccupante di spopolamento, che riguarda in particolare i piccoli centri sotto i 5 mila abitanti».

La flessione del Pil in Calabria (-0,3 %), secondo la Svimez è «dovuta però prevalentemente alla performance negativa del settore agricolo (-12,1%). Anche l’industria dopo la dinamica molto positiva degli anni precedenti subisce una battuta di arresto (-4,9%), conseguente in particolare alla performance negativa del settore delle public utilities. Questi dati contrastano un andamento positivo degli altri settori. Soprattutto le costruzioni che segnano +3,8%, e anche dei servizi che registrano +0,9%».

Ciononostante, secondo la Svimez, «Lo spettro della recessione si può evitare, l’allarme delle nostre previsioni rappresenta un’ultima chiamata per le politiche di sviluppo. Il problema meridionale non è la causa del problema italiano, ma nel problema italiano si accentua, configurando il “doppio divario” rispetto ai principali paesi europei».

E la Calabria? la “ricetta” del candidato governatore Occhiuto è applicabile per invertire il trend negativo e arrivare (forse troppo ottimisticamente) al +3%? Su una cosa il sindaco di Cosenza ha ragione: la Calabria può diventare la California d’Italia (d’Europa, aggiungiamo noi) perché ha risorse naturali, paesaggistiche, artistiche, culturali che tutti ci invidiano. Servirà cambiare passo, questo sì. E che le proposte, da qualunque parte politica arrivino, non servano soltanto per una meschina propaganda elettorale. Il programma di Occhiuto è ricco e convincente, ma saranno gli elettori a valutare i progetti e le proposte degli altri che puntano alla Cittadella di Germaneto. La Calabria ha bisogno di idee, ma soprattutto di fatti e su quelli sarà possibile capire se la svolta è possibile: i calabresi hanno messo da parte la disillusione, vogliono concretezza. (s)

I giovani talenti della Calabria, una speranza per costruire un futuro di crescita in regione

La ricerca della Svimez presentata a Reggio, a Palazzo Campanella, “Calabria Regione Aperta: verso la “Rete dei Giovani Talenti” offre un ampio quadro della penosa realtà di questa terra: grandi risorse, giovani talentuosi e con grande voglia di intrapresa, tecnologicamente e scientificamente iper-preparati e competenti, ma immancabilmente privati di qualsiasi opportunità di lavoro qualificato che permetta loro di mettere al servizio della Calabria le proprie capacità. All’evento di Reggio hanno partecipato il presidente della Svimez Adriano Giannola e il presidente del Consiglio regionale Nicola Irto, oltre a Pino Soriero, consigliere della Svimez, e il presidente dell’Associazione degli ex consiglieri regionali della Calabria, Stefano Priolo.

Adriano Giannola, presidente Svimez
Adriano Giannola, presidente della Svimez

«I giovani del Sud e della Calabria – dice in sostanza la ricerca – se ne vanno, studiano sempre meno e lo fanno altrove. Molte le ragioni, ma quella essenziale è la carenza strutturale di occasioni di lavoro qualificato. Le conseguenze? Un “circolo vizioso” di ulteriore indebolimento del sistema formativo e universitario meridionale, che invece di produrre trasformazioni virtuose finisce per “adagiarsi” su sistema produttivo e un contesto sociale indebolito e con scarsa capacità di innovazione».

Come si può ovviare e modificare la situazione?  La Svimez propone «la costruzione di una “rete dei talenti del Sud e per il Sud” con la finalità di favorire la diffusione di una cultura delle politiche di innovazione e della nuova imprenditorialità tecnologica e di sostenere giovani che vogliono restare o ritornare al Sud per dar vita ad una startup. Un network delle competenze per permettere a coloro che vivono e lavorano fuori regione di “restituire” al proprio territorio, attraverso lo scambio di esperienze con chi invece è rimasto in Calabria, l’investimento che la regione stessa ha fatto per formare forza lavoro più qualificata».

Si tratta di creare una banca dati dei giovani talenti che serva a costruire una vera e propria Rete, con interscambio di informazioni e soprattutto di esperienze. Soprattutto considerando la grande voglia di imprenditoria che si registra tra i giovani del Mezzogiorno e, in particolare della Calabria: in buona sostanza, il lavoro non c’è? bisogna inventarselo. Non ci sono le occasioni, le opportunità? Occorre raccogliere competenze ed esperienze e metterle in condizioni di fruttare.

