La rinuncia di correre alle prossime elezioni comunali di Reggio del prossimo 20 settembre da parte di Mezzogiorno in Movimento (guidato da Andrea Cuzzocrea, (ex presidente degli industriali reggini) è stata motivata da gravi affermazioni che stanno suscitando varie reazioni in città.
«Se fossimo stati adeguatamente presenti nelle Istituzioni – si legge in nota nota diffusa da Mezzogiorno in Movimento – avremmo chiesto con forza al Parlamento e al Governo di riportare alla normalità quei poteri oggi da stato di polizia, poiché finiti progressivamente in capo ai prefetti, alle forze dell’ordine e a procuratori della Repubblica; siffatti poteri, specie in Calabria, minano seriamente il nostro Stato di diritto.
Ovviamente siamo stati e siamo consapevoli che i nuovi partiti e i nuovi poteri hanno da tempo cacciato la Politica dalle competizioni elettorali trasformando queste ultime in lotte personali, tese alla mera conquista del potere locale. Ne deriva che avremo la presenza di decine di liste e centinaia di candidati senza programmi, senza progetti e senza visione di futuro della società.
Inoltre, si è dovuto riscontrare che all’entusiasmo iniziale intorno alla proposta del Movimento, è subentrato un clima di incertezza e di preoccupazione nell’esporsi direttamente sul fronte delle libertà, dei diritti, della democrazia, della difesa della Costituzione, quasi che il solo parlarne potesse ritenersi un delitto.
«Si è così consolidato il timore che la presenza in una lista dichiaratamente garantista e meridionalista avrebbe potuto esporre i singoli candidati a ritorsioni da parte degli apparati repressivi dello Stato. Per tali motivi si sono dovuti registrare disimpegni significativi, anche comprensibili nel clima che si respira a Reggio ed in Calabria. D’altronde, la nostra regione è terra in cui, per assumere una parvenza legalitaria ed essere riconosciuto legittimo attore politico dal sistema dei poteri, è sufficiente firmare un registro in Prefettura, dichiarare di non volere il voto mafioso, sottoscrivere un codice etico, insomma una petizione di principio e tutto diventa possibile».
Ovviamente siamo stati e siamo consapevoli che i nuovi partiti e i nuovi poteri hanno da tempo cacciato la Politica dalle competizioni elettorali trasformando queste ultime in lotte personali, tese alla mera conquista del potere locale. Ne deriva che avremo la presenza di decine di liste e centinaia di candidati senza programmi, senza progetti e senza visione di futuro della società.
Inoltre, si è dovuto riscontrare che all’entusiasmo iniziale intorno alla proposta del Movimento, è subentrato un clima di incertezza e di preoccupazione nell’esporsi direttamente sul fronte delle libertà, dei diritti, della democrazia, della difesa della Costituzione, quasi che il solo parlarne potesse ritenersi un delitto.
«Si è così consolidato il timore che la presenza in una lista dichiaratamente garantista e meridionalista avrebbe potuto esporre i singoli candidati a ritorsioni da parte degli apparati repressivi dello Stato. Per tali motivi si sono dovuti registrare disimpegni significativi, anche comprensibili nel clima che si respira a Reggio ed in Calabria. D’altronde, la nostra regione è terra in cui, per assumere una parvenza legalitaria ed essere riconosciuto legittimo attore politico dal sistema dei poteri, è sufficiente firmare un registro in Prefettura, dichiarare di non volere il voto mafioso, sottoscrivere un codice etico, insomma una petizione di principio e tutto diventa possibile».
LA POSIZIONE DI FALCOMATÀ
Alla replica del sindaco uscente Giuseppe Falcomatà è seguita una puntuta lettera dell’avv. Giovanna Cusumano, che del Registro in Prefettura di cui parla Mezzogiorno in Movimento è stata l’ideatrice e l’artefice.
