SOGNI & BISOGNI DEL 2025 IN CALABRIA
TRA PONTE, AUTONOMIA, GIOVANI E LAVORO

di SANTO STRATI Un anno difficile e pieno di incognite: e quando mai i pessimisti rinunciano a esprimere valutazioni negative basate sul nulla? Certo il 2025 non sarà un anno facile, anche se nasce con le migliori prospettive e porta con sé una serie di incognite il cui esito “lo scopriremo solo vivendo”.

Sarà l’anno del Ponte? Potrebbe e, riteniamo, gran parte dei calabresi e soprattutto dei siciliani se lo augura: basterebbe il costo annuale dell’insularità che la Sicilia paga (6 miliardi di euro) a giustificare l’impellenza e la necessità dell’opera che il mondo intera ci invidierà (se si riuscirà a costruire). Pensate, due anni di costi di insularità equivalgono al costo del Ponte. Ma, siccome, è un’opera che porta la “firma” di un governo di destra e – peggio che mai – voluto e sostenuto dal ministro leghista-nordista Salvini, trova una sciocca opposizione da parte della sinistra unita(?). E pensare che Prodi, ai tempi dell’Ulivo si era espresso in maniera favorevole a proposito del Ponte. Il problema è tutto politico, non c’entrano nulla le critiche (per nulla basate su dati scientifici) che vengono dai quattro gatti dei No-Ponte e dalla coalizione no-ponte che vede allineati CinqueStelle, Pd, Avs e altre forze (?) di una sinistra che continua a mortificare e deludere i propri elettori.

La decisione del CIPESS sarà uno degli elementi cardine del futuro anno: entro gennaio sarà sciolto in via definitiva il dilemma: si può fare-non si può fare. E a quel punto, ove prevalessero le ragioni del sì, salvo intempestivi ma immaginabili interventi del Tar di turno, non ci sono più ragioni per discutere. Si comincerà a costruire l’opera più colossale del III Millennio.

Ma non di solo Ponte ha bisogno la Calabria. Se volessimo stilare un decalogo a uso del Governatore Occhiuto (che pur convalescente è tornato subito in Cittadella “perché non c’è tempo da perdere”) e degli amministratori locali, non potremmo che cominciare dalla sanità. L’obiettivo (possibile) è l’uscita dal commissariamento, perché la Calabria ha diritto a prestazioni sanitarie identiche a quelle di tutti gli altri italiani. Calabria è Italia, non lo dimentichino i signori del Nord che hanno visto infrangersi il sogno (impossibile) dell’autonomia differenziata. La bocciatura della Consulta ha bloccato il processo di allargamento del divario, con le evidenti e orribili sperequazioni tra Nord e Sud.

Ma serve mettere mano a tutta la pianificazione relativa a infrastrutture e strade, con l’impegno responsabile anche degli amministratori locali. E a questo proposito non si capisce perché, per esempio, la Regione, oggi presieduta da un Presidente di destra continua a traccheggiare per il passaggio delle deleghe alla Città Metropolitana di Reggio Calabria (alla stessa maniera dell’ex Presidente Oliverio, di sinistra). Il mancato passaggio delle deleghe ostacola lo sviluppo del territorio e qualsiasi progetto di sviluppo locale.

E a proposito di sviluppo si segnino bene, Presidente e amministratori, le opzioni che la Zes unica oggi offre alla Calabria. Bisogna attrarre investimenti offrendo commodities e incentivazioni aggiuntive agli industriali che vogliono delocalizzare al Sud. Se avesse successo la Zes assisteremmo a una piacevole emigrazione di ritorno, ovvero molti calabresi potrebbero finalmente essere tentati di lavorare vicino casa.

E, come abbiamo più volte ripetuto, tengano conto i nostri governanti della necessità di puntare in maniera seria su formazione e cultura. Abbiamo, in Calabria, tre Università che sfiorano l’eccellenza (in particolare Cosenza è – secondo il Censis – il migliore Ateneo d’Italia), ma investiamo ancora troppo poco in istruzione e formazione, dimenticando poi del tutto che è necessario creare sbocchi occupazionali ai nostri laureati e ricercatori, apprezzatissimi dovunque, ma ignorati in Calabria. È assurdo che si forniscano strumenti formativi si altissimo livello (a costi elevati per le famiglie e per il territorio) e poi si costringano i nostri giovani – per mancanza di opportunità occupazionali – a cercare altrove il proprio futuro. La Calabria è una regione dove si legge troppo poco, ma non esiste un piano per la lettura, i bandi per le biblioteche  sono scoraggianti, e intere realtà istituzionali (si pensi alla Biblioteca Civica di Cosenza o a quella straordinaria di Soriano Calabro) lasciate in colpevole abbandono. Per non parlare dell’informazione che in Calabria, pur essendo ampia e dignitosamente “libera” non riceve alcun incentivo da parte della Regione: in Sicilia anni fa con una legge apposita stanziarono 9 milioni di euro per gli editori di quotidiani e periodici dell’isola. Da noi si parla da decenni di fare un provvedimento legislativo che dia impulso a nuove iniziative e sostenga quelle esistenti, con l’obiettivo di scoraggiare e deprimere fake news e utilizzo disinvolto di informazioni “contro”. I calabresi hanno diritto di essere informati correttamente. Come hanno diritto di poter acedere alle biblioteche e le scuole hanno il diritto di poter costituire proprie biblioteche per incentivare la lettura tra i giovani.

E veniamo al discorso lavoro. Che non c’è. Esistono iniziative regionali per incentivare l’auto- imprenditorialità, ma i bandi sono farraginosi e complicati. Manca il supporto necessario a formare la cultura d’impresa e soprattutto il sistema bancario continua a remare contro. Ci sono centinaia di esempi di giovani che si sono visti rifiutare anticipazioni e prestiti su agevolazioni già  concesse, salvo a presentare fideiussioni e garanzie mobiliari da parte di familiari. Non può continuare a funzionare così: ci sono giovani che hanno idee per avviare startup di quasi sicuro successo, ma gli ostacoli sono superiori alle opportunità disponibili.

Mobilità: ultimo tema, che ritorna, in qualche modo, al discorso del Ponte. Lo abbiamo scritto infinite volte: senza strade e autostrade e l’alta velocità ferroviaria (quella vera, ad alta capacità) il Ponte sarà un bellissimo scenario per photo-opportunity e selfies, ma non risolverà i problemi del traffico e della mobilità. 

E non dimentichiamoci del turismo. Occorre privilegiare una comunicazione intelligente e che crei davvero attrazione nei confronti della Calabria.

Le nuove rotte di RyanAir hanno avvicinato la Calabria all’Europa e il numero di turisti in arrivo dai capoluoghi europei serviti (con tariffe a basso costo) dal vettore irlandese è in continua crescita. Si pensi a valorizzare  il turismo religioso (siamo nell’anno del Giubileo!) e si comincia a ragionare in termini razionali al turismo congressuale. A Sud di Reggio c’è un progetto (Mediterranean Life) dell’imprenditore (visionario) Pino Falduto che darebbe risposta alla forte domanda di congressualità in riva allo Stretto, oltre a costituire un formidabile punto di approdo per la nautica da diporto (e sono migliaia le imbarcazioni da turismo che solcano il Mediterraneo): nessuna risposta dall’Amministrazione competente e nessun interesse da parte della Regione. Ma perché le iniziative private (che non chiedono soldi pubblici) trovano sempre ostacoli in questa terra? Buon anno a tutti, ma scon ottimismo.λ

IL 2025 CHE VERRÀ: FORMAZIONE, CULTURA
MA ANCHE MOBILITÀ, IL LAVORO E LA SANITÀ

di SANTO STRATI – È inevitabile, non si scappa: l’ultimo dell’anno è l’occasione per fare il bilancio dell’anno che si chiude e tentare di immaginare cosa aspettarsi dal futuro. Ci proviamo.