A parole, sembra fin troppo ottimistica questa visione, ma si può togliere l’entusiasmo e l’ottimismo a un giovane che crede di poter costruire il suo futuro nella sua terra, vicino alla sua casa, alla sua famiglia e alle sue amicizie? No, certamente no, anzi questa della Svimez sembra un’ottima idea che piace anche al presidente del Consiglio regionale Nicola Irto: «C’è qualcosa, nella nostra regione, che sta cambiando rapidamente. – ha detto – È la mentalità dei giovani, che hanno voglia di mettersi in discussione, di fare impresa, di essere artefici del loro futuro e di farlo nel rispetto delle regole e del mercato. Soprattutto nei settori dell’agricoltura, dell’agroalimentare, del turismo, dei servizi e dell’innovazione tecnologica, si respira un’aria diversa. È questo clima che non deve farci perdere la speranza”.

Irto ha definito la ricerca Svimez “un lavoro prezioso, che per le istituzioni, la politica e le parti sociali potrà rivelarsi utile per intavolare un ragionamento serio sul futuro della Calabria” con “un’analisi lucida della situazione, ma anche con una chiave di lettura dei fenomeni socio-occupazionali, soprattutto riguardo ai giovani. Ed è proprio ai giovani e alla loro voglia di fare impresa che dobbiamo guardare con attenzione per concorrere al riscatto della Calabria«.

Il presidente ha richiamato la necessità di un ritorno «al dibattito politico fondato su una discussione alta e seria», soffermandosi sul depauperamento del capitale umano nella comunità calabrese: «La nostra è una regione che subisce gli effetti dell’emigrazione delle proprie risorse migliori: diplomati e laureati che si sono formati a ottimi livelli e che dispongono di vaste competenze, ma che non riescono a trovare sbocchi occupazionali. La Calabria è diventata così, negli ultimi vent’anni, una regione che sta invecchiando, che assiste allo spopolamento delle aree interne, che fa i conti con le povertà educative, non solo con quelle economiche, e che registra un’autentica desertificazione industriale, come sta avvenendo in altre parti del Mezzogiorno» Fenomeni a cui “in questa legislatura stiamo cercando di rispondere attraverso alcuni strumenti, finanziati soprattutto grazie ai finanziamenti dell’Unione Europea che però non possono essere considerati sostitutivi dei trasferimenti statali. Abbiamo destinato ingenti risorse all’alta formazione universitaria, allo sviluppo delle aree urbane, al ripopolamento delle aree interne, all’agricoltura, alla banda ultralarga e alle infrastrutture materiali e immateriali. Sforzi consistenti, che hanno prodotto qualche effetto positivo sulla ripresa economica, ma che certamente non possono ancora essere considerati sufficienti per far fronte alla difficilissima sfida di cambiare la Calabria». Rivolgendosi alla platea affollata di giovani imprenditori, Nicola Irto ha parlato di un «patrimonio di capitale umano la cui importanza va oltre le sorti individuali. È l’espressione di un nuovo meridionalismo orgoglioso, non votato all’autocommiserazione. Un’elaborazione nuova – ha concluso – che deve anche essere una risposta al progetto del regionalismo differenziato che, in assenza degli anticorpi istituzionali necessari, rischia di travolgere una parte del Paese e di farla staccare dal resto d’Europa». (rrm)

Ricerca Svimez giovani talenti

I PUNTI ESSENZIALI DELLA RICERCA SVIMEZ SUI GIOVANI TALENTI DEL MEZZOGIORNO

Ai giovani calabresi piace fare l’imprenditore

La Svimez ha condotto un’indagine in Calabria raccogliendo le testimonianze di un campione significativo di giovani laureandi e dottorandi della Regione sulla figura imprenditoriale, intervistandone 383, di cui ben 223 sono donne, contro 160 uomini. Dei 383, 166 sono dell’Università Magna Græcia di Catanzaro, 100 dell’Università della Calabria, e 117 dell’Università degli Studi Mediterranei di Reggio Calabria.

La maggioranza degli studenti e dottorandi intervistati (39%) ha risposto che preferirebbe intraprendere un lavoro autonomo, che consenta loro di realizzare le proprie idee innovative, contro il 31% che aspira ad avere un lavoro da dipendente. Di questi il 25% aspira a fare l’imprenditore, valutando la possibilità di creare una propria impresa. La Calabria è la regione in cui le imprese giovanili rappresentano la quota più elevata sul totale (12,8%), seguita dalla Campania (12,6%) e dalla Sicilia (11,8%).  Il 63% delle imprese giovanili opera nei servizi, il 16% in agricoltura, l’8,6% nelle costruzioni, il 4,5% nell’industria manifatturiera (7,8% residuo non è classificabile). In Calabria, secondo Unioncamere – Infocamere, le imprese under 35 sono 23.834.

