di ERCOLE INCALZA – Ritengo sia utile di tanto in tanto riaccendere la nostra memoria storica e rileggere quanto sia stato rilevante l’impegno dello Stato nell’infrastrutturare l’Italia nell’arco degli ultimi quaranta anni. Molti, soprattutto i più giovani, si chiederanno perché negli ultimi quaranta anni e la risposta è immediata: perché nel 1986 fu approvato il primo Piano generale dei trasporti del Paese. Il Piano non elencava opere, non indicava un quadro finanziario di investimenti ma disegnava precisi obiettivi quali: Una pianificazione dei trasporti su scala comunitaria (il famoso master plan europeo divenuto poi la base delle reti Trans European Network); Una riforma degli organi preposti alla gestione del sistema infrastrutturale e quindi la unificazione in un unico dicastero, quello delle Infrastrutture e dei Trasporti, di ben quattro ministeri (Marina mercantile, Trasporti, Lavori pubblici e Aree urbane); Il rilancio della offerta ferroviaria attraverso la realizzazione di un sistema ad alta velocità; un obiettivo essenziale per rilanciare una modalità che aveva raggiunto soglie bassissime nell’utilizzo di persone e di merci (18% 7% rispettivamente); La trasformazione degli organismi preposti alla gestione della offerta ferroviaria e stradale (Ferrovie dello Stato e Anas) da Aziende di Stato in Società di interesse pubblico – economico e poi in Società per azioni; La esigenza di fluidità nei collegamenti tra l’Italia e l’Europa attraverso la creazione di quattro nuovi valichi ferroviari e l’adeguamento di uno già esistente; La necessità di rivedere la nostra offerta portuale attraverso il passaggio a soli sette sistemi portuali; La creazione di una offerta, quaranta anni fa completamente sconosciuta, relativa alla interportualità attraverso la identificazione di sette interporti. Nasceva, così, il primo riferimento strategico della “logistica integrata”.
Con questo riferimento strategico, apprezzato unanimemente e condiviso da tutte le Forze politiche, negli anni ’90 presero corpo una serie di azioni, in particolare e si avviarono gli atti progettuali e contrattuali del sistema ferroviario ad ala velocità.
Tuttavia, il vero motore attuativo delle scelte e delle indicazioni del Piano generale dei trasporti lo troviamo con due leggi: la 443 del 2001 (Legge Obiettivo) e la 166 del 2002 (che supportava finanziariamente le scelte della Legge Obiettivo). Dal 2001, con il primo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Pietro Lunardi, sono diventate realtà o lo stanno diventando alcuni interventi che spesso dimentichiamo e che ritengo utile ricordare: Il Modulo sperimentale elettromeccanico (Mo.se) a Venezia, un’opera che ha praticamente salvato questo patrimonio della umanità. Quattro nuovi valichi ferroviari, tutti superiori ai 50
chilometri di lunghezza, tre in corso di avanzata realizzazione (Brennero, Torino-Lione e il Terzo valico dei Giovi, che consente il collegamento con il tunnel del Sempione) e uno, il San Gottardo, in funzione. Gli assi ferroviari ad alta velocità Torino-Milano-Brescia, Milano-Bologna-Firenze e Roma-Napoli, già realizzati, e Verona-Vicenza-Padova, Napoli- Bari, Salerno-Reggio Calabria, Palermo-Catania- Messina, in corso di realizzazione. La grande fluidificazione di due segmenti
autostradali chiave come il “Passante di Mestre” e la “Variante di Valico”. La realizzazione di assi autostradali come la Salerno-Reggio Calabria, la Catania-Siracusa, la Palermo-Messina. L’avvio della realizzazione di opere stradali come la Palermo-Agrigento, la Strada Statale 106 Jonica, la Telesina, la Olbia-Sassari, solo per citarne qualcuna. La realizzazione di reti metropolitane come quelle di Torino, Milano, Genova, Brescia, Roma, Napoli. Gli interventi nei porti di Genova, Savona, Livorno, Napoli, Palermo, Taranto e negli interporti di Verona, Torino, Nola-Marcianise e così via. Schemi idrici nel Mezzogiorno per un valore di circa 2,5 miliardi di euro. Perché ho voluto risvegliare questa memoria storica? Perché in occasione dell’approvazione del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina le critiche quelle leggibili, non certo quelle del Movimento 5 Stelle, erano accomunate da una considerazione: “Il Ponte sì, ma prima vanno fatte tante altre opere essenziali”. Ebbene, se coloro che sostengono questa tesi leggessero il Programma delle infrastrutture strategiche approvato contestualmente con la Legge Obiettivo, scoprirebbero che la realizzazione del Ponte doveva essere legata alla realizzazione del quadro di opere prima riportate perché il Ponte stesso si motivava proprio con la organicità infrastrutturale del Paese. Sicuramente ci sono e ci saranno tante opere da programmare e da realizzare ma penso sia perdente, soprattutto oggi, a quaranta anni dal Piano generale dei trasporti e dopo 25 anni dalla Legge Obiettivo, invocare una graduatoria di opere da fare prima del Ponte perché tanto, anzi tantissimo in un Paese in cui pure è impossibile “fare”, si è fatto. (ei)
Il Ponte come motore dell’area Metropolitana più innovativa del mondo
I
l Ponte ha il potenziale di creare l’area metropolitana più innovativa del mondo, unendo due città separate dal mare, Reggio Calabria e Messina, in un unico sistema urbano, produttivo e infrastrutturale integrato. È quanto ha ribadito l’Associazione Amici del Ponte nello Stretto, guidata da Simone Veronese, nel corso dell’incontro con il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, durante la sua visita a Reggio Calabria.
