NON SI FERMA L’ESODO DEI GIOVANI DALLA
CALABRIA: CERCANO LAVORO ALL’ESTERO

di BRUNO MIRANTE – La valigia di cartone ha rappresentato un simbolo per tutti quei cittadini che nel secolo scorso hanno deciso di cercare la propria realizzazione umana e professionale lontano dalla propria terra. Poche competenze e tanta voglia di mettersi in gioco per costruire un futuro migliore per sé stessi e per la propria famiglia. Al giorno d’oggi, i giovani hanno ripreso a partire ma a differenza dei loro predecessori, si tratta di profili con un alto grado d’istruzione.

Un’Italia che fatica sempre di più ad essere competitiva – perché terzultima in Europa per percentuale di laureati – li spinge altrove, verso altri Paesi del Continente. Nel 2024 le emigrazioni verso l’estero, con un aumento del 20%, hanno fatto registrare il valore più elevato finora osservato negli anni Duemila: si è passati da 158mila del 2023 a poco meno di 191mila nel 2024. I dati emergono dall’ultimo rapporto Istat sulla popolazione italiana.

Germania, Spagna e Regno Unito le mete preferite

Ma l’aumento delle migrazioni verso l’estero è dovuto esclusivamente all’impennata di espatri di cittadini italiani (156mila, +36,5% rispetto al 2023) che si dirigono prevalentemente in Germania (12,8%), Spagna (12,1%) e Regno Unito (11,9%), mentre circa il 23% delle emigrazioni dei cittadini stranieri è riconducibile al rientro in patria dei cittadini romeni.

Il saldo migratorio con l’estero complessivo – spiega Istat – pari a +244mila unità, è frutto di due dinamiche opposte: da un lato, l’immigrazione straniera, ampiamente positiva (382mila), controbilanciata da un numero di partenze esiguo (35mila); dall’altro, il flusso con l’estero dei cittadini italiani caratterizzato da un numero di espatri (156mila) che non viene rimpiazzato da altrettanti rimpatri (53mila). Il risultato è un guadagno di popolazione di cittadinanza straniera (+347mila) e una perdita di cittadini italiani (-103mila).

Bolzano in testa per le partenze, Taranto la città meno abbandonata

La quota di espatri ogni mille residenti più alta risulta essere nel Nord-est e nelle zone di confine. Tra le prime 40 province per migrazioni figurano due grandi città come Milano e Bologna e solo nove territori del Mezzogiorno: Campobasso, Vibo Valentia, Cosenza, Ragusa, Teramo, Pescara, Chieti, Isernia e Reggio Calabria. Le province del Sud, infatti, si concentrano per lo più nella parte di classifica, dove si trovano i territori che pochi lasciano per andare oltre confine. La città meno abbandonata risulta essere Taranto con 4,4 emigrati ogni mille abitanti pur essendo una delle province italiane con i numeri peggiori in termini di occupazione. Di converso, a riprova che la partenza verso altri paesi non è sempre il risultato di una situazione economica depressa, in cima alla classifica figura Bolzano, una delle città che vantano un’alta qualità della vita nonché il primato nazionale in termini di natalità.

In Calabria le città si ripopolano durante le festività

Nel 2024 gli emigrati all’estero cosentini sono stati 800 in più rispetto all’anno prima e quasi 1200 in più se si prende in considerazione il 2022. L’incidenza pari a 10 emigrati ogni 1000 residenti è speculare al dato di Vibo Valentia, leggermente inferiore a Reggio Calabria. Ma la caratteristica comune delle città calabresi e del Mezzogiorno è il fenomeno che si manifesta a ridosso di festività o ponti lunghi. Le città si ripopolano di giovani assumendo un volto effervescente seppur temporaneo.

Fecondità al minimo storico

La fecondità, nel 2024, è stimata in 1,18 figli per donna, sotto quindi il valore osservato nel 2023 (1,20) e inferiore al precedente minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995. La contrazione della fecondità riguarda in particolar modo il Nord e il Mezzogiorno. Infatti, mentre nel Centro il numero medio di figli per donna si mantiene stabile (pari a 1,12), nel Nord scende a 1,19 (da 1,21 del 2023) e nel Mezzogiorno a 1,20 (da 1,24). Per ciò che concerne la Calabria, il dato si attesta leggermente al di sopra della media nazionale all’1,25%. Mentre l’età media al parto è di 32,4 anni. Il primato della fecondità più elevata continua a essere detenuto dal Trentino-Alto Adige, con un numero medio di figli per donna pari a 1,39 nel 2024, comunque in diminuzione rispetto al 2023 (1,43). Come lo scorso anno seguono Sicilia e Campania. Per la prima, il numero medio di figli per donna scende a 1,27 (contro 1,32 del 2023), mentre in Campania la fecondità passa da 1,29 a 1,26. In queste regioni le madri sono mediamente più giovani: l’età media al parto è pari a 31,7 anni in Sicilia e a 32,3 in Trentino-Alto Adige e Campania.

