Sul Porto di Gioia Tauro la pubblicistica sui media è gigantesca: passare da isola infelice e destinata a morire a 15° Porto del mondo ha dato il pretesto a migliaia di articoli che hanno raccontato vita morte e miracoli di un’infrastruttura portuale che oggi rappresenta il fiore all’occhiello del Paese nel e per il Mediterraneo. E anche i libri si sono sprecati, ma fino a oggi nessuno si era lanciato a raccontare con competenza, passione e orgoglio calabrese la storia del Porto di Gioia Tauro. Ci ha pensato l’arch. Pino Soriero, oggi presidente dell’Accademia di Belle Arti di Roma e del Consiglio delle Accademie d’Italia, un passato di politico di primo piano con una parentesi – molto positiva – di sottosegretario ai Trasporti e alla Navigazione col Governo Prodi. Un profondo conoscitore della materia (25 anni fa fu lui a inaugurare la Capitaneria di Porto istituita a Gioia Tauro) e insieme uno studioso con gusto dell’indagine e della scoperta.
Andata in porto è il felice titolo del suo libro presentato ieri alla sede prestigiosa di Confitarma a Roma, dove a festeggiare l’anteprima del volume edito da Rubbettino, sono arrivati politici, ex ministri, economisti, personalità del mondo imprenditoriale. Non solo per la chiara stima nei confronti di Soriero, ma per sottolineare l’importanza che il Porto di Gioia Tauro sta acquisendo per il futuro del Paese. La Calabria diventa “utile” all’Italia e lo sarà sempre di più con le potenzialità – ancora inespresse – del Porto di Gioia con la sua gigantesca area di 848 km quadrati e un retroporto che potrebbe ospitare imprese, aziende di trasformazione, attività legate ai semilavorati in arrivo nella Piana attraverso il Porto.
E il racconto, soave ma certamente appassionato, di Soriero aiuta non poco a capire quale potrà essere il futuro del Porto di Gioia e con esso il futuro non solo della Calabria e del Mezzogiorno, ma di tutto il Paese.
Soriero fa tesoro delle esperienze personali (insegna all’Università Catanzaro Storia dell’intervento pubblico nel Mezzogiorno ed è consigliere della Svimez) ma raccoglie una messe straordinaria di dati e materiali che saranno di grande utilità all’attuale classe politica, troppo distratta da piccole cose, per poter costruire – finalmente – una visione che abbia al centro la vocazione marittima del Paese.
I porti – ha fatto notare Luca Sisto direttore generale di Confitarma , la federazione nazionale degli armatori, sono un’invenzione del mare: ci sono i porti se ci sono le navi e un porto senza navi non è un porto. E allora bisogna fare pace col mare e cogliere l’opportunità di Gioia Tauro su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo e che invece sta facendo notare a tutti che anche le sfide più difficili, soprattutto al Sud, sono possibili e si possono vincere.
No shipping? No shopping!: ha sintetizzato con una battuta il presidente di Confitarma Mario Mattioli, per sottolineare come l’attività marittima è – ma deve diventarlo sempre di più – una ricchezza del Paese.
Il giornalista Francesco Verderami, notista politico del Corriere della Sera, è nato a Gioia Tauro e ha la Piana nel cuore: c’è stato uno sfregio alla bellezza degli uliveti, degli agrumeti, distrutti per un Centro Siderurgico che non è mai nato, ma a cui è succeduto il miracolo del Porto: allora bisogna conciliare il territorio con questo Porto, serve una riconciliazione culturale per ricostruire il rapporto dei calabresi con il bello che non è deturpato, ma offre chances di occupazione, lavoro e futuro per i giovani.
Presenti all’evento il presidente della Svimez Adriano Giannola, l’ex ministro Alessandro Bianchi, il presidente dell’Autorità portuale di Gioia (Mari Tirreno meridionale e Jonio) ammiraglio Andrea Agostinelli, il nuovo Capo Dipartimento per la programmazione strategica del MIT Enrico Maria Pujia, l’on. Luciano Violante, il comandante generale delle Capitanerie di Porto Nicola Carlone, l’editore Florindo Rubbettino, il comandante del Porto di Gioia Vincenzo Zagarola, e tanti politici di lungo corso.
Accoglienza calorosa e meritata a un libro che disvela il miracolo meridionale cui nessuno voleva credere. (s)