Nel corso dell’incontro, l’Associazione ha ribadito quanto già espresso in precedenti comunicati: il Ponte sullo Stretto non è un’opera isolata, ma rappresenta l’asse portante di una nuova visione di sviluppo per il Sud Italia e per tutto il Mezzogiorno.
Per l’Associazione, infatti, «una realtà simile non esiste in nessun’altra parte del pianeta: due regioni, due territori, due sponde che si fondono in un’unica piattaforma di sviluppo, connessa all’Europa e al Mediterraneo. Questa visione non riguarda soltanto la mobilità, ma un nuovo modello di crescita per tutto il Sud: porti più forti, turismo integrato, intermodalità logistica e nuove opportunità occupazionali. Il Ponte sarà la chiave per valorizzare il Mezzogiorno come motore strategico dell’Italia, consentendo di rilanciare l’intero asse logistico e produttivo meridionale, a partire da Gioia Tauro, destinato a diventare un nodo centrale nel traffico merci euro-mediterraneo».
L’Associazione ha, inoltre, denunciato con fermezza «la miopia politica del Partito Democratico, a livello nazionale, regionale e comunale, che continua a ostacolare il Ponte non per motivi tecnici o ambientali, ma per pura ideologia. A Reggio Calabria, in particolare, il sindaco Giuseppe Falcomatà si è fatto portavoce di questa linea di retroguardia, trasformando una grande opportunità di sviluppo in una battaglia ideologica che penalizza la città e l’intera area dello Stretto».
«È grave – per l’Associazione – che chi amministra il territorio scelga di schierarsi contro un’opera capace di generare lavoro, infrastrutture, turismo e competitività per tutto il Sud. Questa posizione, dettata da logiche di partito e da interessi elettorali, mostra l’incapacità del PD di comprendere il valore strategico del Ponte e di immaginare un futuro in cui Calabria e Sicilia non siano più periferie, ma cuore pulsante dell’innovazione e dello sviluppo mediterraneo».
«Il Ponte sullo Stretto non è solo un’infrastruttura, ma il cuore dell’area metropolitana più innovativa del mondo. Uniremo Calabria e Sicilia, Reggio e Messina, per creare un sistema unico al mondo, un modello di integrazione tra trasporti, logistica e sviluppo locale. Andremo avanti con determinazione», ha detto Salvini.
L’Associazione ha espresso gratitudine al Ministro «per la sua determinazione nel difendere un progetto che può cambiare il destino del Mezzogiorno d’Italia».
Per il Prof. Veronese, il Ponte sullo Stretto non è un’opera da fermare, ma da completare e valorizzare: «è il simbolo del riscatto del Sud, un’opera che unisce, crea lavoro, promuove turismo e competitività. Un ponte che collega due regioni, ma anche due visioni: quella di chi vuole crescere e quella di chi vuole restare fermo».
L’Associazione Amici del Ponte Nello Stretto continuerà, con decisione, a sostenere il progetto e a contrastare ogni tentativo politico o ideologico di sabotaggio che voglia lasciare il Mezzogiorno nell’isolamento e nella marginalità. (rr)