Secondo Falcomatà, «L’esperienza politica e programmatica promossa da Mezzogiorno in movimento, che in queste settimane ha riportato alla ribalta mediatica tematiche che assumono una centralità strategica, soprattutto in un territorio come il nostro, non può e non deve considerarsi esaurita. Temi come quello delle interdittive e della legge sugli scioglimenti dei consigli comunali devono rimanere al centro della dialettica politica anche in questa campagna elettorale per le amministrative. Peraltro – ha aggiunto il sindaco – i due temi sollevati da Mezzogiorno in movimento, non sono affatto, per quanto ci riguarda, questioni estemporanee. In questi anni, infatti, abbiamo lavorato politicamente ed amministrativamente, per porre all’attenzione delle massime istituzioni nazionali, la necessità di aprire una riflessione su questi due aspetti, anche ottenendo risultati significativi.Ricordo ad esempio – ha spiegato ancora Falcomatà – la campagna da noi portata avanti per la modifica della normativa sulle interdittive antimafia, che ha ottenuto i primi frutti con le modifiche inserite con l’articolo 34 del nuovo codice antimafia, condivise nel corso di un consiglio comunale aperto, che vanno nella direzione della continuità occupazionale e produttiva per le imprese interessate. Allo stesso modo, per ciò che riguarda il tema degli scioglimenti, io stesso ho più volte rilevato, anche attraverso Anci ed in altri simili contesti istituzionali di respiro nazionale, che la legge, così come conformata, non funziona e va modulata e migliorata, soprattutto per ciò che riguarda la necessità di ricondurre criteri meno discrezionali e più oggettivi la decisione in merito
allo scioglimento e intervenire sulla parte burocratica degli Enti che, anche in caso di scioglimento, si trova ad operare durante la gestione commissariale in assoluta continuità».
allo scioglimento e intervenire sulla parte burocratica degli Enti che, anche in caso di scioglimento, si trova ad operare durante la gestione commissariale in assoluta continuità».
LA REPLICA DI GIOVANNA CUSUMANO
Di ben altro tenore la lettera aperta dell’avv. Cusumano: «Gentili signori, che, ancora una volta, non perdete occasione per manifestare disappunto verso il “registro di cittadinanza consapevole” , quasi che a Reggio Calabria il problema non fosse la ‘ndrangheta, ma le forze dell’ ordine, la magistratura e, appunto, il mio registro, (sic!), mi corre l’obbligo di ricordare a tutti Voi, il senso della iniziativa che ha portato alla istituzione del Registro di Cittadinanza consapevole presso la Prefettura di Reggio Calabria, al fine di evitare sterili strumentalizzazioni.
Di ben altro tenore la lettera aperta dell’avv. Cusumano: «Gentili signori, che, ancora una volta, non perdete occasione per manifestare disappunto verso il “registro di cittadinanza consapevole” , quasi che a Reggio Calabria il problema non fosse la ‘ndrangheta, ma le forze dell’ ordine, la magistratura e, appunto, il mio registro, (sic!), mi corre l’obbligo di ricordare a tutti Voi, il senso della iniziativa che ha portato alla istituzione del Registro di Cittadinanza consapevole presso la Prefettura di Reggio Calabria, al fine di evitare sterili strumentalizzazioni.
Premesso che a differenza vostra, che professate valori di libertà e democrazia, salvo non perdere occasione per attaccare tutti coloro che la pensano diversamente da voi e l’ attacco, ad ogni pie’ sospinto sopratutto da parte di Andrea Cuzzocrea e Pier Paolo Zavettieri, al registro va, appunto, in questa direzione, io sono veramente una persona liberale e come tale rispettosa delle più diverse opinioni. Premesso ciò, preciso, quanto segue.
«Il registro di “Cittadinanza Consapevole”, altro valore non ha, se non quello di rappresentare un mero simbolo contro la ‘ndrangheta.
Uno dei tanti contro le mafie in generale. Certo, questo assume una valenza più “istituzionale”, ma solo perché si trova all’ interno del Palazzo del Governo della città.
«È arrivato anche il tempo per ricordare che avrei voluto fosse custodito all’interno della casa comunale. Ritenevo, infatti, che la sua sede naturale fosse Palazzo San Giorgio, e tanto è vero che una richiesta in tal senso l’avevo rivolta al sindaco Giuseppe Falcomatà.
Dopo l’ennesimo tentativo fallito, per ragioni che non conosco e che neanche mi interessano, sono stata “costretta” ad inoltrare la richiesta alla prefettura che, a differenza del primo cittadino, l’ha accolta sposandone l’iniziativa. Tanto per amore di verità!
«Nessuna pretesa può avere l’ apposizione di una firma su un registro, ribadisco simbolico, se non quella di rappresentare un segnale di responsabilità da parte della cittadinanza, contro la presenza pervasiva e soffocante della criminalità organizzata nella nostra città e nella nostra regione. A meno di non voler credere che la ‘ndrangheta non esista…
«Purtroppo esiste, eccome! Esiste e condiziona la vita dei calabresi onesti e per bene che sono tanti, tantissimi, la maggioranza a mio sommesso avviso, ma non certamente tutti. Non siamo, insomma, tutti belli e buoni, così come non lo sono in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, ecc.. Ma alla’ndrangheta, purtroppo e per sventura, Noi abbiamo dato i natali. Sempre a meno di non voler credere che non esista o che sia nata altrove!
