La scomparsa dell’amata moglie del prof. Franco Romeo

È scomparsa a Roma Ginetta Cerabino, consorte del prof. Franco Romeo, illustre cardiologo di fama internazionale, originario di Fiumara di Muro (RC) e attuale direttore della Cardiologia al Policlinico Tor Vergata di Roma. Profondo cordoglio  in Calabria, ma anche in tutta la comunità scientifica internazionale dove il prof. Romeo è conosciutissimo e apprezzato per la sua capacità e la sua competenza.

Abbiamo chiesto al prof. Giuseppe Nisticò, amico personale del prof. Romeo, un ricordo della signora Ginetta.

di GIUSEPPE NISTICÒ – In una torrida giornata agli inizi di agosto, dopo mesi di sofferenze e di strazio prodotto dal terribile male che l’aveva attanagliata, Ginetta ci ha lasciati, sia pure con ammirevole coraggio per la sopportazione da lei dimostrata.

La splendida chiesa di S. Maria in Campitelli era gremita; molti gli amici venuti dalla Calabria per esprimere il loro dolore e la loro commozione. Questa lunghissima catena di affetto è valsa a lenire il dolore di Franco Romeo e a ridurre le lacrime che spontaneamente scendevano dai suoi occhi che io ho visto diventati tristi, quasi smarriti nel vuoto.

Fra i tanti amici c’erano quelli di sempre, Mario Tassone, Nino Gemelli, Nicola Barone, Giuseppe Novelli, Antonio Agostino, Enzo Mollace, Giovanni Arcudi, Pino Germanò, Giancarlo Susinno con la moglie Fiorella e tanti altri.

Io conserverò di lei, per la vita, un ricordo straordinario, di una donna dolce, dagli occhi profondi, di poche parole, ma di sentimenti molto forti, come le nostre mamme e come tutte le mamme calabresi ci ricordava la chioccia legata con tanto amore ai suoi pulcini. Lei era fiera delle sue figlie e della loro brillante carriera: Alessia, cardiologa di successo al Santo Spirito di Roma, Silvia, magistrato di punta a Firenze e Francesca bravissima avvocato. Ognuno di loro porta ancora geneticamente impresse alcune caratteristiche tipiche della mamma che continuerà a vivere nel tempo attraverso di loro.

Ginetta, da oltre 45 anni, ha vissuto con Franco e ha accudito e protetto il marito, sempre oberato di impegni professionali di altissima responsabilità, prodigando la sua attività per i soi pazienti non solo a Roma, ma anche in Calabria e in ogni parte del mondo, dove era chiamato per conferenze e prestigiosi congressi internazionali. Non ha mai pensato a se stesso, è stato sempre un uomo generoso che ha dato il suo sapere e la sua scienza a giovani, studenti e laureati, creando una scuola straordinaria di chirurgia interventistica di avanguardia. È vero che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna che, con amore, pazienza, umiltà, presenza e mai invadenza, lo ha lasciato libero di esprimere il meglio di se stesso. Molto del suo garbo, tuttavia, della sua calma necessaria per i suoi interventi chirurgici precisi e salvavita lo ha, sicuramente, assorbito, dal comportamento delicato e gentile della moglie Ginetta. 

Anche la mia famiglia è stata sempre legata a Franco, in particolare, mio figlio Steven lo considera, ancora oggi, un suo secondo padre. Franco nei suoi confronti è stato sempre disponibile, prodigo di consigli affettuosi e Steven con lui e Ginetta si sentiva parte della famiglia.

Ma mercoledì mi sono molto commosso quando ho visto Franco, una grande quercia, un gigante, in ginocchio, affranto dal dolore per la scomparsa della sua adorata moglie, che non riusciva a contenere le lacrime. 

Al medico Giuseppe Quintavalle il Premio Solidarietà “Nello Vincelli”

Prestigioso riconoscimento per il medico calabrese e direttore generale del Policlinico Tor Vergata di Roma, Giuseppe Quintavalle, che è stat insignito del Premio Solidarietà “Nello Vincelli”.

Il Premio, istituito dall’Associazione Nuova Solidarietà, e giunto alla 31esima edizione, viene conferito a una personalità calabrese che si sia distinta in Italia e nel mondo, non solo per qualità professionali ma, soprattutto, per quelle morali e per gesti concreti di solidarietà.

Quest’anno, il riconoscimento è stato patrocinato

La cerimonia di premiazione si è svolta a Reggio, al Parco Verde di Salice, alla presenza del vice prefetto, Maria Stefania Caracciolo e del presidente del Consiglio comunale, Enzo Marra.

