di DOMENICO MAZZA – Da qualche anno, con non poche difficoltà, si è fatta forte la volontà di immaginare un contesto allargato che partendo dall’attuale Provincia di Crotone spaziasse lungo l’area della Sibaritide fino a lambire la Lucania.
Un nuovo perimetro d’area vasta, ma a saldo zero per lo Stato, per accomunare i territori omogenei del Crotoniate e della Sibaritide sotto un unico contenitore amministrativo coordinato da due Capoluoghi di riferimento: Crotone a sud, Corigliano-Rossano a nord.
Una biogeocenosi territoriale che dalle comuni radici storiche basasse la propria azione amministrativa sui diversi punti di contatto tra gli ambiti componenti la vasta area, per creare la sintesi perfetta in un distretto policentrico e plurale. Un processo geo-politico, quindi, al fine di riequilibrare su principi di pari dignità, territoriale e demografica, gli ambiti dei Capoluoghi storici calabresi con la nascente geolocalizzazione dell’Arco Jonico sibarita e crotoniate.
Sibaritide-Pollino: idea ammuffita dalla storia e rispolverata da una Classe Politica che arranca a stare al passo con i tempi
Tuttavia, un tessuto sociale e un ambiente istituzionale poco predisposti al cambiamento, tendono a sfavorire processi di amalgama territoriale. Si prediligono, invero, visioni decadenti o menefreghismi politici verso progettualità di ampio respiro. A tal riguardo, negli ultimi mesi, lungo la Sibaritide, è tornato in auge il sentimento autonomista che circa 30 anni fa aveva visto uno sterile dibattito politico, poi finito nel nulla, di istituire la sesta Provincia calabrese (Sibaritide-Pollino).
Senza considerazione alcuna della ormai risicata demografia regionale, illuminati da salotto, nell’area che un tempo appartenne alla nobile Sybaris, rimuginano sulla creazione di ulteriori ambienti amministrativi. Di contro, nel Crotonese, con apatia e inerzia, si preferisce soprassedere rispetto a quelle tematiche che potrebbero rappresentare innovativi processi di emancipazione territoriale e di crescita sociale e sostenibile. Si predilige, piuttosto, delegare le forme di protesta a sterili dibattiti social, invece di incalzare le Classi Dirigenti, trincerate nei palazzi e allineate ai diktat del potere centralista consolidato.
Una spocchiosa retorica da bassifondi che divide i territori invece di unirli
Contrariamente a ogni logica, nella Sibaritide si avverte da tempo un atteggiamento di superiorità nei confronti delle popolazioni del Crotonese. Una spocchia che si manifesta nel sottintendere differenze tra le due realtà, senza però mai esplicitarle chiaramente. Si cercano di narrare fantasiose ricostruzioni che dovrebbero palesare diversità tra i due contesti. Tuttavia, quando si chiedono chiarimenti a riguardo, si piomba in imbarazzanti silenzi.
Verrebbe da pensare, ma non è vero, che storia ed economia potrebbero essere rivendicazioni alla base di presunte superiorità di un ambito sull’altro. Tuttavia, entrando nel merito, si scorgono argomenti che, più che convincere, generano sogghigni: alta densità criminale e ritardo culturale che vedrebbero il Crotonese soccombente rispetto la Sibaritide.
Tali astruse teorie, tuttavia, vorrebbero narrare una concezione che nella realtà dei fatti, però, è diametralmente diversa. Come se i contesti di quella che un tempo fu la ex Calabria Citra fossero illibati o esenti dalle medesime dinamiche che affliggono il Crotonese. O come se il nord-est calabrese fosse custode di chissà quale levatura culturale da sentirsi superiore a un ambito che racchiude quasi tre millenni di storia.
Questa retorica da ghetto ha prodotto un risultato evidente: una separazione netta tra i due ambiti e un non-dialogo che ha reso impossibile qualsiasi forma di collaborazione reale. E, ahinoi, le conseguenze dell’illustrato ghetto culturale sono sotto gli occhi di tutti. Gli assi infrastrutturali terrestri, che avrebbero dovuto unire alto e basso Jonio cosentino e crotonese, sono ancora fermi a un livello inaccettabile.
Una condizione, quella della mobilità negata, che offende la dignità dei Cittadini residenti nell’estremo lembo di levante calabrese. Ormai, diventa sempre più calzante il termine “Altra Calabria” per inquadrare geograficamente la Sibaritide e il Crotonese. Un’area, l’Arco Jonico calabrese, figliastra non solo rispetto al resto del Paese, ma relativamente la stessa Calabria.