«Esiste, ahinoi, come so bene io e bene Voi. Concordo che non esiste solo in Calabria, anzi… Concordo, altresì, che assume varie vesti : passa con disinvoltura dalla politica alla magistratura, passando per il mondo delle professioni, attraversa il giornalismo e non solo.
Nessuna categoria è immune, non fosse altro che ogni “segmento” di una comunità è lo specchio di quella comunità e come tale è rappresentato da donne e uomini con vizi e virtù.
«Di certo, sono dell’avviso di ritenere che in Calabria sia più facile trovare il politico o l’imprenditore ‘ndranghetista piuttosto che l’ avvocato o il magistrato colluso, che, comunque, non escludo possa accadere “a priori”, a differenza di quanto qualche sciocco possa credere, magari proprio per “colpa” del registro.
«Questa consapevolezza (eh, sì ritorna sempre la consapevolezza! ) non mi impedisce di nutrire un profondo rispetto per quei magistrati che sono veramente impegnati nella lotta alla criminalità organizzata. E ce ne sono, eh se ce ne sono e sopratutto servono alla nostra Terra. Cosi come servono le forze dell’ordine e così com’è indispensabile l’azione della l’Avvocatura, che indico per ultima e posiziono per prima, senza l’esercizio della quale, non esisterebbe la Democrazia e la Giustizia.
«Concordo anche sull’idea che questa Terra, non di rado, ha garantito carriere in magistratura e prefettura. La presenza di qualche “carrierista” , però, non esclude, anzi rafforza, la mia stima e il mio rispetto verso quei magistrati e sono tanti, e quei prefetti che esercitano le loro funzioni con impegno ed onore. Credo, insomma, ci siano quelli che “ci credono”, mi si perdoni il gioco di parole, nella possibilità di liberare questa terra dalla ‘ndrangheta. E non mi riferisco solo ai magistrati o ai prefetti o alle forze dell’ordine, perché vorrei ricordare che per costoro la lotta alla criminalità organizzata e non solo, rientra nelle loro funzioni. Io credo, soprattutto, nei tantissimi cittadini, qualsiasi mestiere facciano, e nel loro desiderio di vivere in una città, in una regione, in cui l’esercizio di un diritto non è la concessione di un favore, magari da parte della cosca locale o del politico colluso.
«Sempre a meno di non voler credere che la ‘ndrangheta qui non esista! Per me esiste. Esiste ed è così tanto presente (ho già detto che è camaleontica) che a Reggio Calabria ed in tutta la Calabria, ciò che altrove è ordinario, diventa straordinario. Se altrove esiste (anche se è sempre più sbiadita “grazie” alla crassa ignoranza ed incompetenza dell’attuale ministro della giustizia Alfonso Bonafede e di buona parte di questo governo) la presunzione di innocenza, in Calabria esiste il pregiudizio del “casato ‘ndranghetista”: essere calabrese equivale ad essere mafioso. Salva dimostrazione contraria.
«Ma davvero vogliamo credere che il binomio “calabrese-‘ndranghetista” , sia la conseguenza dell’attività giudiziaria e delle operazioni delle forze dell’ordine e non piuttosto della presenza criminale in ogni dove? Ma davvero vogliamo offendere l’intelligenza dei nostri figli, “costretti” dalle condizioni di sottosviluppo, create in gran parte dalla ‘ndrangheta e non certamente dalle forze dell’ordine , ad impiegare le loro energie e le loro competenze, al Nord? Ma davvero vogliamo continuare a condizionare il loro futuro, spingendoli fuori dai confini regionali, fin dall’età degli studi universitari e i più lungimiranti anche prima? Ma davvero vogliamo essere così ciechi, omertosi, così tanto vigliacchi? Io no. Grazie, non ci sto. Non ci sto a far finta che qui la ‘ndrangheta non esiste. Non ci sto, sopratutto, a passare per quelli del baciamano al boss della’ ndrangheta !
«E torniamo al registro e alla sua nascita, tanto per amore di verità e per riportare l’iniziativa nel suo alveo naturale, sottraendola ad inaccettabili mistificazioni.L’idea del registro nasce all’indomani dell’arresto del latitante Giorgi nella provincia di Reggio Calabria.