Nel Mezzogiorno coesistono regioni che registrano la più alta fecondità nel contesto nazionale (Sicilia, Campania e Calabria) e regioni caratterizzate da livelli minimi (Sardegna, Molise e Basilicata). Tra le province, quella in cui si registra il più alto numero medio di figli per donna è la Provincia Autonoma di Bolzano (1,51 contro 1,57 del 2023). Seguono le province calabresi di Crotone (1,36) e Reggio Calabria (1,34) e quelle siciliane di Ragusa, Agrigento (entrambe 1,34) e Catania (1,33). (bm)

[Courtesy LaCNews24]

IN CALABRIA È INVERNO DEMOGRAFICO
NEL 2024 I NATI SONO IL 4,5% IN MENO

di CLAUDIO VENDITTI – Preoccupa il quadro delineato dall’Istat nel rapporto “Indicatori demografici Anno 2024” dal quale emerge, a livello nazionale, un calo demografico delle nascite, pari al -2,6%.

Il tasso di natalità in Calabria è stato del 6,9 mentre quello di mortalità dell’11,3 con un saldo naturale (nascite/decessi) di -4,4. I nati in Calabria nel 2024 sono stati 12.700, nel 2023 erano stati 13.282 e nel 2022 13.451.  In calo anche il numero medio di figli per donna, stimato dall’Istat per il 2024 in 1,18 a livello nazionale in Calabria 1,25 e siamo ai minimi storici.

L’età delle neomamme a livello nazionale è del 32,6 in Calabria 32,4 media delle partorienti è di 32,4 anni, Con 1,18 figli per donna nel 2024 il tasso di fecondità è ai minimi storici. Il saldo naturale, ovvero la differenza tra nascite e decessi, continua a essere fortemente negativo (-8.034).

Stiamo sprofondando nelle sabbie mobili, ed è evidente che quanto stiamo mettendo in campo, come sistema-Italia, è del tutto insufficiente per garantire un minimo equilibrio demografico. Da anni si chiede una rivoluzione che il nostro Paese non è ancora disposto ad assumere, vittima di priorità che sono sempre altre, di mancate convergenze transpartitiche, di fragilità di alleanze tra politica, amministrazione locale, lavoro associazionismo e scuola.

A tal fine mi faccio portavoce nel chiedere una Conferenza Regionale sulla famiglia. Ma anche politiche asfittiche e vincolate a patti di bilancio stringenti che invece si fanno flessibili per altre urgenze. L’anno della famiglia sembra sempre essere il prossimo in agende ormai attanagliate da crisi mondiali che oggi ci portano anche a parlare di guerra, militare o di dazi, come una possibilità di scenario ordinario. Cresce ancora anche il numero di italiani che lasciano il Belpaese.

Nel 2024 sono stati 156mila, un +36,5% con un impatto significativo per la Calabria gravata anche dal fenomeno delle migrazioni interne: -8.376. La popolazione residente in Calabria al 1° gennaio 2025 è di 1.838.568 di cui circa 106 mila di nazionalista straniera.  L’Istat ci dice che il numero medio di componenti per famiglia è sceso a 2,2, rispetto ai 2,6 di venti anni fa.

Oggi circa un terzo delle famiglie anagrafiche in Italia è costituito da una sola persona evidenziando che il tema delle solitudini cresce in modo preoccupante. Le coppie con figli rappresentano meno del 30%, mentre aumentano le famiglie monogenitoriali (10,8%) e quelle senza figli (20,2%).

Stiamo consumando il futuro in un’epoca che si fa vanto di cercare sempre la sostenibilità è il commento del presidente del Forum. Urgono politiche strutturali, generose ed universali orientate a famiglia e giovani. In tal senso, serve il coraggio, l’unità e la capacità di programmare per fare, da subito, le scelte operative conseguenti, considerando la spesa per far crescere il figlio, non come un costo individuale ma come investimento per il futuro dell’intera comunità.

Occorre cambiare cultura e supportare la famiglia come soggetto sociale che, se messo nelle condizioni, è capace di generare benessere per tutto il Paese. (cv)

[Claudio Venditti è presidente del Forum famiglie della Calabria]

LA REGGIO DI UN TEMPO, BELLA E GENTILE
OGGI È LA PEGGIORE TRA LE 14 METROCITY

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Città Metropolitana di Reggio Calabria risulta la peggiore in Italia, tra le 14 Metrocity, per il benessere dei suoi cittadini. Lo ha rilevato l’Istat nel Report Il benessere equo e sostenibile dei territori, in cui indica Reggio Calabria come la peggiore per le misure di benessere, con un 79% sotto la media italiana.

Accanto a questo desolante dato, l’Istituto ha indicato, per la soddisfazione per la vita nei capoluoghi per le persone di 14 e più, Reggio tra le città con i risultati migliori: il 54,7% delle persone molto soddisfatte per la propria vita. Ottimi risultati, anche, sul dato sulle Persone su cui contare, in cui la Città dello Stretto ha la percentuale più alta (88,8%) di persone con parenti su cui contare, mentre Palermo con il 62,2% presenta la percentuale più bassa.

L’Istat, attraverso il report, permette di confrontare le 14 città metropolitane – dove vive il 36,2% della popolazione – evidenziando i divari rispetto all’Italia, i punti di forza e di debolezza, le evoluzioni recenti.  Inoltre, tre focus tematici approfondiscono il quadro del benessere nei domini Istruzione e formazione, Benessere economico e Ambiente con nuove misurazioni sulla disponibilità di risorse educative e sugli esiti scolastici, sulle condizioni economiche degli individui, sull’esposizione della popolazione nelle isole di calore urbane. Altri contributi esplorano le disuguaglianze interne alle aree vaste metropolitane, analizzando alcune misure di benessere sui 14 capoluoghi e sul restante territorio.