Quante cose buone nel 2024 e quante meno buone? Difficile fare  una distinzione se non si ha voglia di ottimismo: la Calabria ha mostrato la sua capacità di reagire al torpore cui generazioni di politici l’hanno costretta negli ultimi 50 anni. I calabresi hanno capito che è il momento di mostrare i denti e rispondere adeguatamente a chi insiste a considerare questa terra una fastidiosa incombenza per l’Italia, quando il realtà essa rappresenta un volano straordinario di sviluppo. «Se cresce il Sud – è stato detto da tanti (a cominciare dall’ ex presidente del Consiglio Conte al presidente della Confindustria Berti) – cresce l’Italia. Orbene, quest’idea di sviluppo è però rimasta soltanto nelle intenzioni e ci piacerebbe che tutti i parlamentari del Mezzogiorno, ma soprattutto della Calabria, costituissero una sorta di rete trasversale con un comune obiettivo: crescita, occupazione, futuro.

Un modello ce l’abbiamo – il deputato Francesco Cannizzaro di Forza Italia – il quale a ogni finanziaria riesce a “mollare” un po’ di emendamenti che portano ricchezza e nuove opportunità di sviluppo per la “sua” Calabria.

Ci piacerebbe vedere tanti cloni di Cannizzaro, nelle varie appartenenze politiche che si spendessero per il Mezzogiorno. Ci sono le occasioni e le premesse per delineare una visione di sviluppo che non si fermi a domani, ma guardi a dopodomani e a dopo-dopodomani. Ossia che metta le basi per restituire il futuro rubato ai nostri giovani.

A rischio di ripetermi, insisto a dire che la chiave dello sviluppo si chiama formazione: la scuola, l’università, i dottorati sono l’elemento chiave per costruire un’idea di futuro. Questo Paese sottopaga gli insegnanti e allo studio e alla formazione riserva sempre percentuali microscopiche delle risorse destinate allo sviluppo. Un Paese che, però, come nel caso della Calabria, sforna eccellenze che il mondo ci ammira (e ci sottrae), grazie all’impegno di straordinari docenti e insegnanti che non guardano l’orario e vogliono formare in modo serio e costruttive le generazioni di domani.

Cultura e formazione, dunque, senza trascurare e dimenticare le infrastrutture di cui il 2025 dovrebbe vedere l’avvio dei lavori. Il Ponte, certo, se a gennaio il Cipess dirà se va fatto o meno, ma tutto il sistema dei trasporti e della mobilità che in Calabria (e in quasi tutto il Sud) è pressoché fermo ai borboni. Se non si farà l’Alta Velocità, si rifà la SS 106, si adeguano strade e autostrade, il Ponte non serve e proprio per questo la sua realizzazione farebbe da traino a tutto ciò.

Un discorso a parte merita la Sanità: il Presidente Occhiuto ha lavorato bene da commissario, ma dovrà lottare perché il Commissariamento finisca: va congelato il debito e vanno autorizzati investimenti nelle strutture pubbliche della sanità. È un memo importante per la Regione, speriamo che il Presidente ci creda.

ALTA VELOCITÀ, SARÀ UN’INCOMPIUTA IN
CALABRIA? A RISCHIO I FONDI DEL PNRR

di PABLO PETRASSOArriva l’ok della Commissione Ue per le opere pubbliche infrastrutturali della Zes unica Sud. Rappresentano uno dei “pezzi” della sesta rata del Pnrr (che vale in tutto 8,7 miliardi di euro) inoltrata dal Governo a Bruxelles nel mese di agosto e tornata indietro con il visto europeo poco prima di Natale. In tutto, all’Italia sono stati accordati fondi per 122 miliardi, il 60% di una dotazione complessiva di 193 miliardi di euro.

Questa rata è focalizzata sul tentativo di portare a termine opere indispensabili a migliorare la dotazione infrastrutturale del Sud e soprattutto i collegamenti tra le aree portuali e le reti stradali e ferroviarie del Paese. È la strategia dell’ultimo miglio, un passo fondamentale per consentire ai distretti produttivi di ridurre tempi e costi della logistica. Un modo per aumentare la capacità attrattiva del Mezzogiorno. C’è una scadenza da cerchiare in rosso: la prima metà del 2026. E non tanto perché queste opere siano in ritardo ma perché è collegata a un altro aspetto centrale per il futuro del Sud: l’Alta velocità ferroviaria. Vediamo perché i due obiettivi infrastrutturali sono collegati e, soprattutto in Calabria, gli sforzi per avvicinare il porto di Gioia Tauro all’Europa rischiano di essere frustrati.

Pnrr, oltre 100 milioni per il porto di Gioia Tauro

La sesta rata del Pnrr ha un capitolo importante nel cuore della Piana di Gioia Tauro. Il porto è il punto di riferimento per la quota più ampia riservata a quella che un tempo era la Zes Calabria: ci sono oltre 100 milioni di euro di investimenti per lo scalo più importante del Meridione (che è anche uno tra quelli che crescono maggiormente nel Mediterraneo). L’elenco degli interventi: l’adeguamento degli impianti ferroviari a Sibari, San Pietro a Maida, Nocera Terinese e Rosarno (57,7 milioni); il raccordo stradale sud alla rete Ten-T (10 milioni); il completamento della banchina di ponente lato nord (16,5 milioni); l’urbanizzazione dell’area industriale (10 milioni).

Insomma, Gioia Tauro sembra il cuore pulsante del progetto pensato per attrarre maggiori investimenti al Sud. Lo scalo calabrese avrebbe un ruolo chiave nella dimensione euromediterranea, visto che la rete Ten-T collegherà la Scandinavia all’Europa del Sud ed è la stessa che comprende la Sicilia e il Ponte sullo Stretto (per il quale l’Europa però ha destinato finora un finanziamento molto esiguo).

Il Governo vuole tagliare l’Alta velocità in Calabria?

Ci sono però molti condizionali e quasi tutti si concentrano sull’altra faccia della medaglia dello sviluppo del Mezzogiorno che mostra ritardi preoccupanti proprio in Calabria. L’Alta velocità che in un’ampia parte del Sud prenderà il via nel 2026, da Praia in giù è collegata a scadenze che non arriveranno prima del 2030. Tornando al porto di Gioia Tauro, se i lavori pensati per avvicinarlo all’Europa finiranno nel 2026, saranno una goccia nel mare di un’infrastruttura ferroviaria ancora lenta e vecchia. I nodi saranno adeguati ma la rete resterà obsoleta. In sostanza, il porto più importante del Sud sarà pronto ma non avrà gli strumenti per sprigionare il proprio potenziale.