Al dott. Giuseppe Quintavalle, il “Nello Vincelli” è stato assegnato «per essere sempre in prima linea per la tutela della salute e della dignità della persona, con la grande sensibilità umana che lo contraddistingue e la illuminata competenza professionale di medico che mette al servizio della comunità’. Inoltre, ha contribuito ad avviare una proficua attività di solidarietà nei paesi in via di sviluppo come in Africa e in India visitando ospedali e centri sanitari nei due continenti. In Uganda si è impegnato a sostenere la costruzione di una casa famiglia di dieci persone. In Italia, tra la professione d medico e di direttore dell’Azienda Sanitaria del Lazio, garantisce un più elevato livello di efficienza della governance sanitaria, a beneficio della salute pubblica».

«L’Associazione per queste motivazioni, conferisce orgogliosamente ad un professionista nato in Calabria il Premio Solidarietà». Con queste parole il presidente di Nuova Solidarietà, Fortunato Scopelliti, ha spiegato l’essenza del riconoscimento, e la motivazione con la quale si è voluto insignire una figura di così alto spessore umano e sociale, poiché il Premio raccoglie la diversità e l’amore verso la nostra terra. 

A presentare il premiato è stato il dottore Michele Bartolo, missionario in Africa e pilastro della Comunità di Sant’Egidio. Bartolo ha spiegato come il dottor Quintavalle sia un uomo e medico appassionato del proprio lavoro. (Si sono conosciuti ed hanno iniziato insieme le missioni in Africa ed in India).

Si è soffermato sulla passione del dottore Quintavalle di incontrare gli occhi di un bambino e dargli la possibilità di un futuro migliore. «Ecco perché – ha ribadito Bartolo – il premio di Nuova Solidarietà non nasce dalla carriera, ma da gesti concreti di solidarietà in grado di lasciare un piccolo segno in chi si incontra. L’arte della solidarietà è includere gli altri nel compiere azioni significative. È bene ricordare che la solidarietà fa poco rumore ma sa essere contagiosa».

Il dottor Quintavalle, ha così voluto condividere l’emozione del riconoscimento con l’intera platea, ringraziando tutti per l’accorata accoglienza e specificando come sia fondamentale tirare fuori l’etica dell’uomo ed esprimere la solidarietà con gli esempi e le testimonianze. Ha dichiarato: «Solamente attraverso la formazione dell’inclusione dell’altro si cresce. Ecco perché i calabresi sono forti, perché discendono da popoli diversi capaci di stare assieme nonostante stili e culture diverse. L’ ‘altro’ è ricchezza. Una scoperta che vale la pena di vivere». (rrc)

Addio ad Amedeo Ricucci, il più grande inviato di guerra della Rai

di PINO NANO Ai suoi amici più cari e ai lettori del suo blog personale ripeteva in continuazione: «Giornalismo è diffondere quello che qualcuno non vuole che si sappia. tutto il resto è propaganda». 

Amedeo Ricucci, il prossimo 31 luglio avrebbe compiuto 62 anni. Era nato a Cetraro, dove ci tornava appena gli era possibile farlo. Giornalista professionista, lavorava in Rai dal 1993. Dove praticamente ha fatto di tutto. Inviato speciale di Professione Reporter, Mixer, TG1 e La Storia siamo noi, certamente uno dei più grandi inviati e cronisti di guerra di questo secolo, uno di quei cani da guardia e di giornalisti di razza che non dovrebbero morire mai.

E invece se lo è portato via il cancro, con cui condivideva ormai da due anni. E se lo è portato via in una stanza d’albergo a Reggio Calabria dove da ieri stava girando il suo ennesimo reportage contro la mafia in Calabria.

Amedeo in Rai ha fatto di tutto e di più. Ha seguito in presa diretta i più importanti conflitti degli ultimi vent’anni, Algeria, Somalia, Bosnia, Ruanda, Liberia, Kosovo, Afghanistan, Libano, Iran, Iraq Palestina, Tunisia, Libia, Siria. Era con Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nel viaggio in Somalia, che il 20 marzo del 1994 si concluse con l’uccisione della giornalista del TG3 e del suo cameraman. Presente al momento dell’uccisione del fotografo del Corriere della Sera, Raffaele Ciriello avvenuta a Ramallah il 13 marzo 2002, ha pubblicato su questo episodio il libro La guerra in diretta- Iraq, Palestina, Afghanistan, Kosovo. Il volto nascosto dell’informazione televisiva.

In una intervista rilasciata il 19 agosto 2019 a Rossella Pagano per TeleDiamanteTV il grande inviato speciale della Rai confessa candidamente di sentirsi ormai “un animale in via di estinzione”.