Il mancato collante infrastrutturale alla base del ritardo storico dei due territori
Si pensi a quale narrazione ci sarebbe stata se il Crotonese e la Sibaritide avessero avuto una connessione carrabile a quattro corsie o un asse ferroviario moderno a doppio binario. Sarebbe bastato un intervallo di tempo compreso tra i 30 e i 50 minuti per raggiungere l’aeroporto Pitagora anche dai lembi più periferici dell’estremo nord-est calabrese. Il maggior bacino d’utenza avrebbe consentito allo scalo picchi di crescita notevoli, rendendolo punto di riferimento per la mobilità dell’intera area jonica.
E invece, l’Establishment delle due aree costiere continua a guardare altrove. Si contempla, come se affetti da una degenerata Sindrome di Stoccolma, alle aree vallive dell’Istmo e della val di Crati, anziché cercare alleanze strategiche tra territori omogenei che condividono problemi e potenzialità. I contesti vasti (Area centrale e Area nord Calabria) in cui gli ambiti jonici sono incastonati restano in perenne crisi e sembrano essere ormai un vincolo più che un’opportunità. La provincia Crotonese, troppo piccola e impalpabile, mai realmente svezzata da Catanzaro, arranca a trovare una dimensione.
La Sibaritide, un grande riferimento geografico, ma dalla risicata demografia, resta inquadrata in un contesto provinciale elefantiaco e con cui non condivide alcun tipo di processo economico. Vieppiù, le dinamiche centraliste, tipiche dei Capoluoghi storici di Provincia, avvolgono i territori jonici in una stretta mortale da cui non riescono a divincolarsi. Forse sarebbe il momento di ridiscutere una nuova organizzazione territoriale che tenga conto di realtà più affini, per renderle più produttive e competitive.
Avviare iniziative congiunte tra Corigliano-Rossano e Crotone per sensibilizzare le popolazioni sui problemi comuni
Negli ultimi tempi, strutture politiche e organizzazioni datoriali, spesso e volentieri, stanno organizzando iniziative congiunte tra Corigliano-Rossano e Castrovillari per discutere di questioni dirimenti per il territorio. Tra gli argomenti oggetto dei dibattiti figurano: alta velocità ferroviaria, difficoltà di accesso alle aree interne, trasversali stradali pensate e mai realizzate e molto altro.
Nessuno, tuttavia, ha pensato ad analoghe iniziative che coinvolgano Corigliano-Rossano e Crotone. Le due Città, non solo rappresentano i principali centri urbani dell’Arco Jonico, ma fanno da confine a una delle più grandi aree interne d’Italia e già inclusa nella Snai (Strategia Nazionale Aree Interne): il Cirotano-Sila Graeca.
Sembra non esserci alcun interesse ad affrontare il disastro infrastrutturale che nell’asse Corigliano-Rossano/Crotone trova la sua più alta espressione. L’inquinamento industriale imposto dallo Stato, tanto a Crotone quanto nella Sibaritide, diventano vessilli da utilizzare solo a ridosso di vuote campagne elettorali. Latitano, invero, pianificazioni sistemiche per tutto il comparto enoico, agroalimentare e per il settore turistico.
Tematiche, quelle citate, che dovrebbero invogliare a trovare soluzioni comuni per unire i lembi jonici, piuttosto che dividerli. Solidarietà, sussidiarietà dovrebbero essere le linee guida di un partenariato pubblico/privato in cui l’agire politico, fedele ai dettami raccomandati dall’Europa, potrebbe favorire processi di coesione sociale ed economica. Forse, più che parlare di differenze tra la Sibaritide e il Crotonese, bisognerebbe concentrarsi su affini interessi e soluzioni condivise. Tuttavia, quanto detto, richiederebbe coraggio, visione e prospettiva; parametri su cui, al momento, le Classi Dirigenti dei due contesti sembrano arrancare.
Fin quando non ci sarà la consapevolezza che la vertenza jonica potrà essere risolta se inizierà un lavoro di sinergie politiche tra Crotone e Corigliano-Rossano, probabilmente la narrazione del territorio continuerà a essere quella di landa desolata e depressa descritta negli ultimi decenni. Contrariamente, l’avvio di azioni cooperative, in virtù della rappresentanza demografica inverata dal territorio unitario di riferimento, potrebbe essere la chiave di svolta per uscire dal ricatto centralista e avviarsi al riscatto sociale.
La sintesi dell’area omogenea composta dalla Sibaritide e dal Crotoniate andrebbe a rompere cristallizzate geometrie che vogliono i due ambiti proni ai desiderata dei rispettivi centralismi storici.
Per Corigliano-Rossano e Crotone dovrebbe essere imperativo pianificare insieme il futuro. Non già e non solo per i rispettivi ambiti urbani, ma per tutto il vasto perimetro che dal Lacinio, passando per la Sila, lambisce la Lucania e che alle due Città joniche guarda come naturali riferimenti. (dm)
[Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia]