di SANTO STRATI – Il quartier generale del candidato Governatore Filippo Callipo, per tutti Pippo, è in uno dei tanti stabilimenti che l’industriale ha impiantato in Calabria. Un uomo del fare, non-politico, imprenditore antimafia, a capo di un impero che fattura, in Calabria, oltre 60 milioni. Chi gliela fa fare a mollare gli agi di un’avviatissima attività, oggi guidata dal figlio Giacinto (lo stesso nome del capostipite) per scendere nell’agone di una competizione elettorale a dir poco al vetriolo?
Lo confessa con straordinaria sincerità (e autentica commozione) durante l’intervista che ha concesso a Calabria.Live. Aveva detto no ai CinqueStelle e ribadito la sua indisponibilità alla proposta partita direttamente dal segretario dem Zingaretti. Poi durante una delle tante visite dei giovani nelle sue aziende, un ragazzo catanzarese gli ha domandato: “Ma perché non si mette a capo della rivoluzione di cui abbiamo bisogno in Calabria?” Una rivoluzione incruenta, fatta di idee ma soprattutto di determinazione e di concretezza. «Non serve un programma, tutti, a parole, sono capaci di proporre tutto e il suo contrario, io penso – ha detto a Calabria.Live – che si debba invece attuare “il” programma. Quello che non sono riusciti a realizzare quanti si sono succeduti in questi quindici-venti anni. Serve la volontà e la capacità di fare, non bastano le idee, occorre saperle realizzare e portare a compimento. La burocrazia ha frenato se non impedito del tutto la realizzazione di tanti buoni propositi, per questo è necessario mettersi all’opera non a programmare, ma a finalizzare i progetti, farli diventare realtà. È questa la sfida, è questa la vera rivoluzione, quella che serve alla Calabria».
https://youtu.be/TfRlw6DUqpw
– In questo momento i calabresi hanno bisogno di programmi e di idee. Qual è il suo progetto?
«Io credo che i calabresi non abbiano bisogno di progetti, di programmi e di idee. Io credo che la Calabria, i calabresi hanno più bisogno, hanno necessità di attuazione dei programmi. Quando mi chiedono del programma dico che lo stiamo facendo naturalmente, però potrei anche prendere l’ultimo programma che è stato fatto dall’ultimo governatore o quello precedente ancora o quello dei cinque anni precedenti ancora: sono dei programmi validissimi, scritti da professori universitari molto bravi. Il problema che noi abbiamo avuto in questi ultimi quindici-venti anni è stato soprattutto l’attuazione del programma. È mancata l’attuazione del programma e io su quello mi impegno. Il programma? Io sono convinto che qualsiasi cittadino intervistato riesce a fare il programma. Che vuol dire il programma? Evidenziare quelle che sono le priorità, le necessità dei servizi o di altro che mancano ai calabresi. E quindi è una cosa facilissima da fare. Quello che noi ci stiamo battendo di far capire è che ci impegneremo nell’attuazione di questo programma, nel realizzare il programma. E quindi dare quei servizi che oggi mancano, innanzitutto restituire quella libertà che non hanno i calabresi, perché oggi sono succubi, assoggettati a raccomandazioni, a onorevoli e a tutto il resto per poter ottenere uno dei diritti o tanti diritti di cui la popolazione o il cittadino avrebbe necessità e ha diritto per costituzione di avere. Invece deve chiedere il favore, il piacere per ottenere… mi riferisco alla sanità, mi riferisco alla burocrazia, e tutti questi ostacoli oggi li superi se ti rivolgi al politico. Io, invece, vorrei – questo sarebbe il mio desiderio, questa la mia promessa d’impegno – di ridare la libertà ai calabresi per questi diritti riconosciuti».
– Parliamo della sua candidatura. Il 30 novembre ha dato l’annuncio che si sarebbe candidato e la settimana successiva il segretario Zingaretti ha ufficializzato la candidatura. Una candidatura che nasce in maniera un po’ conflittuale con i Cinquestelle. De Masi aveva indicato lei che è idealmente vicino ai Cinquestelle, però è successo qualcosa. Questo feeling non ha sortito una candidatura che poteva essere vincente. Cosa è successo?
