di FILIPPO MANCUSO – Il Consiglio regionale dà spazio al dibattito sull’Autonomia regionale differenziata, prevista non solo nel programma del Governo che ha approvato un testo di legge su cui dovrà pronunciarsi il Parlamento.
È prevista, non solo nei programmi delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, ma anche dall’articolo 116 della Costituzione (terzo comma) in linea con gli articoli 117 e 119, che sottolineano la necessità di garantire ai cittadini, ovunque essi risiedano, i diritti sociali e civili.
È il caso di sottolineare che la previsione costituzionale di cui discutiamo, è stata introdotta dalla riforma del Titolo V della Carta costituzionale adottata a maggioranza dal Centrosinistra nel 2001 (Governo Amato).
E ha preso avvio nel 2017, con la richiesta di trasferimento dei poteri in più materie da parte delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e, subito dopo, con gli accordi preliminari delle tre Regioni con il Governo Gentiloni.
Non si tratta dunque, di un’iniziativa che il Centrodestra ha tolto improvvisamente dal cilindro, con l’intento – come alcuni imprudentemente sostengono – di spaccare il Paese e di ampliare i divari di sviluppo Nord – Sud.
Oggi, il nuovo Governo e la maggioranza di centrodestra – con la condivisione della Conferenza Stato-Regione – danno avvio all’istituto costituzionale con un disegno di legge perfettibile in Parlamento e aperto a recepire le osservazioni che dai territori saranno avanzate.
Tutto ciò, con l’obiettivo di rafforzare le prerogative delle autonomie, ampliandone i poteri e le competenze, e per ridare un nuovo protagonismo alle Regioni che, dopo più di mezzo secolo, debbono – da Nord a Sud – assumersi, al cospetto dei cittadini, la responsabilità di governare efficientemente la spesa pubblica, rendendola produttiva e utile per le nostre comunità.
Ben sapendo, naturalmente, che occorrerà garantire incondizionatamente i diritti di cittadinanza su tutto il territorio nazionale.
L’autonomia differenziata dovrà infatti realizzare (com’è infatti già previsto nella proposta del Governo) il superamento dell’iniquo concetto della ‘spesa storica’ che penalizza – non da ora ma da decenni – il Mezzogiorno e la Calabria.
Si pensi, per esempio, che nei servizi sociali si va dai 246 euro di Bologna ai 6 euro di Vibo Valentia. Abbiamo un spesa statale per abitante regionalizzata che per l’Istat nel Centro-Nord è superiore dell’11,5% rispetto a quella del Mezzogiorno.
Il tasso di occupazione giovanile nel 2021 era al 71,4% nel Centro-Nord e al 45,7% nel Mezzogiorno (al 43,7% in Calabria). Nella sanità in Calabria ci sono 7 addetti su mille abitanti a fronte dei 12 nel Centro-Nord. Ma l’elenco delle inique ripartizioni della spesa pubblica è infinito.
Proprio alla luce di tutto questo, occorrerà definire entro l’anno i Lep, riguardanti i diritti civili e sociali, e i fabbisogni standard e stabilire quanto lo Stato deve garantire a ciascuna Regione, quindi finanziandoli!
A tutti i cittadini, ovunque risiedano, come ha di recente ribadito il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, bisogna garantire stessi servizi e analoghi diritti!
So bene che l’argomento è oggetto di polemiche e di strumentalizzazioni politiche, il più delle volte incentrate su critiche generaliste, quasi come se le sofferenze sociali e civili del Mezzogiorno siano state provocate dall’Autonomia differenziata.
Pertanto auspico, proprio per rendere significativo questo confronto, che il dibattito odierno non ceda alle speculazioni partitiche, ma verta essenzialmente sul merito delle questioni.
Nello slancio innovativo che deve caratterizzare le Istituzioni di ogni livello, anche le classi dirigenti del Sud sono chiamate ad andare oltre gli stereotipati piagnistei sullo Stato patrigno che spesso sono serviti a giustificare nel Mezzogiorno pratiche politiche e amministrative spendaccione ed autoreferenziali.
Il Sud e la Calabria, affrontino con pragmatismo, responsabilità e serietà la sfida dell’autonomia differenziata, che è un sfida per modernizzare l’architettura istituzionale del Paese in chiave unitaria ed europeista.
È un tema che ci riguarda tutti.
Non rappresenta un vulnus al principio dell’unità e indivisibilità della Repubblica sancito dall’articolo 5 della Costituzione È una questione con cui dobbiamo misurarci non demonizzandola, ma semmai proponendo accorgimenti innovativi e vigilando, affinché il Sud e il Paese ne traggano benefici e vantaggi.
La Calabria – che ha oggi una classe dirigente dinamica e intraprendente che si confronta a testa alta nel dibattito nazionale ed europeo recuperando reputazione e autorevolezza – ha tutto ciò che occorre per stare al passo con le accelerate trasformazioni istituzionali, politiche, economiche tecnologiche di questo nostro tempo. (fm)
[Filippo Mancuso è presidente del Consiglio regionale della Calabria]