Da qualche giorno c’è un altro problema all’orizzonte: il Governo, infatti, sta rivedendo la strategia complessiva sul Pnrr. Nuovo ministro, nuovi obiettivi: da quando Tommaso Foti (ex capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera) ha preso il posto di Raffaele Fitto, è partita una revisione dei progetti. L’obiettivo è quello di individuare i progetti in ritardo e reinvestire in altri ambiti per garantire la migliore attuazione del Piano. In cima alla voce “ritardi” c’è l’Alta velocità in Calabria che, come detto, non riuscirà a essere completata entro il 30 giugno 2026. Non se ne parla prima del 2030. Per il governo è un problema e, secondo quanto riportato da Repubblica, alcuni lotti dell’Av Salerno-Reggio Calabria sono in bilico e l’idea è quella di trasferire i fondi su altre opere i cui tempi di realizzazione appaiono più in linea con i desiderata europei. In Campania (e non solo) i treni ad Alta velocità inizieranno a circolare nel 2026, per i lotti calabresi se tutto andrà bene i lavori inizieranno in quella data visto che ancora si discute di quale sia il percorso migliore per i nuovi treni. Insomma, è tutto ancora sulla carta e Foti potrebbe decidere di lasciar galleggiare i progetti calabresi per trasferire altrove le risorse.

Gioia Tauro, porto all’avanguardia in una rete ferroviaria novecentesca

La prima vittima sarebbe proprio il Porto di Gioia Tauro, tagliato fuori dalle reti moderne e destinato a segnare il passo rispetto ad altri porti del Mezzogiorno che invece potranno sfruttare l’Alta velocità e formare un quadrilatero (Napoli-Battipaglia-Taranto-Bari) a performance elevate. La dead-line nell’area tra Campania, Basilicata e Puglia è fissata all’agosto 2027. Per la Calabria la tempistica è molto più fumosa e il potenziale intervento del Governo potrebbe farla slittare addirittura più in là del 2030. Gioia Tauro, con l’iniezione dei 100 milioni del Pnrr, rischierebbe di diventare il nodo sviluppato di una rete ferroviaria novecentesca: una cattedrale nel deserto con vista su un Ponte da 14 miliardi di euro. Questione di priorità: ma in questo caso le priorità suonano come una condanna per le speranze di sviluppo della Calabria. λ

[Courtesy LaCNews24]

CALABRIA, DISAGIO SOCIALE ED ECONOMIA
AL PALO: INTERVENIRE, NON BASTA LA FEDE

di EMILIO ERRIGO  – Nell’anno del Giubileo, il popolo della Calabria non sembra godere di tanta buona fede religiosa necessaria per superare le complesse e complicate avversità che la vita riserva a ognuno di loro.

Appare come se fosse intrappolato in errori umani di valutazione della vita reale di tutti i giorni, incapace di intraprendere iniziative di  pregio relazionale, che  dovrebbero condurre a soluzioni pacificanti e riconcilianti con quanti si oppongono alle indifferenze e prepotenze altrui,  da ritenersi ingiuste e prive di umanità.

La gente di animo buono che, numerosissima, vive nel disagio sociale nei luoghi più disparati delle periferie più distanti dai centri delle sedi dei 97 Comuni della Città Metropolitana di Reggio Calabria, necessità di ogni cosa che sia considerata bene comune e pubblico servizio, dall’acqua potabile, strade sicure, rete idrica sufficiente e sistemi adeguati di raccolta rifiuti, collettamento e trattamento dei reflui urbani, assistenza medica domiciliare, presidi sanitari di pronto soccorso ed altri servizi di pubblica necessità e igiene che rendano le Comunità autosufficienti e sicure  per la soddisfazione da ogni bisogno pubblico e privato.

I disagi sociali ed economici sono tanti e meritano più attenzione. Le belle e suggestive fiumare di un tempo e adiacenti aree golenali, sono oramai divenute delle vere e proprie discariche a cielo aperto di rifiuti di ogni genere e categoria di pericolosità e tossicità, sono scarsamente vigilate tecnicamente ispezionate costantemente, manutenzionate e periodicamente bonificate, con il conseguente rischio e pericolo incombente che al sopraggiungere di eventi meteorologici avversi e piogge temporalesche durature per più giorni, le esondazioni delle acque dagli argini dove ancora esistono, creino danni incommisurabile.

Le tante aree alluvionabili sono esposte all’incombente serio pericolo che si ripetano le cause delle alluvioni mortali e i disastri ambientali degli anni 1950-1954.

Le alluvioni fangose  di Africo e delle periferie di Reggio Calabria, San Gregorio, Ravagnese, Arangea, Saracinello, Mortara, San Leo, Occhio di Pellaro e Pellaro e non dovrebbero essere e rappresentare solo, un triste e indimenticabile ricordo delle conseguenze dell’incuria, indifferenza, disattenzione, imprudenza, negligenza e imperizia umana di chi avrebbe dovuto agire e operare, per prevedere e prevenire quei disastri e distruzioni dei territori incurati e  abitanti  dimenticati dagli uomini e dalla Fede Cristiana.

Benedetto XIV nella Enciclica firmata  a Roma,  a Santa Maria Maggiore, l’8 settembre del 1745, anno sesto del Pontificato, dal titolo significativo “Gravissimum Supremi“, rivolgendosi ai Venerabili Fratelli Arcivescovi, Vescovi e Ordinari del Regno Napoletano, scriveva: “Il poderoso ministero del Supremo Apostolato, che Ci fu conferito senza merito, richiede soprattutto due elementi:

– primo condurre ad abbracciare la Santa Religione quei popoli che non l’hanno mai ricevuta o dopo che dopo averla ricevuta, per una miseria, infelice sciagura, la perdettero;

secondo, che la Religione stessa acquisita venga diligentemente mantenuta in quei luoghi nei quali è conservata integra per Divina Provvidenza.

In verità i Romani Pontefici Nostri Predecessori, per rispondere a questo dovere, scelsero in ogni epoca uomini eminenti per pietà e dottrina per diffondere in ogni continente la Fede Cattolica.

Anche Noi abbiamo seguito lo stesso pensiero ogni volta che giunsero alle nostre orecchie le lamentele dei Fedeli affinché con lo zelo attenuassimo le note negligenze prima di presentarci al Giudice Supremo. Infatti abbiamo designato Visitatori muniti di autorità pontificia che riconducessero alla pristina disciplina, dove fosse necessario. Comprendiamo le difficoltà che frenano i Missionari dal recarsi presso i Sanniti e i Calabri. Tuttavia, essendovi in quei luoghi i Padri Domenicani e i Gesuiti, i loro Generali per ordine Nostro raduneranno i Provinciali, affinché scelgano alcuni di loro uomini, che colà facciamo Missioni, senza alcun compenso da parte del clero o dei pubblici amministratori, quando fanno le missioni. I loro nomi saranno comunicati al Cardinale Spinello, a cui si rivolgeranno i Vescovi del Sannio e della Calabria, affinché  le Missioni si svolgano regolarmente nelle loro Diocesi, come fuor dubbio confidiamo accadrà nelle Diocesi che non sono molto lontane della Città di Napoli. Così il popolo, toccato dalla vostra presenza e della vostra virtù, sarà più infervorato ad imboccare la strada del Signore”.

Sono trascorsi oltre 3 secoli dal 17 settembre 1745, ma le realtà di quei “luoghi del Sannio e della Calabria”, non sono affatto e per nulla o poco mutati, anzi  parrebbero addirittura peggiorati!