«Io faccio quello che un tempo facevano tutti i cronisti di guerra. Vado sui fronti di guerra, o nelle aree più calde del mondo, guardo, mi informo, vado in giro, e poi con l’aiuto delle immagini racconto quello che ho vissuto e conosciuto. Questa figura di giornalista-inviato e testimone del nostro tempo purtroppo va sempre più scomparendo. Ci sono sempre meno inviati che vanno in giro, perché ormai siamo tutti sommersi da notizie e immagini che ci arrivano sui social e via internet, e questo porta a pensare di non aver più bisogno di un giornalista inviato sul campo. È un grave errore pensare questo della professione».

«La mia idea è invece che i bravi giornalisti che vengono mandati sul campo per raccontare quello che accade nel mondo, siano un valore aggiunto al linguaggio giornalistico e al racconto che si fa nel mondo della vita che scorre. Nel mio lavoro non dimentico mai la regola base che mi hanno insegnato i miei maestri: un cane che morde un uomo non è una notizia, ma un uomo che morde un cane invece lo è, e come».

«Questo si insegna ancora nelle scuole di giornalismo. Sui social invece tutto diventa notizia, anche quello che notizia non è. Per carità, questo arricchisce di informazioni chi sta sui social e segue i social, ma attenzione la domanda che ci deve porre è questa: tutte queste news che mi arrivano dai social mi aiutano a capire meglio cosa accade nel mondo che mi circonda? Io ho bisogno di capire sempre meglio, e i giornalisti in questo possono diventare i veri testimoni del loro tempo. Un bravo giornalista, serio, libero, severo con sé stesso ti fornisce alla fine gli strumenti più utili per capire meglio da che parte va il mondo».

Ai suoi amici più cari in RAI parlava sempre invece della sua vecchia mamma, che per tutta la vita ha continuato ad aspettarlo nella sua casa natale di Cetraro.

Dal 2013 Amedeo entra a far parte della redazione di Speciale TG1. Una carriera davvero avventurosa, rischiosissima, piena di fatiche immani e di dolori anche personali. Il 3 aprile 2013 viene infatti sequestrato in Siria, assieme ad altri tre giornalisti italiani. Sono con lui Elio Colavolpe, Susan Dabbous e Andrea Vignali. Il rapimento porta la firma del Fronte al-Nuṣra , gruppo eversivo passato in quegli stessi giorni all’ISIS, appena costituito. Una vicenda che viene seguita da tutto il mondo in diretta con il fiato sospeso. I quattro vengono poi liberati dopo 11 giorni, il 13 aprile 2013. 

Nel 2019 pubblica il libro Cronache dal fronte (Castelvecchi Editore). Il libro è vincitore del Premio Acqui Storia, nella sezione “La storia in tv” e nel 2020 pubblica Caro COVIDiario, la storia della sua quarantena nei mesi di lockdown per la pandemia da Covif-19. 

«Più che un libro – scriveva Amedeo Ricucci nella prefazione – questo è un album di ricordi   da sfogliare senza pretese, di tanto in tanto, quando per i motivi più diversi tornerà alla vostra mente qualche frammento – un  oggetto, una sensazione,  un gioco di luci, un volto – che vi ricordi i giorni dell’interminabile quarantena che abbiamo vissuto fra  marzo, aprile e maggio, per via del Covid 19».

Tra i suoi lavori più importanti la sua scheda biografica ci ricorda: Russicum-Le spie del Vaticano (2004), Morire di Politica (2005), Hezbollah, il partito di Dio (2006), La Maledizione iraniana (2007), Un segreto di Stato: Il caso Toni-De Palo (2007), La santa alleanza (2008), Guerra, bugie e TV (2010), Cartoline dall’Iraq (2010), La guerra di Gheddafi e le bombe della Nato (2011), Muhammar Gheddafi: Tutti i volti del potere (2011), I fiori di Sidi Bouzid (2011), I fantasmi della nuova Libia (2012), Siria 2.0: La battaglia di Aleppo (2012), Libia: La polveriera (2014), Il futuro alle spalle (2015), La lunga marcia (2015), Giulio Regeni: Il corpo del reato (2016), Mosul: Cartoline dal fronte (2016), L’Imbroglio (2017), A Piedi Nudi (2017), ISIS: È Finita? (2018), Figlie di un Dio minore (2019). 