Spin off e start up in Calabria

L’Università della Calabria è al secondo posto nel Mezzogiorno per numero di spin off, 34, dopo l’Università del Salento che ne conta 37. Sono stati costituiti per valorizzare brevetti e progetti dell’Unical.

I primi 5 Enti Pubblici di Ricerca nel Mezzogiorno con maggior numero di spin off sono nell’ordine: L’Università del Salento (37 spin off), l’Università della Calabria (34 spin off), l’Università di Cagliari (28), l’Università di Salerno (24) e l’Università di Palermo (21). Agli spin off dell’Università della Calabria vanno aggiunte 200 start up innovative nella Regione, di cui 39 a prevalente partecipazione giovanile (under 35). Le startup a prevalente partecipazione giovanile in Calabria operano soprattutto nel settore della produzione software (13), nell’attività di informazione ed altri servizi (6), nella ricerca e sviluppo (5), nel commercio all’ingrosso e al dettaglio (4). E sono localizzate prevalentemente nella provincia di Cosenza, 19, di cui 5 a Rende e 3 a Cosenza. Le imprese localizzate nella provincia di Catanzaro sono 9, di cui 7 a Lamezia Terme, mentre nella provincia di Reggio Calabria sono 8, di cui la metà a Reggio Calabria. Infine, 2 sono a Crotone e 1 a Vibo.

In Calabria non esiste alcun incubatore certificato, ma c’è un incubatore non certificato per startup innovative dell’Università della Calabria, nato nel 2010. Attualmente ospita 10 startup, alcune delle quali hanno ottenuto finanziamenti privati di venture capital. Dai rapporti dal 2009 al 2017emerge che alcune startup calabresi hanno ottenuto finanziamenti da parte di società venture capital o da parte di singoli investitori, dal 2009 al 2014. Nell’elenco mancano alcune startup come Altilia, uno spin off dell’Unical e del CNR di maggior successo, ora PMI innovativa, che opera nel campo della produzione software e che vede tra i soci il fondo Principia Sgr. In particolare, nel 2009, nel capitale della startup calabrese Personal Factory, ora PMI innovativa, sono entrate le società di venture capital Vertis e TT Ventures, con un investimento di 1,3 milioni, acquisendo il 40% delle azioni. Nel 2013 in Personal Factory entra anche IMI fondi Chiusi SGR con 800.000 euro. La startup ha brevettato un piccolo impianto per permettere alle imprese di costruzione di produrre calcestruzzi ed altri materiali in cantiere. Nel 2012 in Eco4cloud, uno spin off del CNR e dell’Unical, ora PMI innovativa, hanno investito i fondi Principia SGR e Digital Investiment Sca Sicar, che hanno aumentato il capitale a 300.000 euro, ma impegnandosi ad investire altri 2 milioni. Nel 2014 in Eco4cloud entra anche TIM Ventures con 300.000 euro. La startup sta realizzando un software per ridurre i consumi energetici dei grandi centri di elaborazione dati. In Condomani, startup innovativa al 30 agosto 2018, entra Zernike Meta Ventures con 100.000 euro. Condomani, una startup a prevalente partecipazione giovanile, ha realizzato un software per la gestione condivisa dei condomini. In Gipstech entra Italian Angels for Growth con 200.000 euro. Gipstech è una PMI innovativa che ha realizzato un software simile a Google Maps, ma per la localizzazione e gli spostamenti in ambienti chiusi. Nel 2016 un giovane imprenditore agricolo under 35 ha lanciato una campagna di raccolta fondi tramite la sua pagina Facebook, raccogliendo circa 500.000 euro  per recuperare  antichi mulini e granai locali dimenticati. E’ nata così Mulinum, la startup calabrese la cui raccolta fondi ha avuto un successo anche al di fuori dei confini nazionali. L’ex ministro all’agricoltura Martina ha fatto partecipare Mulinum al G7 agricoltura. Nel 2017 la startup innovativa Biofarm, a prevalente partecipazione giovanile, ha ottenuto 300.000 euro da vari piccoli investitori attraverso il portale Crowdfundme. Nel 2018 la startup innovativa Reolì, che valorizza un brevetto dello spin off dell’Unical R&D Cal, per realizzare un olio spalmabile, ha ottenuto finanziamenti attraverso la piattaforma di crowdfunding Mamacrowd. Attraverso la stessa piattaforma ha ottenuto finanziamenti la startup Age/progetto Revoilution per produrre un elettrodomestico brevettato per produrre olio in casa con un piccolo frantoio. Le idee d’impresa che hanno partecipato alla Start Cup Calabria nelle ultime tre edizioni, tra il 2016 e il 2018 sono state complessivamente 213.