Forse occorre l’intervento con una Enciclica di Papa Francesco per lenire i disagi e le difficoltà umane che devono fronteggiare, ogni giorno e notte, gli abitanti di moltissimi luoghi periferici dei 97 Comuni Metropolitani, perché credo e mi sono convinto, che da solo per quanto ce la possa mettere tutta, il caro sindaco della Nostra Città Metropolitana di Reggio Calabria, e chiunque altro gli subentrerà quale futuro sindaco, da soli e in assenza del sostegno, aiuto e opere di missioni degli Arcivescovi, Vescovi e coinvolgimento diretto dei due Presidenti delle Autorità dei Sistemi Portuali, dello Stretto e del Mare Tirreno Meridionale e dello Ionio, dei  Magnifici Rettori e Professori Ordinari  delle Università della Calabria, nessuno potrà pensare di rianimare e diffondere la speranza  in un futuro più giusto, migliore, onesto, sicuro e così agendo, adoperarsi in ogni modo e con tutte le forze, per  diffondere la Fede e rianimare la speranza necessaria a Reggio Calabria – Città Metropolitana d’Italia. (ee)

(Emilio Errigo è nato a Reggio Calabria è docente universitario, studioso di diritto internazionale all’ambiente e dell’ambiente, attuale Commissario Straordinario delegato di Governo per il Sito di Interesse Nazionale di Crotone-Cassano All’Ionio e Cerchiara di Calabria)

IN CALABRIA È EMERGENZA ABITATIVA:
NECESSARIO UN PIANO PER RIDURRE IL GAP

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Migliaia di famiglie calabresi continuano a vivere in condizioni di disagio abitativo, senza una prospettiva concreta di miglioramento. È il desolante quadro emerso dal report sul disagio abitativo in Calabria, realizzato da Uil CalabriaUniat Calabria, che chiedono alla Regione un piano straordinario per affrontare  il disagio abitativo nella regione.

La Corte dei Conti, infatti, nella sua relazione semestrale sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nell’evidenziare la lenta crescita della spesa a livello generale, ha rilevato come «si evidenziano ritardi per molti progetti, in particolare nei casi in cui la realizzazione risulta maggiormente complessa (ovvero, quando si tratta di opere pubbliche)».

«Prendendo a riferimento i progetti rientranti nel PINQuA – si legge – che rappresenta la misura del Piano più strettamente connessa alla questione abitativa, oltre un terzo di essi presenta dei ritardi rispetto alla rispettiva programmazione temporale; inoltre, circa l’80 per cento di tali ritardi si concentra nelle fasi precedenti l’avvio dei lavori».

Nonostante gli interventi di riqualificazione, manutenzione ed efficientamento consentano di ampliare gli alloggi disponibili, opportunamente recuperando quelli sfitti perché difficilmente
utilizzabili, per la Corte dei Conti “si è forse persa un’occasione per aumentare gli sforzi di edificazione di nuovi alloggi”.

Mentre in Italia sono 650 mila le famiglie che aspetta l’assegnazione di un alloggio pubblico, questo mentre l’edilizia residenziale pubblica è costretta a districarsi tra difficoltà burocratiche e pratiche, la Calabria, nel 2016, registrava 11.117 domande inevase, pari a un’incidenza di 13,8 domande ogni 1.000 nuclei familiari residenti. Questo dato evidenzia un significativo fabbisogno di alloggi sociali nella regione. L’incidenza è di 13,8 domande ogni 1.000 nuclei familiari residenti, una delle più alte in Italia. Questo indica una carenza strutturale di alloggi disponibili, non adeguata
a rispondere al fabbisogno abitativo della popolazione più vulnerabile.

Non risultano, poi progetti specifici in Calabria legati all’efficientamento energetico di immobili ERP finanziati con risorse del Pnrr. Questo suggerisce una carenza di interventi mirati nel miglioramento delle condizioni abitative pubbliche, considerando che molti immobili ERP sono datati e richiederebbero interventi di ristrutturazione e miglioramento energetico per ridurre i costi e aumentare la vivibilità.

Le abitazioni energivore gravano sulle famiglie a basso reddito. A livello nazionale, ancora, solo il 14% delle famiglie più povere ha accesso a questo tipo di abitazioni. Per la Calabria, non sono disponibili dati dettagliati sugli alloggi a canone calmierato, ma la regione soffre probabilmente di un’offerta limitata, come riflettono i dati generali sul Sud Italia. Solo una piccola percentuale delle famiglie calabresi riesce ad accedere ad alloggi a canone calmierato, a causa di una disponibilità limitata. Il problema è particolarmente grave nel contesto della povertà diffusa nella regione, con un numero elevato di famiglie che rientrano nelle fasce più basse di reddito.

«L’assenza di interventi significativi per la riqualificazione di edifici ERP nella regione conferma la necessità di politiche più incisive per affrontare il disagio abitativo e migliorare la qualità degli alloggi», viene sottolineato dal sindacato nel report, ricordando come servono «politiche che prevedono l’intervento sul territorio attraverso il Pnrr che si esplica nella progettazione dei cosiddetti PINQuA (Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare). Il Programma è finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
(PNRR), nell’ambito della Missione 5 “Coesione e inclusione”, componente 2, investimento 2.3».

Approfondendo il dato relativo alla Calabria emerge che i 57 progetti presentati per il finanziamento attraverso il PINQuA sono concentrati in tre città: Corigliano-Rossano, che ne ha presentati 38 per un valore di 45 milioni di euro e una spesa ferma (secondo i dati aggiornati a luglio del 2024 presenti sul portale Openpnrr) all’8,6%; Lamezia Terme, con 16 progetti per un valore di 118 milioni di euro e una spesa ferma al 7,9% (secondo i dati aggiornati a luglio del 2024 presenti sul
portale Openpnrr) e Reggio Calabria, che ha presentato 3 progetti per un totale di 54 milioni di euro e una spesa ferma all’8,6% (secondo i dati aggiornati a luglio del 2024 presenti sul portale Openpnrr).

Nel report vengono sottolineati i numeri relativi agli interventi del Pnrr a valere sull’Ecobonus. In Calabria sono stati presentati 1845 progetti che sono stati finanziati con 439 milioni di euro a valere sul Pnrr e con 483 milioni di euro di investimenti in totale.

Nella relazione della Corte dei conti manca completamente il dato riferito agli interventi a carico di immobili di Edilizia
residenziale pubblica.

«È importante sottolineare – si legge – che quando parliamo di finanziamento totale questo è il risultato dei finanziamenti del Pnrr, dei cofinanziamenti dello Stato, degli enti locali e dei
privati. Per quanto riguarda la riforma degli alloggi universitari in Calabria viene segnalato 1 solo progetto
per un finanziamento totale pari a 3,9 milioni di euro».

Sono, invece, 8 gli interventi del Pnrr finalizzati al potenziamento dell’Housing first (innanzitutto la
casa) e stazioni di posta per persone senza fissa dimora. L’investimento ha lo scopo di aiutare le persone senza dimora ad accedere facilmente all’alloggio temporaneo, in appartamenti o in case di accoglienza, e offrire loro servizi completi sia con il fine di promuoverne l’autonomia che per favorire una piena integrazione sociale. Il finanziamento a valere sul Pnrr ammonta a 6,8 milioni di euro.

Per quanto riguarda, infine, il Programma “Sicuro, verde e sociale: riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica”, approvato nell’ambito del Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che è finalizzato ad intervenire sul patrimonio di edilizia residenziale pubblica
con l’obiettivo di migliorare l’efficientamento energetico e l’adeguamento sismico degli edifici, nonché di implementare e migliorare le aree verdi nell’ambito urbano di pertinenza degli immobili, anche al fine di ridurre la segregazione ed esclusione sociale, oltre a situazioni di degrado ed obsolescenza, si segnalano 49 progetti, per un finanziamento a valere sul Piano nazionale complementare pari a 97,7 milioni di euro, con 75 gare bandite e 25 gare aggiudicate.

Non può essere trascurato, infine, il fatto che in Calabria sono 450 mila appartamenti vuoti o inutilizzati (circa il 40% del totale degli immobili), mentre in tutta Italia gli immobili inutilizzati sono 8,2 milioni.