E non si contano davvero i mille diversi riconoscimenti ufficiali conquistati sul fronte, e che oggi danno di lui l’immagine fiera e straordinaria di un grande inviato speciale, che al giornalismo scritto e parlato ha dedicato praticamente tutta la sua vita. Un maestro, un esempio, sul piano personale un grande signore d’altri tempi. (pn)

Addio a Franco Dionesalvi, il “poeta in punta di piedi”

Cordoglio, nella Provincia di Cosenza, per la scomparsa del cosentino Franco Dionesalvi, conosciuto anche come “il poeta in punta di piedi”.

Il sindaco di Rende, Marcello Manna, il presidente del consiglio comunale Gaetano Morrone, a nome di tutto il civico consesso, hanno espresso la massima vicinanza ai familiari per la perdita di Franco Dionesalvi.

«Ci ha lasciati il poeta in punta di piedi, Franco Dionesalvi – ha detto Manna –. Uomo per bene, assessore illuminato, a lui si deve la nascita del Polo museale di Rende con la fondazione del Museo del Presente. La nostra terra perde oggi una delle sue menti più brillanti, continuino i suoi versi a narrare di una Calabria migliore».

La storica Marta Petrusewicz, ha ricordato Dionesalvi come «grande amico, letterato finissimo, ha spaziato su una ampia gamma di modi letterari sempre intrecciati con l’attivismo politico».

«Franco  – ha aggiunto – era uno che non invecchiava, anche da malato non invecchiava. Rende gli deve l’idea stessa del Museo del Presente: emblema della sua concezione contro la musealizzazione, a favore della costruzione permanente della cultura nel dibattito pubblico, di moltiplicare i luoghi dove ospitare una continua creazione collettiva. L’ultima volta al “suo” museo ci ha come sempre arricchito con le sue parole di poeta».

Giacomo Mancini ha ricordato Franco Dionesalvi come “il poeta del fare”.

«Lo conobbi ormai tanto tempo fa – ha ricordato Mancini – in un luogo e in una funzione che normalmente non si attaglia ad un poeta: il municipio di Cosenza».

«Quel gran visionario di mio nonno – ha spiegato – lo volle al suo fianco come assessore alla cultura.  “Mi piacciono molto le diavolerie di Dionesalvi” ripeteva spesso con quel suo sorriso dolce e sornione il sindaco».  

«In quegli anni straordinari che segnarono una incredibile rinascita di tutta la città – ha scritto ancora Mancini – Franco comprese fin da subito che attraverso la sua persona, Giacomo Mancini voleva chiamare al comune quell’associazionismo che un ruolo importante ha esercitato in città contro il degrado, il riflusso il qualunquismo».

«Franco seppe dimostrare – ha detto ancora – che anche un poeta può incidere nelle scelte concrete di governo della città. Ad iniziare dal Teatro Rendano. Quando Mancini si insediò era chiuso a causa di interminabili lavori, con i manifesti di glorie passate che penzolavano alle pareti come ricordi nostalgici». 

«E anche grazie al lavoro ricco di passione di Franco – ha ricordato ancora – il teatro ritornò a nuova vita, con la lirica, con la prosa e con un cartellone che andava a setacciare percorsi di frontiera senza i quali il teatro non può esistere. 

E oltre al Rendano, la Casa delle Culture (era un edificio abbandonato da decenni, diventato una discarica abusiva) Con i suoi quattro piani (uno dedicato alla Parola, uno al Suono, uno all’Immagine, e uno all’Informatica) con le sue sale aperte alla creatività di tutti». 

«La Festa delle Invasioni, che proiettava la storia di Cosenza nel presente e nel futuro – ha proseguito –. E ancora il Capodanno in piazza (che straordinaria rivoluzione aspettare il nuovo anno – il nuovo millennio, ballando sotto al comune sulle note delle canzoni di Franco Battiato). Cuccurucccucu paloma». 

«E poi San Giuseppe Rock – ha elencato Mancini – le Estati in città, l’apertura di diversi musei. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. Ma non occorre perché il lascito di quegli anni straordinari, non fu materiale, ma fu quello di far sentire la stragrande maggioranza dei cosentini tutti protagonisti di un riscatto, di una rinascita della nostra città, tutti orgogliosi di quello che insieme si stava facendo».

«In questo momento estremamente triste (mi stringo affettuosamente ai suoi cari ad iniziare da suo fratello Claudio) – ha concluso – mi torna in mente il suo sorriso dolce, la sua espressione buona, il suo fare delicato. E la sua straordinaria ironia, di cui tante volte mi ha voluto mettere a parte, suggerendomi invettive, nomignoli, prese in giro che ho utilizzato negli scontri elettorali. E però rimane l’amarezza per il trattamento che la sua amata Cosenza gli ha riservato negli ultimi anni.  Mi auguro che adesso la sua città, sappia onorarlo e ricordarlo per come merita».