Cala la popolazione calabrese

Il 2017 è stato il primo anno in cui tutte le province della Calabria hanno avuto un calo della popolazione: perfino Crotone, che fino a un anno prima si era distinta per i suoi ritmi di crescita e una popolazione relativamente più giovane, mostra un primo segno di cedimento, con la popolazione ridottasi di 505 unità. Nelle altre province la popolazione si è ridotta con un’intensità più elevata rispetto all’anno precedente. Nel corso degli ultimi venticinque anni, in Calabria la dinamica della popolazione è stata scandita dalle nascite calate progressivamente dalle oltre 26 mila unità nel 1992 a meno di 16 mila nel 2017. La diminuzione è particolarmente elevate a Cosenza (-3.037 unità), e a Reggio di Calabria (-2.649), più modesta a Catanzaro (-1.520 abitanti) e Vibo Valentia (-730 abitanti). La provincia di Cosenza con 709 mila residenti, pari al 36,2% degli abitanti della Regione, resta la più popolata, seguita da quella di Reggio Calabria con 551 mila abitanti, e più distante Catanzaro con 361 mila abitanti, mentre una assai più modesta dimensione demografica caratterizza le province di più recente costituzione, Crotone e Vibo Valentia, con rispettivamente 175 mila e 161 mila residenti.

Diminuiscono i nuovi nati nella Regione, mentre aumenta l’invecchiamento

Nel 2017 sono nati in Calabria 15.679 bambini, 357 in meno rispetto all’anno precedente, l’ammontare più basso mai raggiunto dalla Calabria in oltre 150 anni di storia unitaria. La percentuale di persone con più con più di 65 anni è ancora inferiore alla media del Centro-Nord (20,9% contro 23,3%), ma superiore pur di poco al Mezzogiorno (20,5%). L’invecchiamento demografico nell’ultimo quarto di secolo in Calabria è avvenuto molto velocemente, e l’età media della popolazione è aumentata dai 35,9 anni del 1991 ai 43,9 del 2016. Tra le province calabresi, Cosenza mostra i segni di un più accentuato invecchiamento della popolazione (44,6 anni), la provincia di Crotone risulta dal punto di vista demografico la più giovane, con un’età media di 42,2 anni.

In crescita le migrazioni

Nel 2017 il saldo migratorio della regione è rimasto sui livelli raggiunti l’anno precedente con una perdita netta di 3.317 abitanti, Tutte le province della Calabria hanno presentato un saldo migratorio interno negativo, in accentuazione rispetto al 2016 e compreso, in termini assoluti, tra le meno 3.100 unità di Reggio Calabria e le meno 737 di Vibo Valentia. In termini relativi, Reggio Calabria continua a registrare un tasso migratorio interno particolarmente grave (-4,3 per mille). Dal Duemila hanno lasciato la Calabria poco meno di 113.600 residenti, trasferiti prevalentemente in una regione del Centro-Nord (98.000), ma anche all’estero (15.000) e molto meno in un’altra regione del Sud (meno di mille). Queste tendenze, secondo le previsioni dell’ISTAT, nello scenario più prudenziale, implicherebbero per la Calabria una perdita tra il 2017 e il 2065 di quasi mezzo milione di persone (quasi un quarto di quella attuale). In Calabria il pendolarismo fuori regione coinvolge quasi 18 mila persone pari al 3,3% dell’occupazione. Di questi, circa 4.600 lavorano nelle altre regioni del Mezzogiorno, circa 11.600 lavorano nel Centro-Nord e circa 1.600 all’estero. Gli spostamenti in uscita dalla regione Calabria sono solo in minima parte compensati da movimenti in direzione contraria. Il saldo tra afflussi e deflussi è negativo per la regione come per tutte le regioni meridionali, con l’eccezione della Basilicata. Nel 2017, le regioni del Centro-Nord che presentano un più elevato grado di attrazione di lavoratori residenti in Calabria sono Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna.