Davanti a questo stato di cose, «la Uil Calabria e l’Uniat Calabria – si legge nella nota – hanno elaborato delle proposte che vogliono portare all’attenzione dell’opinione pubblica regionale. Per affrontare l’emergenza serve: un Piano straordinario per l’edilizia pubblica, che porti alla costruzione di nuovi alloggi e recupero del patrimonio immobiliare inutilizzato».

«E, ancora – hanno proseguito – interventi mirati all’efficienza energetica degli immobili per ridurre i costi e migliorare la vivibilità e la creazione di un’Agenzia regionale per l’abitare: Un ente unico per gestire il patrimonio pubblico, coordinare le politiche abitative e sviluppare progetti di edilizia sociale».

«Il rafforzamento dei fondi per l’affitto – continua la nota – misure contro gli sfratti e incentivi per alloggi a canone calmierato per supportare i bisogni delle fasce più deboli della popolazione e la riqualificazione delle periferie e rilancio dei borghi per contrastare il degrado e favorire l’inclusione sociale».

«La casa è un diritto umano fondamentale sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani – viene ribadito – che deve essere tutelato. In una regione come la Calabria, dove il 48,6% della popolazione vive in stato di deprivazione, è indispensabile considerare l’abitare come una politica di welfare prioritario per garantire inclusione e dignità sociale». (ams)

PONTE SULLO STRETTO, ULTIMA CHIAMATA
SERVE ALL’EUROPA, SI USINO LE RISORSE UE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – La legge di bilancio per il 2025 prevede anche uno stanziamento da 1,5 miliardi di euro in più per il Ponte sullo Stretto. Lo prevede un emendamento della Lega. Così, i fondi complessivi per l’opera superano i 13 miliardi di euro, di cui quasi la metà a carico delle Regioni.

Qualcuno evidentemente si è convinto che il costo del Ponte sullo Stretto di Messina debba essere a carico dei siciliani e dei calabresi. Come fosse una passerella per far incontrare più facilmente il ragazzo di Messina con la sua amata di Reggio Calabria. E non il completamento del collegamento tra Singapore/Hong Kong e Berlino, e un modo per evitare che le maxi-porta containers attraversino tutto il Mediterraneo, escano dallo stretto di Gibilterra, costeggino Spagna, Portogallo, attraversino la Manica, lo stretto di Calais per arrivare a Rotterdam. Con conseguente immaginabile emissione di CO2.

Se la visione è la seconda allora non solo non deve essere finanziato dalla Sicilia e dalla Calabria, ma nemmeno dall’Italia, perché è una infrastruttura che serve all’Europa, in particolare in un momento in cui si guarda sempre di più al Mediterraneo, considerate le problematiche sempre più complesse che attengono ai rapporti tra Unione Europea e Federazione Russa.    

Ma, riprendendo quello che diceva don Rodrigo sull’unione tra Renzo e Lucia (“Questo matrimonio non s’ha da fare“), siamo profondamente convinti che “questo ponte s’ha da fare”.

È in un momento così complicato (ma ce ne sono di semplici?), che si possa attingere al Fondo di Sviluppo e Coesione, e quindi alle risorse messe a disposizione dall’Unione Europea, non dimentichiamolo purché siano aggiuntive a quelle ordinarie e servano ad eliminare o diminuire le distanze economiche e sociali rispetto al resto del Paese, può anche essere opportuno.

Senza considerare il fatto che impegnare il Fondo di Sviluppo e Coesione in un modo così virtuoso ed evitare che si sprechi per alimentare il consenso della classe dominante estrattiva o peggio che vada perduto per incapacità di spesa può essere un esercizio virtuoso.

Ma deve essere chiaro a tutti, Unione Europea compresa, che un tale costo deve essere affrontato con la fiscalità generale, come avvenuto con il Mose di Venezia e continua ad avvenire con la TAV. Come si è proceduto con l’alta velocità ferroviaria, prevalentemente realizzata nel Centro Nord e con il costo delle autostrade.

Infrastrutturare un territorio, dotandolo di porti, aeroporti, linee ferroviarie, collegamenti autostradali, fa parte di un progetto che deve essere affrontato con le risorse ordinarie. Per il Sud invece pare che questa regola non valga, visto che tutte le strutture aeroportuali e anche parte delle autostrade sono state realizzate con i fondi “aggiuntivi“europei.

Adesso si vuole finanziare anche il ponte sullo stretto con le risorse aggiuntive? In un momento particolare, come quello che attraversiamo e visto che il CiPESS potrà approvare il progetto soltanto se vi è certezza di finanziamento, forse il passaggio che si è effettuato può anche essere opportuno. Ma con la riserva che tali risorse vanno restituite al Mezzogiorno, perché possano servire per gli obiettivi per i quali sono stati dati: cioè di costituire fondi aggiuntivi per lo sviluppo di tali territori.

Certo, forse qualche sforzo in più si poteva fare per inserire alcune opere accessorie o compensative, che potevano essere completate entro il 2026 nel PNRR, per il quale non si raggiungerà quasi certamente quel 40% stabilito che, con un colpo di mano rispetto all’oltre 50% che sarebbe toccato se si fosse utilizzato l’algoritmo individuato dall’Unione Europea per distribuire le risorse ai vari Paesi, e che il Governo Draghi ha individuato per l’attribuzione al Sud.

Ma inutile piangere sul latte versato, adesso quello che va richiesto è che le risorse utilizzate del Fondo Sviluppo e Coesione siano restituite al Mezzogiorno, sia se si troveranno investitori aggiuntivi, privati o pubblici, sia che invece rimanga tutto a carico dello Stato italiano.

E la richiesta che va fatta forte e chiara è che si inquadri il collegamento stabile come il passaggio di 3 km di mare inserito nella logica di un collegamento tra Augusta e Berlino con l’alta capacità ferroviaria, che metta in condizioni l’Italia  di attrarre i grandi traffici provenienti dall’Estremo  e Medio Oriente e dall’Africa e farli sbarcare nei porti di Augusta e di Gioia Tauro, superando il monopolio per anni consentito a Genova e Trieste, che devono farsene una ragione del fatto che sono sotto le Alpi e non in mezzo al Mediterraneo.

Che hanno retroporti molto contenuti in termini di spazi. Tale approccio potrebbe soprattutto fornire un’alternativa interessante agli armatori che gestiscono i traffici internazionali.

Per tale obiettivo è necessario però che si realizzi l’alta velocità ferroviaria nei tempi previsti, finanziando l’adeguatamente di tutta la rete ferroviaria, obiettivo che nell’ultimo periodo sembra slittare nel tempo.

Così come è necessario che si realizzino gli investimenti opportuni su Gioia Tauro ed Augusta, in modo da cominciare a testare il sistema complesso necessario  ed attrarre i traffici, che non saranno facilmente ceduti da Rotterdam, che ormai ha raggiunto la quasi perfezione nella sua attività.

Avendo presente che mentre noi rinviamo i nostri investimenti, gli altri competitor, come ad esempio Tanger Med, lavorano intensamente per fare quello che noi rinviamo nel tempo, illusi che quando vorremmo farlo ci saranno le condizioni necessarie.

Tranne che i rinvii e le meline non siano funzionali a lasciare la situazione quale è adesso, nella paura di perdere posizioni acquisite da parte di qualche altra area interessata.

