L’OPINIONE/ Pasquale Amato: Piazza De Nava, fermare lo scempio

di PASQUALE AMATO – Una cosa, è ricostruire una città sulle macerie di un terremoto o di una distruzione per aggressione di un nemico esterno. In questi casi, si possono effettuare anche modifiche radicali. E Reggio è stata riedificata diverse volte nella sua plurimillenaria storia dopo eventi sismici o devastazioni per attacchi esterni, a cominciare da quello del tiranno Dionisio I di Siracusa nel 386 aC.

Tutt’altra cosa è, invece, sconvolgere una Piazza storica come quella dedicata dai reggini a Giuseppe De Nava senza una specifica necessità o emergenza. È un’operazione assurda, di cui si fa fatica a intendere i motivi. E rappresenta un secondo tentativo di distruggere la Piazza, passando dall’orrenda “escavazione selvaggia” che venne neutralizzata da una corale contestazione della città ad uno spianamento altrettanto sconcertante contro cui si sta levando una nuova espressione collettiva di dissenso.

Si parla di Restyling. Ma è una finzione. Infatti, non si tratta di restauro ma di vero e proprio stravolgimento della Piazza ideata e realizzata nella fase epica della riedificazione della città dopo il terremoto catastrofico del 28 dicembre 1908 che distrusse il 95% degli edifici esistenti a Reggio e Messina e nelle rispettive aree limitrofe delle due sponde dello Stretto.

Una Piazza dedicata, peraltro, a Giuseppe De Nava, il più autorevole leader politico a livello nazionale che Reggio abbia espresso dal 1861 ad oggi. De Nava svolse altresì un ruolo preminente nella splendida ricostruzione, supportando nei suoi numerosi incarichi di governo l’azione condotta dall’on. Giuseppe Valentino (prima da Assessore e poi da Sindaco) e dall’ing. Pietro De Nava, Responsabile del Piano Regolatore.

Una Piazza su cui fu eretto il  pregevole monumento scolpito dall’artista polistenese Francesco Jerace, e che fu completata su un lato dall’imponente splendido edificio piacentiniano del Museo Archeologico Nazionale della Magna Grecia, e sull’altro dall’edificio dell’Ente Edilizio progettato dall’architetto Camillo Autore. Una piazza armoniosa e legata ad una specifica memoria storica, creata sulle macerie del Rione Santa Lucia raso al suolo dal sisma. Una Piazza la cui configurazione è proporzionata con il nuovo accesso al Corso Garibaldi, prolungato verso Nord sulle macerie del Rione.

Piazza De Nava rappresenta, pertanto, un orgoglio per il popolo reggino, che non è disposto ad accettare la sua demolizione rimpiazzata da uno spianamento. Il Segretariato Regionale dei Beni Culturali – titolare del Progetto contestato – deve quindi scegliere tra un suo radicale ridimensionamento e un azzeramento. I segnali sinora espressi sono quelli di un arroccamento sugli spalti di Fort Alamo in una posizione di difesa del progetto, accampando inattendibili motivazioni o meglio giustificazioni.

Che senso ha dire che questo disfacimento sia originato dalla volontà di avvicinare il Museo alla Città? Mai sentita una motivazione così avventata, come se davanti all’ingresso dell’edificio di Piacentini ci fosse un muro che ne impedisce l’accesso.

Che senso ha parlare di modernizzazione, mentre si cancella la memoria storica della magnifica ricostruzione?  Piazza Navona a Roma, Piazza della Signoria a Firenze, Piazza Plebiscito a Napoli, Piazza S. Marco a Venezia – e tante altre – sono testimonianze dell’epoca in cui sono state pensate e realizzate. Qualcuno ha mai pensato di stravolgerle per una presunta “modernizzazione”? Perché deve verificarsi solo per la Piazza De Nava di Reggio?

E che senso ha azzardare la forzatura di uno scontro di vago segno politico tra conservatori tradizionalisti e innovatori illuminati? Io spero vivamente che non prevalga questo estremo tentativo di alterare un dibattito che è super partes. Se prevalesse tale opzione sarebbe un grave oltraggio alla Città e alla sua storia plurimillenaria. (pa)

L’OPINIONE/ Pasquale Imbalzano: Sui lavori a Piazza De Nava un silenzio assordante dalla Soprintendenza

di PASQUALE IMBALZANO – Il dibattito che si è sviluppato nella pubblica opinione cittadina, intorno ai lavori di restauro della storica Piazza De Nava, sita in uno degli angoli suggestivi  della Città dello Stretto, e che vede confrontarsi, da un lato, i sostenitori (a dire il vero pochi) della completa demolizione e quasi integrale mutilazione del complesso statuario e, dall’altro, chi ha invece espresso l’esigenza di ristrutturare l’agorà conservandone il patrimonio storico e tutelando i canoni estetici a cui è ispirata, ci stimola, oggi, ad assumere una posizione netta rispetto alla necessità di difendere, per come espresso da larga parte della cittadinanza, questo angolo monumentale di Città, provvedendo ad un restauro che attualizzi il contesto senza cancellare la memoria storica e conservandone i medesimi  canoni estetici del luogo.