Cordoglio è stato espresso dall’assessore regionale Fausto Orsomarso: «Ci ha lasciato un grande poeta, che amava la vita, le parole che la dipingono e il gusto raffinato per il bello. Dionesalvi ha lasciato un segno tangibile nelle istituzioni calabresi, anche come assessore alla Cultura al Comune di Cosenza. La sua creatività, felice ed ironica, ci consegna un messaggio lieve ma di alto profilo interiore, un modo nobile di guardare alla terra ed alla Calabria che ci consola, seppur parzialmente, della sua mancanza». 

Cordoglio anche dal presidente della Regione, Roberto Occhiuto: «Con la prematura scomparsa di Franco Dionesalvi la Calabria perde un grande uomo di cultura, un poeta e scrittore sopraffino, una personalità che nel corso della sua vita ha dato importanti contributi alla nostra Regione, alla città di Cosenza, alla comunità di Rende. Ho avuto la fortuna di conoscere Franco Dionesalvi, e ricordo il suo entusiasmo, la sua arguta ironia, la sua creatività. Ci ha lasciato un interprete autentico e unico del nostro tempo». (rrm)

Il catanzarese Edoardo Alfieri campione del mondo nei 10 km di marcia

È un traguardo che dà lustro alla Calabria, quello raggiunto dal catanzarese Edoardo Alfieri, che è campione del mondo nei 10 km di marcia ai mondiali di Tampere (Finlandia).

A differenza della gara sui 5km di qualche giorno fa, in cui l’atleta del Centro Sportivo Giovanile di Catanzaro Lido ha avuto il suo bel da fare per domare i rivali spagnoli, nei 10000mt non c’è stata storia: Edoardo Alfieri è partito in quarta e, macinando tempi da record ad ogni giro, ha seminato uno ad uno tutti gli avversari, che non hanno resistito alla cavalcata trionfale dell’atleta catanzarese, giunto al secondo oro mondiale.

Il mondo dell’atletica calabrese è in fermento e negli ambienti del Centro Sportivo Giovanile c’è aria di grande festa. Raggiunto telefonicamente, l’allenatore e presidente del Centro Sportivo Giovanile, Santo Mineo, impegnato come presidente della Commissione tecnica di atletica leggera ai Campionati Nazionali Libertas a Pistoia, ha espresso tutta la sua soddisfazione per un risultato entusiasmante, che, ha aggiunto l’esperto tecnico di livello internazionale, si spera faccia da volano per il rilancio dell’atletica calabrese, purtroppo penalizzata dal numero ridotto di impianti adatti all’atletica.

Ma ancora non è finita: c’è ancora la gara dei 20000mt da correre e, c’è da scommetterci, Edoardo Alfieri sarà di nuovo protagonista. E chissà che non faccia la tripletta. (rrm)

Al prof. Gennaro Ciliberto dell’Umg il Premio “Luigi Tartufari” dell’Accademia dei Lincei

Prestigioso riconoscimento per il prof. Gennaro Ciliberto,  Ordinario di Biologia Molecolare all’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro e Direttore Scientifico dell’IRCCS Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, che è stato insignito del Premio Internazionale “Luigi Tartufari” per le Scienze Biologiche dall’Accademia dei Lincei.

Il Premio è stato consegnato nei giorni scorsi nella sede dell’Accademia, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso dell’adunanza solenne di chiusura dell’anno accademico dell’Accademia.

Il momento della premiazione

Al prof. Ciliberto, il premio è stato assegnato per «l’eccellenza e la mole di risultati raggiunti nel campo di ricerca della biologia – si legge nella motivazione – grazie ai suoi autorevoli studi estremamente produttivi e di ampio interesse per la comunità scientifica delle scienze biologiche. In particolare, eccelle per la qualità e continuità della carriera scientifica, per la qualità della produzione scientifica, per il profilo internazionale nelle aree di interesse specifico, per proiezione traslazionale di successo della sua ricerca di base e, non ultimo, per il ruolo nelle le società scientifiche a livello nazionale ed internazionale. Per le competenze scientifiche, accademiche, gestionali-amministrative e per il ruolo di cooperazione nella comunità scientifica risulta essere il candidato maggiormente qualificato».