“A  pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” diceva Andreotti e certo, nel passato l’emarginazione dei porti di tutto il Mezzogiorno ha avuto il retro pensiero di rendere centrali quelli di Trieste e Genova, ma in realtà favorito solo Rotterdam.

Oggi il principale assertore della necessità del Ponte sullo Stretto, Matteo Salvini, è in difficoltà sia per fatti interni alla Lega che per fatti esterni, dovuti al processo di Palermo. Per questo è ancor più necessario il monitoraggio della situazione per evitare che vi siano passi falsi che ritardino tutto il percorso.

In tale logica va bene che le risorse attinte siano provenienti dal  Fondo Sviluppo e Coesione, ma a patto che sia un prestito da restituire totalmente e  in tempi brevi. Altrimenti si darà ragione a coloro che sostengono che il ponte è solo uno specchietto, che probabilmente mai si realizzerà, e che assorbirà talmente tante risorse da sottrarle a tutta una serie di esigenze che continuano ad esserci e che sono sempre più pressanti. (pmb)

(Courtesy Il Quotidiano del Sud/L’Altravoce dell’Italia)

 

BIANCO NATALE IN CALABRIA, NEVE E SPORT
PERÒ A GAMBARIE È IMPOSSIBILE SCIARE

Bianco Natale, in Calabria: la neve ha imbiancato queste feste, per la gioia degli appassionati di sport invernali e degli operatori turistici di Camigliatello Silano, Lorica, di Gambarie in Aspromonte e degli altri centri che operano nei centri più apprezzati dai vacanzieri del Natale. La neve è scesa copiosa sull’Altipiano Silano, sul Pollino, e sull’Aspromonte, senza – per fortuna – creare difficoltà ai residenti e a quanti hanno scelto le località sciistiche calabresi per trascorrere le festività natalizie. Il maltempo, però, non assicura tranquillità per i prossimi giorni e sono state attivate le procedure necessarie per la messa in sicurezza di strade e dell’Autostrada del Mediterraneo, considerando che le previsioni indicano precipitazioni nevose anche a bassa quota. Sotto osservazione, quindi, anche le località turistiche: a Gambarie prevista un’intensa nevicata già da oggi. Peccato che gli impianti sciistici di Gambarie siano rimasti chiusi perché la società di gestione ha rescisso il contratto.
Il sindaco di Santo Stefano d’Aspromonte Francesco Malara, ha spiegato che «si potrà godere la neve, divertirsi, passeggiare, scivolare con gli slittini, frequentare i bar, i negozi, i ristoranti, gli alberghi, tutti gli esercizi commerciali, ma molto probabilmente, quasi sicuramente, non sciare. Purtroppo per il momento non riusciremo ad assicurare l’apertura degli impianti di risalita di Gambarie.
«Proprio adesso – ha postato il sindaco Malara – con l’avvento della stagione invernale, la società di gestione improvvisamente e per questioni economiche (principalmente indennizzo assicurativo e manutenzioni straordinarie) che non gli consentono il mantenimento del suo equilibrio economico di normale impresa privata, ci ha comunicato la sua volontà di rescindere il contratto sottoscritto 10 anni orsono e che prevedeva la costruzione delle due nuove seggiovie e la gestione di esse e delle altre due già preesistenti per 30 anni, con contestuale richiesta di riconsegna delle 3 seggiovie attualmente esistenti, della sciovia, delle 5 piste da sci, della pista da bob, dei 3 battipista, dei due chalet, delle due motoslitte, delle attrezzature, del materiale, di tutto ciò che gli era stato consegnato dieci anni orsono e che fino adesso ha gestito nella sua giusta autonomia imprenditoriale ricevendo tutta la possibile collaborazione comunale.
«Adesso è chiaro che come in tutti i subentri si perderà il tempo assolutamente necessario a verificare non tanto e non solo la documentazione quanto lo stato di consistenza di tutto quanto, il suo grado di conservazione, di funzionamento, lo stato manutentivo, i collaudi fatti o da fare, le eventuali criticità, i lavori fatti o da fare, tutto ciò che è necessario e questo deve essere fatto da tecnici esperti abilitati con i tempi giusti altrimenti si rischia di compromettere l intero comprensorio sciistico di Gambarie che abbiamo costruito in collaborazione con tanta fatica.
«Spiace constatare non solo che ciò sia avvenuto ma anche che ciò sia avvenuto proprio adesso nella fase di avvio della stagione sciistica.
«Questa Amministrazione comunale – ha scritto Malara nel suo post ,- ha già valutato delle possibili soluzioni alternative tra cui la richiesta di aiuto al presidente della Regione Calabria, già gentilmente ricevuta in altre occasioni, di collaborazione nella gestione degli impianti sciistici di Gambarie con le Ferrovie della Calabria Spa per come già avviene con legge regionale n.8/2023 per gli impianti sciistici di Camigliatello e di Lorica, ma chiaramente affinché ciò si possa realizzare ci vorrà del tempo.
Nelle more, insieme agli uffici comunali, si stanno esplorando le ulteriori soluzioni possibili, tra le quali il ravvedimento dell attualev vgestore, ma in caso negativo un cambio di gestione deve obbligatoriamente passare dalla chiara necessità preliminare di una giusta, corretta, legale, riconsegna degli impianti, delle attrezzature e del materiale affidato a suo tempo e che quindi il tutto deve essere puntualmente verificato da tecnici abilitati nel minor tempo possibile”.
Ma non è tutto. Il sindaco spiega anche che: “La settimana scorsa è stata bandita la gara di appalto per il primo lotto, finanziato dalla Regione Calabria, della ricostruzione della storica primaria seggiovia Piazza Mangeruca – Monte Scirocco le cui offerte andranno presentate entro il 14 gennaio ed anche che è stata quasi completata l’elaborazione del progetto del II lotto per cui a breve si potrà procedere con la richiesta dei necessari nulla osta». 

DON MIMMO BATTAGLIA: UN NATALE “SENZA”
L’UNICO IN CUI POSSIAMO SCOPRIRCI LIBERI

di DON MIMMO BATTAGLIA – Ancora Natale, e quale augurio quest’anno? Ci auguriamo sempre di tutto, abbondanza, ricchezza, salute… e ci crediamo pure.

Eppure quest’anno vorrei augurare a tutti un Natale al contrario, un Natale “senza…”. A me, alla mia comunità, alla mia città… sì, un Natale al contrario, un Natale “senza…”. Vorrei che per quest’anno potessimo sostituire il segno “più” con il segno “meno”: meno immagine, meno abbondanza, meno addobbi… un Natale in cui togliere piuttosto che aggiungere. E non per la crisi, quello è un altro discorso.

Un Natale sotto il segno del meno è forse più vero, una specie di magia che ci riporta indietro, indietro nel tempo della nostra vita in un istante preciso: l’istante in cui siamo venuti al mondo, in cui siamo diventati creature, prima eravamo sogni! Neonati senza ricordi, senza il dolore che avremmo poi vissuto o causato, senza le parole dette o ascoltate, senza gli incontri che hanno cambiato nel tempo il corso della nostra storia. Un Natale “senza”.

Neonati, come in una mangiatoia di molti secoli fa. Nudi, senza un abito buono o stracciato, senza il vestito della festa o la borsa di moda, senza le toppe sugli ultimi jeans che ci sono rimasti, senza. Né poveri, né ricchi. Nudi!

Neonati senza un titolo e senza un’immagine da difendere o da voler modificare, senza un ruolo o una maschera da indossare. Solo creature, nella loro semplicità ed essenzialità.