In questo senso, il dibattito  sui social media che vede, nel reciproco rispetto delle divergenti opinioni, una maggioranza schiacciante di cittadini a favore dell’intervento di natura conservativa della monumentale agorà De Nava, già di per sé deve indurre la Soprintendenza della Calabria ad assumere un atteggiamento dialogante verso tutti coloro che hanno a cuore l’idea del miglioramento delle condizioni di fruibilità del luogo, senza intaccarne gli aspetti di memoria storica ed estetica di cui esprime validissima testimonianza.

Tuttavia, lascia a dir poco perplessi assistere ad un atteggiamento di pregiudiziale silenzio da parte di questa articolazione territoriale del Mibact, rispetto al sentimento in larghissima parte espresso dalla cittadinanza, atteso che, se è vero come è vero che nel recente passato altre importanti infrastrutture pubbliche della Città sono state fatte oggetto di interventi della Soprintendenza di tutela storica (vedi lo stop al progetto esecutivo di ristrutturazione con demolizione del manufatto in c.a. del Lido Comunale Genovese Zerbi), non si comprende il motivo per il quale quello stesso criterio non possa serenamente essere applicato al progetto di restauro del luogo, modificando il progetto preliminare esistente e conservando l’originaria impronta artistica della Piazza.

Non vorremmo che insista sul tema dell’acclarato rifiuto al dialogo di cui abbiamo appresso nei giorni scorsi, da parte della Soprintendenza, con i sodalizi aventi finalità sociali e la cittadinanza tutta, il prevalere di interessi eminentemente economici che rischierebbero di svilire il senso di appartenenza del civis, rispetto al contesto in cui vive per riflesso dell’imposizione di un progetto e di una realizzazione che, di restauro, non contiene nulla e che lo allontanerebbe da quel luogo, sortendo l’effetto opposto.

Orbene, proprio per non alimentare malevoli deduzioni tra i cittadini e per smentire il noto brocardo politico di andreottiana memoria “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”, compito della Soprintendenza è quello di riprendere il cammino del confronto con i sodalizi e la comunità cittadina che hanno a cuore la bellezza di quel luogo, al fine di giungere ad una soluzione architettonica di restauro che soddisfi quel sentimento di conservazione democraticamente espresso. (rrc)

[Pasquale Imbalzano è dirigente e esponente politico di Coraggio Italia]

L’OPINIONE/ Enzo Vitale: Piazza De Nava e lo strenuo rifiuto al confronto da parte della Soprintendenza

di ENZO VITALE – Un antidemocratico accentramento di poteri esclude, di fatto, da qualsiasi possibile intervento la cittadinanza che a larghissima maggioranza (97 per cento circa degli interventi sui social) è contraria alla demolizione di piazza De Nava e alla mutilazione del suo monumento.

Sebbene più volte sollecitati a un incontro pubblico, nel quale rendere chiare le ragioni del progetto di completa demolizione della storica piazza De Nava e della parziale mutilazione del complesso statuario collocato al suo centro, i responsabili della Soprintendenza e della Segreteria regionale del Ministero non hanno mai risposto. C’è qualcosa che non quadra in questo strenuo rifiuto al confronto. Un motivo ci deve pur essere.

Tra questi vi è, certamente, il desiderio di non perdere il finanziamento di cinque milioni (questa imbarazzante verità è stata, peraltro, affermata apertis verbis), di cui una parte andrà, legittimamente, nelle tasche dei progettisti. Tutto regolare, quindi, tutto secondo legge?

Riassumiamo. La soprintendenza reggina, individuata una linea di finanziamento, elabora un progetto preliminare, che non tiene in nessun conto la memoria civica né elementari canoni estetici. Lo chiama di “restauro”, ma di restauro non ha nulla, perché è una banalissima demolizione totale dell’esistente. La ditta che vince la gara, di Lucca, probabilmente ignara della storia cittadina e dell’affetto che i reggini hanno per la loro piazza, elabora un progetto definitivo che è un copia e incolla di quello preliminare.

La stazione appaltante, sempre costituita dalla solita Soprintendenza, gestisce una Conferenza di Servizi in cui si approva la demolizione. La stessa Soprintendenza esprime il rup, responsabile unico del procedimento, gestisce la gara per l’affido dei lavori, che presumibilmente sarà vinta dalla solita ditta di Lucca, e dulcis in fundo indica anche il responsabile dei lavori. Tutto in casa, quindi, senza che nessuno possa mettere mani o controllare. Tutto in regola e secondo le leggi, ovviamente.

I social sono ormai lo specchio del comune sentire: tra i molti commenti sulla questione, è riscontrabile solo un misero tre per cento di consenso all’intervento demolitivo su piazza De Nava. Ciò acclarato in maniera ampiamente documentabile, se vi fosse qualche interesse non coincidente con quello pubblico, se i fini non fossero condivisi dalla cittadinanza, se la città non volesse questa demolizione della piazza e la sua sostituzione con un non-luogo senza storia né memoria né identità, con quali mezzi potrebbe opporsi?