Per la prima volta nel report vengono diffusi indicatori di benessere relativi alle reti d’aiuto, alla percezione di degrado e di sicurezza nella zona in cui si vive e alla soddisfazione per la vita, elaborati a partire dal Censimento della popolazione. Ma non solo: sull’ambito dell’istruzione, l’Istituto ha rilevato un divario tra Bologna (80,3%) e Catania (56,6%) sull’istruzione medio-alta delle persone tra i 25 e i 64 anni, evidenziando come ci siano 23,7 punti di differenza.

Anche per il numero di occupati, è stato rilevato come nel Nord Italia oltre il 70% delle persone tra i 20 e i 64 anni sono occupati, mentre nel Mezzogiorno circa il 50%, con Napoli, Catania e Palermo con i valori più bassi.

Per quanto riguarda le condizioni economiche degli individui, dagli ultimi dati disponibili, ossia dal 2021, c’è «più disuguaglianza tra gli individui nelle città metropolitane del Centro-Nord, dove il reddito disponibile equivalente annuo è mediamente maggiore. Milano è la città metropolitana con la media più elevata in Italia (26 mila euro). Nel Mezzogiorno il reddito medio più alto è nella città metropolitana di Cagliari (19 mila euro).

Sulle risorse educative ed esiti scolastici, l’Istat ha rilevato – nonostante l’ultimo dato non sia disponibile – «grandi carenze in tutte le città metropolitane del Mezzogiorno, con risultati particolarmente critici per Palermo e Napoli ed eccezione positiva per Bari. Milano mostra una maggiore carenza di risorse educative rispetto alle altre città metropolitane del Centro-Nord da cui si distacca».

Tra giugno e agosto 2024 il 90,6% della popolazione residente nei capoluoghi Città Metropolitane, è stato esposto a temperature superficiali di 40°C o più (media di 3 mesi). Si tratta di 8,4 milioni di persone, tra le quali oltre 1,3 milioni di bambini fino a 5 anni e anziani di 75 anni e più.

Dati, quelli indicati dall’Istat, che dovrebbero far riflettere la Città Metropolitana di Reggio Calabria sulle criticità da affrontare con urgenza.

Durissima la presa di posizione di Emanuela Chirico, del Coordinamento Forza Italia Giovani di Reggio, che ha evidenziato come «dieci anni di amministrazione Falcomatà hanno portato Reggio Calabria ad un punto di stallo inaccettabile: i dati del report Istat non sono soltanto numeri, ma rappresentano il malessere vissuto quotidianamente da ogni singolo cittadino».

«Questo quadro desolante non è casuale: è il risultato di un decennio in cui le promesse sono rimaste tali, e le esigenze dei reggini sono state ignorate», ha evidenziato Chirico, sottolineando come «le criticità che emergono riguardano istruzione, occupazione, e qualità dei servizi pubblici, elementi indispensabili per migliorare la vita dei cittadini ed impedire la fuga di noi giovani».

«Noi ragazzi non dovremmo essere costretti ad abbandonare la nostra terra – ha sottolineato – ma la mancanza di opportunità e il degrado delle infrastrutture ci spingono a cercare altrove ciò che Reggio non riesce più ad offrirci».

«Personalmente, da reggina – ha aggiunto – da giovane ragazza costretta a “fuggire” al nord, è frustrante pensare che per troppo tempo Reggio Calabria sia stata gestita senza una visione chiara di sviluppo e senza interventi concreti per migliorarne le condizioni socioeconomiche e la qualità della vita».

«Reggio Calabria merita più di tutto questo – ha concluso – perché è più di tutto questo. Abbiamo bisogno di un rilancio serio, di un impegno concreto che porti la nostra città a splendere di nuovo. Tutti noi abbiamo il diritto di vivere una vita dignitosa. Dentro di me ho ancora la speranza che le cose possano migliorare, lo spero davvero». (ams)

 

Tavernise (M5S): Turismo, nel 2023 il 18,3% di presenze in meno rispetto al 2019

«La Calabria non è ancora riuscita a recuperare i flussi turistici del periodo pre pandemico. Un dato su tutti fa riflettere e ci pone all’ultimo posto in Italia di questa speciale classifica: tra il 2019 e il 2023 abbiamo perso, in termini di presenze, il 18,3% di turisti nella nostra regione, mentre il 10,9% in termini di arrivi. Chi villeggia in Calabria è nell’81,9% dei casi residente, la così detta componente domestica, mentre solo il 18,1% dei turisti non è residente». È quanto ha reso noto il consigliere regionale del M5S, Davide Tavernise, commentando il dossier dell’Istat L’Andamento turistico in Italia – Prime Evidenze del 2023, sottolineando come «è come se il tempo in questi 5 anni si fosse fermato all’intervallo pandemico».