Il Rettore dell’Università Magna Graecia, Prof. Giovambattista De Sarro ha espresso, con soddisfazione, le congratulazioni personali e dell’intera comunità accademica catanzarese al Prof. Ciliberto per l’importante riconoscimento assegnato dall’Accademia Scientifica più antica al mondo. (rrm)

Gennaro Cosentino, nuovo capo dell’informazione Rai in Basilicata

Volto Rai noto e amato dai calabresi, il giornalista Gennaro Cosentino, attualmente vice del caporedattore di Rai Calabria Pasqualino Pandullo, è stato nominato caporedattore della sede Rai di Potenza. In pratica, diventa il capo dell’informazione regionale Rai della Basilicata. Un incarico importante e meritato, dopo anni di gavetta e tantissimi di professionismo di alta classe.

Cosentino, è originario di Aieta, in provincia di Cosenza, un paesino al confine tra Calabria e Basilicata. Appena diciassettenne comincia la collaborazione a quotidiani e periodici, avviando, così, un’attività che diventerà professione dopo la laurea in Scienze Politiche, conseguita presso l’Università di Messina e dopo l’esame di abilitazione seguito ad una parentesi lavorativa presso la pubblica amministrazione, che chiude volontariamente per assecondare la passione per il giornalismo, pur essendo risultato primo assoluto in un concorso per la carriera direttiva. 

Arriva alla Rai dopo un lungo periodo di precariato e dopo una vasta esperienza nelle televisioni private e nella carta stampata. Tra il 1990 e il 2002 pubblica una decina di libri, a cominciare da Calabria ri-flessa, a cui seguirà I primi dell’ultima (un profilo di personaggi col metodo dell’intervista).

I primi significativi riconoscimenti arrivano con Mucho Gusto – viaggio di un giornalista nell’Uruguay del corazón (un racconto sui calabresi nel mondo che ha avuto successo in Italia ed in Sud America ed è stato adottato per anni nelle scuole), poi L’articolo di giornale (manuale per il giornalismo); I rifugi dell’anima-Luoghi di culto nel Parco del Pollino; Sapori e Memoria- Cibo, letteratura, tradizioni, cultura alimentare in Calabria. 

Appassionato di glottologia, ha collaborato ad alcune opere del celebre filologo tedesco Gerhard Rohlfs. Ma è con la pubblicazione de La voci lu cori che si fa conoscere come poeta dialettale e studioso di lingua e tradizioni popolari e, con una silloge omonima, risulta vincitore del primo Concorso Nazionale “Figlinepoesia”.

Nel corso degli anni gli vengono conferiti alcuni riconoscimenti tra cui il Premio “Omaggio alla Cultura” 1998 e il “Cilea” nel 2001 per la saggistica, successivamente il Premio Solidarietà per i servizi su temi sociali e il Città di Scalea per il giornalismo.

A Cosentino sono pervenute le congratulazioni e il benvenuto del presidente della Regione Basilicata Vito Bardi e del Presidente del Consiglio regionale lucano Carmine Cicala.

«Sono certo – ha detto Bardi – che, con la sua lunga esperienza professionale e nel segno della continuità, saprà garantire ai lucani un’informazione pubblica di qualità. Viviamo tempi in cui il ruolo dei giornalisti è sempre più importante, un ruolo “sociale” per dare ai cittadini il sacrosanto diritto a essere informati, un diritto sempre più prezioso. Il servizio pubblico è uno strumento importante sia per tenere unita la Basilicata, data la diffusione capillare, e perchè garantisce la corretta informazione non solo sull’attività amministrativa della Regione, ma anche di tutti i Comuni lucani, uniti nelle loro diversità. Il TGR è dunque un elemento di democrazia, pluralismo e rappresentanza del nostro territorio».

«È chiamato –– ha detto il presidente Cicala – a guidare la redazione lucana della Tgr Rai in un momento in cui ancor più fondamentale è il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo. Sono certo che, con la sua passione per la scrittura, saprà raccontare al meglio la nostra regione, una terra geograficamente piccola ma piena di eccellenze umane, culturali e ambientali. Il nostro Tg pubblico regionale rappresenta da sempre un punto di riferimento fondamentale per la nostra comunità, un presidio di informazione libera e attenta alla vita della nostra regione e delle sue istituzioni democratiche e questo grazie al lavoro dei giornalisti tutti e degli altri lavoratori della sede Rai Basilicata. A Gennaro Cosentino il benvenuto nella nostra amata Basilicata». 

Franco Lanzino, presidente della Fondazione “Roberta Lanzino”

di FRANCO BARTUCCIFranco Lanzino, nel trigesimo della sua morte, sarà ricordato mercoledì 8 giugno, alle ore 19,00, nella Chiesa di San Antonio da Padova di Commenda di Rende, con la celebrazione di una Santa Messa.