Questo accentramento in una sola struttura e nei suoi vertici, autoreferenti e inattingibili, è compatibile con il doveroso rispetto della volontà popolare? E se vi fosse qualche intento pur legittimo ma non dichiarato, o se vi fossero conflitti di interesse, con quali mezzi la cittadinanza potrebbe loro opporsi? Solo con il democratico confronto, che i vertici della Soprintendenza però rifiutano. (ev)

[Enzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

Enzo Vitale: Va avanti il progetto di demolizione di Piazza De Nava

di ENZO VITALE – Passo dopo passo, con sfrontata insensibilità al sentimento prevalente della cittadinanza, va avanti il progetto demolitivo della storica e centrale piazza De Nava. Non vi è alcuna motivazione, né logica né razionale né estetica né etica, alla demolizione dell’impronta razionalista della ricostruzione reggina dopo il sisma del 1908: solo il banalissimo interesse a non perdere un finanziamento di 5 ml (interesse apertis verbis dichiarato dagli epigoni).

E alla città cosa ne deriverà oltre al fatto di radere al suolo una storica piazza per edificare uno squallido non-luogo? Assolutamente nulla! La ditta che vincerà sicuramente l’appalto dei lavori non è reggina e sarà la stessa che ha redatto il progetto definitivo, pagato ben 270 mila euro e di una tale banalità da rasentare l’elementarietà: nessun colpo d’ala architettonico, nessun rimando a orientamenti o scuole, nessuna particolarità, solo un misera visione senza storia e identità, semmai utile a togliere dal degrado una piazza di periferia non certo a far da corredo a un museo archeologico.

Marc Augè ha coniato il termine non-luogo per questo tipo di architettura: la nuova piazza De Nava ne rappresenta un esempio, nemmeno ben riuscito, miserrima com’è di scatti ideativi. Eppure non è ancora detto che ciò accada. Persa una battaglia, la guerra continua. (ev)

Enzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea

Enzo Vitale (Fondazione Mediterranea): La mutilazione del monumento De Nava

di ENZO VITALE – La scomparsa delle eleganti conchiglie vagamente liberty, che ornano la base del monumento a Giuseppe De Nava, al centro dell’omonima piazza che si intende distruggere, non è un refuso del disegnatore che ha accompagnato il progettista nel suo delirio demolitorio.

Se si legge con attenzione il progetto definitivo, peraltro copia e incolla del preliminare e pagato ben 270mila euro, si può notare che lo snellimento del basamento museale è espressamente previsto con l’eliminazione appunto delle conchiglie. Non solo si intende demolire la piazza ma si sceglie anche di mutilare il monumento, banalizzandone il basamento con l’eliminazione dei rimandi al liberty reggino della ricostruzione. Il tutto con un progetto che viene chiamato di restauro. (rrc)

REGGIO, DEMOLIZIONE DI PIAZZA DE NAVA
COSÍ SI CANCELLA LA STORIA DELLA CITTÀ

di SANTO STRATI – Potrebbe sembrare una storia di beghe locali, circoscritta alla città di Reggio, invece rappresenta, in maniera univoca, come in tutta la regione prevalgano scelte slegate dal territorio e dalla volontà dei cittadini, ovvero un plateale distacco tra amministrazione e amministrati. Parlare di piazza De Nava, quella prospiciente Palazzo Piacentini (dove c’è il Museo Archeologico Nazionale) da un lato e il Palazzo di Camillo Autore dall’altro, significa – lo sappiamo – attizzare un fuoco che cova sotto la cenere, ma un giornale non può ignorare il malcontento popolare e le assurdità portate avanti a giustificazione di un’operazione di demolizione totale, che avrà un solo risultato, alla fine: la cancellazione della memoria storica cittadina.

Basta leggere l’atto di assenso del Comune alla demolizione della storica piazza intitolata a un grande della città, Giuseppe De Nava, per rendersi conto che il cosiddetto “restauro” (così viene definita la distruzione dell’attuale piazza) si giustifica alla fine con l’esigenza (!) di offrire spazi per “fiere, mercati ed esposizioni”.

Cosa resta – ha evidenziato il presidente della Fondazione Mediterranea, Enzo Vitale, uno dei più strenui difensori del mantenimento strutturale della piazza – dell’ambizioso progetto della Soprintendenza? Praticamente nulla. Attraverso la demolizione dell’esistente, secondo l’arch. Vitetta, si sarebbe dovuti arrivare a un’integrazione del Museo con una piazza completamente pedonalizzata e in connessione pedonale con il Monumento a Corrado Alvaro. Per quanto riguarda l’apertura del museo all’esterno, è stata rifiutata la proposta della Fondazione Mediterranea sulla creazione di teche protette in cui esporre materiale non deperibile contenuto negli scantinati museali. Con il diniego da parte del Comune di pedonalizzare via Vollaro, cadono gli altri due obiettivi: non vi sarà l’allargamento della piazza pedonalizzata sul lato sud e non vi sarà la connessione al Monumento Alvaro. Resta solo la demolizione dell’esistente per la creazione di uno spazio aperto, che avrà sostanzialmente la stessa volumetria dell’attuale piazza, da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni” (testuale dal progetto della Soprintendenza). In sintesi si demolisce un impianto storico, in stile razionalista e probabilmente disegnato dallo stesso Camillo Autore, progettista del palazzo fronteggiante il Museo piacentiniano, per costruirvi uno spazio aperto da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni”. Se è questa l’idea di città che ha in mente la Soprintendenza, che dovrebbe per sua mission tutelare i beni culturali, ovvero una città che in pieno centro storico demolisce piazze storiche per creare spazi aperti da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni”, siamo messi molto male».