«Questo me lo chiedo anch’io. Il mio contatto con i Cinquestelle risale all’estate ed è stato tenuto in stand-bye. Poi c’è stata l’Umbria. Quindi c’è stata la cena tra il segretario Zingaretti e Di Maio. Poi lì si è bloccato tutto, non si è capito cosa è successo. I deputati e i senatori calabresi, i parlamentari pentastellati al 50% avrebbero voluto una mia presenza con loro, all’altro 50% – non ho mai capito per quale motivo, se non da quello che ho letto sui giornali e ascoltato dalle voci che circolavano – non era di gradimento la mia figura. Di Maio non ha mai preso una determinazione o una decisione in un senso o nell’altro e quindi… Poi quando è venuto l’on. Parentela per chiedermi se io ero disponibile io ho detto di no perché c’era questa spaccatura: l’on. Nesci che si riteneva candidata e quindi in quella grande confusione, le dico la verità, non ho ritenuto di mettermi in gioco. Poi c’è stato un pour parler con il PD, però anche lì vedevo questa situazione che c’è ancora tra il governatore uscente e il resto del partito, e niente. Ho avuto, poi, degli incontri con la società civile che mi hanno sensibilizzato in questo senso, di non abbandonare, di non uscire fuori dai giochi, di dare una speranza. Poi c’è stato un ragazzo di Catanzaro che mi ha toccato particolarmente, quando io dicevo già di no. Un ragazzo di una scuola che è venuta a trovarmi in azienda per una visita di studio. Hanno fatto delle domande e questo ragazzo mi ha chiesto se io mi sentissi responsabile o meno di questa situazione per cui partono i giovani, di questo disastro che c’è in Calabria. E io lì ho avuto molta riflessione, ho avuto una crisi di coscienza e appunto, giorno 30, alle 11.10 ho diramato un comunicato in cui dicevo: io ci sono e apro alla possibilità di collaborare con me a tutti i partiti, alle liste civiche e alle associazioni. Ho aperto a chiunque condividesse questo percorso di cambiamento, ma io aggiungo qualcosa in più, di “rivoluzione”.
– Lei, generosamente, ha aperto la porta a Di Maio, ancora una settimana fa dicendo ‘aspetto una sua chiamata’, ma evidentemente il suo gesto non è stato gradito. Al contrario, il PD si è schierato quasi unanimemente, almeno a livello di Direzione, nei suoi confronti e lei in questo momento, al di là delle conflittualità con Oliverio e la minoranza che lo sostiene, è apparentemente il candidato ideale non solo del PD ma diciamo di un’area…
«Io sono il candidato di Io resto in Calabria e poi delle altre coalizioni politiche, sociali, civiche che condividono questo discorso che affiancheranno questa lista e questo presidente. Il segretario Zingaretti, dopo un’ora dal mio comunicato, mi ha mandato a dire “noi ci siamo. A noi piace Callipo, affianchiamo Callipo”. Poi è venuto 10 Idee per la Calabria e adesso ci sono altre liste che vorrebbero affiancarmi.
– La sua posizione di autonomia nei confronti del PD non crede che possa creare una sorta di seria ipoteca per quello che sarà il governo regionale, nel caso in cui lei venga eletto presidente?
«Guardi che è il contrario: la mia autonomia mi fa stare libero, non mi crea un assoggettamento al Pd o ad altri».
– Mi permetta, riformulo la domanda. Nella scelta del governo futuro questa adesione, quest’endorsement del PD potrebbe crearle delle situazioni con indicazioni di personaggi che magari a lei non vanno bene?
«No, assolutamente no. Ho carta bianca, come si suol dire, dal PD, ho carta bianca da Dieci Idee per la Calabria. Del governo non se ne parla, sarò il solo responsabile, perché lì ci sarà l’attuazione di quel programma che stiamo andando a scrivere e che negli anni non è mai stato tenuto in considerazione».
– A suo avviso, questa competizione elettorale che vede tanti gruppi separati, anche se in realtà ci sono diversi punti in comune, è una cosa che sicuramente non porterà bene ai calabresi. Per esempio, gli indipendenti della “società civile”: ci sono l’ex capo della protezione civile Carlo Tansi e l’ex presidente degli industriali di Reggio Giuseppe Nucera. Il suo gruppo, la sua lista ha ipotizzato di coinvolgere queste ed eventualmente altre liste civiche “senza partito” che abbiano punti in comune col suo programma?
«Secondo me, i punti sono davvero in comune perché il bene della Calabria è il punto trainante, è il filo conduttore e poi tutto il resto. Io sono aperto, ma non ho avuto nessun contatto. Se venissero e chiedessero di affiancarci, come altri, noi saremmo disponibili ad accettarli».