Intanto, attraverso sua moglie, compagna inseparabile della loro intera vita, Matilde Spadafora Lanzino, ne tracciamo un ricordo fresco e vivo iniziando a parlare della sua attività più intensa dopo la morte della loro figlia Roberta.

«L’affetto sincero – ci dice – con cui, uomini e donne  di tutte le età hanno salutato Franco, ne ha messo in rilievo la versatilità del suo essere stato nel mondo: amico, sempre. Appassionato, sempre. Rigoroso, sempre. Ma cosa è stata per la Fondazione e per  il territorio la sua Presidenza, merita di essere raccontato un po’ più dettagliatamente. Incipit e molla di tutto, il 26 luglio 1988, la tragedia immane della nostra vita, fortuita e occasionale come ampiamente e chiaramente documentato dalle carte giudiziarie, incapaci, però, di dare un nome agli efferati stupratori ed assassini».

«Da quel terribile giorno – continua nel suo racconto la moglie – ci siamo totalmente dedicati, insieme, a costruire Pensiero circolante e Azione  ristoratrice  per rispondere a 360 gradi all’obbrobrio della violenza alle donne. La Fondazione “Roberta Lanzino” nasce esattamente un anno dopo: il 26 luglio del 1989».

«Da allora inizia un cammino in salita tutto proteso a scrostare il il sonno del territorio, che a quel tempo era anche sonno del mondo, sul tema della violenza di genere. Abbiamo insieme lavorato sui due fronti del pensiero e dell’azione; dello sguardo lungimirante e del lavoro giornaliero. Con Franco Lanzino presidente, la lotta alla violenza alle donne, è diventata qualcosa di più di un centro antiviolenza, perché, al nucleo centrale del suo agire: ascoltare, accogliere, difendere, proteggere, sostenere, ospitare le donne  e i loro figli e figlie, è stato tutto un pullulare di ulteriori concrete realizzazioni, al servizio del territorio e della conoscenza. E tutto ciò, Franco presidente, pur nell’inevitabile avanzare dell’età e degli acciacchi, ha illuminato con la luce della sua infinita capacità di sapere vedere oltre ; di sapere  immaginare di più; di sognare sogni ambiziosi, mai lasciati morire, ma sempre tradotti in concreta realtà».

«In questo percorso lungo 34 anni, Franco Lanzino – con commozione ci ha detto –  è stato generosità pura. La generosità ci ha permesso, nell’immediatezza della tragedia, di “prestare” il nome di Roberta, ad un gruppo di giovani donne, il cui Centro antiviolenza, a Cosenza, si chiama ancora oggi Roberta Lanzino, e che, pur occupandosi anche di violenza di genere, non è la Fondazione “Roberta Lanzino”. Generosità è stata la linfa motrice di tante realizzazioni importanti che oggi sono storia nel territorio. Generosità  ha sorretto il presidente Franco Lanzino nel complesso iter burocratico della progettazione, costruzione e realizzazione di una struttura di accoglienza, ospitalità e rifugio, diventata fiore all’occhiello dell’intera Regione. Generosità ha permesso al Progetto “Pollicino e Alice”, brevettato Fondazione Roberta Lanzino, nel lontano 2000, di formare annualmente ed ininterrottamente, migliaia di studenti calabresi. Generosità  ha alimentato il suo determinante accompagnamento nel complesso percorso di tante riuscitissime adozioni di dolci e meravigliosi bimbi e bimbe, sottratti alle intemperie della vita e diventati suoi “nipotini” putativi».

«Convinto assertore del decisivo ruolo che arte, letteratura e scrittura hanno nella costruzione  delle coscienze, il Presidente Franco Lanzino, lascia anche al territorio, l’eredità di importantissimi spazi culturali, aperti alla fruizione  comunitaria, da lui costruiti, giorno dopo giorno, con la metodicità della formica e la gioiosa convivialità della cicala: una Pinacoteca generosamente anche itinerante; una ricchissima Biblioteca del civile e del sociale inserita nel catalogo nazionale delle Biblioteche; una Cineteca tematica; Centri di Ascolto collegati con la Fondazione; Collaborazioni aperte con Università ed enti pubblici; Pubblicazioni gratuitamente diffuse; Borse di Studio e Concorsi  a premio dedicate».

«La mattina del suo ultimo giorno, a Cosenza, nei pressi di Piazza Loreto – ci dice la sua compagna nel bene e nel male della vita come una promessa rinnovata del loro matrimonio – fermo e deciso, nonostante i suoi 86 anni, nel ringraziare la CISL, altro suo grande amore, per una ennesima “pietra” dedicata a Roberta, aveva ancora promesso progetti di lunga gittata. E ancora una volta, come accadeva  ogni volta, nel pronunciare il nome della sua adorata Roberta, la sua voce si era incrinata di pianto». 