«La cosa che lascia quantomeno perplessi – prosegue Vitale –, è la supina sottomissione dell’Amministrazione alle idee demolitive della Soprintendenza: le firme in calce al documento ne sono un inequivocabile segno. L’arch. Alberto DiMare, il dr. Giuseppe Melchini, l’arch. Domenico Macrì, l’ing. Domenico Scalo, l’arch. Domenico Beatino, come giustificano il loro parere positivo? Nel documento non c’è traccia di approfondimenti e analisi ma un semplice, e direi banale, “non si rilevano motivi ostativi”. È questo il modo di gestire i beni culturali di una città? Nessuna discussione, nessun dibattito, nessun approfondimento, nessun coinvolgimento della cittadinanza. Solo un banalissimo “non si rilevano motivi ostativi” alla demolizione di una storica piazza cittadina».

I reggini sono indignati, ma l’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Giuseppe Falcomatà pare non essersene accorta e già questo è un problema. Non può bastare la sola giustificazione che si corre il rischio di perdere il finanziamento di 5 milioni di euro destinato al “restauro” (si badi bene, restauro non distruzione!), perché non è vero: un restauro adeguato lasciando al suo posto ogni aspetto identitario della piazza permetterebbe ugualmente di utilizzare i fondi già stanziati. È l’ostinazione del  Segretariato regionale del MIC e della Sovrintendenza a negare l’evidenza “fotografica” della piazza e la necessità di mantenere intatta la sua storia. Sarà la stessa Sovrintendenza che alcuni anni fa ha impedito al Comune di dar luogo ai lavori (indispensabili e necessari) di ristrutturazione del Lido Comunale per preservare la “storicità” (1970) delle cabine balneari? Buttare giù una piazza storica sì, ristrutturare cabine fatiscenti no. C’è una logica che in molti, a Reggio e non solo, non riescono proprio a capire.

Per intenderci è come se a Catanzaro si demolisse piazza Matteotti (a partire dal Picconatore) – che, peraltro, non ha obiettivamente memoria storica: qual è il criterio che muove questo “misfatto” che si sta perpetrando ai danni della Città? Il sindaco Falcomatà avrebbe il potere di revocare l’atto di assenso dei tecnici e di negare gli interventi demolitivi della piazza, ma evidentemente non ha contezza del tipo di intervento distruttivo che sta, in buona sostanza, autorizzando.

Occorrerà, probabilmente, battere i pugni sui tavoli, organizzare flashmob, coinvolgere la parte pigra della città per bloccare (si è ancora in tempo) quest’azione distruttrice della memoria storica cittadina. Dopo l’interpellanza parlamentare e la lettera aperta ricevuta, il ministro Franceschini ha imposto alla Segreteria regionale di rispondere alle contestazioni fatte da Fondazione Mediterranea e Associazione Amici del Museo. I contenuti della risposta, giudicata lacunosa e imprecisa oltre che culturalmente debole, sono stati stigmatizzati con una lettera/denuncia inviata per conoscenza anche al Ministro.

Si legge, tra l’altro nella lettera: «Premesso che a una articolata e coerente e approfondita critica sul progetto (approvata nelle sue linee concettuali dal prof. Salvatore Settis, archeologo e architetto, Presidente del Comitato scientifico del Louvre, e dal prof. Alessandro Bianchi, ingegnere e urbanista, già Rettore dell’Università Mediterranea), proposta nelle giuste sedi e con interpellanza parlamentare oltre che naturalmente in sede di Conferenza di Servizi, si risponde in modo impreciso e lacunoso oltre che culturalmente fragile, comunque si ribatte in maniera puntuale alle considerazioni pervenute. Prima di procedere in maniera chiara e sintetica, occorre comunque evidenziare che in alcuni passi della lettera si va ben oltre l’approssimazione e la superficialità, giungendo a un vero e proprio tentativo di mistificazione: si fornisce una falsa rappresentazione della realtà oggettiva e si nega l’evidenza fotografica dello stato dei luoghi oggetto dell’intervento. In altri termini, pur di non ammettere che l’insieme è un esempio di architettura razionalista italiana del Ventennio, probabilmente ideata così com’è da Camillo Autore, progettista del coevo palazzo che vi si affaccia, quindi oggettivamente da tutelare anche perché ricadente nel centro storico urbano, si citano singolarmente i vari costituenti materici della piazza (“tubi di ferro”, “materiale lapideo”, “pali di illuminazione”, “bordatura delle aiuole”, ecc) affermando essere di nessun valore storico e architettonico. Così si va ben oltre la pur forte lesione della storia cittadina, della memoria collettiva e dell’identità dei luoghi: si arriva alla negazione tout court dell’esistente. Si opera una vera e propria mistificazione della realtà dei luoghi: un fatto grave, molto grave, in architettura e urbanistica come in altri ambiti professionali».