Mercato del lavoro tra crisi e ripresa

Il prolungarsi, sia pur in rallentamento, dell’intonazione positiva dell’attività economica nel corso del 2018 ha parzialmente attenuato gli squilibri indotti dalla lunga fase recessiva sul mercato del lavoro. La Calabria si caratterizza per una ripresa incerta a sprazzi che prende vigore solo sul finire del 2016. Circa la metà dei 62 mila occupati persi nel corso della fase recessiva è stata recuperata. Il tasso di occupazione regionale si è attestato al 42,2% nel 2018. Il numero degli occupati nella media del 2018 in Calabria è risultato pari a 551 mila unità, circa 14 mila unità in più rispetto all’anno precedente, pari al +2,6%. L’aumento dell’occupazione riguarda di più gli uomini (+2,9% a fronte del +2,2% delle donne). Continua a crescere per il secondo anno consecutivo l’occupazione giovanile fino a 34 anni (+12,4%, +4,9 nel 2017) in crescita anche gli occupati con 50 anni e più (+2,8, +4,1% nel 2017). Gli occupati dipendenti aumentano dell’1,9% mentre la componente autonoma continua a crescere decisamente per il secondo anno consecutivo (+4,8%). Tra i dipendenti flettono gli occupati a tempo indeterminato (-3,6%) mentre crescono in misura accentuata quelli con contratto temporaneo (+21,3%). Il lavoro a tempo pieno continua a crescere (+2,9%) mentre aumenta il part time (+1,6%), quello involontario è in moderata crescita in Calabria (+0,1%). Nella regione l’agricoltura ha un andamento decisamente positivo, più moderata la crescita nei servizi, mentre si assiste a una flessione nell’industria. Aumenta del 7,7% l’occupazione agricola, del 2,5% quella dei servizi mentre flettono dello 0,9% gli occupati dell’industria.

La flessione dell’occupazione in Calabria si è combinata con un incremento marcato delle persone in cerca di occupazione, salite da circa 80 mila nel 2008 a 152 mila nella media del 2018. Il tasso di disoccupazione si è attestato al 21,6% nel 2018. Circa 178 mila sono i giovani calabresi tra i 15 ed i 34 anni che non lavorano e al tempo stesso sono fuori dal sistema formativo (i cosiddetti Neet): la loro incidenza sul totale della popolazione in età corrispondente era nel 2018 al 39,3%. Di questi 65 mila sono in cerca di occupazione mentre 113 mila non cercano o cercano non attivamente perché ritengono che non ci siano opportunità di trovare un lavoro adeguato. Il 60% di questi giovani è diplomato o laureato. Nel corso della crisi è aumentato di circa il 38% il numero di giovani con elevato livello di istruzione che non lavora e non studia.

I giovani Neet di 15-34 anni nel Mezzogiorno risultano 1727 contro i 3.078 del dato Italia; in Calabria 178, di cui 65 in cerca di occupazione, con 87 diplomati e 21 laureati, che incidono per il 39,3% sulla popolazione (contro il dato 36,6% del Mezzogiorno e il 24,8% d’Italia).

Gli andamenti delle singole province

Nell’ultimo anno sono cresciuti decisamente gli occupati in provincia di Cosenza, di Catanzaro e soprattutto Reggio Calabria. Agricoltura e servizi spiegano la ripresa in provincia di Cosenza. Sempre i servizi crescono decisamente in provincia di Catanzaro mentre restano fermi in provincia di Reggio Calabria dove aumentano in misura accentuata agricoltura e industria. La disoccupazione è molto elevata in tutte le province. Nel 2018 il tasso di disoccupazione più elevato si rileva a Crotone (27,6%) e il più basso in provincia di Vibo Valentia (14,9%). Particolarmente grave è la disoccupazione giovanile (15 – 24 anni) che in provincia di Cosenza si avvicina al 70%. Nelle altre province il tasso di disoccupazione giovanile è elevato ma in forte calo nell’ultimo anno: in provincia di Reggio Calabria si attesta al 52%, era al 60% nel 2017, Vibo Valentia registra il valore più basso 23,9%, era al 38,1% l’anno precedente.

Sistema Moda

Nel sistema moda sono presenti oltre 100 imprese con oltre 100.000 euro di fatturato. Da segnalare il caso positivo di 6 imprese artigiane terziste di Cetraro, costituite da ex operai e tecnici dello Stabilimento Faini, chiuso negli anni ‘70 e poi rilevato da altri imprenditori, ma ora chiuso da tempo. Queste micro/piccole imprese producono parti di maglieria dei capi di Harmont&Blaine e di altri marchi famosi. Producono circa 100.000 capi anche se ne producevano di più prima della crisi.