«I dati che riporto, certificati dal Ministero del Turismo – ha aggiunto – dovrebbero far riflettere il presidente Roberto Occhiuto, che ha avocato a sé, tra le altre cose, la delega al Turismo. Settore di fondamentale importanza per la nostra terra, che evidentemente male si sposa con altri impegni assunti dal governatore, come la sua funzione di commissario ad acta per l’attuazione del Piano di Rientro dai Disavanzi del Servizio Sanitario della Regione Calabria».
«Ancora una volta il “volano di sviluppo” rappresentato dal turismo in Calabria resta al palo – ha proseguito – mentre il centro destra approva leggi che faranno arretrare ancora di più la nostra terra, rendendola sempre meno attrattiva al resto del mondo, come l’autonomia differenziata, che pende come una spada di Damocle sulle nostre teste. A livello nazionale, poi, continuano gli spot costosissimi del ponte sullo Stretto, lasciando da parte i veri investimenti che servono alla Regione, come il potenziamento delle strade esistenti, una vera ferrovia sul versante ionico e il rifacimento della Statale 106».
«Forse i turisti non vengono in Calabria – ha detto ancora – perché in questa regione spostarsi è praticamente impossibile, interi territori sono completamente isolati anche in presenza di infrastrutture importanti qual è un aeroporto (penso per esempio al sant’Anna di Crotone che non ha collegamenti stabili e rapidi col catanzarese e la sibaritide) e le campagne di promozione istituzionali lasciano il tempo che trovano».
«Dopo tre anni di governo Occhiuto – ha concluso – questi dati certificano l’ulteriore fallimento di una classe politica contraddittoria che non riesce ad andare oltre gli annunci».

A Reggio il convegno dell’Istat per orientare le scelte future amministrative su turismo

È stato un momento fondamentale per l’assunzione di decisioni informate sul territorio, sulla base di dati reali, il convegno scientifico organizzato dall’Istat sul tema Turismo, iperturismo e territori: statistiche per il decisore pubblico e svoltosi a Palazzo San Giorgio di Reggio Calabria.

Per l’Amministrazione comunale era presente il sindaco Giuseppe Falcomatà. L’appuntamento, moderato da Antonella Bianchino, dirigente dell’Ufficio territoriale Area Sud Istat, è stato introdotto da Michele Camisasca, direttore generale Istat e ha registrato una serie di importanti interventi.

L’obiettivo è mettere in rete i vari enti per raccogliere e dare delle risposte. Senza sinergie, infatti, il tema dell’accessibilità rischia di rimanere lettera morta. In questo contesto l’Istat fa la sua parte nella qualità di lavori statistici che parlano di turismo.

Per il sindaco si tratta di una giornata di studio dalla quale la città potrà trarre spunti interessanti circa le decisioni da prendere su un tema che dovrebbe essere pane quotidiano e che adesso sta vivendo per Reggio una stagione più felice rispetto al passato. Grazie alle nuove sette rotte di Ryanair parlare di turismo a Reggio non riguarda solo il fatto di mettere insieme un sistema di siti di interesse storico, artistico e culturale ma è anche, e soprattutto, renderli fruibili a una platea più numerosa rispetto al passato.

Il primo cittadino ha poi ricordato che, solo nel mese di aprile, l’aeroporto “Tito Minniti” ha registrato un aumento del 45%  e che, dunque, i primi risultati hanno dato buon esito, ma serve ora mantenere un trend costante. Fondamentale a tal proposito è il messaggio positivo che dà chi arriva sul territorio e che restituisce quando rientra nel proprio Paese. Serve costruire un sistema tra le istituzioni deputate a queste funzioni, un sistema di rete tra i siti turistici, un sistema di offerta ricettiva dignitosa e di opportunità. In questo contesto, la raccolta dei dati del 2023, rispetto al 2024, consentirà di orientare meglio le scelte amministrative. (rrc)

Pd Calabria: Regione è la più povera d’Italia, il 20,7% della popolazione è in stato di miseria

«In Calabria si trova in uno stato di miseria il 20,7% della popolazione, un dato precipitato rispetto a quello rilevato durante l’anno precedente quando era pari al 12%». È quanto ha denunciato Mimmo Bevacqua, consigliere regionale e capogruppo del Partito Democratico evidenziando come «la Calabria è la Regione più povera d’Italia. Tutti gli indici peggiorano secondo l’Istat che fa una fotografia da vero e proprio allarme sociale, anche perché il peggioramento calabrese avviene mentre migliorano i dati delle altre Regioni italiane».

«In buona sostanza, coloro che nel 2022 si trovavano in una condizione di forte rischio di povertà o esclusione sociale – ha proseguito – cioè il 42% dei residenti, è precipitato verso la fascia più disagiata. Davanti a questo quadro drammatico si capisce che la rivoluzione che Occhiuto ha annunciato in pompa magna, appena  qualche giorno, fa descrivendo una Regione miracolata dal suo governo, evidentemente non si riferiva alla Calabria».

«Serve avere piena consapevolezza della situazione drammatica che stiamo vivendo – ha sottolineato – per potere cominciare a adottare adeguate contromisure soprattutto nel momento in cui il governo nazionale si appresta ad approvare l’autonomia differenziata che metterebbe definitivamente in ginocchio la nostra Regione. Tutte le forze sane della Calabria politiche, sociali, sindacali e associative devono unirsi e fare rete per fronteggiare l’allarme e elaborare una nuova visione del futuro che sappia creare opportunità di sviluppo. Un passaggio fondamentale è quello di iniziare a misurarsi effettivamente con la realtà che, come diciamo da mesi, non è quella che raccontano i social della giunta regionale».