Fondazione Mediterranea e l’Associazione Amici del Museo contestano «l’inconsistenza concettuale e la debolezza culturale: contraddizioni interne al progetto tra “restauro” e “demolizione”; mancanza di identità del “non-luogo” che si va a costruire e mancato suo rapporto con la storia cittadina; destinazione d’uso per “fiere, mercati ed esposizioni”; mancanza di trasparenza amministrativa e di coinvolgimento cittadino; improponibile riferimento a uno schizzo del Piacentini, subito dallo stesso abbandonato perché collidente con la piazza già progettata; falsa questione del “servizio” al Museo; complessiva debolezza e “fragilità” culturale di tutto il progetto».

Nella lettera si azzarda un teorema: «Posto che la stessa struttura amministrativa dello Stato: 1) richiede e acquisisce e gestisce un finanziamento; 2) è artefice del progetto preliminare, riportato poi pedissequamente nel progetto definitivo; 3) è stazione appaltante ed è responsabile del procedimento; 4) indica la direzione dei lavori; 5) sarà beneficiaria di tutti gli emolumenti previsti dalla normativa; sarebbe legittimo pensare che, se in qualche passo si stesse commettendo un errore o un abuso, senz’alcun controllo esterno non vi sarebbe modo di porre riparo? Il persistere da parte della Segreteria Regionale del Ministero della Cultura in un atteggiamento di chiusura alle disinteressate e legittime e valide oltre che culturalmente inattaccabili richieste delle organizzazioni scriventi, spingerebbe queste a convincersi ancor di più di essere in presenza di interessi, singoli o di gruppo, collidenti con un’etica ricerca di soluzioni condivise e operate in un’ottica di bene comune».

Cosa aveva risposto il Segretariato regionale del Ministero della Cultura (MIC) che fa capo a Salvatore Patamia? «L’intervento – ha scritto il dott. Patamia – ha come obiettivo quello dell’integrazione di Piazza De Nava con il Museo Archeologico Nazionale, attraverso un’operazione culturale di riqualificazione del contesto urbano di riferimento. Il Museo in quanto istituzione deputata alla promozione della cultura è chiamato a svolgere un ruolo centrale nella città ed è esso stesso, come la Piazza, luogo pubblico portatore di valori.

«Il progetto – prosegue la lettera di Patamia – realizza un rapporto di connessione dialogica tra i due luoghi e nel contempo riqualifica il contesto urbano restituendo alla piazza la sua originale identità, ovvero la dimensione dell’agorà, come centro dinamico e culturale della città. La progettazione è stata ispirata dalla consapevolezza che piazza De Nava rappresenta un nodo fondamentale dell’impianto urbano consolidato ed è un luogo strategico per l’accoglienza di turisti e visitatori. La progettazione definitiva già conseguita è stata sviluppata sulla base degli indirizzi progettuali definiti nel PFTE dal gruppo di lavoro incaricato, costituito dai funzionari architetti della SABAP RC e W e del Segretariato Regionale, con gli apporti documentali dei Referenti del Comune di Reggio Calabria, dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Facoltà di Architettura – Dipartimento PAU e Facoltà di Agraria. In coerenza con le istanze di tutela e con gli indirizzi definiti nel PFTE, la progettazione definitiva interpreta le connotazioni storiche della piazza (monumento a Giuseppe De Nava, fronti edilizi storici e strade che la delimitano) in chiave di miglioramento della fruibilità e dei servizi. La Piazza che ha visto peggiorare nel tempo le proprie condizioni di accessibilità e fruibilità, appare oggi spazio residuale, luogo poco accessibile e non inclusivo, funzionalmente disgiunto dal Museo. Unica emergenza monumentale di rilievo della Piazza è il monumento a Giuseppe De Nava, opera dello scultore Francesco Jerace, che sarà restaurato; le vie adiacenti verranno liberate dall’asfalto per mettere a vista il basolato d’epoca; il verde verrà rimodulato per ristabilire le originarie relazioni visive tra gli edifici monumentali immaginate e volute da Marcello Piacentini (progettista del Museo) nei suoi schizzi preparatori al progetto dell’edificio museale. Le criticità del comparto di riferimento come oggi si appalesa, inducono a ripensare questo luogo in termini di riscoperta di un rinnovato principio di urbanità.

«Le opere di pavimentazione e degli arredi verranno realizzate con materiali tradizionali, così come è avvenuto per le altre piazze storiche della città. Nessun materiale lapideo degno di pregio e testimonianza della storia territoriale sarà demolito, ma verrà smontato, restaurato e recuperato per essere riutilizzato nelle fasi di realizzazione dello stesso progetto. L’intervento prevede esclusivamente la demolizione della pavimentazione in mattonelle di cemento, priva di significato dal punto di vista storico-artistico, delle bordature delle aiuole, dei tubi di ferro, dei pali di illuminazione. Nessun stravolgimento quindi delle connotazioni storiche della Piazza verrà operato dal progetto ma, viceversa, la riqualificazione della Piazza andrà a definire uno spazio più aperto alla comunità locale, ai turisti e ai visitatori del Museo rispettoso di quelle caratteristiche storiche riconosciute e approfondite nel quadro conoscitivo del PFTE».

Queste argomentazioni sono confutate da Fondazione Mediterranea e dall’Associazione degli Amici del Museo:

«1) Si evidenzia l’insanabile contraddizione interna al progetto tra il titolo, che apre con la parola “restauro”, e la prevista “demolizione”, termine usato nel progetto, di tutta la piazza (ad eccezione della statua) e sua sostituzione con un’architettura in stile “non-luogo” (Marc Augé) che non ha alcun rapporto, né culturale né identitario, con quella preesistente degli anni Trenta né con la storia della città.