Filiera del legno

Nella filiera del legno-arredo già operano 1.500 imprese con circa 3.200 addetti, il cui fatturato è il 7% del totale del settore manifatturiero e rappresentano il 13% delle imprese. In Calabria si importa il legno soprattutto dall’Austria che riesce a far arrivare prodotti a prezzi molto competitivi, per la presenza di grandi impianti multifunzionali. Il saldo commerciale è negativo per oltre 28 milioni nel settore legno e per circa 4 milioni nel settore arredo. Si esporta per 3,3 milioni nel settore legno e per 4,3 milioni nell’arredo. Sono in corso progetti di ricerca per valorizzare piante, come il castagno, il faggio, l’abete bianco, ma anche la ginestra, una pianta spontanea che cresce in tutto il Mediterraneo. Nel solo Parco dell’Aspromonte sono stati censiti e localizzati 5.000 ettari di ginestreti. In Sila la ginestra è una pianta infestante.

 Iniziative a sostegno dell’imprenditoria sociale

Nel campo delle imprese sociali, è da segnalare il caso di Goel, un consorzio di cooperative promosso da Monsignor Bregantini, vescovo di Locri dal 1994 al 2007. Operano nell’area dell’Aspromonte nel campo dell’agricoltura biologica, della cosmetica, dell’assistenza sociale e della moda etica, dimostrando che è possibile avviare iniziative di successo anche nello zone più difficili coinvolgendo anche numerosi giovani.

Attrazione investimenti multinazionali

I grandi gruppi già localizzati in Calabria e quelli esterni in alcuni casi hanno manifestato interesse a rilanciare intere filiere. Ci sono innanzitutto Medcenter, che gestisce il porto di Gioia Tauro, poi la multinazionale informatica giapponese NTT Data, che si è localizzata in Calabria anche per l’esistenza di una startup con alta professionalità ed ora occupa oltre 200 persone, inoltre le imprese a partecipazione tedesca Hispana Hotel e Meeeting point che operano nel settore turistico, soprattutto nell’area di Tropea.

Istruzione in Calabria

Gli early leavers calabresi sono circa 25 mila pari al 16,3% dei giovani 18-24enni. Il risultato della Calabria è essenzialmente dovuto alle giovani calabresi di cui solo il 10% circa abbandona gli studi mentre il dato degli uomini è in linea con la media meridionale (21,8%).

Gli iscritti all’università residenti in Calabria nell’anno accademico 2017-18 sono stati circa 71 mila, intorno al 46% dei giovani tra i 19 ed i 25 anni residenti nella regione. Consistente è il tasso di emigrazione degli studenti calabresi nelle regioni del Centro-Nord (intorno al 31%)  superiore a quello medio delle regioni meridionali  (26% circa). Solo il 55% (circa 39 mila) dei residenti studia in atenei della Calabria.

Beni culturali e ambientali

I visitatori in Calabria sono stati 489.202 nel 2017 con un decremento dell’1,82%, contro un aumento del 10,7% a livello nazionale. Eppure esistono notevoli potenzialità di crescita: al Museo di Reggio ci sono stati 216.000 visitatori, ma al museo archeologico della Sibaritide addirittura solo 12.105 e al Parco archeologico della Sibaritide 7.462. Nel settore del turismo e della valorizzazione di centri storici è da segnalare l’esperienza positiva di Belmonte, sul Tirreno in provincia di Cosenza, dove sono state ristrutturate autonomamente case da alcuni proprietari ed è stato creato un paese albergo che riesce ad attrarre turisti anche nella bassa stagione. Così come stanno avendo un notevole incremento soprattutto le aree intorno all’aeroporto di Lamezia, come quella di Tropea-Vibo, meta di molti turisti stranieri e non solo italiani. Casi di successo anche in comuni del Parco del Pollino come Civita, dove negli ultimi anni hanno aperto vari B&B e ristoranti tipici. Il New York Times ha, peraltro,  inserito la Calabria tra le 50 mete del 2017, con motivazioni prettamente gastronomiche. (rrm)

 

 

 

 

 

REGGIO – Martedì i risultati del rapporto dello Svimez

Martedì 25 giugno, a Reggio, alle 11.00, nella Sala “Giuditta Levato” del Consiglio Regionale, lo Svimez illustrerà i risultati della Ricerca Calabria Regione Aperta: verso la rete dei giovani talenti.

Si tratta di un rapporto approfondito promosso dall’Associazione ex Consiglieri Regionali della Calabria, che sarà illustrato da Adriano Giannola, presidente Svimez, e poi analizzata nel corso di una tavola rotonda in cui interverranno Stefano Arturo Priolo, presidente Associazione ex Consiglieri regionali della Calabria, Costantino Fittante, coordinatore regionale Associazione ex Parlamentari. Luca Bianchi, direttore Svimez, coordinerà la sezione I giovani: le strategie e le Università, con gli interventi di Damiano Carchedi, dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, Diego Mazzitelli, Università della Calabria, Marco Mercuri, Università Mediterranea di Reggio, Francesca Lupi, Reolì-RDCal, Andrea Procopio, PMopenlab, Francesco Tassone, Regional Factory, Samuele Furfaro, Macingo, Vincenzo LInarello, Goel, e Massimo Ruffolo, Altilia.