– Cavaliere, il male peggiore della Calabria è la burocrazia, che, come ha detto prima, annienta qualsiasi iniziativa. Quali sono le sue idee per vincere questo mostro che non è solo calabrese ma fa danni in tutta Italia?
«Chi fa danni letali proprio allo sviluppo e all’emancipazione della Calabria è quella che io ho definito da anni “la mafia con la penna”. E questa è peggio, crea delle difficoltà e degli ostacoli più grossi di quella che crea la mafia con la pistola. Cosa fare? Bisogna riorganizzare l’amministrazione pubblica, bisogna vigilare, bisogna creare degli automatismi e non dare l’autonomia al funzionario di gestire determinate cose e poi chiedere eventuali motivazioni per delle cose fatte in deroga. Io quello, per esempio, che voglio creare – è un mio pallino – e dare la possibilità ai cittadini di interloquire direttamente col presidente, senza barriere , senza dogane, senza raccomandazioni. Quindi creare una linea diretta: oggi con i sistemi informatici che ci sono si può creare una, due mail dirette al presidente che vede solamente la persona più vicina a me e che ci sarà alla Regione, dove mi possono dire, raccontare o denunciare alcune cose. Perché, vede, oggi al cittadino che subisce un’ingiustizia l’unica cosa che gli resta sono le forze di polizia, i carabinieri, la questura, la magistratura. Magari per piccole cose non lo può fare se non saremmo qui, come si diceva una volta a lottare con la carta bollata, allora quando ci sono delle piccole cose, delle ingiustizie, dei disservizi, io vorrei dare la possibilità al cittadino di arrivare direttamente al Presidente, in modo che le cose si possano analizzare e sicuramente snellire, in modo da dare soddisfazione alle persone. Anche in questo, il cittadino non è “libero” perché subisce determinate cose e non ha la possibilità nemmeno di sfogarsi».
– Legalità e lavoro sono due elementi fondanti per lo sviluppo della Calabria. Dal punto di vista della legalità lei è un rappresentante al di sopra di ogni sospetto che ha preso posizione quando è stato presidente della Confindustria calabrese ed è stato uno dei primi a denunciare situazioni di mafia gravissime ed è un impegno che non ha mai fatto mancare. Quali sono, a suo avviso, le ulteriori iniziative che occorre mandare avanti proprio per assicurare la legalità che i calabresi richiedono. La quasi totalità dei calabresi è fatta da persone per bene…
«Sicuramente, sicuramente. Fortunatamente! Io chiedo innanzitutto ai calabresi un cambiamento anche di pensiero, la possibilità di vedere le cose in un altro senso: di lasciare le scorciatoie e come scorciatoie mi riferisco al rivolgersi al potente di turno dei paese, al capomafia o al capobastone del paese. Se ci fosse questo sforzo da parte dei cittadini calabresi… però, devono essere tutelati. Ci deve essere la possibilità di sapere che se si rivolgono non al mazzettista di turno ma ad un ufficio pubblico devono essere ascoltati, devono essere in grado di bypassare quell’ostacolo per poter avere una soddisfazione su quelli che sono i loro diritti. Io credo che l’unica cosa che c’è è la legalità. Io è da tantissimi anni che sono sul territorio calabrese, da quando sono nato eccetto, dicevano scherzando alcuni amici, qualche piccola assenza per qualche giorno di ferie. Il mio riferimento sono sempre stati i carabinieri, è stata sempre la Questura, non ho mai pensato di trovare una scorciatoia per risolvere un problema. Perché è vero che magari altre cose ti risolvono il problema, ma tu perdi la libertà. E la libertà è la cosa più bella che dobbiamo mantenere. Quindi io chiedo anche ai cittadini calabresi uno sforzo di aiutarmi in questo senso».