Circostanza passata agli onori della cronaca nazionale, non tanto e non solo per il carisma criminale del personaggio mafioso, quanto, piuttosto, per il famigerato baciamano al boss latitante, tributato da un vicino di casa in senso di sudditanza e rispetto.
A meno di non voler ritenere che il baciamano sia il saluto tra “pari”! È stato proprio in quella occasione che mi sono talmente indignata per come, ancora una volta, noi calabresi siamo stati descritti dai media nazionali, che ho commentato su un post del mio profilo Facebook, più o meno testualmente: andrebbe tolta la cittadinanza calabrese a coloro che gettano discredito sulla nostra terra. Andrebbero chiesti i danni a coloro che contribuiscono ad alimentare il disprezzo nazionale verso una Terra bellissima e verso i suoi straordinari abitanti!
«Nasce così l’idea del registro : via la ‘ndrangheta e gli ndranghetisti che sono indegni della Calabria e dei calabresi.
«Firmare il registro simbolico era un atto di assunzione di responsabilità da parte di una comunità, che respinge e manifesta pubblico disprezzo verso la criminalità organizzata. Un simbolo in cui ci si ritrovava insieme, senza esitazione, a riaffermare con forza che la ‘ndrangheta non la vogliamo e la ripudiamo. Simbolicamente, tutti insieme. Tutto qua! Nessuno di coloro che hanno creduto nel registro (primo fra tutti il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, che ancora una volta ringrazio per la condivisione ed il supporto) ha mai pensato che il rifiuto di firmarlo equivalesse ad una dichiarazione d’amore (si fa per dire) verso la ‘ndrangheta! Tanto per amore di libertà!
«Io ci ho creduto fortemente e continuo a credere che i simboli creino unione e servano ad identificare una comunità che attorno a quel simbolo si ritrova. Vale per il presepe per i cattolici Vale per la mimosa l’8 marzo per chi crede nella parità di genere. Vale per le panchine rosse o le scarpette rosse, per chi lotta contro la violenza di genere. I simboli servono ad educare e, sopratutto, a riconoscersi nel messaggio che essi esprimono. Sì al credo in Cristo. No alla violenza sulle Donne. No alla ‘ndrangheta. Simboli, sempre e “solo” simboli che esprimono messaggi chiari.
«Nessuno mediamente intelligente ed onesto intellettualmente, può credere che il registro di “cittadinanza consapevole” , abbia altra pretesa che non quella di essere un simbolo di rifiuto alla ‘ndrangheta. Un simbolo, appunto, uno dei tanti.
«Cosa disturba del registro? Forse la piena condivisione di tanta magistratura, non solo inquirente e di tanti rappresentati istituzionali?
Ricordo che lo hanno firmato, tra gli altri, i ministri dell’Interno, di ideologia politica diametralmente opposta, nell’ordine cronologico della carica, Marco Minniti e Matteo Salvini.
«Vorrei anche ricordare che l’idea del registro simbolico è della sottoscritta, che crede fermamente, da quando ha raggiunto l’età della ragione, nei valori di Libertà e Giustizia e che esercita la nobile professione di avvocato a Reggio Calabria. Del registro, dunque, di cui rivendico con altrettanto orgoglio la “maternità”, tengo a precisare che non rappresenta certamente una deroga al supremo valore della libertà, semmai ne è diretta espressione. Rivendico la libertà di dire che io la ‘ndrangheta non la voglio apponendo la mia firma nel registro depositato in Prefettura. Rispetto la libertà di chi crede che non serva apporre la firma in un registro per ripudiare la’ ndrangheta. Personalmente ancora non ho depositato fiori o biglietti sotto l’albero che a Palermo è stato piantato in memoria di Falcone e Borsellino, ma non per questo non provo orrore per le stragi di Capaci e via D’Amelio. Non appena avrò l’occasione, però, lo farò. Non ho difficoltà a riconoscermi in tutto ciò che esprime sdegno e grande disprezzo per tutta la criminalità organizzata. Insomma non ho difficoltà a scrivere il mio nome sul registro che simboleggia che la ‘ndrangheta NON LA VOGLIO!
«Concludo dicendo che per fare Politica non serve uno scranno in consiglio comunale. Serve credibilità. E questa, purtroppo, non solo alle nostre latitudini, è poco diffusa».
L’avv. Giovanna Cusumano è stata Consigliere comunale di Reggio Calabria, prima della istituzione del registro di cittadinanza consapevole. (rrc)
L’avv. Giovanna Cusumano è stata Consigliere comunale di Reggio Calabria, prima della istituzione del registro di cittadinanza consapevole. (rrc)