Apre i lavori Nicola Irto, presidente del Consiglio Regionale della Calabria, mentre le conclusioni sono affidate all’ON. Giuseppe Soriero, Consigliere Svimez.

L’Associazione degli ex Consiglieri regionali «é profondamente convinta – spiega il presidente Priolo – che la crescita dell’Italia è condizionata dalla mancata crescita del suo Mezzogiorno – del quale la Calabria, col suo ritardato sviluppo é magna pars – e che, dunque, ogni azione di promozione economico-sociale debba incentrarsi su mirate e programmate azioni di sviluppo, capaci di valorizzare le cospicue risorse del territorio calabrese e più in generale delle aree suscettive di sviluppo dell’intero Mezzogiorno. Un pensiero ed una azione che dovrebbe risultare la primaria preoccupazione della politica nazionale che, allo stato, appare molto più sensibile ed orientata ad alimentare la crescita della ricchezza (non dello sviluppo) nelle aree già ricche, che alimentano, in maniera evidente e misurata, consistenti flussi di emigrazione italiana da Sud verso Nord».

«La ricerca che presenteremo martedì – ha aggiunto l’on. Costantino Fittante, tesoriere dell’Associazione e Coordinatore regionale dell’Associazione ex Parlamentari – vuole essere un’ennesima testimonianza del nostro modo di vivere l’impegno profuso a stimolare ed aiutare le Istituzioni democratiche a interpretare la politica come servizio alla Costituzione della Repubblica ed al bene comune». (rrc)

 

 

Il convegno Ance di Reggio: dal Sud far partire la guerra alla burocrazia

28 settembre – Il convegno di ieri organizzato dall’Associazione nazionale costruttori (ANCE) al Teatro Cilea di Reggio lancia una serie di segnali al governo. Uno su tutti: il teatro gremito di imprenditori, costruttori, professionisti, testimonia la grande voglia della popolazione meridionale, e in particolare di quella calabrese, di essere partecipi e protagonisti del possibile cambiamento del Paese.
Il Rapporto Sud, presentato con grande utilizzo di schemi e slide che bastano da soli a documentare lo “sfascio” di un’Italia che arretra persino davanti alla Grecia, ha il merito di dichiarare ancora una volta che il re è nudo: l’Italia è incapace di gestire le proprie risorse e i suoi governanti continuano nell’insana strategia del “facciamoci del male” da soli. Non si spiegherebbe altrimenti perché il mostro burocrazia anziché venire debellato (o quanto meno ridimensionato) continui ad essere alimentato da ulteriori lacci e lacciuoli che impediscono a Paese e ai suoi imprenditori di fare impresa.
Basterebbe l’impietosa quanto accurata esposizione dei dati sul turismo nel Mezzogiorno che Lorenzo Bellicini, presidente del Cresme, ha efficacemente illustrato. Il Trentino (!) fa 30 milioni di presenze, la Sicilia e la Calabria solo qualche milione. Eppure solo in Calabria ci sono risorse archeologiche, artistiche, paesaggistiche, naturali, che da sole dovrebbero e potrebbero produrre na ricchezza infinita. Bellicini cita il caso delle Baleari: è così gigantesco il numero delle presenze turistiche che i dati complessivi dell’Italia del turismo sembrano quelle di un’isoletta sperduta con poche attrazioni. Nel Mezzogiorno, poi, la situazione è ancora più drammatica: ma non è un problema di posti letto – ha sottolineato Bellicini – è un problema di cultura del turismo e di assenza di una anche pur minima programmazione. Bellicini ha citato il Museo archeologico, dov’è stato in visita nella mattina: un museo bellissimo, straordinario, ma desolatamente vuoto.
E allora se il problema è la programmazione (a livello nazionale), per colmare il divario sempre più grande tra Nord e Sud, serve un modo nuovo di pensare e di agire. L’indicazione che viene dal convegno dei costruttori è chiara: qual è la politica di crescita del Paese e quali interventi sono oggettivamente destinati a far crescere il Mezzogiorno e, almeno, attutire il gap che l’Europa non ci perdona (e che finisce col favorire l’esportazione di risorse umane e competenze),
I numeri che il convegno – egregiamente condotto dal giornalista Mario Meliadò – ha presentato sono terribili, fotografano una situazione drammatica e, sicuramente, insostenibile. Bastano le cifre dello Svimez (esposti dal presidente Adriano Giannola), quelli sul turismo di cui si diceva prima, e le percentuali presentati dal direttore del Centro Studi dell’Ance Flavio Monosilio. Il Sud, che potrebbe e vorrebbe essere protagonista della crescita del Paese è quello che soffre di più per le mancate risorse che gli vengono negate, per il crollo verticale degli investimenti nelle infrastrutture, per l’assenza di politiche sul trasporto e la mobilità.
Cosa può fare questo Sud che è sempre più abbandonato? Intanto non smettere di lanciare segnali di allarme, come questi ulteriori che provengono da Reggio, ma anche avviare una vera e propria guerra alla burocrazia. Il presidente nazionale ANCE Gabriele Buia ha espresso le grandi perplessità del suo segmento produttivo a proposito del codice degli appalti. Altro mostruoso esempio di burocrazia tentacolare che anziché favorire gli investimenti li deprime. Dal Sud deve partire la richiesta decisa e forte di uno snellimento procedurale che sblocchi gli investimenti.
Tornare a costruire significa opportunità di crescita, ma soprattutto occasione per creare nuovi posti di lavoro e utilizzare risorse messe forzatamente a riposo. Ma la cecità è anche degli amministratori locali, non solo del Governo: quante risorse finanziarie europee non vengono utilizzate per mancanza di decreti attuativi e per le tante incongruenze burocratiche che sfiniscono qualsiasi imprenditore orientato a investire?
La risposta poteva venire dal ministro del Sud Barba Lezzi che non si è vista a causa di un improvviso impegno di governo. Al suo posto un imbarazzato sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, il pentastellato Vincenzo Santangelo, che ha letto brevi appunti inviati dal ministro Lezzi e che ha toccato con mano l’inadeguatezza dei trasporti nel Mezzogiorno: «Mi aspettano a Palermo, devo andare a Lamezia prendere il volo per Roma e riprendere un altro volo per Palermo». (rrc)