«Servono interventi immediati a sostegno del welfare e dei servizi minimi – ha ribadito – a partire da quelli sanitari che continuano a languire e saranno cancellati dall’autonomia di Calderoli e della Lega. Abbiamo presentato da tempo una proposta di legge per potenziare la sanità pubblica, ma il governo regionale ha evidentemente altre intenzioni. Non possiamo più perdere tempo, né proseguire in lotte strumentali dal sapore elettorale che stanno condizionando pesantemente la vita delle Istituzioni calabresi, come dimostrato dall’ultima seduta di Consiglio regionale».

«Serve, invece, una risposta immediata delle forze migliori ancora presenti in Regione – ha concluso – per costruire un futuro diverso e dare risposte concrete ai tanti calabresi che lottano quotidianamente per potere usufruire dei servizi minimi e esercitare i diritti fondamentali». (rrc)

DENATALITÀ, LA CALABRIA SEMPRE PRIMA
MENO NASCITE E CRESCE L’EMIGRAZIONE

di FRANCESCO AIELLO – I dati pubblicati dall’ISTAT sugli Indicatori Demografici del 2023 forniscono nuovi ed interessanti elementi di valutazione sulla dinamica della popolazione italiana che nel corso del 2023 ha abbattuto la soglia psicologica dei 59 milioni di residenti. Infatti, l’ISTAT stima che all’1 gennaio 2024 la popolazione si attesta a 58.990.000 residenti, registrando una diminuzione di 7.000 persone rispetto all’anno precedente. Questo dato conferma il persistente trend negativo iniziato nel 2014, con un tasso di decrescita annuale pari a -2.8 per mille.  Il report dell’ISTAT offre numerosi spunti di riflessione, il primo dei quali è rappresentato dalla dinamica delle iscrizioni nette dall’estero, che in Italia nel 2023 sono state pari a +274.000 individui, rappresentando un elemento di contenimento della riduzione complessiva della popolazione. Il saldo migratorio dall’estero è in crescita (+166.000 stranieri nel 2022) e continua a svolgere un ruolo cruciale nel mitigare la perdita di popolazione residente: nel 2023, con un tasso di mortalità dell’11.2 per mille superiore al tasso di natalità del 6.4 per mille, si è avuto un tasso di crescita naturale pari a -4.8 per mille che, per l’appunto, è stato quasi interamente compensato dal saldo migratorio dall’estero (+6.4 per mille).

I dati per regione. Nel 2023, l’Italia ha assistito a variazioni demografiche differenziate tra le sue regioni, riflettendo una complessa rete di fattori economici e sociali che alimenta tale differenziazione. Mentre alcune regioni, come la Lombardia (4.4 per mille) e l’Emilia-Romagna (4 per mille), hanno registrato una crescita della popolazione, tutte le regioni del Mezzogiorno d’Italia hanno sperimento una riduzione dei residenti, con tassi anche rilevanti: -2.1 per mille in Abruzzo, -3.5 per mille in Campania, -4-1 per mille in Sicilia, -4-2 per mille in Molise, -4.5 pe mille in Puglia, -4.6 per mille in Calabria, -5.3 per mille in Sardegna e -7.4 per mille in Basilicata.

Queste disparità sulla dinamica della popolazione dipendono da differenze riguardo alle migrazioni e alle dinamiche naturali.

La figura in basso riporta i valori della crescita naturale della popolazione, il tasso di crescita della migrazione interna e delle iscrizioni nette di stranieri. Ciò che emerge con chiarezza è che la crescita naturale è ovunque negativa, a segnalare il fatto che il tasso di natalità è stato sempre inferiore al tasso di mortalità. Nel Centro-Nord, questa riduzione “naturale” della popolazione regionale è compensata dai tassi migratori interni ed esteri positivi, mentre, nelle regioni meridionali, si è avuto un incremento delle iscrizioni nette di straniere, ma contestualmente i tassi di migrazione interna sono stati significativamente negativi.

I dati della Calabria. Nel 2023 le nascite in Calabria hanno registrato una diminuzione dell’1.5%, contribuendo al declino della popolazione regionale che si è attestata a 1.838.000 individui (-4.6 per mille abitanti rispetto al 2022). Questo risultato negativo è stato influenzato dai valori del tasso migratorio totale e del tasso di crescita naturale della popolazione.

l’aumento delle iscrizioni nette dall’estero, con un tasso migratorio estero pari a +5.31 per mille, non è stato possibile ottenere un saldo migratorio totale positivo (risultando negativo a -0.1 per mille), a causa del persistente tasso migratorio interno. Quest’ultimo, relativo ai cambi di residenza dalla Calabria verso altre regioni e viceversa, si è attestato nel 2023 a -5.39 per mille. Per quanto riguarda la dinamica naturale della popolazione calabrese, nel 2023 si è registrato un  tasso di crescita naturale negativo di -5,31 per mille, risultante da un tasso di natalità del 7,2 per mille e un tasso di mortalità del -11,7 per mille (Figura 2) .