2) Come si può evidenziare nella documentazione progettuale, anche la statua del Jerace sarà soggetta non solo a restauro ma anche in parte a “snellimento”, con l’eliminazione di alcune parti del basamento/corredo marmoreo, facendo perdere alla stessa la sua conformazione sorgiva.

3) È quantomeno sbagliato affermare, quindi, che la concretizzazione delle idee base progettuali sia “un’operazione culturale”: non può essere considerata tale la demolizione di un esempio di architettura razionalista italiana del primo Novecento.

4) È un’azzardata previsione che la piazza, com’è stata progettata, diventi un “luogo pubblico portatore di valori”: i valori, che sono il portato della nostra storia intellettuale, hanno spesso bisogno anche di riferimenti materici storicizzati, non proprio della demolizione di una piazza storica per costruirci sopra un non-luogo, paradigma dell’assenza di valori.

5) Non ha nessuna base storica affermare che il progetto di demolizione “restituisce alla piazza la sua originale identità, ovvero la dimensione di agorà, come centro dinamico e culturale della città”: la piazza, così com’è, è frutto della ricostruzione dopo il terremoto del 1908 ed è antecedente all’edificazione del Museo piacentiniano. Quale dovrebbe essere questa fantomatica “originale identità” se in tempi precedenti alla sua costruzione era un luogo periferico e non frequentato, quasi extraurbano?

6) Per quanto riguarda l’abusato termine di “agorà”, occorre precisare che Reggio la sua Agorà (se si vuole usare il corretto e condiviso significato del termine) l’ha sempre avuta e continua ad averla: è piazza Italia, al centro dalla città, di cui tre lati sono costituiti dai palazzi rappresentativi (Prefettura, Comune, Provincia). Parlando di “agorà” cittadina a proposito dell’esito progettuale, una spianata senza storia né identità, si dimostra di non conoscere il significato né urbanistico né storico né corrente del termine agorà.

7) Come si può ignorare che, nella relazione che accompagna il progetto definitivo, questa nuova piazza, una volta divenuta “agorà” cittadina, verrà destinata a “fiere, mercati ed esposizioni”? È questo il concetto di identità dei luoghi o di apertura del Museo alla città?

8) Si cita un ipotetico “rinnovato principio di urbanità”, forse facendo riferimento ad alcune presunte cattive frequentazioni dell’attuale piazza. Ma una nuova piazza, che aspira a divenire centro della movida cittadina, si può ipotizzare che divenga immune dal degrado operato da torme di giovani gozzoviglianti nottambuli? Puranche piazza De Nava fosse degradata antropologicamente, cosa tutt’altro che documentata, è sensato affermare che in futuro non lo sarà?

9) Se si ragiona con i piedi per terra, il degrado sarà certamente accentuato per le caratteristiche intrinseche al progetto che, di basso livello culturale e orientato a gusti in stile parco tematico (basti pensare al previsto impianto di illuminotecnica e ai festoni luminescenti incastonati tra i rami del ficus magnoloide), paradigma del concetto di non-luogo di Marc Augé, sembra avere per specifico target i raduni giovanili notturni o essere destinato, come da progetto, a “fiere e mercati”.

10) Si parla di degrado della piazza e si insiste sul tema, dimenticando che in alcuni passi del progetto si descrive piazza De Nava come “in buono stato”.

11) Da notare che un intervento demolitivo di tal genere in centro storico avrebbe dovuto essere oggetto di un democratico dibattito pubblico (mentre la cittadinanza, se non fosse stato per il clamore sollevato dalle nostre critiche, non ne avrebbe saputo nulla), in linea con l’illuminata tradizione cittadina rispettata dai precedenti Soprintendenti (Paolo Orsi, Alfonso De Franciscis, Giuseppe Foti, Elena Lattanzi) che, con grandi iniziative culturali, hanno sempre coinvolto la Civitas in temi di tutela architettonica, saldando il loro rapporto con la città.

12) Da segnalare che non risulta esserci stato alcun coinvolgimento della direzione del Museo in un progetto che si definisce di supporto al Museo, e che nessuna sollecitazione dello stesso progetto è stata mai prodotta dalla citata Direzione.

13) La modalità asincrona della Conferenza dei Servizi ha comportato che le nostre critiche non siano pervenute in maniera completa ed esaustiva e che, tra l’altro, la Commissione Cultura della Regione abbia ascoltato solo la versione dell’arch. Vitetta, convocata ad hoc il 20 aprile, interessata perché ideatrice di tutta l’operazione.

14) Si fanno una serie di considerazioni, elementari e quasi banali, sulla necessità di valorizzazione della statua e del palazzo retrostante, del restauro del basolato lavico, ecc. Non si può che essere pienamente d’accordo. Tutto si potrebbe attuare, con minor spesa (ma forse questo è il problema), restaurando l’esistente storicizzato, piuttosto che raderlo a zero per costruire un non-luogo.

15) Non si parla più di pedonalizzazione dell’area, su cui vi è il parere negativo del Comune riguardo a via Vollaro: cade così uno dei capisaldi dell’impianto teorico del progetto, che prevedeva anche un continuum pedonalizzato tra la piazza e il Monumento Alvaro.