SVIMEZ: LA CALABRIA CRESCE PIÚ DI TUTTI NEL MEZZOGIORNO

1° agosto – Le anticipazioni del Rapporto Svimez 2018 forniscono un dato positivo per la Calabria: Nel Mezzogiorno è la regione che nel periodo 2015-2017 ha fatto segnare la più significativa accelerazione della crescita.
«Sono state soprattutto le costruzioni – si legge nelle note della Svimez – a trainare la ripresa (+12% nel triennio), grazie anche alle opere pubbliche realizzate con i fondi europei, seguite dall’agricoltura (+7,9%) e dall’industria in senso stretto (+6,9%). Molto più modesto nell’ultimo triennio l’andamento dei servizi (+2,9%)».
Nelle anticipazioni si afferma, inoltre, che «nel 2017, Calabria, Sardegna e Campania sono state le regioni meridionali che hanno fatto registrare il più alto tasso di sviluppo, rispettivamente +2%, +1,9% e +1,8%. Si tratta, comunque, di variazioni del PIL più contenute rispetto alle regioni del Centro-Nord, se si considera il +2,6% della Valle d’Aosta, il +2,5% del Trentino Alto Adige e il +2,2% della Lombardia».
Secondo quanto dichiara il Presidente Svimez, Adriano Giannola, «Con la frenata seppur ancora lieve dell’economia le prospettive per il Sud peggiorano. Per ora tutto tiene, ma i dati che iniziano a circolare sul rallentamento della crescita preoccupano, anche perché il Mezzogiorno continua a portarsi dietro tutte le sue arretratezze».
«il recupero che c’è stato negli ultimi due anni – dice il Presidente Giannola – rischia di saltare nella ‘stagione dell’incertezza’, come definisce la Svimez gli anni che stiamo vivendo. SI potrebbe addirittura prevedere una “grande frenata” visto che «si rischia un forte rallentamento dell’economia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud»,
«Certo il Mezzogiorno non è tutto uguale – ha detto Giannola – ci sono regioni che hanno fatto meglio, come Campania e Calabria, ma ce ne sono altre, la Sicilia, che sta andando particolarmente male. E se gli investimenti privati sono ripresi nel 2017 (+3,9%) superando anche quelli del Centro Nord anche se di pochissimo, gli investimenti fissi lordi sembrano essersi fermati, mentre la spesa pubblica s’è dimenticata del Mezzogiorno (tra il 2008 e il 2017 è scesa del 7,1% al Sud, mentre è cresciuta dello 0,5% nel resto del Paese)».(rrm)