Emerge con forza la conferma della tendenza di lungo periodo che, purtroppo, vede la Calabria perdere residenti, con il rischio concreto di diventare sempre più piccola, impoverita e dipendente dall’assistenza pubblica. D’altra parte i recenti dati pubblicati dalla SVIMEZ avvalorano questa previsione, evidenziando il deterioramento della nostra regione nella Classifica europea del PIL pro capite, il quale è principalmente legato alla nostra incapacità di implementare politiche di sviluppo capaci di valorizzare settori in cui abbiamo margini di competitività, anche sui mercati internazionali. Le responsabilità sono diffuse, ma un ruolo significativo è svolto dall’atteggiamento culturale dei Calabresi, i quali sembrano vivere in un’eterna attesa di azioni risolutive da parte di attori esterni. (fai)

(Courtesy OpenCalabria)

Francesco Aiello è Professore Ordinario di Politica Economica presso il Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza “Giovanni Anania” dell’Università della Calabria. Attualmente insegna “Politica Economica” al corso di Laurea in Economia ed “Economia Internazionale” al corso di Laurea Magistrale in Economia e Commercio. La sua attività di ricerca è centrata sui temi della Ricerca e dell’Innovazione, twin transition, dei divari di sviluppo in Italia e in Europa, sull’analisi micro-econometrica dell’efficienza e della produttività e sulla valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche. È autore di numerosi saggi scientifici pubblicati su riviste nazionali e internazionali. Accanto all’attività prettamente accademica, si interessa di economia locale e di attività di divulgazione economica. Nell’estate del 2015 ha fondato OpenCalabria.com, uno spazio dedicato ai temi di “Economia e Politica dello Sviluppo” della Calabria.

CALABRIA, DENATALITÀ E SPOPOLAMENTO
LA SFIDA FERMARE IL DECLINO ANNUNCIATO

di DANIELA DE BLASIOLa Calabria affronta una crisi demografica sempre più preoccupante. Il declino della popolazione ha conseguenze significative sull’economia, il benessere sociale e la sostenibilità della regione: per questo motivo è una sfida che richiede una seria attenzione e interventi urgenti da parte delle Istituzioni.

Sono vari i fattori che contribuiscono al declino demografico della Calabria, a partire dal tasso di natalità molto basso, come certifica l’Istat sulla base dei dati del Censimento permanente, infatti la popolazione residente nella regione al 31 dicembre 2021 era pari a 1.855.454 residenti, in discesa a -0,3% rispetto al 2020 (-5.147 individui) e -5,3% rispetto al 2011. 

Si tratta di dati sconfortanti, sicuramente da attribuire alle difficili condizioni economiche e sociali ed alle scarse politiche di sostegno alla maternità e alla famiglia che caratterizzano la regione e che possono influire sulla decisione delle famiglie di avere figli. Infatti, la mancanza di servizi adeguati per la cura dei bambini, carenza di scuole e strutture sanitarie di qualità, nonché la scarsità di opportunità per le donne di conciliare famiglia e lavoro sono fattori che rendono il contesto poco favorevole alla natalità.

Ma il calo demografico in Calabria è anche un fenomeno aggravato dall’emigrazione giovanile e dalla mancanza di opportunità di lavoro per i giovani. Le statistiche Eurostat sul mercato del lavoro ci indicano il tasso di disoccupazione in Calabria come uno dei dati peggiori in Ue.

Mancano le occasioni di occupazione stabile e ben remunerata, mancano le possibilità di crescita e realizzazione personale e queste carenze hanno portato molti giovani calabresi a lasciare la loro terra per cercare opportunità di vita e di lavoro migliori.

Nonostante gli sforzi compiuti, volti a promuovere l’occupazione, la Calabria perde in maniera continua ed inarrestabile risorse umane preziose, nonché la possibilità di sviluppare nuove attività economiche e possibilità di attrarre capitali.

La presenza limitata di grandi imprese, la scarsa diversificazione economica e la mancanza di investimenti infrastrutturali rendono difficile la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti per le giovani generazioni. Settori strategici come l’innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sostenibile sono praticamente inesistenti, con la conseguenza che le occasioni di crescita e sviluppo professionale, sono irrisorie.

Inoltre, la mancanza di meritocrazia e la corruzione dilagante sono problemi che esasperano i giovani calabresi che si sentono demotivati, frustrati e sfiduciati nei confronti di chi non ha pensato al loro futuro ed a quello del proprio territorio.

La mancanza di rispetto per il merito, infatti, demotiva ulteriormente i giovani a rimanere nella regione, in quanto le opportunità di carriera sono spesso basate su relazioni personali  piuttosto che sulle capacità e competenze. Questa situazione li spinge altrove in cerca di una meritocrazia più imparziale.

La diminuzione del numero di persone attive nel mercato del lavoro ha gravi conseguenze economiche e sociali, in quanto innesta un circolo vizioso che inevitabilmente porterà nel breve periodo ad una riduzione della forza lavoro, all’invecchiamento della popolazione con l’aumento delle fragilità sociali ed un conseguente incremento di spese sanitarie, all’impoverimento culturale, alla contrazione delle dinamiche sociali ed ad un allontanamento da parte della società civile alla partecipazione attiva per costruire una nuova cittadinanza, oggi sempre più ai margini delle scelte calate dall’alto.