16) È logico porsi una domanda: cosa resta delle linee guida che avevano ispirato il progetto?Praticamente solo la demolizione dell’esistente e sua sostituzione con una nuova piazza delle stesse dimensioni, seppur priva di delimitazioni esterne.

17) Si afferma, tra l’altro, che la nuova piazza sarebbe funzionale a una maggiore fruibilità di Palazzo Piacentini da parte dei turisti e a una sua apertura verso l’esterno. Anche qui si fanno affermazioni nebulose e irrealistiche: storicamente, anche nei periodi di maggiore afflusso turistico (oltre 500.000 visitatori all’anno nei primi anni Ottanta), lo spazio antistante al Museo, caratterizzato da larghi marciapiedi e ampia sede stradale già a traffico limitato, è stato più che sufficiente a una buona accoglienza, esaltata dalla signorilità e compostezza della piazza che si vuole demolire».

La lettera prosegue, ma riteniamo che i punti fin qui evidenziati siano più che sufficienti per permettere ai reggini di rendersi conto dell’assurdità del progetto così come è stato concepito: Il sindaco Falcomatà, che si mostra così attento alla rigenerazione urbana e alla rinascita artistica e culturale della Città, farebbe bene ad ascoltare i cittadini: è ancora in tempo per fermare uno scempio che nessuno gli potrà mai perdonare. (s)

 

Fondazione Mediterranea: Si demolisce Piazza De Nava per costruire uno spazio per mercati e fiere

La Fondazione Mediterranea, in merito alla questione del restyling di Piazza de Nava a Reggio, ha riferito come, alla fine, «si demolisce un impianto storico, in stile razionalista e probabilmente disegnato dallo stesso Camillo Autore, progettista del palazzo fronteggiante il Museo piacentiniano, per costruirvi uno spazio aperto da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni».

«La lettura del parere positivo – si legge in una nota – dato dall’amministrazione comunale alla demolizione di piazza De Nava in sede di Conferenza dei Servizi, ci fornisce un criterio per ipotizzare come sarà la nuova Piazza De Nava. Cosa resta dell’ambizioso progetto della Soprintendenza? Praticamente nulla. Attraverso la demolizione dell’esistente, secondo l’arch. Vitetta, si sarebbe dovuti arrivare a un’integrazione del Museo con una piazza completamente pedonalizzata e in connessione pedonale con il Monumento a Corrado Alvaro. Per quanto riguarda l’apertura del museo all’esterno, è stata rifiutata la proposta della Fondazione Mediterranea sulla creazione di teche protette in cui esporre materiale non deperibile contenuto negli scantinati museali. Con il diniego da parte del Comune di pedonalizzare via Vollaro, cadono gli altri due obiettivi: non vi sarà l’allargamento della piazza pedonalizzata sul lato sud e non vi sarà la connessione al Monumento Alvaro. Resta solo la demolizione dell’esistente per la creazione di uno spazio aperto, che avrà sostanzialmente la stessa volumetria dell’attuale piazza, da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni” (testuale dal progetto della Soprintendenza)».

«Se è questa – continua la nota – l’idea di città che ha in mente la Soprintendenza, che dovrebbe per sua mission tutelare i beni culturali, ovvero una città che in pieno centro storico demolisce piazze storiche per creare spazi aperti da dedicare a “fiere, mercati ed esposizioni”, siamo messi molto male. La cosa che lascia quantomeno perplessi, è la supina sottomissione dell’Amministrazione alle idee demolitive della Soprintendenza: le firme in calce al documento ne sono un inequivocabile segno. L’arch. Alberto DiMare, il dr. Giuseppe Melchini, l’arch. Domenico Macrì, l’ing. Domenico Scalo, l’arch. Domenico Beatino, come giustificano il loro parere positivo? Nel documento non c’è traccia di approfondimenti e analisi ma un semplice, e direi banale, “non si rilevano motivi ostativi”».

«È questo il modo di gestire i beni culturali di una città? – conclude la nota –. Nessuna discussione, nessun dibattito, nessun approfondimento, nessun coinvolgimento della cittadinanza. Solo un banalissimo “non si rilevano motivi ostativi” alla demolizione di una storica piazza cittadina». (rrc)

L’OPINIONE/ Enzo Vitale: L’imbarazzato silenzio dell’Università Mediterranea su Piazza De Nava

di ENZO VITALE* – Come mai l’Università non si pronuncia su un progetto “fragile”, come definito dal suo già Rettore, l’ingegnere e urbanista prof. Alessandro Bianchi, oltre che “poco attento” all’identità dei luoghi, per come descritto dal presidente del Comitato scientifico del Louvre, archeologo e architetto prof. Salvatore Settis?