La cerimonia religiosa del trigesimo della sua scomparsa sarà una buona occasione per tornargli a dire come suoi amici, collaboratori e conoscenti: «Caro  Presidente, caro Franco, oggi, orfani della tua presenza, ma ricchi della tua grande eredità, ti salutiamo con le tue  parole di sempre: dare senza nulla chiedere, dare e nulla prendere, amare non per essere amati». (fb)

Addio al grande antropologo Luigi Lombardi Satriani

Cordoglio in tutta la Calabria, ma anche in tutto il mondo accademico internazionale per scomparsa del prof. Luigi Maria Lombardi Satriani, avvenuta ieri a Roma.  È stato un maestro e una guida per intere generazioni di antropologi, con i suoi studi sul folclore e la civiltà contadina e la religiosità popolare. Di estrazione marxista, fu senatore per l’Ulivo nella legislatura 1996-2001. Dopo la laurea in Scienze Politiche a Messina, ha iniziato la sua carriera accademica prima come assistente, poi come professore straordinario, di Storia delle tradizioni popolari all’Università di Messina dal 1966, quindi di antropologia culturale all’Università di Napoli dal 1974 al 1978, anno in cui conseguì l’ordinariato in etnologia presso l’Università La Sapienza di Roma, di cui era professore emerito. Ha altresì insegnato all’Università della Calabria, di cui è stato preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e Prorettore per le attività culturali, nonché è stato presidente dell’Associazione Italiana per le Scienze Etno-Antropologiche (AISEA). Vastissima la sua produzione editoriale che ha formato centinaia di antropologi e studiosi delle tradizioni popolari.

«La Calabria – ha detto il presidente Roberto Occhiuto – perde una personalità di grande valore, che ha raccontato la nostra società attraverso lo studio del folklore, della religiosità popolare, e della cultura contadina. È venuto a mancare Luigi Maria Lombardi Satriani. Antropologo di rara intelligenza, fine accademico, già senatore della Repubblica. Era nato più di 85 anni fa a San Costantino, una frazione di Briatico, in provincia di Vibo Valentia. Aveva insegnato nelle Università di Messina, della Calabria, e a ‘La Sapienza’ di Roma. Sincero cordoglio da parte della Giunta regionale». (rrm)

 

Il cosentino Eugenio Guglielmelli è il nuovo Rettore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma

Prestigioso incarico per Eugenio Guglielmelli, che è stato nominato Rettore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, succedendo al prof. Raffaele Calabrò, che resterà in carica fino al 31 ottobre 2022, termine del suo mandato.

La decisione è stata presa dal Consiglio di Amministrazione dell’Università Campus Bio-Medico di Roma ha deliberato la nomina, dal 1° novembre 2022, del prof. Guglielmelli.

A congratularsi con il neo Rettore, il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, che ha evidenziato come «Eugenio Guglielmelli è un’eccellenza nel campo della bioingegneria, della robotica e delle macchine intelligenti, con particolare riferimento al campo delle tecnologie meccatroniche e robotiche per la riabilitazione e per l’assistenza ai disabili e agli anziani».

«Siamo certi – ha concluso – che anche da Rettore dell’Università Campus Bio-Medico, saprà dare impulso ai nuovi percorsi riguardanti le applicazioni della robotica in campo medico, al servizio della salute e del miglioramento della qualità della vita delle persone».

Il prof.Guglielmelli, nato a Cosenza nel 1965, si diplomò al Liceo Fermi nel 1983, prima di proseguire i suoi studi universitari a Pisa, città dove ha mosso i primi passi da ricercatore. Nei prossimi mesi il prof. Guglielmelli, attualmente prorettore alla ricerca dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, lavorerà con il prof. Calabrò nell’ottica di finalizzare gli importanti progetti in corso e dare avvio alle nuove iniziative di sviluppo. Dal 2004 Eugenio Guglielmelli ha insegnato presso la Facoltà Dipartimentale di Ingegneria dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e dal 2010 è stato nominato professore ordinario di Bioingegneria Industriale.

Dal 2021 è stato designato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) rappresentante nazionale dell’Italia nel Comitato di Programma Horizon Europe – Cluster Health, mentre, dal luglio del 2021 è Direttore Scientifico dell’IRCCS Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus, ente con il quale l’Ateneo sta sempre di più consolidando collaborazioni strategiche su temi di comune interesse.