Per questi motivi, rendere la Calabria un luogo più attraente invertendo questa tendenza è il terreno su cui le Istituzioni devo cimentarsi al fine di garantire un futuro per la Calabria adottando politiche mirate, interventi adeguati e sostenibili che affrontino le cause sottostanti al declino demografico.

Solo così sarà possibile superare questa crisi e promuovere lo sviluppo con la prospettiva di costruire per le generazioni future una Calabria migliore. (ddb)

IL 35% ARRIVA AL LICEO “IMPREPARATO”
LA GRAVE CRISI DELLA SCUOLA MEDIA

di GUIDO LEONECi siamo. Con la chiusura dell’anno  scolastico arrivano le vacanze lunghe per i 74.500 e più allievi delle  scuole di ogni ordine e grado della provincia di Reggio Calabria. L’ultima campanella  è suonata, però, non per i 9mila piccoli allievi della scuola dell’infanzia che termineranno le loro attività educative il prossimo venerdì 30 giugno. 

Sarà vacanza per i più fino al 14 settembre 2023, inizio del nuovo anno scolastico, tre mesi pieni lontani da compiti, interrogazioni e libri. Però, non per tutti sarà così. Per i ragazzi di terza media la fine delle lezioni di fatto è sinonimo di esami di Stato. Per i quattordicenni le vere vacanze scatteranno il 30 giugno, ultimo giorno utile fissato dal Ministero della P.I. per gli esami di Stato. I diciottenni, invece, saranno alle prese con gli esami almeno fino a metà luglio.

Intanto, ora è tempo di scrutini e i prossimi giorni saranno dedicati nelle scuole alle valutazioni finali:scrutini per le ammissioni alla classe successiva e agli esami di Stato.

L’anno scorso il totale degli alunni reggini ammessi a sostenere gli esami fu del 98,9%. È presumibile che anche per il corrente anno il dato sarà eguagliato.

A cominciare, dunque, per primi saranno i 575 mila gli alunni di terza della scuola secondaria di primo grado, di cui 59 esterni, che affronteranno la loro ultima fatica, il conseguimento della cosiddetta ‘minimaturità’. A seguire i quasi 5.543  maturandi circa delle scuole secondarie superiori che inizieranno i loro esami di stato mercoledì 21 giugno.

La minimaturità

La valutazione rappresenta da sempre un momento di particolare rilevanza, non solo perché conclude un ciclo scolastico, ma perché al tempo stesso dà l’avvio ad un nuovo percorso di formazione culturale e personale per ciascuno studente.

L’ammissione agli esami di terza media compete al Consiglio di classe con giudizio di idoneità (espresso in decimi) per gli alunni che hanno ottenuto, con decisione assunta a maggioranza dal consiglio di classe, un voto non inferiore a sei decimi in ogni disciplina, voto sul comportamento compreso.

I requisiti di ammissione all’esame finale di terza media sono i seguenti: avere frequentato almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato secondo regolare ordinamento della scuola. Fanno eccezione situazioni legate alle particolari condizioni epidemiologiche.

E poi non essere incorsi in sanzioni disciplinari molto pesanti. Infine, avere partecipato alle prove nazionali di italiano, matematica e inglese predisposte dal’Invalsi. La votazione tiene conto del percorso scolastico compiuto. L’eventuale non ammissione è deliberata a maggioranza. 

Il calendario  

Gli esami iniziano dopo gli scrutini e le date sono stabilite da ogni singola scuola. Tuttavia è presumibile che la riunione preliminare di insediamento delle commissioni avvenga subito dopo nei primi giorni di questa settimana. 

Le prove 

Per l’esame del primo ciclo sono previste tre prove scritte, una di italiano e una sulle competenze logico-matematiche; la terza di lingue articolata in due sezioni(una relativa all’inglese  e una alla seconda lingua straniera studiata). Le tracce delle prove verranno predisposte dalla commissione in sede di riunione preliminare.

La prova scritta di italiano dovrà accertare la padronanza della lingua, la capacità di espressione personale, il corretto uso della lingua e fa riferimento alle seguenti tipologie: testo narrativo o descrittivo, testo argomentativo, comprensione e sintesi di un testo.

Gli argomenti della prova di matematica sono quelli affrontati durante l’anno ,come geometria solida, probabilità e statistica, equazioni, scienze.

Infine, la prova di lingue comprende domande ed esercizi di inglese e dell’altra lingua straniera studiata durante l’ultimo anno.

La prova orale è quella più temuta dagli studenti che, davanti alla commissione, devono presentare la loro tesina multidisciplinare e rispondere alle domande degli stessi professori che potrebbero riguardare anche domande su Cittadinanza e Costituzione. Il colloquio ha l’obiettivo di valutare il livello di acquisizione delle conoscenze, abilità e competenze descritte nel profilo finale dello studente.

Per i percorsi a indirizzo musicale, nell’ambito del colloquio, è previsto anche lo svolgimento di una prova pratica di strumento.