Bambini e non signori o dottori, ingegneri, onorevoli, presidenti, professori. Bambini e non tossici, delinquenti, emarginati, carcerati, immigrati. Bambini. Semplicemente bambini. Senza medaglie o successi, senza ferite o cicatrici.

Vi auguro un Natale “senza”, perché è l’unico Natale in cui possiamo scoprirci liberi. Liberi dal dover fare, dal dover sembrare, dal dover dimostrare, liberi dai bisogni che ci siamo costruiti o da quelli che ci hanno imposto. Liberi di abbandonarci ad un altro, all’Altro, ad una madre, ad un padre, ad un figlio, ad un amore, ad una comunità che, in semplicità, si prenda cura di noi, dei nostri bisogni autentici, quelli che ci rendono umani: calore, protezione, attenzione, amore. Liberi come i gigli del campo, come un neonato in una mangiatoia.

Indifesi come un neonato, indifesi ma non deboli. Perché un neonato in una mangiatoia non ha forza, ma la trova nelle braccia di un padre che lo solleva, di una madre che lo stringe al cuore. E impone nel mondo un nuovo modo di respirare, dove il sospetto cede alla confidenza, la vendetta è disarmata dal perdono, e forse verrà un giorno in cui saremo tutti liberi e vulnerabili, senza più la paura di essere aggrediti o usati dagli altri.

Vi auguro un Natale “senza”, un Natale in cui non camuffare la nostra solitudine nell’ubriacatura di una folla, in cui non negare la nostra solitudine dimostrandoci come altri vorrebbero che noi fossimo ma, al contrario, abbracciare quell’unica solitudine che ci permette di essere sempre noi stessi fino in fondo. Quella solitudine in cui ci costruiamo come persone capaci di amore, la stessa solitudine di Giuseppe sulla via di Betlemme, con i suoi pensieri, i suoi dubbi e le sue paure, con la sua forza di scegliere sempre e comunque il sogno, la forza del sogno. Perché il sogno è sempre possibile.

Un Natale “senza”, in cui anziché il dono, possiamo scambiarci il perdono. Perdono sotto il nostro albero: per noi stessi innanzitutto, per i nostri sbagli, per la nostra vita che è più grande di ogni errore. Perché la vita non coincide mai con i nostri sbagli né con le sue fratture. È sempre più grande. Perché, come un neonato, noi siamo infinito. Vuol dire che il bene possibile domani vale più del male di ieri.

Auguro un Natale “senza” anche a voi che non vivrete un Natale. A voi che avete perso il lavoro o non lo avete mai trovato, a voi che avete perso la casa, che avete perso l’amore, che avete perso la fede. Un Natale “senza” è il Natale che parte dal nulla con un dono solo, ma più grande di tutti: la speranza. Una speranza che è concreta, che è nel miracolo del vostro arrivare a sera, che è nella sacralità di ogni vostra lacrima, di ogni vostro sospiro. Che è nel domani che arriverà comunque, nel vostro esserci a pugni chiusi. Speranza che giace e fiorisce nel buio e nel freddo della vostra disperazione, nel vostro non arrendervi. Nel vostro ostinato restare umani.

È in questo restare umani il senso del Natale che voglio augurarvi, in quella Umanità essenziale che Dio ha scelto. Rinunciando all’onnipotenza, all’assoluto, all’infinito, ha scelto la nudità, ha scelto il “senza”, ha scelto l’umano, l’Umanità. Solo per amore.

Sorella, fratello, buon Natale “senza”!

Che tu possa ricordare che Dio non cerca il giusto che temi di non poter mai essere. Lui guarda quella fragilità che ti appartiene come un respiro antico, la debolezza che è sorgente, ferita e mistero. E proprio lì, in quel punto segreto, Dio vuole entrare. Vuole farsi lievito nella tua creta, sole che illumina le ombre, fuoco che scalda ciò che si è raffreddato, spirito che danza nella tempesta.

Che tu possa accorgerti che, dove il tuo sogno riposa in silenzio, nel luogo più nascosto che sfugge persino a te stesso/a, Dio si fa volto dentro il tuo volto. Lì, nell’intimità che non puoi raccontare, Dio prende carne in te. Non è lontano: è la tua profondità più profonda, è il battito che ti anima.

Che tu possa vivere ogni giorno come un atto di pazienza infinita, la pazienza di ricominciare. Non temere di partire ancora, perché la vita non è solo raccogliere o arrivare, ma seminare a ogni stagione, con fiducia.

Che tu possa trovare forza nell’abbandonarti alla relazione, perché è lì che si rinnova la tua esistenza. Nasciamo da una relazione e rinasciamo in ogni legame autentico, sincero, profondo. Sii coraggioso/a nell’aprirti: è nel dono di te stesso/a che scoprirai la bellezza di essere vivo/a. (mb)

DA OGGI IL GIUBILEO 2025: LA CALABRIA
AMBASCIATRICE DI FEDE E CRISTIANITÀ

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Quest’anno sarà una Vigilia di Natale speciale in tutto il mondo, e in particolare in Calabria, poiché Papa Francesco, questo pomeriggio, aprirà la Porta Santa nella Basilica di San Pietro, dando il via al Giubileo 2025.

Le origini del Giubileo risalgono all’Antico Testamento, in riferimento all’anno di riposo della terra e remissione dei debiti. Nel 1300, sotto papa Bonifacio VIII, il Giubileo acquista il significato attuale, legato all’indulgenza straordinaria che la Chiesa elargisce ai fedeli ogni 25 anni.

Ma il Giubileo – che si concluderà il 6 gennaio 2026 – non si aprirà solo a Roma, ma in tutte le Diocesi italiane, comprese quelle calabresi.

A Corigliano Rossano, l’Arcidiocesi di Corigliano Rossano, guidata dal vescovo mons. Maurizio Aloise, per domenica 29 ha organizzato una Solenne concelebrazione eucaristico

«Desidero – scrive nel decreto in cui vengono elencate le Chiese Mons Aloise – che queste chiese diventino luogo dove si sperimenta l’amore di Dio che consola, perdona e dona speranza. In tal modo questo tempo di Grazia può diventare per la nostra chiesa un momento di riconciliazione con Dio e tra di noi, un’occasione per continuare a ricevere e a donare la forza sanamente e liberatrice del Vangelo».

Mons. Claudio Maniago, Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, ha voluto sottolineare la profondità di questo momento con un messaggio di augurio che prepara i fedeli alle celebrazioni di apertura del Giubileo nella diocesi.

Nel suo messaggio, Mons. Maniago ha evidenziato come il Giubileo sia un tempo «straordinario di grazia e rigenerazione, un’occasione per riequilibrare i punti cardine della fede e ritrovare l’orientamento del cammino cristiano. Il simbolo della Porta Santa, che sarà aperta da Papa Francesco, rappresenta il passaggio verso una vita nuova, una chiamata a una rinnovata missione della Chiesa nel mondo come portatrice di speranza».

Il tema scelto dal Santo Padre, “Pellegrini di Speranza”, «invita ogni fedele a mettersi in cammino, a vivere l’Anno Santo in un andare verso l’altro. In questo pellegrinaggio spirituale, la meta sarà il volto dell’altro, il fratello, l’amico, la persona bisognosa. Il cammino giubilare ci deve portare a riconoscere il Signore negli altri e a dare loro la speranza che nasce dall’incontro con Cristo».