– Alle elezioni del 2010 raccolse oltre 100mila voti e soprattuto l’adesione di un’ottantina di associazioni: questo significa che ha un contatto con il territorio. Adesso, senza fare previsioni inutili, quali sono i suoi timori per la sua candidatura che appare brillante e forte…
«Rispetto al 2010 abbiamo dieci anni in più di esperienza, di sofferenze, di emigrazione al Nord sanitaria e di tante problematiche che, secondo me, la gente è satura. La gente oggi è matura per fare questo salto, per dire non mi rivolgo più alla solita politica che per vent’anni ci ha tenuto oppressi, ci ha tenuto sudditi, ci ha tenuto schiavi, quasi, del bisogno. Perché la gente che ha bisogno doveva risolvere il problema e glielo risolveva solamente questo modo di fare. Io mi auguro che la gente calabrese capisca che noi dobbiamo riacquistare la dignità di essere cittadini italiani. Lo ha detto anche il ministro De Micheli in visita a Reggio: ha detto che noi dobbiamo riacquistare quella dignità, quella presenza, quella importanza che hanno gli altri cittadini italiani. E lei non è calabrese, ma è di Piacenza. Ecco, io mi auguro che ormai i calabresi possano avere fiducia: facciamo questo cambiamento, tanto, peggio di così… Diamo fiducia a questa persona, Pippo Callipo, che non ha problemi economici e quindi non lo fa per avere una postazione, ho avuto tante soddisfazioni nella vita (ero amministratore fino a questa discesa in campo di quattro società), godo della stima delle persone. Voglio dire, non lo faccio per uno scopo, lo faccio – nonostante sia un grosso sacrificio – per questa terra. Perché non meritiamo questa graduatoria che fanno a livello regionale: noi siamo sempre gli ultimi o agli ultimi posti. Noi calabresi siamo stati la fortuna e abbiamo determinato la ricchezza delle regioni del Nord. Perché non dobbiamo ribellarci a questo stato di cose? E la nostra intelligenza e la nostra voglia del fare e di lavorare perché non la dobbiamo mettere a disposizione della Calabria?».
– Salvini, la scorsa settimana a Reggio ha fatto un discorso da colonizzatore che lei, giustamente, ha respinto. Secondo lei, perché alcuni calabresi si lasciano incantare dalle fantasie salviniane?
«Guardi, fino al 29 novembre, quando si prevedeva la scesa in campo dei soliti partiti, forse lo capivo, perché vedevano il nuovo, vedevano questo che promette che fa presa sulla gente, ma oggi a queste persone le inviterei a ragionare e a vedere in Pippo Callipo la persona che potrebbe veramente risolvere, cioè iniziare a risolvere, cominciare a lavorare per intraprendere una nuova strada. Non credo che abbiamo bisogno che venga Salvini in Calabria – con tutto il rispetto per la persona – a risolvere i problemi nostri, dei calabresi. Per esempio, per la sanità calabrese, come una delle prime cose, chiamerò a raccolta i maggiori esperti che sono in Calabria, calabresi, esamineremo cosa dobbiamo fare per la sanità calabrese. Ma non lo facciamo con la gente del Nord: sentivo dire che una regione del Nord dovrebbe “adottarci” per risolvere i problemi. Siamo proprio al paradosso. E noi calabresi non facciamo niente? Noi veniamo adottati per risolverci il problema che poi magari sono i medici nostri calabresi che sono lì, io ne conosco tantissimi in tutt’Italia che occupano delle posizioni di primo piano».
– Un ultima domanda: che ne pensa del movimento delle sardine, al di là delle facili battute…
«Non facciamo battute, io ho rispetto di tutti. Per me è una dimostrazione di questa ormai intolleranza verso la politica: diciamo che si è arrivati al limite della sopportazione. È un movimento silenzioso, mi auguro che si organizzi: con i movimenti silenziosi facciamo notare che ci sono determinate carenze, che si sono determinate esigenze, però il problema bisogna affrontarlo, bisogna lavorarci, non solo dimostrare così che c’è il problema». (s)
P.S: Repetita iuvant. Questa intervista (quella a Occhiuto pubblicata il 22 settembre, quella a Oliverio del 29, quella a Nucera del 6 ottobre, quella a Carlo Tansi il 13 ottobre, a Dalila Nesci il 21 ottobre e le altre che seguiranno ai candidati a governatore) non sono spot elettorali: Calabria.Live non parteggia per alcuno, se non per i calabresi e la Calabria tutta. Chiunque ha idee da presentare, argomenti su cui ragionare, troverà qui una piazza aperta e disponibile a diffondere, nella dialettica del confronto, opinioni e proposte. La Calabria ha bisogno di concretezza, non di parole vuote che, ormai, per fortuna, non riescono ad incantare più nessuno. La sfida alle prossime regionale non va giocata sui nomi, ma sulle idee e su propositi realizzativi per far crescere la nostra terra, per dare finalmente un futuro (in casa) ai nostri ragazzi, per trasformare la Cenerentola del Mezzogiorno nella California d’Europa.