La valutazione finale

Il voto finale espresso in decimi, sarà il risultato della media tra il voto di ammissione e i voti delle prove di esame. Supererà l’esame chi otterrà un voto pari o superiore ai sei/decimi. La commissione potrà, su proposta della sottocommissione e con deliberazione assunta all’unanimità, attribuire la lode ai candidati che hanno conseguito un voto di dieci/decimi.

Inoltre, a tutti gli studenti candidati interni che supereranno l’esame di Stato verrà rilasciata la certificazione delle competenze

Il gap della Scuola Media

Per l’Istat i ragazzi che frequentano l’ultimo anno delle scuole di primo grado il 35% di loro arriva alle superiori con gravi insufficienze. Infatti, non raggiunge la sufficienza nelle competenze alfabetiche, riportando gravi difficoltà nella comprensione dei testi, mentre il 40,1% ha seri problemi con la matematica.

Tutti i test, scientifici e oggettivi, nazionali e internazionali, lo certificano. Il rendimento degli alunni della scuola dell’obbligo crolla nel passaggio dalla primaria alla secondaria di I grado, con ripercussioni negative sul biennio delle scuole superiori.

Le due aree principali, perciò, su cui lavorare nell’immediato futuro sono gli apprendimenti in  italiano e matematica; è un gap territoriale che parte sin dalla e si accentua nella scuola media, il ventre molle o se vogliamo l’anello debole del nostro sistema educativo. 

La scuola media, una terra di mezzo, è da molti anni alla ricerca di una sua identità, attratta dalla scuola superiore (il piano alto della “secondaria”), scuola primaria ma poi richiamata alla comune appartenenza alla scuola di base (il c.d. “primo ciclo” dell’istruzione). L’alternarsi di diverse denominazioni (scuola – di volta in volta – media, secondaria I grado, del primo ciclo, di base) da l’imprinting a questa vera e propria sindrome pirandelliana, nella non risolta ambiguità della sua secondarietà – di accesso ai saperi formali e al pensare per modelli – o di completamento della formazione primaria, quindi di consolidamento dell’alfabetizzazione strumentale.

Occorre affrontare presto e con energia questa profonda crisi della scuola media, che da molti anni ha smarrito la propria identità e il senso della sua missione. Occorre ridarle una missione chiara aggiornando le sua offerta pedagogica e didattica, attraverso  un forte orientamento alla personalizzazione dell’insegnamento da realizzarsi attraverso un’estensione del tempo scuola con una vera “scuola del pomeriggio”. (gl)

[Guido Leone è già dirigente tecnico Usr Calabria]

Coldiretti Calabria: Crollati del 12,6% i consumi di frutta e verdura

In Calabria il consumo di frutta e verdura è crollato del 12,6%. È quanto ha denunciato Coldiretti Calabria, evidenziando come «le famiglie hanno ridotto del 18% le quantità di pere, del 8% le arance, dell’7% le pesche, le nettarine e i kiwi e del 4% le mele mentre crollano  gli ortaggi con punte del 26% degli asparagi. Il risultato è che il consumo di frutta e verdura si è notevolmente ridotto, con preoccupanti effetti sulla salute dei cittadini».

«Il frutteto Calabria – ha ricordato Coldiretti – secondo i dati Istat è cosi composto almeno per le principali varietà: melo 1074 aziende per 453 ettari, pero 731 con 168 ha, pesco 774 e 1571 ha, nettarina 243 con 1016 ha, albicocco 560 e 734 ha, ciliegio 738 con 382 ha, susino 373 e 87ha, fico 1246 con 777 ha, actinidia 959 con 2.562 ha, arancio 8.385 e 10.790 ha, clementina 3827  con 9.792 ha. Il caro prezzi taglia quindi  le quantità di prodotti alimentari acquistate dai consumatori nel 2023 che sono però costretti però a spendere comunque il 7,7% in più a causa dei rincari determinati dalla crisi energetica».

«La situazione di difficoltà è resa evidente dal fatto che – ha sottolineato la Coldiretti – volano gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +9,1% nel trimestre nelle vendite in valore, il più elevato tra gli scaffali del dettaglio.  Una situazione che evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo rinunciando anche alla qualità e facendo slalom alla ricerca dei prezzi più bassi. Volano gli alimentari con un balzo del +13,4% del fatturato».

«A spingere gli alimentari – ha proseguito la Coldiretti – sono sia i consumi interni trainati dalla ristorazione ma anche le esportazioni che nel primo trimestre dell’anno mettono a segno con un buon aumento anche in Calabria  grazie ai prodotti simbolo della Dieta Mediterranea come vino, olio e ortofrutta fresca che salgono sul podio delle specialità più vendute all’estero. Un risultato che conferma il primato del nostro agroalimentare nella filiera allargata  che in Italia vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio e 10mila agricoltori in vendita diretta con Campagna Amica».

«In Calabria – ha ricordato Coldiretti – ci sono oltre 15mila tra ristoranti, bar, pizzerie e agriturismi  con 32668 addetti e  i mercati coperti e all’aperto di Campagna Amica . La strada da seguire sono gli accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni nonché, aumentare le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sostenendo progetti di filiera per investimenti dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura che vedono più di 50 proposte che coinvolgono  migliaia di agricoltori, allevatori, imprese di trasformazione, università e centri di ricerca». (rcz)