L’Arcivescovo darà avvio a questo grande cammino spirituale in diocesi con due solenni celebrazioni: domenica 29 dicembre 2024, alle 10.30, nella Basilica “Maria SS. Immacolata” di Catanzaro, con una celebrazione eucaristica che segnerà l’inizio ufficiale del Giubileo; lunedì 30 dicembre 2024, alle ore 17:00, nella Basilica Concattedrale “Santa Maria Assunta” di Squillace, dove si terrà un’altra celebrazione, per poter così abbracciare l’intera comunità diocesana.

Entrambi gli appuntamenti sono un invito caloroso rivolto a tutti i fedeli, affinché si uniscano come comunità pellegrina per accogliere questo anno di grazia in preghiera e in ascolto della Parola.

Mons. Maniago ha, inoltre, espresso il desiderio che questo Giubileo sia un’esperienza ricca di significato e capace di rimotivare il cammino di fede personale e comunitario: «Il Signore sarà pronto, nella sua ricchezza, nella sua generosità, una volta di più a spingere la sua Chiesa, a spingere noi ad essere testimoni nel mondo di qualcosa di veramente importante e nuovo».

L’Arcivescovo sarà al fianco dei fedeli, pellegrino tra i pellegrini, per vivere insieme con la comunità diocesana un’esperienza che rinnovi il cuore e apra la strada a una speranza condivisa e contagiosa.

Il Giubileo del 2025 non sarà solo un evento spirituale, «ma un’occasione per riscoprire la bellezza di essere Chiesa e la sua chiamata a testimoniare con gioia e fede il messaggio di speranza che Cristo vuole portare al mondo, una chiamata che ci invita a camminare verso l’altro con il cuore aperto e gli occhi rivolti al futuro».

Riprendendo le parole di mons. Maniago, effettivamente il Giubileo non sarà solo un’occasione “spiriturale”, ma anche un momento per scoprire e riscoprire il volto spirituale e mistico della Calabria, una terra storicamente legata al monachesimo, al culto mariano e ai santi. Una terra ideale in cui far convivere, devozione, tradizione, natura e bellezza artistica in ogni forma.

La regione, infatti, al secondo posto in Italia per numero di musei ecclesiastici e in prima linea nel percorso di valorizzazione del turismo religioso, come asset distintivo del sistema-Paese, è ambasciatrice del Giubileo, accogliendo  fedeli, turisti e visitatori con una serie di proposte ed esperienze appositamente pensate per valorizzare il ricco patrimonio artistico-religioso, gli itinerari, le principali feste e le manifestazioni immateriali della devozione locale.

Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, promotore di questa attività che ha definito «un ponte tra la Regione e le generazioni di tutte le età di calabresi e pellegrini nel mondo», ha coinvolto anche i presidenti della Conferenza Episcopale dell’Argentina, dell’Australia, del Brasile, del Canada, degli Stati Uniti d’America, nazioni dove è presente il maggiore il numero dei calabresi.

«La Calabria ha 7 milioni di Calabresi nel mondo che, in occasione del Giubileo, potrebbero venire in Calabria per conoscere la nostra storia, i luoghi e gli eventi religiosi, e per questo abbiamo messo in atto un gruppo di lavoro per coordinare l’attività di promozione di un territorio fortemente impegnato a costruire relazioni solide con i calabresi nel mondo», ha detto l’assessore regionale al Turismo Giovanni Calabrese, invitando tutte le comunità calabresi nel mondo a partecipare al Giubileo e, in questa occasione, a visitare la regione.

SFIDA A OCCHIUTO DAI SINDACI DI SINISTRA
MA ACCETTERANNO DI FARE LE PRIMARIE?

di SERGIO DRAGONE – Le tre recentissime elezioni regionali hanno visto la vittoria di altrettanti sindaci: Marco Bucci, sindaco di Genova, in Liguria; Michele De Pascale, sindaco di Ravenna, in Emilia Romagna; Stefania Proietti, sindaco di Assisi, in Umbria.

Un risultato che non sorprende. I sindaci sono da sempre i politici più vicini alla gente, amati spesso, qualche volta detestati, ma sempre molto popolari. Un dato che dovrebbe fare molto riflettere il centrosinistra o campo largo o alleanza progressista come diavolo intende chiamarsi in Calabria l’alternativa al centrodestra.

L’attuale governatore Roberto Occhiuto ha legittimamente annunciato la propria ricandidatura nell’autunno del 2026 (o primi mesi  2027) con largo anticipo rispetto alla scadenza. Una scelta politicamente ineccepibile e molto astuta: Occhiuto, rivendicando dal suo punto di vista i risultati ottenuti, tenta un’impresa mai riuscita prima a nessun presidente in Calabria, la riconferma per due mandati consecutivi.

Obiettivamente ha dalla sua più di una chances: una notevole visibilità, accresciuta da un abile uso dei social, un’immagine di decisionista e un sistema elettorale che premia le liste più forti, notoriamente schierate dal centrodestra. Ma la più importante chance gli è offerta dall’inconsistenza, dall’eterna indecisione e dalla nebulosità dei suoi avversari. Che nelle ultime due elezioni regionali non hanno toccato palla, affidandosi all’ultimo istante a candidati, sicuramente prestigiosi come Pippo Callipo e Amalia Bruni, provenienti dalla società civile, ma sostanzialmente estranei alle dinamiche politiche ed elettorali.

La riproposizione della candidatura di Roberto Occhiuto impone un’accelerazione anche al centrosinistra che con la sua pigrizia avrebbe magari preferito rinviare a due mesi prima del voto la scelta del candidato.

E allora cosa fare? Io penso che l’unica alternativa possibile ad una quasi scontata riconferma dell’attuale Governatore possa venire solo dalla candidatura di uno dei sindaci progressisti che guidano le principali città calabresi. Che dovrebbe avere il tempo necessario di proporre programmi, stipulare alleanze, preparare le liste, studiare campagne di comunicazione efficaci.

Ma per essere un’investitura “vera” non può essere calata dall’alto, dovrebbe invece ricevere un ampio consenso tra la gente e allora l’unico strumento possibile sono le primarie, di coalizione, aperte e libere. Che non solo consentirebbero di scegliere democraticamente il candidato più attrezzato e unitario, ma anche di mobilitare un elettorato progressista piuttosto disincantato.

Avranno i sindaci calabresi il coraggio di sfidare le primarie? Bisogna verificare la loro disponibilità e intanto ci sarebbe bisogno di qualcuno che le primarie le promuova. 

Tutti i sindaci dei Capoluoghi hanno carte in regola per tentare una sfida che al momento appare molto ardua. Li cito per ordine alfabetico. Franz Caruso, sindaco di Cosenza, è l’ultimo rappresentante istituzionale di quello che fu il glorioso Partito Socialista e giocherebbe nella stessa area geografica del governatore uscente. Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, guida la città più popolosa della Calabria, proviene da una tradizione politica familiare ancora oggi ricordata. Nicola Fiorita, sindaco di Catanzaro, si distingue per movimentismo e per alcune battaglie molto sentite a livello nazionale e regionale (no all’autonomia differenziata e al ponte sullo stretto), Flavio Stasi, sindaco di Corigliano-Rossano, è un volto giovane e fresco, molto apprezzato soprattutto nella sua area geografica. Credo che il sindaco di Vibo Valentia, Enzo Romeo, e il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, non siano interessati a tale competizione.

La mia impressione? Le primarie non si faranno, i sindaci declineranno gentilmente l’invito e cercheranno semmai sponsor per un’investitura da Roma. È assai probabile che il centrosinistra o campo largo trascinerà fino all’ultimo minuto utile la scelta che poi sarà catapultata con un nome, magari di prestigio, destinato alla terza sconfitta consecutiva. (sd)