Un imbarazzato silenzio attanaglia il Dipartimento Pau (patrimonio, architettura, urbanistica). Comprensibile, visto che allegato al progetto di fattibilità tecnica ed economica dell’arch. Giuseppina Vitetta troviamo il parere della prof. Francesca Martorano del Pau. Lo abbiamo letto. Interessante ed esaustivo, con buoni spunti e sostanzialmente corretto nella sua essenzialità. Mi sarei stupito di trovare punti oscuri. Con una sola eccezione, al punto sette delle conclusioni, in cui si legge a proposito di “eliminazione di barriere superflue”: “Potrebbero essere rimossi ad esempio i parapetti, oggi fortemente degradati, che delimitano la piazza”.
È un’affermazione che collide con quanto esposto in dettaglio nelle pagine precedenti, non motivata nè giustificata, buttata così senza alcun legame con quanto dichiarato in precedenza. È stato “suggerito” il suo inserimento dopo che il committente aveva letto il pregevole pezzo, in cui peraltro vengono poste delle precisazioni sullo storico dello scorrere delle acque torrentizie nella zona, suggerimenti ampiamente trascurati? Oppure è stata una banale svista? Comunque è un non sense: non si demolisce un manufatto storico sol perché è degradato: lo si restaura adeguatamente. Personalmente propendo per la seconda ipotesi anche se non mi sento di escludere la prima.
Comunque, è un’affermazione quantomeno imbarazzante, soprattutto perché ha legittimato l’azione dei demolitori. Infatti, l’arch. Vitetta, chiamata a deporre di fronte alla Commissione cultura della Regione, dopo il rinvio della decisione per acquisire anche il suo parere, a riguardo della prevista “demolizione” si è giustificata dicendo che aveva avuto il parere da parte del Pau e che, comunque, avrebbe riutilizzato il materiale lapideo di risulta (ovvero, mutatis mutandis, con le pietre del Colosseo costruire in situ uno stadio al fine di salvaguardarne la memoria).
È così che la Commissione cultura della Regione Calabria ha avuto l’occasione, purtroppo non persa, per essere annoverata tra i demolitori di piazza De Nava, esempio della scuola razionalista architettonica italiana del primo Novecento. (rrc)
*Presidente Fondazione Mediterranea

L’OPINIONE/ Enzo Vitale: Demolizione Piazza De Nava, una questione estetica e identitaria

di ENZO VITALE* – All’arch. Vitetta, che si è studiata a tavolino la demolizione di piazza De Nava, suggeriamo di leggere La città come opera d’arte di Marco Romano (Giulio Einaudi, 2008), o di rileggere il volumetto se già letto. Sono elegantemente rappresentati alcuni concetti di estetica urbana il cui mancato rispetto, per un architetto soprintendente alla tutela e conservazione dei beni storici e culturali, potrebbe divenire un caso: proponendo la demolizione del bello e dell’antico si potrebbe andare in collisione con la mission dell’Istituto che si rappresenta.

Mi spiego meglio. Posto che piazza De Nava così com’è ha bisogno solo di un delicato restauro per rivivere in pieno il suo antico splendore, e che a sua struttura corrisponde ad alcuni canoni di bellezza urbana cui si rifanno tutti i centri storici di tutte le città europee, la sua demolizione collide frontalmente con la mission della Soprintendenza. Vi è, insomma, un grosso problema.
Un po’ come se io, medico pediatra, andassi a blaterare idee no-vax: posizione legittima, anche se delirante, ma che non mi posso permettere di sostenere pena il sanzionamento da parte del mio ordine professionale. Così per l’arch. Vitetta: potrebbe esprimere legittimamente qualsiasi opinione demolitiva del bello e dell’antico, anche la più strana, ma non lo può fare per la carica che ricopre.
Comunque nel citato lavoro di Marco Romano c’è tutto ciò che serve per demolire il progetto che il MiC Calabria ha approvato. Ma ho citato solo un lavoro. Se ne potrebbero citare molti altri. Comunque sia, mettendo a raffronto il rendering e l’attuale piazza, ciò che immediatamente salta agli occhi è la questione estetica: la banale pochezza concettuale del nuovo rispetto all’elegante compostezza del vecchio. (ev)
*Presidente Fondazione Mediterranea

Piazza De Nava, Milia (FI) chiede di attendere consiglio comunale aperto prima di decidere

Il capogruppo reggino di Forza ItaliaFederico Milia, ha chiesto, tramite una lettera indirizzata alla Soprintendenza dei Beni Culturali della Regione Calabria, alla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Reggio Calabria, e per conoscenza anche al ministro competente Dario Franceschini, in merito al restyling di Piazza De Nava, di «sospendere la Conferenza dei beni e servizi fino a che non si terrà il Consiglio comunale aperto sul tema in oggetto di discussione».

Lo stesso Consigliere comunale di opposizione, insieme ai colleghi del centrodestra, infatti, nei giorni scorsi ha richiesto una convocazione in seduta pubblica della massima assise cittadina, con all’ordine del giorno l’esame del progetto di restauro e riqualificazione della Piazza intitolata a Giuseppe De Nava, ritenendo «indispensabile coinvolgere la popolazione, gli esperti, le associazioni di categoria e le associazioni culturali, prima di assumere una decisione destinata a modificare radicalmente non solo la conformazione urbanistica e l’aspetto della Città, ma finanche l’identità di Reggio Calabria».

In considerazione di quanto valutato e chiesto, il capogruppo forzista Milia ha, dunque, sottoposto alla valutazione delle rispettive Soprintendenze l’opportunità di attendere quali saranno le decisioni di merito a cui perverrà il Consiglio comunale aperto prima di convocazione la Conferenza dei Servizi riguardante il progetto in questione. (rrc)