SONO NUMEROSE LE MISURE CHE SONO STATE APPROVATE, DIMOSTRANDO UN OCCHIO DI RIGUARDO AL MERIDIONE;
SOLO L'EUROPA SI È ACCORTA CHE CI SONO DUE ITALIE: L'ATTENZIONE PER IL MERIDIONE

SOLO L’EUROPA SI È ACCORTA CHE CI SONO
DUE ITALIE: SERVE ATTENZIONE PER IL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTAChe i Paesi sono due se n’è accorta solo l’Europa. Lo dimostra quando utilizza un algoritmo per distribuire le risorse del Pnrr riferendosi a dei parametri che avvantaggiano le realtà a sviluppo ritardato. 

Assegnare le risorse molto consistenti del Recovery Plan in relazione al tasso di disoccupazione, al reddito pro capite e alla popolazione, è stato un modo per privilegiare le realtà più marginali e periferiche, che dimostrano con l’entità di tali aggregati la loro debolezza. 

 L’Italia come risponde a questa sensibilità dell’Europa alle problematiche dei divari? Limitando l’intervento europeo ed evitando di utilizzare lo stesso algoritmo ma, governo di Super Mario Draghi in carica, finge di regalare un 7% in più rispetto al 33% della popolazione del Meridione, e distribuendo i fondi  attribuisci  il 40%  e il 60% , rispettivamente, al Sud e al Centro Nord, contrabbandando la vulgata di aver dato un 7% in più, quando invece se ne sottraeva il 10% rispetto al 50% che sarebbe toccato, se si fossero riproposti sic e sempliciter i calcoli fatti dalla Commissione. 

Se n’è accorta quando ha consentito che le otto Zes diventassero una unica per tutto il territorio. Senza entrare nel merito che poneva una contraddizione nei fatti nel cambiare delle regole di vantaggio, che dovevano essere adottate da aree limitate per consentire l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area e il superamento delle problematiche che scoraggiano gli eventuali investitori a localizzarsi nel Sud.

Quando ha  autorizzato un cuneo fiscale per il costo del lavoro di vantaggio per tutta l’area, che se il Paese fosse unico avrebbe configurato la fattispecie degli aiuti di Stato. Tutto ciò nei limiti consentiti dalle normative dei rapporti tra Stati e Commissione  e tenendo conto della prevalenza nelle decisioni del Consiglio dei Capi di Governo, l’Europa sembra porsi in modo molto preciso la problematica relativa ad un’area così ampia che, se fosse da sola, rappresenterebbe il quinto Paese, in termini di dimensioni demografiche, d’Europa. 

Perché sa bene che differenze troppo ampie tra singole aree provocano problemi sociali e conseguentemente anche istituzionali gravi, che si ripercuotono poi sulla governance complessiva. Oggi che la Commissione Europea approva modifiche al regime italiano a sostegno delle imprese del Sud Italia conferma la sua attenzione particolare.

 L’aiuto consisterà in una riduzione del 30% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro privati attivi nelle regioni meridionali dell’Italia. L’Italia ha notificato le seguenti modifiche al regime esistente: un aumento di bilancio di 2,9 miliardi di euro, che porta la somma  complessiva da 11,4 miliardi a 14,3 miliardi di euro; e una proroga del periodo in cui si applica la riduzione dei contributi previdenziali al 31 dicembre 2024. 

In realtà l’Europa sembra essere molto più attenta alle problematiche dei divari di quanto non lo siano gli stessi Paesi membri. Alcuni dei quali in realtà si comportano con atteggiamenti e obiettivi che rispecchiano la volontà di diminuire le differenze esistenti, come ha fatto la Germania con la ex Ddr; con i comportamenti adottati dalla Spagna che ha una grande attenzione alle realtà periferiche, tanto da rilanciare le città meridionali del paese iberico, come Siviglia, Valencia o Malaga; come sta facendo con grande successo la Polonia, e come invece sembra non fare l’Italia, anche se il provvedimento di cui parliamo, che viene approvato, ha origine in una richiesta italiana. 

Strombazzare i successi conseguiti nel mercato del lavoro quando ancora il Sud ha una occupazione complessiva, che comprende anche il lavoro sommerso, che si pone su un dato di 6 milioni e 400 mila  occupati su 20 milioni di abitanti, che pone quest’area in una posizione nella quale lavora poco più di una persona su quattro, quando realtà come Emilia Romagna e Veneto riescono a far lavorare una persona su due, ci dà la dimensione di quanto ancora debba essere fatto, malgrado i tassi di incremento che sono stati recentemente conseguiti e che hanno un valore poco più alto di quelli del Centro Nord.              

Per esemplificare due Regioni che hanno una popolazione simile  come il Veneto (4.834) e la Sicilia (4.789), nel 2023, hanno un’occupazione media rispettivamente di 2.225.751 occupati e 1.410.776, compresi i sommersi. 

Cioè in Veneto, con  popolazione analoga hanno possibilità di lavorare 800.000 persone in più. E poi si briga senza successo per portare l’Intel a Vigasio a pochi chilometri da Verona. 

Mentre la Puglia con 3.883,839 abitanti ha occupati per 1.292.646 e l’Emilia Romagna con 4.455.188 abitanti ha occupati  per 2.023. Anche qui il rapporto di uno a quattro e uno a due. In questo caso i dati assoluti danno meglio la dimensione delle problematiche e di come  differenze di incremento dell’1%, nella crescita degli occupati a favore del Mezzogiorno sia assolutamente insignificante. 

L’interesse e la comprensione della problematica dell’Europa ci suggeriscono l’esigenza che si possa avere, nel caso del utilizzazione non corretta dei fondi comunitari, un intervento che ci faccia passare dal disimpegno automatico alla sostituzione dei poteri, che deve avvenire sia all’interno del Paese, così come è accaduto per la sanità calabra, con un flop però incredibile, ma che avvenga anche tra le realtà nazionali e quella europea. 

Si evidenzia l’esigenza cioè che l’Europa non sia soltanto ragionieristicamente controllore della correttezza amministrativa delle operazioni svolte, come sembra  stia  accadendo con il Pnrr, ma che entri nel merito. 

Perché per esempio pensare di mettere a bando gli asili nido e consentire ai Comuni più virtuosi di aumentare la propria dotazione anche se questa era al di sopra delle medie nazionali forse non è l’approccio più corretto. 

L’inserimento nella legislazione nazionale dell’Autonomia Differenziata deve far scattare un campanello d’allarme. Perché la possibilità che le Regioni chiedano un contatto diretto con l’Unione Europea, diventando dei piccoli Staterelli, più garantiti da un’Europa delle nazioni invece che da un’Italia coloniale potrebbe essere piuttosto alto. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]